Categorie
Eventi

Pombia, le prossime iniziative del Safari Park: concorso Vinci l’Africa,mostra fotografica Insetti in Tour e Safe Days

Dopo mesi caratterizzati dall’incertezza per la pandemia da Covid-19, grazie all’impegno costante di tutto lo Staff e alla generosità dei numerosi Benefattori che hanno inviato aiuti e adottato a distanza gli animali durante il drammatico periodo del lockdown, Safari Park Lago Maggiore è ripartito a pieno regime con coraggio e determinazione, adottando un severo protocollo di sicurezza in grado di proteggere in ogni momento Collaboratori e Visitatori e mettendo in campo nuove e interessanti iniziative, volte a fidelizzare un pubblico sempre più vasto e a coinvolgere il territorio, sensibilizzandolo su tematiche ambientali, quali la salvaguardia dell’ecosistema, il piacere della conoscenza e la cultura del rispetto per la natura. 

La prima di queste proposte è il grande concorso “Vinci l’Africa”, in collaborazione con Essevacation che regalerà al fortunato vincitore l’esperienza unica di una vacanza-safari per 5 persone di 9 giorni e 7 notti nella splendida località di Mambrui, in Kenya, con inclusi trattamento di pensione completa, volo A/R, trasferimenti sul posto e jeep per le escursioni! Non c’è modo migliore per immergersi totalmente nell’affascinante atmosfera del Continente nero, assaporando tutta l’intensità del vero spirito locale.

Per partecipare all’estrazione, che avverrà alle 17.00 del 31 dicembre 2020, non bisogna far altro che acquistare il biglietto per accedere al Safari Park Lago Maggiore di Pombia in una qualsiasi delle giornate di apertura, a partire dal 13 giugno fino a fine anno compreso: al momento dell’ingresso al Parco, il personale alla cassa consegnerà un codice univoco di partecipazione, che andrà inserito con i propri dati di contatto nell’apposito form presente sul sito https://essevacation.com/vinci-lafrica/ oppure  www.safaripark.it, confidando poi nella fortuna. (riservato solo ai maggiorenni). 

Torneranno al Safari Park per la gioia di grandi e piccini i colori e la simpatia di Sirene, Principesse e Super eroi impersonati dai più ricercati Cosplay italiani nelle giornate 10, 11 e 12 Luglio dove sarà possibile realizzare bellissimi scatti fotografici gratuitamente. 

ALLA SCOPERTA DELL’INCREDIBILE MONDO DEGLI INSETTI

Un’altra particolare iniziativa dell’estate 2020, vede Safari Park Lago Maggiore promotore di una mostra fotografica itinerante che, attraverso gli scatti del fotografo naturalista Gianluigi Forin, mira a far conoscere più da vicino le straordinarie peculiarità degli insetti volanti: grandi e piccini potranno ammirare l’esposizione dal 19 luglio 2020 nella prestigiosa cornice di Villa Oliva a Cassano Magnago (VA), per tutto il mese di agosto nello spazio Risto Safari all’interno del Parco di Pombia e successivamente presso il centro Hevoq di piazza Santa Maria 1 a Busto Arsizio (VA).

In occasione del vernissage, verranno organizzati degli incontri con diversi esperti del settore, come veterinari, entomologi e nutrizionisti, per scoprire tutti gli aspetti più curiosi e interessanti del microcosmo degli insetti, esplorando la loro utilità per l’ambiente e anche il possibile impatto che potranno avere in futuro sull’alimentazione umana. 

FOCUS SULLA SICUREZZA CON IL RITORNO DEI SAFE DAYS

Al Safari Park Lago Maggiore, sicurezza e prevenzione sono sempre stati una priorità anche ben prima del Covid-19: in quest’ottica, riprenderanno da domenica 19 luglio gli appuntamenti con i “Safe Days” a cura del Comitato di Arona della Croce Rossa Italiana, il cui personale si impegnerà per illustrare al pubblico le più efficaci pratiche di primo soccorso e fornirà utili consigli per prevenire le principali criticità sanitarie riscontrabili nella quotidianità.

Seguirà poi domenica 24 agosto  la presentazione di una Autoambulanza con il nuovissimo allestimento biologico.

Vi riportiamo le informazioni utili per l’ingresso al Parco:

Safari Park Lago Maggiore, via Larino 3 – 28050 Pombia (NO), è aperto tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00, con chiusura casse alle 17.00, ma l’ingresso giornaliero è consentito fino ad un massimo di 3000 persone per garantire l’adeguato distanziamento sociale, in linea con le disposizioni ministeriali vigenti in materia di contrasto alla diffusione del Sars-Cov2: si consiglia vivamente, – se possibile -, di prevedere le visite dal Lunedì al Sabato, evitando la Domenica, tradizionalmente caratterizzata da una più massiccia affluenza di visitatori.

I biglietti d’ingresso costano:

  • – Intero adulti: 24 Euro
  • – Bambini (dai 3 agli 11 anni): 20 Euro
  • – Bambini inferiori ai 3 anni: gratuito
  • – Ridotto over 70: 22 Euro
  • – Ridotto disabili: 8 Euro + eventuale ridotto accompagnatore: 12 Euro

Per maggiori informazioni:

Tel. 0321 956431 | ufficiostampa@safaripark.it | safaripark.it

Categorie
ECONOMIA

Milano, il protocollo dell’ABA per contrastare il Covid nei luoghi di lavoro

In occasione del XIV Congresso Europeo di B-BS, tenutosi online dal 24 al 27 giugno 2020, ha avuto luogo un simposio dal titolo “Change of behavioral habits” relativo all’acquisizione e al consolidamento di nuovi comportamenti di igiene al fine di contrastare la diffusione del Covid-19.

La dott.ssa Primavera Abate, Assessore di Garbagnate Milanese, ha ricoperto il ruolo di Chairman durante questa sessione della Conferenza dove sono intervenuti due analisti del comportamento di calibro internazionale: Christoph Bördlein (Professore alla University of Applied Sciences) e Michael McCarthy (Consulente presso la Sustain Leangains).

La pandemia da Covid-19, ancora in essere, ci ha costretti a rivedere le nostre abitudini, i nostri modi di agire e di interagire con le persone.

In altre parole, ha richiesto un cambiamento dei nostri comportamenti, perfino i più comuni e automatici come il comportamento di “toccarsi il viso”.

La strada maestra da perseguire ci è stata indicata dall’Applied Behavior Analysis (ABA).

Il Professor Bördlein ha iniziato la sua trattazione, facendo appello all’ABA come Scienza che permette di migliorare i comportamenti e alla Behavior Based Safety (B-BS) come la miglior applicazione dell’ABA nell’ambito della sicurezza sul lavoro.

Sono stati condotti numerosi studi che hanno dimostrato come l’adozione dei principi comportamentali sia efficace nel rendere più efficaci i comportamenti in svariati ambiti e contesti: organizzativo, comunitario, educativo e sanitario.

L’attenzione durante il simposio è stata principalmente riposta sui comportamenti di igiene e sulle modalità con cui è possibile incrementare l’adozione di tali comportamenti al fine di contrastare il rischio di contagio da Covid-19.

È stato riportato come esempio uno studio condotto dal Professor Bördlein e dai suoi studenti all’interno di una mensa universitaria con la finalità di aumentare il comportamento di igienizzarsi le mani prima di toccare qualsiasi utensile.

Si è osservato che attraverso l’applicazione di un dispenser igienizzante per le mani all’ingresso della mensa ma soprattutto di un prompt, ossia di un suggerimento sotto forma di poster in cui veniva esortata la persona ad igienizzarsi le mani, un maggior numero di persone si sanificava le mani prima di entrare in mensa.

