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Cronaca

Incidente in Viale Aguggiari a Varese, passa il marito in bicicletta.

INTERVISTA AI PROTAGONISTI DI UNA STORIA CHE HA DELL’INCREDIBILE.

“Sono tutta dolorante, mi è andata bene, è successo in fondo a viale Aguggiari, stavo andando a Sant’ Ambrogio e ad un certo punto mi si sono chiusi gli occhi, sono andata contro un palo, la macchina ha rimbalzato e si è girata, sono scoppiati i 4 airbag, mi ha soccorso un ragazzo, sono arrivati vigili del fuoco, polizia e ambulanza, mio marito era in bici per caso è passato di lì, non volevo crederci la macchina è distrutta, mi è andata bene, se avessi avuto una macchina più piccola ero al cimitero.” Questo è quanto ci ha detto A.M. che, alla guida della propria auto, una Mini Countryman è finita contro un palo della segnaletica stradale in fondo a Viale Aguggiari, all’incrocio con Via Guido D’Arezzo, a Varese, giovedì nel tardo pomeriggio L’incidente, complice il sole che ha abbagliato la conducente, per altro spettacolare perché l’auto, dopo aver urtato il palo è rimbalzata sulla sede stradale, mettendosi di traverso e bloccando il traffico, avrebbe potuto avere ben altre conseguenze, se l’auto avesse urtato lo spigolo di un muretto, pochi metri più in là. Un incidente come tanti altri, come purtroppo avvengono giornalmente sulle nostre strade e anche fortunato, perché non ha coinvolto nessuno, ma con una particolarità :il marito della signora, G.M., appassionato ciclista, transitava proprio in quel momento. “Mi piace fare dei giri in bicicletta e, dopo alcune incertezze di vado o non vado, ho preso la mia mountain-bike per una pedalata verso il Sacro Monte, in modo da essere a casa per cena. In viale Aguggiari trovo una colonna di macchine che procedevano a passo d’uomo. Sarà successo un incidente –penso – superando le auto ferme. Come mi avvicino vedo una Mini Caountryman bianca, come quella di mia moglie – dico a me stesso. È proprio uguale, anche gli stessi cerchioni particolari. Quando ho visto la targa non ho avuto dubbi, era proprio la macchina di mia moglie con il muso sfasciato e gli air bag scoppiati. Mancava solo mia moglie è lì ho pensato al peggio. Qualcuno mi ha detto di togliermi di mezzo, vestito in maglietta e pantaloncini da ciclista, con la bici al fianco, sembravo uno dei tanti curiosi e anche invadente. Tutto si è chiarito quando ho detto di essere il marito della signora alla guida dell’auto.” Attimo di incredulità da parte dei presenti poi qualcuno, capito che facevo sul serio, mi ha detto di non preoccuparmi : “ Sua moglie sta bene, è seduta lì dietro”. Meno male ho pensato e ci siamo abbracciati. Abbracciati per modo di dire, perché tra cintura di sicurezza e airbag mia moglie era tutta dolorante. Devo anche ringraziare il pronto intervento della Polizia Locale, dell’Autoambulanza e dei Vigili del Fuoco, il ragazzo che ha prestato i primi soccorsi e i presenti subito intervenuti a rassicurare mia moglie e me, non so se nella confusione ho aggiunto qualcuno o dimenticato qualche altro. Di una cosa però sono certo: che la realtà molte volte supera veramente la fantasia, quando si parla poi di coincidenze…

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Bregano

Bregano, Malgesso, Bardello e la politica dei tre porcellini.