Mike McCarthy si è inserito nella trattazione del Professor Bördlein, enfatizzando l’importanza che riveste l’ABA in questo particolare frangente storico in cui la pandemia da Covid-19 incalza e si diffonde a macchia d’olio.

“La sfida, ha dichiarato Mike McCarthy, consiste nel cercare di accelerare il più possibile l’adozione di comportamenti di sicurezza traducendoli in abitudini e riducendo così il rischio di contagio e il numero di decessi”.

L’abitudine nel mondo ABA viene definita come un comportamento che avviene senza esserne consapevoli in modo tale da poter essere mantenuto a lungo termine.

Un esempio di abitudine è il comportamento di “allacciarsi la cintura di sicurezza” appena si sale in macchina.

Come possiamo quindi accelerare il processo di apprendimento dei comportamenti di sicurezza (sanificare le mani, mantenere il distanziamento sociale, indossare la mascherina, etc…) e trasformarli il più rapidamente possibile in abitudini consolidate nel tempo?

Mike McCarthy ha riportato tre strumenti, risultato dell’integrazione tra i principi comportamentali dell’ABA e la Lean manufacturing, indispensabili ad attuare rapidamente il processo di apprendimento dei comportamenti di sicurezza.

In primo luogo, fa riferimento a stimoli antecedenti ambientali (come cartelli, segnaletiche, oggetti) i quali risultano efficaci solo se collocati nel punto d’uso.

Ad esempio, posizionare e vedere il dispenser all’ingresso di un ufficio è un antecedente più efficace nell’evocare il comportamento di igienizzare le mani.

Il secondo strumento utile sono le osservazioni preventive B-BS o Lean walks, ossia i sopralluoghi all’interno degli ambienti di lavoro per osservare i comportamenti agiti.

Per non generare sospetto nelle persone è utile spiegare ciò che si osserva, l’importanza e lo scopo di tali osservazioni.

In ultimo, il rinforzo positivo fornito a seguito di un comportamento corretto, deve essere immediato, specifico, coerente e personalizzato.

Il rinforzo positivo può essere un elogio verbale oppure non verbale, come l’EPT (Eye contact – Point – Thumbs up). Ad esempio, un collega nota un nostro comportamento corretto ed esprime un commento o un gesto di approvazione.

Queste tipologie di rinforzi positivi e ripetuti nel tempo sono ciò che determinano l’adesione, il consolidamento e il mantenimento del comportamento corretto nel lungo termine e, dunque, lo sviluppo di nuove abitudini!

La Società Scientifica AARBA è impegnata da anni a stimolare il dibattito pubblico invitando le Istituzioni, le rappresentanze delle categorie Produttive e Sindacali, gli operatori Economici e Sanitari a valutare l’adozione degli strumenti indicati dall’ABA per garantire maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro e come conseguenza diretta in tutta la nostra Società con notevole beneficio per tutti i Cittadini, sopratutto in questo particolare frangente storico in cui il contrasto del Covid è di fondamentale importanza per il nostro Paese e per l’intera Unione Europea.

Categorie
EUROPA & MONDO

Esteri, Taiwan sarà la prossima Hong Kong?

Le proteste a favore della democrazia hanno scosso Hong Kong per più di un anno. Ora, la Cina ha imposto una severa legge di sicurezza nazionale che minerà l’autonomia del territorio e, quindi, la sua identità. La nuova legge è una grande tragedia per il popolo di Hong Kong, ma sfortunatamente, la comunità internazionale può fare ben poco per fermarne l’attuazione. L’amministrazione Trump ha fatto intendere che vuole aumentare la pressione sul governo di Hong Kong, ma farlo rischia di danneggiarne l’economia più di quella di Pechino e accelerare “l’assorbimento” del territorio nella Cina Comunista.

Molti analisti consigliano moderazione agli Stati Uniti, sostenendo che un approccio più morbido potrebbe spingere Pechino a moderare le modalità di attuazione della legge ed evitare di peggiorare la situazione.

Il governo USA deve comunque considerare la situazione futura di Hong Kong nel formulare la sua risposta a Pechino. Una tiepida reazione degli Stati Uniti potrebbe lasciare ai cinesi l’impressione di poter procedere con relativa impunità su altre questioni controverse in Asia. L’ombra su Taiwan si profila minacciosa in questo quadro. Sempre che gli Stati Uniti non dimostrino la determinazione e la capacità di resistere all’aggressione cinese alla democrazia, i leader cinesi potrebbero eventualmente concludere che i rischi e i costi delle future azioni militari contro Taiwan siano bassi, o almeno tollerabili.

Ovviamente non esiste un collegamento diretto tra Hong Kong a Taiwan, Un attacco cinese sull’isola non è né imminente né inevitabile. Ma le recenti azioni di Pechino a Hong Kong, e altrove in Asia, sollevano domande preoccupanti sui suoi obiettivi in ​​evoluzione e sulla crescente volontà di usare tattiche coercitive per raggiungerli. In breve, gli Stati Uniti devono stare attenti a non giocare a Hong Kong quando Pechino si sta organizzando per una più ampia competizione per il futuro dell’Asia. Ultimamente la Cina è diventata molto più tollerante negli affari internazionali di quanto non fosse una volta e molto più audace nell’usare la coercizione per far avanzare gli interessi cinesi, spesso a spese degli Stati Uniti e di altre potenze, come Giappone e India.

Negli ultimi mesi, la Cina ha aumentato la sua pressione militare e paramilitare sui paesi vicini con i quali ha dispute territoriali, tra cui India, Giappone, Vietnam, Malesia e Indonesia. Sia che queste manovre aggressive fossero intese a ricordare al mondo quanto è risoluta la Cina o a capitalizzare sulla distrazione internazionale causata dal virus di Wuhan, offrono una forte indicazione sulle aspettative del presidente Xi e le sue rivendicazioni territoriali. La storia recente rivela che il sistema internazionale è vulnerabile a questo tipo atteggiamento.

Quando il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di invadere l’Ucraina e annettere la Crimea nel 2014, ha fatto seguito a quanto appreso in occasione dell’invasione della Georgia nel 2008. L’invasione della Georgia è costata poco alla Russia e ha suscitato solo una debole condanna internazionale. Taiwan e Ucraina occupano aree geopolitiche molto diverse, ma proprio come Putin ha preso ben poco in considerazione la risposta degli Stati Uniti alle azioni russe in Georgia nella sua decisione di invadere l’Ucraina, i leader cinesi studieranno la risposta degli Stati Uniti alla legge sulla sicurezza di Hong Kong per attagliare le loro decisioni sulle future possibili “annessioni” in Asia.

Dato quanto poco è costato finora il giro di vite di Pechino a Hong Kong, si può temere che Pechino trarrà conclusioni errate sui costi della futura coercizione contro Taiwan. Hong Kong e Taiwan hanno più cose in comune di quanto molti analisti comprendano, sia nella visione di Pechino sia nei sentimenti dei loro cittadini. Le proteste che hanno imperversato a Hong Kong nell’ultimo anno hanno scosso profondamente il popolo e la leadership di Taiwan. Secondo i rapporti di notizie, il numero di residenti di Hong Kong che si sono trasferiti a Taiwan nei primi quattro mesi del 2020 è aumentato del 150% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Le manovre di Pechino hanno lo scopo di intimidire Taiwan dimostrando la disponibilità della Cina Popolare a usare la forza e insistere sulla pressione diplomatica. Per dissuadere Pechino da ulteriori aggressioni, gli Stati Uniti devono chiarire che ci saranno conseguenze per la legge sulla sicurezza nazionale, in particolare se Pechino la utilizzerà per giustificare l’arresto o la consegna di giornalisti, attivisti pacifici o candidati politici a Hong Kong.

Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato disposizioni che autorizzano l’amministrazione Trump a negare i visti e imporre altre sanzioni mirate contro di coloro che sono direttamente coinvolti nella repressione di Hong Kong. Sanzioni mirate che non saranno esenti da costi per le relazioni tra Stati Uniti e Cina o per il popolo di Hong Kong, ma gli Stati Uniti possono limitare il danno collaterale attuandole in modo graduale.

L’amministrazione Trump dovrà iniziare migliorando il coordinamento con gli alleati europei e asiatici. Ha rilasciato dichiarazioni congiunte simbolicamente importanti su Hong Kong, prima con Australia, Canada e Regno Unito e poi con il G-7.

La presidenza tedesca del semestre europeo, comunque, non da’ un segnale di sostegno ai taiwanesi.

In particolare si è saputo da queste ore che nella lista dei paesi, i cui cittadini sono esentati dalle restrizioni a viaggiare nell’Unione Europea, pubblicata dal Consiglio dell’Unione Europea il 30 giugno e dall’Italia il 1° luglio Taiwan, non è inserita.

Quindi, in Europa non si è considerato che Taiwan ha attentamente monitorato lo sviluppo della situazione dell’epidemia di Covid-19, condividendo in maniera trasparente le informazioni con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con la stessa Unione Europea allo scopo di combattere e controllare la pandemia globale come dovuto.

Inoltre, dall’esplosione dell’epidemia di Covid-19 non è stato riconosciuto che il governo di Taiwan ha approntato le corrette misure per contenere la diffusione del virus e, grazie all’elevato livello del sistema sanitario il numero di contagiati e di vittime è stato tenuto sotto controllo e bel sotto ai criteri stabiliti dall’Unione Europea.

Se non fosse palesemente per la “paura” di indispettire Pechino sarebbe quantomeno logico aspettarsi che sia inserita Taiwan in una seconda lista di paesi che possano godere della revoca delle restrizioni durante il prossimo meeting del Consiglio dell’Unione Europea.

In conclusione, la situazione a Hong Kong e le pressioni su Taiwan indicano quanto sia difficile fare deterrenza e garantire che Pechino veda la coalizione “occidentale” almeno come un problema se non come una minaccia, invece, di dare ai cinesi la possibilità di sfruttare le “paure di indispettire” europee per essere in grado di separare lentamente, ma inesorabilmente, gli Stati Uniti dai suoi alleati. Tutto questo con l’applicazione del moderno “sino soft power”.

Generale Giuseppe Morabito

Categorie
Eventi

Busto Arsizio, Moto terapia “Take Away” con Vanni Oddera al Museo del Tessile

Sono state due giornate straordinarie quelle vissute al Museo della tradizione del Tessile che hanno reso indimenticabile la Mototerapia di Vanni Oddera il Campione di motocross free style che per la 3^ volta è tornato a Busto Arsizio grazie a Mai Paura Onlus.

La Presidente Emanuela Bossi, visibilmente emozionata durante la due giorni di terapia, ha ribadito l’importanza per questi Ragazzi di vivere Emozioni uniche e sentite con i loro compagni, i loro educatori e le loro famiglie.

Questa è l’essenza di Mai Paura racchiusa nel motto: se la Persona è al centro, l’Emozione è tutto.

Durante le giornate si sono susseguite le azioni di volontariato indispensabili ed impagabili per la riuscita dell’evento, alla presenza del Sindaco Emanuele Antonelli hanno servito ai tavoli il vice-Sindaco Manuela Maffioli, l’Assessore all’inclusione Osvaldo Attolini e l’Assessore al verde Laura Rogora.

È venuta a trovare e salutare i ragazzi anche la Deputata Alessandra Locatelli.

Manifestazioni così organizzate e ben strutturate sono un vanto non solo per la Città di Busto Arsizio ma per l’intera Provincia di Varese.

Le due giornate sono state organizzate per far sentire ai ragazzi delle Associazioni del Territorio che non sono soli che c’è chi, come Mai Paura, vuole stringersi attorno a loro, alle loro famiglie e ai loro educatori lasciati troppo spesso da soli.

Mai Paura ha chiesto così anche l’aiuto alla Città di Busto Arsizio ed il Sindaco Antonelli ha risposto mettendo a disposizione una location straordinaria e le Attività di ristorazione hanno donato con una generosità eccezionale.

Tantissimi sono stati anche i volontari che si sono messi a disposizione per queste due giornate e hanno lavorato senza tregua, con grande impegno e senso di responsabilità.

La Protezione Civile è stata magistrale e si è unita ai volontari di Mai Paura con affetto e allegria.

Durante questo secondo appuntamento le terapie, che hanno regalato sorrisi e gioia ai Ragazzi, sono state accompagnate dalla musica del giovane e talentuoso Dj Sab che a soli 15 anni è già lanciato nel panorama musicale territoriale.

Quelle che sono state lasciate sul percorso pedonale del Museo del Tessile sono tracce facilmente cancellabili, diversamente dalle tracce indelebili che sono rimaste nei cuori dei Ragazzi, dei Volontari e di tutti coloro che hanno partecipato alle sessioni di Terapia.

Mai Paura Onlus ha ringraziato tutti coloro che hanno reso possibile queste giornate straordinarie: in primis i Ragazzi che sono i veri protagonisti e che regalano emozioni forti, le Famiglie e gli Educatori, tutti i Volontari e coloro che hanno reso possibili questi due giorni indimenticabili!!

 

Categorie
EUROPA & MONDO

Esteri, 100 GIORNI DI NATO, 100 GIORNI DI VIRUS. LA MACEDONIA DEL NORD E I BALCANI ALLA PROVA DELL’UNIONE EUROPEA.

Cento giorni fa, al nascere della crisi internazionale per la pandemia, la Macedonia del Nord è diventata ufficialmente il trentesimo membro della NATO dopo aver depositato il suo “strumento di adesione” presso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Il 17 marzo, il Senato spagnolo aveva ratificato il protocollo di adesione della Macedonia del Nord, diventando il ventinovesimo e ultimo stato membro della NATO a farlo. La stragrande maggioranza delle Nazioni che fanno parte dell’Alleanza ha sostenuto per molti anni l’importanza dell’adesione della Macedonia alla NATO e oggi l’adesione della Macedonia del Nord è semplicemente “un successo dell’Alleanza”.

La Macedonia del Nord, sotto la guida Stevo Pendarovski quinto presidente della Repubblica e grande sostenitore dell’adesione, è ora la quarta nazione dei Balcani occidentali a far parte della NATO (Albania, Croazia e Montenegro l’hanno preceduta), una regione che conserva significative differenze etniche, religiose e culturali, insieme a vecchie rivendicazioni storiche, e che ha beneficiato notevolmente della stabilità che la NATO ha generato sin dai tempi bui seguite alla disgregazione della Jugoslavia di Tito.

In questi cento giorni a Skopje non si è parlato molto di NATO ma di come reagire al virus proveniente dalla Cina. Oggi per i macedoni si deve superare la crisi sanitaria poi ci si concentrerà sul traguardo raggiunto e sui suoi costi.

In particolare, al 3 luglio il governo del piccolo stato balcanico con circa due milioni di abitanti (la metà di Roma) ha riferito di oltre 6700 casi confermati di COVID-19 all’interno dei suoi confini e che si erano, purtroppo, verificati oltre 320 decessi. Numeri che rientrano nelle medie balcaniche e mostrano una buona capacità del paese a contrastare la pandemia.  