L’Unione dei Comuni Ovest Lago di Varese, Bregano, Malgesso, Bardello assomiglia ad una storia che tutti conoscono, quella dei tre porcellini e delle loro casette, una di paglia, l’altra di legno e l’ultima di mattoni e del lupo che, soffiando, butta giù le prime due, ma non quella robusta in mattoni. Dei tre porcellini quello di Bregano sembrerebbe essere il più povero e il meno popolato, quindi gli spetterebbe la casa di paglia, a quello di Bardello quella di legno e a quello di Malgesso, ci piace pensare, che si sia fatto la sua bella casa di mattoni. Ciascuno dei tre paesi prenderà in questo periodo un bel po’ di soldi e in parti uguali, perché le quote per i piccoli paesi sono pari a 150.000 euro a testa. In tutto ai paesi dell’Unione, ci è sembrato di capire, andrebbero 450 mila euro, più 360 mila euro circa di avanzo, ma questi ultimi euro divisi per numero di abitanti e Bregano è il paese più piccolo (casa di paglia). I soldi vanno spesi per opere ben precise, a quanto pare per la così detta messa in sicurezza del patrimonio comunale, quindi opere volte a migliorare sedi stradali, immobili comunali ecc. A sentire i fautori dell’Unione dei Comuni tutto procede per il meglio, ma l’assegnazione di questi soldi e come i vari comuni pensano di spenderli, ci appare come il solito pastrocchio all’italiana, dove i soldi non si buttano ma ci si butta nello sperperarli, senza alcuna programmazione, un po’ qua e un po’ là, spinti dalla fretta, dalle scadenze e dalla paura di perderli. Così il carrozzone italiano del fare i lavori tanto per farli continua, con quella faccia rassegnata ma soddisfatta da parte di politici e amministratori del ” che ci possiamo fare”. Per i cittadini, che li hanno votati, la vita peggiora sempre più, meno servizi e più cari, ce ne accorgeremo, passata l’euforia da pandemia di questi giorni, in cui sembra che nessuno dovrà pagare niente. Ma, come è dato di capire i tre porcellini dell’Unione non hanno case ugualie forse anche obiettivi diversi. Qualcuno, oltre che la casa di paglia, avrebbe anche la coda di paglia, con il suo quartiere passato come condominio, spesso alla ribalta delle cronache e che magari pensa di portare in dote agli altri due. Si sa poi che quello che viene portato in dote resta nel bene e soprattutto nel male, nel patrimonio di un matrimonio sciagurato come l’Unione dei Comuni Ovest Lago di Varese, sotto gli occhi di tutti, cioè quello di fondere tre piccoli comuni in un altro “poco più grande piccolo comune” che avrà gli stessi problemi di ciascuno dei singoli piccoli comuni che spariranno. A Puggioni, sindaco di Bardello, a Iocca sindaco di Malgesso e a Granella sindaco di Bregano, vanno i nostri complimenti per lungimiranza e visione del futuro, tre illuminati della politica, tre santi del futuro “grande” paese che nascerà, con al posto dell’aureola tre lampadine, simbolo delle idee che hanno, peccato, a giudicare da come vogliono spendere i soldi, che siano lampadine a intermittenza.

Due parole anche su quelle che sono le opposizione, con esclusione del Movimento Casadeglitaliani e del sottoscritto che, anche a costo di essere impopolare, prende ben decise e precise posizioni. Ma la finiamo di recitare la parte dei bravi ragazzi e del vogliamoci tutti bene, facendo osservazioni sdolcinate di nessuna sostanza, tanto per far sentire di esserci, approvando poi tutto quanto viene proposto, come, ad esempio, l’ aver approvato una votazione più bassa di laurea o di diploma o di scuola media, tra l’altro dimenticandosi anche della qualifica per le scuole professionali, per l’assegnazione di premi di studio per il merito scolastico. Bel modo di dare una mano alla già tanto martoriata scuola italiana, inducendo gli studenti a studiare meno, a essere meno preparati e impegnati. Perché far correre i cento metri, quando ci si può qualificare anche correndone solo ottanta, ma poi che gare vai a fare quando nella vita e nel resto del mondo si corre sulla distanza di cento metri. Altro che idee che lampeggiano, questi politici sono come lampadine fulminate dalla ricerca di voti e di facili consensi, non lamentiamoci se resteremo tutti al buio, ce la siamo cercata votandoli.

Ho dimenticato il lupo, alias Stato Italiano, rappresentato dalle sue istituzioni che dovrebbero controllare l’operato dei vari enti. Nella favola dei tre porcellini soffiava e distruggeva due case, mangiandosi i due porcellini meno previdenti, qua cosa fa, il solito Prefetto Ponzio Pilato che se ne lava le mani!