Sempre alla fine di marzo, c’era stato anche il via libera dei ministri UE all’avvio dei negoziati d’adesione all’Unione per l’Albania e la Macedonia del Nord.

L’accordo unanime tra i ventisette membri UE è stato annunciato dopo una riunione in videoconferenza. I ministri con delega agli Affari europei hanno dato il loro benestare a Tirana e Skopje senza tuttavia fissare date per l’apertura delle trattative. Una decisione storica che arriva dopo tre rinvii in due anni e sorpassando le perplessità di Francia e Olanda. Comunque è opinione comune che i colloqui debbano durare diversi anni.

La possibile adesione all’UE dell’Albania e della Macedonia settentrionale (due paesi di estrema importanza geostrategica ed economica per l’Italia) ha grandi implicazioni per tutti i Balcani occidentali. Non solo la ormai possibile adesione di due dei paesi della regione apre la strada ad altri paesi, ma le condizioni che l’UE ha stabilito per l’adesione stessa, influenzeranno notevolmente le relazioni tra i paesi dei Balcani occidentali. La Commissione europea ha chiarito che i potenziali “Stati Membri” devono avere “buone relazioni di vicinato” perché “l’UE non può e non importerà controversie bilaterali e l’instabilità che possono comportare”.

Ciò significa che gli stati che vogliono aderire all’unione dovranno prima aver risolto le loro controversie bilaterali. Come noto a tutti nei Balcani occidentali la maggior parte delle controversie sono causate da disaccordi sui confini, uno “strascico storico” della disgregazione dell’ex Jugoslavia, fase in cui le demarcazioni dei confini stessi non sono sempre state definite con precisione. Trovare una soluzione rappresenterà una grande sfida per i paesi dei Balcani occidentali e l’UE. Nella maggior parte dei casi, la controversia è una questione vitale per la sopravvivenza di uno stato e include problemi di sicurezza nazionali e internazionali.

Tuttavia, l’inclusione dei paesi dei Balcani occidentali nella politica d’allargamento dell’UE ha dato ai governi l’incentivo a risolvere tali controversie. La prospettiva dell’adesione all’UE ha svolto un ruolo importante nel risolvere i conflitti etnici e le sfide bilaterali nella regione dal 2001. Un esempio di ciò è proprio la conclusione della disputa di lunga durata tra la Grecia e la Macedonia settentrionale sul nome di quest’ultima. La prospettiva dell’adesione all’UE ha dato al governo della Macedonia settentrionale l’incentivo a cambiare il nome del paese dalla Macedonia alla Macedonia del Nord e migliorare in maniera definitiva le relazioni con la Grecia. Non solo, ma al fine di qualificarsi per l’adesione all’UE, i paesi devono attuare riforme in materia di governance, economia e stato di diritto al fine di soddisfare gli standard dell’UE.

Anche se l’influenza dell’UE nella regione è aumentata nel tempo, alcune controversie saranno difficili da risolvere anche con l’aiuto dell’UE. Ciò è evidente nel caso della disputa Serbia-Kosovo. Entrambi i paesi aspirano ad aderire all’UE – Kosovo come potenziale candidato e la Serbia già come paese candidato.

Ciò che ha particolarmente indebolito l’influenza dell’UE nella regione è, comunque, il mancato convinto impegno dell’UE per un ulteriore allargamento. In particolare, l’oggi superato veto della Francia nell’ottobre 2019 di avviare i colloqui di adesione con l’Albania e la Macedonia del Nord ha creato dubbi tra i paesi dei Balcani occidentali in merito al loro futuro come Stato membro dell’UE. L’invito della Francia a riformare la politica di allargamento dell’UE ha comportato un rallentamento dell’integrazione, riducendo ancora di più le aspettative dei governi della regione nel prossimo futuro. Questa percepita mancanza d’impegno da parte dell’UE probabilmente avrà anche un impatto sulla risoluzione dei problemi bilaterali perché l’incentivo per i governi a farlo può scemare anche sotto la spinta delle potenze che si oppongono all’allargamento.

Infatti, se la mancanza d’impegno dell’UE potrebbe essere percepito come “meno probabile possibile adesione” e i paesi cercheranno partenariati altrove (ad esempio con la Russia o la Cina). 

La Russia e l’UE, in particolare, sono state in competizione per anni sull’influenza nei Balcani occidentali. Sin dalle guerre jugoslave negli anni ’90, la regione è stata un punto di dibattito quando si accennava” di allargamento UE / NATO e relazioni transatlantiche. Storicamente, la regione dei Balcani occidentali è ben al di là della considerata “sfera d’influenza” della Russia nell’Europa orientale. In termini economici, geografici e sociali, la regione ha sempre gravitato più verso l’Occidente che verso la Russia. Pertanto, l’unica opzione della Russia è stata quella di minare l’UE (così come la NATO) utilizzando le vulnerabilità della regione nei loro confronti. Pertanto, la Russia non vuole necessariamente portare la regione nella propria orbita, ma vuole piuttosto che la sua influenza eserciti una leva sull’UE.

Dal punto di vista della Russia, se l’UE può intromettersi nel “cortile” della Russia (ad esempio Ucraina, Georgia, ecc.), la Russia, dopo aver “subito” l’ingresso della Macedonia del Nord nella NATO, cercherà di contrastare l’allargamento anche all’UE e lo può fare facendo leva su vecchie controversie alimentate dal nazionalismo e la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche. Più in generale, la Russia potrebbe utilizzare coercizione, cooptazione e sovversione per raggiungere i propri obiettivi.

In contrario, l’interesse della Cina per la regione non è tanto politico, ma più geo-economico. Aumentando la sua influenza, la Cina sta tentando di utilizzare i Balcani occidentali come gateway e piattaforma commerciale di transito verso l’Europa occidentale, che è la regione cui sono veramente interessati. I tassi di disoccupazione medi nei Balcani sono circa del 20% e l’economia ha un disperato bisogno d’investimenti. La Cina ha colto quest’opportunità investendo denaro nella regione per guadagnare rapidamente influenza. Pechino ha garantito degli investimenti fornendo prestiti e, di conseguenza, creando una dipendenza a lungo termine. La maggiore presenza della Cina nella regione è, quindi, il risultato diretto di un vuoto di potere diplomatico/economico creato dalla stessa UE.

La mancanza d’impegno europeo nei confronti della regione ha permesso a Pechino di trasformare i Balcani occidentali, come indicato poco prima, da un’area di non interesse relativo in una delle sue importanti aree di gravitazione economica e questo è avvenuto in pochissimo tempo. Se l’UE non accresce il proprio impegno nei confronti della regione, darà alla Cina e/o alla Russia la possibilità di divenire attori importanti per il futuro dei Balcani. Si può sperare che l’avvio del processo di adesione dell’Albania e della Macedonia del Nord all’UE abbia inviato un chiaro messaggio a tutti i governi dell’area sul “nuovo impegno” dell’UE nella regione.

Con l’inizio del semestre di presidenza della Germania dell’Unione Europea è d’obbligo, in conclusione, citare la cancelliera tedesca Angela Merkel: “Ci sarà solo un’Europa veramente unita con la partecipazione degli stati dei Balcani occidentali”.