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Busto Arsizio

Quartiere Sant’Anna “ghettizzati” dalla posta, l’Ufficio Postale apre a fine agosto

La parola ghetto ha dei tristi ricordi, spesso viene usata a sproposito per indicare un quartiere degradato o malfamato, in senso dispregiativo. In realtà, pensiamo ad uno dei ghetti più famosi, quello di Venezia, ad una certa ora della sera veniva chiuso e agli ebrei che vi abitavano ne era preclusa l’uscita e l’entrata. Nulla indica meglio una situazione in cui ad una parte della popolazione, che abita tutta in uno stesso luogo, viene negata una libertà, magari talmente acquisita da accorgersi della sua mancanza solo quando non c’è più. Gli abitanti del quartiere Sant’Anna di Busto Arsizio è così che si sentono: “ghettizzati”. L’Ufficio Postale, che serve l’intero quartiere è chiuso dai primi tempi della pandemia da Covit-19. Quasi quattro mesi. Ora gli abitanti, dopo l’ennesima richiesta di apertura, si sentono rispondere, una lettera è arrivata settimana scorsa, che si riaprirà a fine Agosto. Così è scattata la protesta, con una raccolta firme fuori dalla chiesa alla fine della messa, verso le ore undici. Si parla di circa quattrocento firme. Se per i giovani, muniti di autovettura rivolgersi al più vicino ufficio postale, praticamente quello di Via Fratelli d’Italia nel palazzo del Comune è una scocciatura, per gli anziani è una vera tragedia, soprattutto per i pensionati costretti a farsi accompagnare in centro a Busto Arsizio per ritirare le loro pensioni o per accedere ai servizi postali. Farli fare quasi tre chilometri a piedi non mi sembra il caso. Gui Gianluigi, uno dei promotori dell’iniziativa sottolinea il fatto che molti anziani hanno potuto accedere all’ufficio Postale di Via Fratelli d’Italia solo grazie all’aiuto del vicino, che gli portava in centro a Busto Arsizio e che stava ad aspettarli. La chiusura degli uffici periferici non fa altro che aumentare le code negli altri aperti. A disagio si somma disagio. La cosa è preoccupante, manca forse personale da mettere allo sportello, c’è impossibilità di sanare i locali, ne si capisce la posizione di poste italiane, che aveva dichiarato di tener aperti gli uffici postali in base al numero degli abitanti. Evidentemente a Sant’Anna non bastano gli abitanti di un quartiere. Qualcosa di poco chiaro deve esserci e vorremmo anche sapere quali sono i motivi di questa prolungata chiusura. Qualcuno dice che dipende dal fatto che l’ufficio di Sant’Anna come altri non è a gestione diretta di Poste Italiane. Diretta o indiretta, di fatto ci sembra un’interruzione ingiustificata e di un pubblico servizio. La presenza in loco, durante la raccolta firme, dell’Assessore al Verde Laura Rogora e del Consigliere Orazio Tallarida, fa sperare ad una pressione del Comune di Busto Arsizio su Poste Italiane perché ripristino un servizio?

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Cronaca

Busto Arsizio – Inaugurata a Palazzo Cicogna “Italia sguardi d’autore”

“È il ritorno della cultura in città dopo i mesi e le settimane buie della pandemia” – così esordisce l‘Assessore alla Cultura e Vicesindaco del Comune di Busto Arsizio, Manuela Maffioli per presentare alla stampa la Mostra Fotografica “Italia sguardi d’autore“. La mostra resterà aperta dal 13 giugno al 26 luglio 2020 a Palazzo Cicogna a Busto Arsizio. “Non si poteva pensare solo ai contenuti ma anche ai protocolli di sicurezza” – continua l’assessore Maffioli – “ è imprescindibile riportare la cultura dal vivo”. “Abbiamo lavorato molto in questi mesi affinché la voce della cultura possa emergere alta e forte a Busto Arsizio” ci tiene a sottolineare Maffioli. Sempre con un occhio alla sicurezza e nella prospettiva che molti, quest’anno, resteranno in città, non potendo andare in vacanza a causa della pandemia, la mostra apre una serie di iniziative culturali rivolte a rendere il soggiorno interessante e più piacevole ai residenti, ma non solo, anche a coloro che vorranno venire dalle città vicine. Gli orari e l’accesso alla mostra sono stati studiati in modo da permetterne la visita al maggior numero di persone nella massima sicurezza, favorendo l’accesso pomeridiano dalle ore 17 e, in alcuni giorni della settimana, da giovedì a sabato, con chiusura alle ore 23 che, con l’apertura serale dei negozi , ha lo scopo anche di rilanciare culturalmente e commercialmente il centro cittadino. ”La scelta della mostra è quella di un viaggio in Italia non geografico “ – prosegue Claudio Argentiero, promotore dell’evento – “ma personale…che vuole rappresentare la fotografia italiana dagli anni ’50 ad oggi…un viaggio della quotidianità, dei luoghi meno noti ma che contengono una poetica che la fotografia riesce ad interpretare…” All’interno della mostra c’è una sezione dedicata proprio alla città di Busto Arsizio, nel quadro dell’iniziativa di creare un archivio del materiale fotografico dedicato alla città, di cui si sta provvedendo al riordino e d alla catalogazione. Archivio Fotografico Italiano, con sede a Busto Arsizio e presidente Carlo Argentiero , in questi anni ha raccolto circa 400.000 fotografie di autori italiani e stranieri, l’obiettivo è quello insieme con l’amministrazione comunale di far diventare Busto Arsizio un importante centro della fotografia nazionale, strada lunga e non irta di difficoltà, ma ormai iniziata.

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Cronaca

Panico in centro a Busto Arsizio, anziana colpita da malore.

Attimi di panico in centro a Busto Arsizio quando un’anziana signora si accascia, colta da malore, all’interno della libreria Ubik di piazza San Giovanni. Subito viene allertate la Crocerossa, mentre si cerca di portare i primi aiuti all’anziana donna. Pronto l’intervento dell’autoambulanza, ferma di treverso, davanti al negozio. Molta maturità da parte della gente che passeggiava in Via Milano, probabilmente l’esperienza del coronavirus sta colpendo un po’ tutti, per cui non c’èstato nessun assembramento, come solitamente accade con episodi del genere. Grazie all’assistenza degli operatori sanitari intervenuti, l’anziana signora si è presto ripresa e tranquilizzata, tanto che non si è ritenuto necessario il ricovero in ospedale. A detta dei sanitari è probabilmente  avvenuto che la donna si era fermata, per un certo tempo, sul sagrato della Chiesa San Giovanni, in quel momento in pieno sole, un abbigliamento pesante ha fatto il resto, provocando un aumento aanomalo della temperature corporea e il conseguente malore. Un brutto momento finito bene, tra il sollievo dele persone presenti all’interno della libreria.

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Cronaca

Covid-19 sul futuro del Servizio Sanitario Nazionale

Covid-19, mercoledì webinar ALTEMS Università Cattolica con le associazioni dei pazienti: messaggi per il futuro del Servizio Sanitario nazionale

Mercoledì 3 giugno, ore 16.00, la presentazione online dei risultati dell’indagine nazionale del Patient Advocacy Lab dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Servizi sanitari della Cattolica sull’impegno e il ruolo delle associazioni di pazienti durante l’emergenza sanitaria.

Interverranno Sandra Zampa, sottosegretario al Ministero della Salute, Domenico Mantoan, presidente dell’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA), Renato Botti, Direzione generale Salute e integrazione sociosanitaria della Regione Lazio.

 Roma, 1 giugno 2020 – Sportelli di autoaiuto online, teleconsulti, webinar con gli esperti, raccolta fondi e acquisti agevolati per i presidi sanitari, consegna mascherine e terapie domiciliari, informazione on line contro fake news e timori, webinar di formazione, lezioni di yoga, consigli nutrizionali e supporto psicologico, insieme a molti interventi istituzionali, ossia azioni di advocacy rivolte alle istituzioni o in collaborazione con esse, che hanno portato ad atti normativi a favore dei pazienti, decreti, ordinanze, delibere.