Generale Giuseppe Morabito

Categorie
EUROPA & MONDO

Esteri,Crisi Nato nel futuro post-pandemia: minaccia cinese crescente, pressione sulle forze Usa ed europei naïf e scrocconi

L’Alleanza è a un punto di svolta tra credibilità politica e incapacità militare. Il mondo sta cambiando rapidamente, e il messaggio che sta arrivando sia agli avversari che ai partner della Nato, è che gli alleati sono semplicemente troppo divisi, troppo deboli e convinti che i valori democratici da soli possano sostituire il potere militare.

Il mondo sta per entrare in un periodo di “geopolitica instabile” post-virus di Wuhan, ed è necessario considerare come l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (Nato) si adatterà per affrontare sia la dilagante incertezza riguardo la leadership degli Stati Uniti, sia la crescente minaccia proveniente dalla politica estera del regime cinese.

Per comprendere appieno la portata della situazione è necessario analizzare le sfide interne ed esterne che la Nato ha dovuto affrontare negli ultimi tre anni e mezzo, coincidenti con la presidenza Trump, e la sempre crescente concorrenza strategica di Pechino.

Il presidente Trump ha minacciato di considerare un parziale ritiro degli Stati Uniti dalla Nato a meno che i Paesi alleati non siano disposti ad aumentare le proprie spese per la difesa. Negli ultimi giorni, ha manifestato l’intenzione di procedere ad una significativa riduzione (30 per cento circa) delle truppe Usa dalla Germania, anche se finora questo piano è solo programmato, non è ancora certo che verrà attuato.

Nonostante la retorica di Trump, tuttavia, è degno di nota il fatto che l’impegno generale della difesa degli Stati Uniti verso l’Europa ha avuto un incremento solo durante la sua amministrazione. Seguendo questa linea la strategia di difesa nazionale del 2018 prevedeva il rafforzamento delle alleanze tra le principali priorità statunitensi.

Con l’escalation della tensione con la Cina la Nato si è ancora una volta dimostrata cruciale per gli interessi strategici e i valori democratici degli Stati Uniti.

Bisogna tenere in considerazione che mentre la Russia, sempre più attiva, rimarrà probabilmente la principale “occupazione di sicurezza” della Nato, la rivalità globale molto più ampia tra Cina e Stati Uniti potrebbe essere al centro degli equilibri geostrategici.

Mentre la pandemia “spazzava” il globo, la Cina ha sfruttato la distrazione da Covid-19 per intraprendere un’azione aggressiva con base soft e real power.

Le crescenti tensioni al confine tra militari cinesi e indiani; le notevoli e non previste problematiche a Hong Kong; un aumento dell’attività militare nelle vicinanze di Taiwan e le numerose navi da guerra che gli Stati Uniti hanno inviato per scoraggiare le operazioni di Pechino nel Mar Cinese Meridionale, sono la prova delle sfide alla sicurezza poste da Repubblica Popolare.

I membri europei della Nato, dal canto loro, stanno affrontando sfide sulla sicurezza sempre più difficili, dovute all’ascesa globale della Cina. Numerosi sono gli interessi cinesi in Europa, che determinano la crescente dipendenza economica di quest’ultima da Pechino.

Nel quadro generale vi sono le richieste per consentire a Huawei di accedere alle reti 5G del continente; la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento, esposte dalla pandemia di Covid-19 nei confronti della Cina: è evidente, o dovrebbe esserlo, che Pechino sta creando seri rischi per i paesi membri della Nato.

Una potenziale alleanza strategica navale sino-russa nel teatro europeo potrebbe essere un ulteriore motivo di preoccupazione.

La Nato potrebbe contrastare efficacemente l’aggressione cinese, tenendo però presenti dei punti fermi:

– È improbabile che la Nato intervenga se non ritiene che i propri valori e interessi siano in pericolo, situazione che con la Cina non sarebbe da escludere a priori, considerando i suoi movimenti nei mari della Cina orientale e meridionale.

– Tutte le decisioni della Nato vengono prese attraverso il consenso comune, una condizione inevitabile che potrebbe rivelarsi un ostacolo all’intervento, perché non tutti gli alleati hanno le medesime percezioni e priorità.  Tuttavia, come dimostrato dall’esempio della Libia, i membri potrebbero consentire che un Paese membro intervenga.

– La Nato tradizionalmente cerca il sostegno di stati e organizzazioni regionali prima di avviare un’operazione di gestione delle crisi, il che significa che una richiesta di assistenza da parte dei partner della Nato nell’area Asia-Pacifico è un fattore importante.

– La decisione di intervenire si baserebbe sulla capacità di organizzare un’operazione militare efficace. Sarebbe utile aumentare la presenza marittima dei singoli alleati nella regione Asia-Pacifico, consentendo l’interoperabilità con molte nazioni partner ufficiali della Nato.

– Come prassi, la Nato chiede che le sia riconosciuta la legittimità internazionale, in particolare un mandato delle Nazioni Unite per l’intervento in una crisi. Tuttavia, l’autorizzazione di intervento sarebbe improbabile a causa del veto di Pechino.

In questi giorni si sta sviluppando all’interno della Nato una discussione politica matura sulla Cina. Lo sconvolgimento globale causato dal Covid-19 non farà che accrescere i problemi, atteso che sarà difficile orientare l’opinione pubblica a maggiori spese militari a detrimento, forse, di quelle sanitarie.

A Bruxelles si comincia a ventilare la possibilità di un nuovo concetto strategico entro il 2030. Ciò perché, considerato quanto suddetto, la Nato deve essere in grado organizzarsi per dissuadere un potenziale avversario in una guerra mondiale di alto livello. Sarebbe opportuno iniziare a pensare di sostenere gli alleati in prima linea nel sud dell’Europa, affrontando le conseguenze di un crollo potenzialmente catastrofico in Medio Oriente e Nord Africa (MENA region). Nonostante i significativi ma modesti progressi nella difesa aerea e missilistica integrata, e dichiarati miglioramenti della capacità di deterrenza convenzionale dell’Alleanza durante la riunione dei ministri della difesa della scorsa settimana, l’Alleanza è a un punto di svolta tra credibilità politica e incapacità militare. La causa della crisi, perché è quello che sta rapidamente diventando, è duplice: una crescente pressione sulle forze statunitensi in tutto il mondo e un rifiuto degli europei di assumersi la maggior parte dell’onere per la propria difesa.

Dovrebbe da subito essere chiaro che la Nato è essenzialmente un’organizzazione europea, per gli europei, sostenuta da americani e canadesi, non un’organizzazione americana per gli europei, occasionalmente sostenuta da europei.

Sulla scia della fine della Guerra Fredda il centro di gravità dell’Alleanza si era spostato verso il dialogo, ora, forse deve riorientarsi verso la difesa militare.

Il mondo sta cambiando rapidamente, e il messaggio che sta arrivando sia agli avversari che ai partner della Nato, è che gli alleati sono semplicemente troppo divisi, troppo deboli e convinti che i valori democratici da soli possano sostituire il potere militare.

Troppi leader politici occidentali sembrano incapaci di capire la portata della minaccia emergente e le sue implicazioni per l’area euro-atlantica. Peggio ancora, la tendenza politica in molti Paesi alleati, Italia compresa, è quella di mantenere la difesa fuori dall’agenda politica. L’ascesa militare della Cina, il pericoloso mix di instabilità economica e politica in Russia, l’avanzamento di una nuova era di tecnologie militari, il cambiamento demografico, il fondamentalismo e stati “fragili” in tutta la MENA, e gli Stati Uniti sotto la crescente pressione interna ed esterna, suggeriscono che la Nato ha bisogno di adattarsi al nuovo mondo che sta prendendo forma intorno a lei.