Queste sono solo alcune delle 102 iniziative realizzate da 45 associazioni dei pazienti che nei mesi di marzo e aprile, in piena pandemia da Coronavirus, hanno partecipato all’indagine condotta dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica, attraverso il Patient Advocacy Lab (PAL), laboratorio dedicato alle associazioni pazienti. I risultati dell’indagine verranno presentati mercoledì 3 giugno alle ore 16.00 nel webinar dal titolo “Covid-19, iniziative e messaggi per il futuro del SSN dalle associazioni dei pazienti” che potrà essere seguito on line mediante il sito Internet del campus di Roma dell’Ateneo: https://roma.unicatt.it/.

L’incontro sarà aperto da Teresa Petrangolini¸ direttrice del Patient Advocacy Lab dell’ALTEMS, e introdotto da Americo Cicchetti, direttore dell’ALTEMS.

Interverranno Sandra Zampa, sottosegretario al Ministero della Salute, Domenico Mantoan, presidente dell’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA), Renato Botti, Direzione generale Salute e integrazione sociosanitaria della Regione Lazio.

Modera Nicola Cerbino¸ capo Ufficio stampa dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

Obiettivo dell’indagine è stato conoscere le attività di advocacy promosse dalle associazioni di pazienti durante l’emergenza Covid-19: le associazioni si sono mobilitate per l’emergenza? quali tipi di azione hanno intrapreso e la loro prevalenza? Quali aree patologiche sono più attive? Ne è nato un quadro variegato e ricco, costruito attraverso la consultazione dei siti web ufficiali delle associazioni che collaborano con il Patient Advocacy Lab (PAL) e grazie alla realizzazione di interviste semi-strutturate con membri delle strutture di governo delle stesse associazioni.

L’area patologica maggiormente rappresentata è quella delle malattie rare (20%), seguita dall’ambito oncologico (18%) e neurologico (13%). Accanto a esse, sono a ogni modo rappresentate numerose altre aree patologiche, a dimostrazione di un impegno generalizzato nel mondo dell’associazionismo. Ogni associazione ha in media condotto 2 azioni anti Covid-19, di cui il 52% riguardano il potenziamento di attività/servizi già erogati prima dell’emergenza, mentre il restante 48% sono servizi nuovi, attivati per far fronte allo stato emergenziale del momento. La maggioranza delle attività (42%) riguardano gli “Interventi istituzionali” presso le autorità sanitarie. A seguire si collocano l’attivazione di web conference e le attività di comunicazione con e per i pazienti. Segue per ampiezza la digitalizzazione dei servizi offerti. A parità di implementazione le attività di realizzazione e consegna mascherine e DPI, e la redazione di documenti di sintesi dei provvedimenti governativi. La formazione a distanza e la raccolta dati completano il quadro, seppure implementate con pochissima frequenza.

Quello che emerge dall’indagine è la varietà delle azioni, con la fantasia e l’innovatività delle iniziative, facilitate da un uso molto diffuso degli strumenti digitali. Forte è stato lo spirito di collaborazione con le istituzioni e delle istituzioni, con un maggior ascolto da parte di quest’ultime delle esigenze dei pazienti, così come le alleanze e il networking tra le associazioni per promuovere azioni comuni. Molti sono i messaggi per il futuro dell’assistenza sanitaria: semplificazione delle procedure, vicinanza e territorio, informazione capillare e personalizzata.

Nel commentare i dati, Americo Cicchetti, direttore dell’ALTEMS ha dichiarato: “E’ evidente come il ruolo delle associazioni si sia rivelato essenziale in questa emergenza e come il nuovo sistema di governance del Servizio Sanitario Nazionale all’indomani del Covid-19 non possa prescindere da meccanismi di integrazione e rappresentanza capaci dare voce a tale soggetto, che esprime, assieme a un punto di vista, anche un bagaglio di competenze e capacità progettuali utili al rinnovamento del modo di fare sanità in Italia”. “Abbiamo voluto raccogliere le testimonianze delle associazioni, offrendo un panorama di un attivismo appassionato e preparato – ha commentato Teresa Petrangolini, direttrice del Patient Advocacy Lab di ALTEMS -. Con il PAL vogliamo  svolgere una funzione di counseling e di supporto finalizzata alla crescita di questo mondo associativo, perché il loro operato non sia dimenticato alla fine dell’emergenza, ma possa costituire una comunità di buone pratiche da alimentare, arricchire e far crescere anche in futuro, a beneficio di tutti, cittadini, amministrazioni, operatori sanitari, esponenti politici, aziende private”.

Ufficio Stampa Sede di Roma ufficio.stampa-rm@unicatt.it

Tel. 06 30154442 – 06 30154295

Sito Internet: www.cattolicanews.it

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Busto Arsizio

Prostituzione sul Sempione: si riapre.

Coronavirus in calo e la vita ritorna tra le nostre città nelle strade aperte. Finalmente un po’ di gente in giro, anche tra Busto Arsizio e Gallarate, si torna al lavoro. Del resto gli economisti sono stati chiari, l’Italia è in netta recessione economica ed è necessario rimboccarsi le maniche, anzi nel caso della Strada Statale del Sempione, rimboccare i pantaloni al fine di dare commercio. Antichi mestieri vengono riscoperti, quello praticato sulla strada tra Busto Arsizo e Gallarate passa per essere il più antico del mondo. A fronte di modesti investimenti, non è richiesta un’alta specializzazione da parte della manodopera anzi, più che la formazione professionale vale la predisposizione e l’esperienza diretta e, in momenti di crisi come questa, le domande di assunzione potrebbe superare  di gran lunga l’offerta, anche da parte di chi normalmente non si dedica a questa professione. Purtroppo la manodopera italiana subisce la concorrenza di quella straniera proveniente non solo dalla stessa Europa, (Romania, Albania, Russia ecc.) ma anche da paesi extracomunitari, come alcuni paesi africani, (specialmente Nigeria e alcuni paesi del Nord Africa), sudamericani (Equador, Colombia, Brasile ecc.), sia di lingua spagnola che portoghese, mentre la manodopera orientale preferisce produrre in strutture protette, dislocate nei centri cittadini.  Si parla tanto di  consumare prodotti italiani e a chilometro zero ma in questo settore ciò sembra non succedere. Si tratta spesso di aziende individuali o con pochi dipendenti, a cui in genere vanno scarsi guadagni, che però fanno parte di più ampie organizzazioni multinazionali, con ottimi dividenti ai soci di maggioranza. Purtroppo, non si capisce bene per quali ragioni, trattandosi di redditi da lavoro, i proventi siano esentasse e il prezzo delle prestazioni ottenute vada ad incidere sui bilanci famigliari, spesso ad insaputa di coniuge e figli, sia come uscita, in alcuni casi come entrata, senza essere deducibile nel primo caso e tassabili nel secondo Non trascurabili poi, in questi momenti da Coronavirus, gli aspetti riguardanti il pericolo di contagio in quanto mancano i decreti  in materia sia da parte di Regione Lombardia sia da parte del Governo per la sanificazione del luogo di lavoro. Anche qui come in altri casi è lo Stato Italiano ad essere carente, non regolamentando a sufficienza il settore, mentre i sindaci delle rispettive città dovrebbero regolamentare il traffico e rendere più agevole il servizio offerto. sia che avvenga frontalmente sia posteriormente alla sede stradale. Strade aperte e case chiuse non sono una buona politica di investimento per la cittadinanza, almeno con l’attuale legislazione. 

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Busto Arsizio

Busto Arsizio, il sabato del villaggio.