Poi, c’è la “madre di tutte le domande”, visto il virus di Wuhan e la certezza che la strategia militare Nato del 2019 è stata gravemente compromessa dalla crisi, o almeno lo sarà. L’Alleanza (o meglio le sue nazioni) può continuare a riconoscere solo la minaccia che può permettersi politicamente, ed evitare tutte le sfide fondamentali senza cercare di affrontarle?

( Articolo di Generale Giuseppe Morabito da Atlantico Quotidiano del 26 giugno 2020 )

Categorie
EUROPA & MONDO

ESTERI, INIZIA L’ESTATE MA IN SERBIA NON CAMBIA NULLA. CONFERMATO A GRANDE MAGGIORANZA IL GOVERNO DEL PRESIDENTE VUCIC. PIU’ DEL 60% DEGLI ELETTORI A SUO FAVORE.

Ieri, 21 giugno e primo giorno dell’estate poco più di 6,5 milioni di cittadini serbi, aventi diritto, sono stati chiamati al voto nonostante i timori dovuti alla pandemia da Covid 19.

I seggi elettorali sono stati aperti dalle 7 alle 20 e gli elettori hanno scelto tra più di 20 liste elettorali per rassegnare i 250 posti nel parlamento.

In particolare, 21 liste di candidati sono state presentate agli elettori, quattro appartenenti alla minoranza etnica del paese, due dell’attuale coalizione progressista-socialista al governo e il resto proviene da piccoli partiti di opposizione.

Sono stati allestiti 8.253 seggi elettorali, oltre 140 per la comunità serba in Kossovo, (la Serbia ancora non riconosce l’indipendenza di tale territorio) e 42 per gli elettori all’estero.

Come nelle attese e senza sorpresa, a conferma dei sondaggi, il vincitore è stato il Partito progressista serbo (SNS) già al governo. Quindi, l’SNS guidato dal presidente Aleksandar Vucic continuerà nella guida del paese per i prossimi anni.

Dai primi dati degli scrutini appare chiaro che l’SNS ha superato il 60 % dei consensi e si sta attestando su circa i favori dei due terzi della popolazione votante.

Una schiacciante vittoria di Vucic e dei suoi sostenitori.

I partiti di opposizione riuniti nell’Alleanza per la Serbia avevano da qualche tempo annunciato il boicottaggio delle elezioni nonostante alcuni tentativi, poi falliti, di dialogo tra il partito al governo e l’opposizione stessa.

Gran parte dell’opposizione serba aveva, infatti, lasciato il parlamento nel gennaio del 2019 e, probabilmente quanto ha capito che la sconfitta fosse certa, ha boicottato anche i sondaggi. Primo tra chi è sfuggito al confronto il più grande gruppo di opposizione Alleanza per la Serbia. L’opposizione ha preso questa decisione sostenendo che le elezioni non sarebbero state né libere né democratiche.

Su questo specifico punto, il Presidente del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, Anders Knape, aveva confermato la sua fiducia nelle autorità governative serbe e nella possibilità di organizzare elezioni democratiche nonostante l’attuale pandemia.

Confido nella capacità della Serbia di implementare buone prassi nei giorni che precedono la data delle elezioni e di assicurare che il voto sia organizzato nel pieno rispetto delle norme internazionali per elezioni libere ed eque, anche in questi tempi difficili“, ha affermato ribadendo che nel contesto della crisi attuale, il Congresso non potrà inviare una delegazione di osservatori, ma continuerà il dialogo e la cooperazione con le autorità serbe per l’attuazione dei principi europei di autonomia territoriale e democrazia.

Atteso quindi che, a parere di chi scrive, non partecipare alle elezioni è sempre un errore e si passa facilmente dalla parte del torto, l’unico grande cambiamento è stato l’abbassamento della soglia per entrare in parlamento dal 5 al 3 %, il che ha aumentato le possibilità che i piccoli partiti ottengano alcuni seggi nell’assemblea. Al momento non è possibile quantificare questo dato.

Le elezioni erano inizialmente previste per il 26 aprile ma sono state rinviate quando è stata dichiarata l’emergenza, lo scorso 15 marzo, a causa della pandemia proveniente dalla Cina. Quanto precede anche perché’, la Serbia ha, purtroppo, ancora una media di circa 50 nuovi casi di infetti da Covid 19 al giorno ed è il paese con il più alto numero di persone colpite dal virus di tutta la ex Jugoslavia. Nonostante questo dato è impressione comune in ambito internazionale che il governo uscente e nuovamente in carica si sia comportato in maniera pronta ed efficace in questo frangente.

Agli elettori è stato consigliato di partecipare alle urne con maschere, anche fornite nei seggi e di mantenere le distanze di sicurezza.

A inizio giugno si è insediato in Kossovo il nuovo governo del Presidente Hoti che ha indicato le principali priorità del suo programma, la ripresa del dialogo con Belgrado. La normalizzazione delle relazioni con la Serbia è necessaria, atteso che, da più di un anno, c’è un congelamento dei rapporti tra Serbia e Kossovo, a causa della decisione di Pristina d’imporre dei dazi doganali del cento per cento, sia alle merci serbe, sia a quelle in entrata dalla Bosnia Erzegovina, altro Stato dell’area balcanica che non riconosce il Kossovo.

Hoti ha subito rimosso i dazi e, conseguentemente, a Belgrado il presidente serbo Aleksandar Vucic ha affermato che l’eliminazione delle barriere commerciali ha, in sostanza, spianato la strada al progresso nelle relazioni diplomatiche. “Credo anche che possano esserci buoni rapporti commerciali tra albanesi e serbi“, ha detto, riferendosi agli albanesi che sono in maggioranza in Kosovo. La grande conferma di Vucic deve, quindi, essere vista come positiva per lo sviluppo della democrazia e delle pacifiche relazioni in quella martoriata area dei vicini Balcani.

Buona notizia sia per l’Unione Europea sia per la NATO che hanno grandi interessi per la stabilità dell’area, anche se c’è da aspettarsi qualche “ideologica” e non razionale presa di posizione.

Generale Giuseppe Morabito

Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation

Categorie
EUROPA & MONDO

Esteri, Nuovo governo in Kosovo, elezioni a Belgrado. Giugno mese importante per i Balcani… che verranno.

Dal 3 giugno il Kosovo ha un nuovo governo, a guidarlo è il premier Avdullah Hoti, professore di economia e leader dalla Lega democratica del Kosovo (Ldk), formazione di centro-destra, che ha ottenuto la fiducia del Parlamento. Ad appoggiare il nuovo esecutivo 61 dei 120 deputati di cui è composta la Camera.

Al voto hanno preso parte, solo 86 parlamentari, perché la sessione è stata boicottata dai parlamentari di Vetevendosje, la formazione che guidava l’esecutivo precedente.

La situazione politica e diplomatica del paese era in parte compromessa, in particolare con l’antico alleato, gli Stati Uniti, a causa delle azioni portate avanti dal precedente governo, soprattutto a seguito della sua posizione in merito alla questione serba. 

 L’inviato speciale degli Stati Uniti per i negoziati di pace in Serbia e Kosovo, Richard Grenell, ha, quindi, accolto con favore l’elezione del nuovo governo del Kosovo e ha espresso la speranza per il proseguimento del dialogo con Belgrado. 

Gli analisti politici definiscono il Kosovo come il “paese più filo americano della terra”. Infatti, gli Stati Uniti hanno contribuito fattivamente alla creazione del paese. Gli Stati Uniti, con il Presidente Clinton, hanno partecipato alle operazioni NATO nei Balcani negli anni ’90 quando la missione dell’operazione di KFOR era proprio quella di proteggere il popolo kosovaro dalla possibile pulizia etnica da parte serba. Quando il Kosovo dichiarò l’indipendenza, gli Stati Uniti furono uno dei primi paesi a riconoscerlo, aprendo un’ambasciata nella capitale Pristina.

Presentando il programma di governo in Parlamento, Hoti ha indicato le sue tre priorità: la ripresa del dialogo con Belgrado, la lotta al virus di Wuhan e la ripresa economica. 

La normalizzazione delle relazioni con la Serbia è necessaria, atteso che, da più di un anno, c’è una stasi dei rapporti tra Serbia e Kosovo, a causa della decisione di Pristina d’imporre dei dazi doganali del 100%, sulle merci serbe. Il nuovo premier ha eliminato i dazi e questo ha, in sostanza, spianato la strada alla ripresa delle relazioni diplomatiche, come anche sottolineato dal presidente serbo Aleksandar Vucic: “Credo che possano esserci buoni rapporti commerciali tra albanesi e serbi“.

Nella dichiarazione si riferiva agli albanesi che sono in maggioranza in Kosovo.

Chiaramente, il nuovo governo ha impresso, in questo campo, una vera e propria svolta per la ripresa dei rapporti con Belgrado su cui influiscono anche le pressioni americane.

Secondo alcuni, un accordo potrebbe essere presto raggiunto con la ridefinizione dei territori di confine.

Per quanto riguarda il secondo punto del programma politico del premier senza dubbio l’emergenza determinata dal Covid19 ha creato non pochi problemi a governo di Pristina, in primis sul piano finanziario: il Fondo monetario internazionale ha, infatti, stimato una riduzione della crescita del 5%.

Si prevede che tutte le entrate, le rimesse, le esportazioni di beni subiranno un forte decremento a causa delle restrizioni di viaggio e dall’effetto della pandemia nei partner commerciali e nei paesi di origine delle rimesse. Le misure di contenimento interno e la maggiore incertezza colpiranno la domanda.

Secondo il Fondo Monetario Internazionale la risposta politica delle autorità agli shock è stata tempestiva e mirata. L’impatto della pandemia e le misure fiscali per contribuire ad attenuare questi shock hanno creato urgenti esigenze finanziarie e di finanziamento esterno.

Il Kosovo è al momento agli ultimi posti in Europa per PIL (circa 3300 euro secondo i dati 2016), in presenza di una disoccupazione al 35%, ed è in particolare giovanile, in una nazione nella quale i giovani rappresentano una quota consistente della popolazione.

Aprendo una finestra sull’operazione NATO KFOR, da anni guidata da Generali di altissimo livello dell’Esercito (attualmente il Generale di Divisione Michele Risi), la stessa assicura, da sempre, la sicurezza e la libera circolazione di tutte le comunità/etnie in Kosovo. In merito, visto gli eccellenti risultati degli ultimi a Comando Italiano è augurio di tutti che il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini usi tutta la sua influenza in ambito NATO perché la missione prosegua sotto il comando italiano, circostanza che rafforzerebbe i rapporti di amicizia tra i due paesi: Italia e Kosovo.

Il terzo punto del programma di governo è problematico. La ripresa economica è legata alla conferma da parte del FMI della concessione di fondi tali da equilibrare la bilancia dei pagamenti in seguito all’emergenza Covid-19. In particolare il 16 aprile scorso il Comitato esecutivo ha approvato lo stanziamento di 51,6 milioni di euro. 

In merito c’è da analizzare la posizione e le decisioni dell’Unione Europea.

Bruxelles ha nominato Miroslav Lajčak, ex Alto Rappresentante in Bosnia-Erzegovina ed ex ministro degli Esteri slovacco, come Rappresentante speciale per il dialogo tra Serbia e Kosovo. 

I principali ostacoli all’azione UE provengono da Paesi – Slovacchia e Spagna – che non hanno mai riconosciuto l’indipendenza kosovara.

Lajčak ha recentemente dichiarato: “Accolgo con favore la decisione odierna del governo del Kosovo di rimuovere le recenti misure di reciprocità. La rapida rimozione degli ostacoli alla ripresa del dialogo facilitato dall’UE mostra un chiaro impegno del Kosovo a tornare al tavolo senza indugio”.

Non va, comunque, mai dimenticato che la Serbia rivendica il Kosovo come parte integrante del suo territorio e che gli alleati storici della Serbia, compresa la Russia, hanno bloccato il Kosovo dall’adesione alle Nazioni Unite. Alcuni paesi dell’Unione europea – compresi gli alleati della Serbia e quelli, già citati, che vogliono evitare di incoraggiare i separatisti in patria – stanno inoltre impedendo al Kosovo di aderire all’UE. 

Ipotizzabile che se si indeboliscono le economie e le democrazie di Pristina e Belgrado entrambe saranno vulnerabili allo sfruttamento e influenza via soft power di Russia e Cina.

In tale quadro assumono importanza le prossime elezioni nella Repubblica di Serbia previste per il 21 giugno.

Il Presidente del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, Anders Knape, ha espresso fiducia nelle autorità governative serbe per organizzare elezioni democratiche nonostante l’attuale crisi da COVID-19. “Confido nella capacità della Serbia di aumentare le buone prassi nei giorni che precedono la data delle elezioni e di assicurare che il voto sia organizzato nel pieno rispetto delle norme internazionali per elezioni libere ed eque, anche in questi tempi difficili“.

Ha inoltre ribadito che il Congresso, vista la situazione di crisi sanitaria, non potrà inviare una delegazione di osservatori. Ciò non impedirà il dialogo e la cooperazione con le autorità serbe per l’attuazione dei principi europei di autonomia territoriale e democrazia.

Secondo gli analisti geopolitici dei Balcani, la decisione di svolgere comunque le elezioni del Presidente serbo Vucic, un ex ultranazionalista, giunge in virtù del suo desiderio di andare alle urne in tempi brevi, dato il possibile calo della sua popolarità a causa delle dure misure imposte nel corso dell’emergenza sanitaria.

Il futuro del governo di Pristina e del futuro del paese passa ancora una volta sia dalle elezioni in Serbia sia dalle decisioni delle potenze politiche economiche esterne, che poi sono sempre le stesse in tutto in mondo: USA, UE, Russia e Cina.

Non bisognerà aspettare molti giorni per capire cosa succederà nell’immediato.

Generale Giuseppe Morabito

Categorie
EUROPA & MONDO

Esteri, LE GUERRE (PER PROCURA) CON I DRONI

Il conflitto in Georgia aveva dimostrato, alla fine dell’ultimo decennio, che le forze armate russe erano in ritardo nell’area dei droni da combattimento, sia per quanto riguarda lo sviluppo dei sistemi sia per l’equipaggiamento delle sue forze.

La maggior parte di questi armamenti era stata progettata negli anni ’80.

Dieci anni dopo, prima il conflitto siriano, poi quello in Libia, hanno confermato che è in atto un’importante inversione di tendenza. Secondo dati resi noti dal Ministero della Difesa russo, Mosca ha dispiegato in Siria più di 70 droni tattici, di diversi modelli per le sue missioni belliche e altri sono stati testati lì per esplorare nuove procedure.

Infatti, diversi mesi prima del loro intervento In Siria, le forze speciali russe avevano effettuato missioni di ricognizione e uno dei loro droni era stato intercettato dall’esercito di liberazione siriano nell’estate del 2015.