Nella famosa poesia di Leopardi “Il sabato del villaggio”, il sabato è una metafora della giovinezza e dell’illusione. Infatti oggi a Busto Arsizio era un po’ quella l’aria che si respirava.  Ma è
una beata illusione se pensiamo che tutto sia finito. Andare in giro va bene, abbassare troppo la guardia no. Abbiamo incontrato in centro il sindaco, Emanuele Antonelli che si dichiara soddisfatto di come i nostri concittadini abbiano reagito a questa seconda fase del Coronavirus e di come si stiano comportando.  Dello stesso parere la Polizia che presidiava, con due pattuglie, le vie cittadine, anche se qualche richiamo è stato fatto. Antonelli ha sottolineato che i giovani si sono ben comportati nella prima parte della pandemia, oggi, con l’apertura dei bar, vi è un po’ più di assembramento, ma tutti sono dotati di mascherina e, tranne qualche caso, rispettosi delle distanze. Al mercato la situazione è mediamente sotto controllo con la presenza della Protezione Civile. Purtroppo mentre di fronte ad alcune bancarelle si rispettano le regole sulle distanze, in altre la gente si affolla, quasi dimenticandosi che il Coronavirus è ancora in giro. Giusta l’osservazione fatta che c’è un po’ la tendenza a non fare uso dei guanti, cosa che invece normalmente avviene nei supermercati.

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I negozi con maggior affluenza? Computer e ciclisti. I primi perché con l’emergenza molte famiglie sono state costrette a dotarsi di computer, spesso più d’uno per permettere smart working e istruzione a distanza contemporaneamente a più membri della stessa famiglia, i secondi per l’incremento della richiesta di bicicletta, la riscoperta di un vecchio mezzo di trasporto giudicato più comodo e sicuro rispetto ai mezzi pubblici. 
Il problema è far fronte alle richieste sia del nuovo sia delle riparazioni per tempi di attesa e mancanza in certi casi dei pezzi di ricambio.  La città sembra che stia tornando a vivere con gente nei negozi e seduta i bar. “Altro dirti non vo’; ma la tua festa/ch’anco tardi a venir non ti sia grave.” (Giacomo Leopardi – Il Sabato del Villaggio).  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Busto Arsizio

Edo Prandoni, così me la sono cavata grazie al medico di base.

Edoardo Prandoni, Edo per gli amici, classe 1947, ex giocatore della Pro patria negli anni 60, ci ha raccontato la sua esperienza durante il Coronavirus. Era in Val Seriana a gennaio, ma niente faceva presagire quello che sarebbe successo di li a poco. Poi a marzo, esattamente il 9, in piena fase di crescita della pandemia, si scopre il fuoco di Sant’Antonio. Sono subito andato dal mio medico curante che ha capito quello che avevo e mi ha dato le cure necessarie. Un amico, visto che ero debilitato e non potevo uscire di casa, faceva la spesa per me, così me la sono cavata senza troppi problemi e senza andare al pronto soccorso, questo è quanto ci ha detto Prandoni. Una storia come tante ma che avrebbe potuto, come racconta nel video, anche se lui, da buon sportivo, abituato ad affrontare la vita, non ama sottolinearlo, avere esito diverso, come purtroppo è successo a tanti ricoverati per un lieve malanno e contagiati poi dal virus. Per Edo è stato determinante il suo medico curante che gli ha evitato i rischi di un contagio. Verrebbe voglia di chiedere, ad un noto politico delle nostre parti, abituato a giocare in maglia verde, se è ancora dell’idea, espressa in un intervista su Rai 3 e ripresa da Varese Press, che i medici di base non sarebbero più così necessari, perché tutto sarebbe passato tramite internet. Ci asteniamo nel fare commenti su come hanno gestito la sanità in questi anni, ma non dal fare gli auguri a Edo, un nostro concittadino come tanti, una persona normale con un medico di base normale e un buon amico, che hanno agito “normalmente” e non da dottor McCoy, a bordo dell’astronave Enterprise. Pare che se faranno il nuovo ospedale tra Busto e Gallarate, che nessuno tranne i politici vuole, non ci saranno più le autoambulanze ma il teletrasporto.

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EDITORIALI

Stampa e politici giocano al “ballone” con Silvia Romano.

Portello dell’aereo aperto, ma per vedere Silvia Romano bisogna aspettare una mezzoretta, perché scenda e si alzi il sipario. La platea dei politici era in ritardo con l’organizzazione dello spettacolo. Con il suo jilbab, abito tipico delle mussulmane somale e keniote, verde, il colore simbolo dell’ Islam e il giubbotto antiproiettile sotto, appariva un po’ goffa, davanti alle telecamere. Poi, finalmente, la cerimonia del suo arrivo, ai tempi del Coronavirus, poteva avere inizio. Abbiamo raccolto alcuni momenti significativi dello spettacolo. La rassegnazione di don Enrico Parazzoli, parroco di Santa Maria Bianca della Misericordia, nel quartiere Casoretto di Milano, dove abita la famiglia della ragazza: “Ho grande rispetto per la scelta di Silvia Romano e non mi permetto di giudicarla. Trascorrere 18 mesi di prigionia è qualcosa che non possiamo neanche immaginare. Se, a mente fredda, quando si sarà placato il clamore di questi giorni, lei reputa che l’Islam sia la risposta corretta per la sua esistenza, io sono solo contento”. (Ansa – Milano). Campane a tutto spiano. C’è poi la sindrome di Stoccolma, così chiamata perché, durante una rapina in una banca della capitale svedese, i sequestrati alla fine parteggiavano per chi li teneva in ostaggio, Questa avrebbe potuto aver portato Silvia ad abbracciare, molti sperano momentaneamente, l’Islam. Nel “gioco dell’al di là”, il luogo dove i giusti si incontreranno dopo la morte, cristiani, mussulmani, ebrei, ma anche altre religioni, hanno ciascuno il loro paradiso dove farsi una partita, ma, a differenza del calcio, con un regolamento unico per tutti, là, se passi da una squadra all’altra devi ogni volta studiarti le regole del gioco, come pare abbia fatto Silvia per giocare nella nuova squadra col Corano. Dio unico con regole diverse. Forse è quello che ha immaginato Silvia. Rispetto ai prezzi del calcio mercato, 4 milioni di euro, se fosse vero, non sono nemmeno molti. Anche il made in italy, in questo momento economicamente così difficile per l’economia italiana, è stato salvato. Il giubbotto antiproiettile, indossato da Silvia sotto lo jilbab, è stato stabilito essere di fabbricazione italiana. La foto che circola, con giubbotto recante la mezza luna turca, è una fake. Ci mancherebbe che, dopo la moda e il cibo italiano, il Coronavirus made in Cina contraffacesse anche i giubbotti antiproiettili dei nostri 007. Retaggio piduista, facciamo fatica a chiamarli col loro nome di servizi segreti. Tra l’altro sembrano essere anche efficienti, nonostante tutto. Meno male poi che le missioni in terra africana si sono evolute, da suore e missionari uccisi per la loro fede o altro a volontarie rilasciate su pagamento. Accanirsi sulla povera Silvia, dalle interviste strappa lacrime alle feroci critiche, in questo momento fa notizia. Quanto è successo a Ciampino due giorni fa insegna. Fotografi e cineoperatori hanno preso d’assalto il varco d’uscita dove era appena passata (foto). “Alla faccia delle distanze da Coronavirus – avrebbe esclamato il compianto Totò – ma che state facendo? Perbacco anche davanti al signor Conte e al Di Maio!” Quando si dice uniti nella stessa fede. Non certo quella calcistica o religiosa, semmai quella della notizia a tutti i costi. Anzi nel caso di contagio da mancata distanza e assembramento: costi quel che costi. Questa povera ragazza vuole essere lasciata in pace o diverrà fonte di talk show come le due Simone. Ce le ricordiamo? Allora il calcio mercato non era in crisi e per loro sono stati pagati, se non sbaglio, intorno agli 11 milioni. Sono tornate a fare quello che facevano prima. Resta comunque, nel bene o nel male, il fatto di una vita cambiata e sulla quale si è messo in piedi un bel melodrammone. Vero è che quando c’è da giocare o da recitare tutti siamo portati a farlo. Giochiamo al “gioco del ballone”, noi della stampa e i politici in campo a spintonarsi l’un l’altro per avere la “balla” e il pubblico sugli spalti ad applaudire o a fischiare. Si chiama libertà d’informazione.Fotografi Silvia Romano 2020.05.09