È ormai noto che le forze armate russe hanno sperimentato la guerra con i droni anche in aree addestrative in Armenia, e in modo più approfondito nel conflitto nel Donbass (Ucraina). A differenza delle forze NATO l’interesse russo per le missioni di guerra elettronica da piccoli droni tattici è notevole anche perché l’esercito russo ha capito che le comunicazioni via cellulare erano l’anello debole delle forze armate per ottenere informazioni sulla situazione delle forze nemiche.

La campagna siriana, con l’utilizzo dei droni dalle basi di Hmeimim, Aleppo e Palmyra, è stata sia un’opportunità per le forze armate russe di organizzare in modo chiaro come debba essere condotto l’uso dei droni e di testare modelli che saranno presto distribuiti a tutte le forze armate sia il modo di proseguire lo sviluppo di microdroni che sarebbero idonei per il combattimento urbano in caso di conflitto con paesi della NATO.

In merito, il Cremlino ha pubblicato, in autunno, un documento sulla nuova strategia per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale affermando che lo sviluppo di algoritmi per il controllo dei droni è una necessità fondamentale.

Ultimamente l’uso da parte di gruppi terroristici islamici di droni è stato oggetto di attenzione da parte di analisti in tutto il mondo.

In particolare, per dare una prima spiegazione all’uso dei droni in Medio Oriente bisogna tener presente che negli ultimi anni la Cina Popolare è stata sempre più desiderosa di incrementare il commercio di armi e questo, per le sue industrie belliche, significa vendere estensivamente droni oltre ad armi di piccolo e medio calibro.

Da numerosissime fonti e da prove “sul campo” è ormai certo che le armi cinesi sono utilizzate e vendute in tutto il mondo, compresa la Libia.   In particolare i resti di un missile di certa fabbricazione cinese indicano un’escalation della guerra dei droni in quell’area di guerra. Infatti, è stato ritrovato un missile LJ-7 che è l’armamento principale del drone Wing Loong di fabbricazione cinese.

Il Wing Loong, che ha caratteristiche simili al drone Predator prodotto dagli Stati Uniti, è stato venduto ed è in linea di utilizzo da parte di alcune forze aeree del Medio Oriente, comprese quelle dell’Egitto, degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia Saudita. Il Predator è il drone in linea d’impego anche all’Aeronautica Militare Italiana che in questi giorni ha fatto sapere di aver raggiunto le 50mila ore totali di volo.

Non è un caso, che sia l’Egitto sia gli Emirati Arabi Uniti stanno dando supporto logistico in Libia, alla fazione dell’Esercito Nazionale Libico (LNA) guidata dal Generale Khalifa Haftar che sta combattendo contro il governo di accordo nazionale sostenuto politicamente dalle Nazioni Unite.

Gli Emirati hanno finanziato la costruzione della base aerea di Al Khadim, un ex aeroporto nella provincia di Al Marj, nella Libia orientale, e dal 2016 dispiegano, nella base, aerei di attacco e droni Wing Loong al fine di fornire la copertura aerea per le forze di Haftar.

La Cina, è noto, sta promuovendo lo sviluppo e l’impiego di droni e secondo fonti del Pentagono alcune stime indicano che Pechino prevede di produrre oltre 42.000 sistemi senza pilota terrestri e marittimi entro il 2023. In merito, la RAND Corporation, un think tank californiano con stretti legami con l’US Air Force, ha reso noto che la diffusione dei droni cinesi potrebbe avere implicazioni preoccupanti anche per gli Stati Uniti.

Dopo la neutralizzazione del Capo della Guardia Repubblicana islamica iraniana, Suleimani (e la conseguente messa a nudo della pochezza strategica dell’Iran), è tornata alla ribalta delle cronache la capacità USA di utilizzo dei droni, al momento non raggiungibile da nessun altro paese.

Durante e dopo la guerra del Golfo, l’esercito USA ha iniziato a far volare droni sull’Iraq, segnale dell’interesse americano ai moderni droni militari. Nell’ultimo decennio, la Central Intelligence Agency ha utilizzato veicoli armati e pilotati a distanza per neutralizzare gruppi di terroristi che si organizzavano per effettuare azioni contro le forze statunitensi in Pakistan e Afghanistan. La già citata neutralizzazione di Soleimani è stata un perfetto esempio della capacità americana di intraprendere azioni militari contro i terroristi ovunque si nascondano, dimostrando che i droni stanno ora giocano un ruolo chiave nel contrasto alle minacce in ambito internazionale.

Le potenzialità anti drone dell’Iran sono state, quindi, sconfessate dopo la parziale dimostrazione di capacità, lo scorso giugno 2019, quando un drone di sorveglianza americano era stato abbattuto dagli iraniani nello Stretto di Hormuz.

Tornando al conflitto alle porte del nostro paese, in Libia, dopo l’intervento della Turchia, tutto è cambiato quando Erdogan ha confermato di aver drasticamente aumentato il suo supporto militare alle forze armate del governo di Tripoli di Al-Serraj (GNA) che è anche largamente sostenuto economicamente dal Qatar.

Insieme ai mercenari ex terroristi turcomanni, Ankara ha inviato droni armati di fabbricazione turca, vale a dire il Bayraktar TB2. Più piccolo e con una portata molto più corta rispetto al Wing Loong cinese, che, come precedentemente indicato, viene usato dalle truppe fedeli al Generale Haftar, il Bayraktar è, comunque,  in grado di individuare e distruggere i bersagli di terra del LNA, creare problemi alla logistica delle sue linee di rifornimento e attaccare le basi aeree avversarie che per lungo tempo sono state considerate sicure.

Le truppe di terra filo-governative affiancate dai mercenari turchi, al momento, possono operare con copertura aerea e conoscendo le posizioni del nemico.
Proprio la Libia è l’esempio migliore, da portare all’opinione pubblica, di guerra per procura della quale i droni sono uno degli strumenti bellici principali.

Le grandi potenze, che sono anche le principali produttrici con le loro industrie, si sfidano in territori “neutri” per loro, sperimentando le possibilità dei loro prodotti e la loro capacità di confrontarsi con i paritetici mezzi delle controparti.
Siria, Donbass, Golfo Arabico sono le altre e più note aree della guerra per procura. Ce ne sono altre, meno note e pubblicizzate dai media, al di fuori della nostra area d’interesse primaria.

In Italia, la Piaggio Aerospace costruisce il drone P1HH (anche con funzioni civili di monitoraggio) che è il fiore all’occhiello della nostra tecnologia aeronautica

Piaggio Aerospace, in crisi commerciale anche in conseguenza del fermo produttivo dovuto al Covid-19, ha una forza di lavoro di 980 addetti e il proseguire dell’attività è fondamentale anche per l’indotto d’imprese fornitrici.

È noto che sia il Governo Italiano sia il Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini stanno seguendo la problematica. 
Il mercato dei droni non si ferma e se l’Italia esce dal mercato i possibili acquirenti si rivolgeranno altrove, certo non resteranno senza questa tecnologia ormai fondamentale in tutte le aree di crisi.

Generale Giuseppe Morabito

Categorie
Verbano-Cusio-Ossola

Pombia, Safari Park Lago Maggiore riapre al pubblico

Safari Park Lago Maggiore può lasciarsi finalmente alle spalle tutte le incertezze dovute alla pandemia da Covid-19: costanza e dedizione hanno dato i loro frutti e gli sforzi profusi nel periodo del lockdown per mantenere in vita l’imponente struttura che si estende per 450.000 mq e gli splendidi animali che vi sono ospitati, permettono ora la riapertura graduale ai visitatori in condizioni di massima sicurezza, come imposto dalle normative vigenti.

La giornata della rinascita è stata fissata per sabato 23 maggio, contando anche sul rispetto da parte del pubblico delle misure restrittive anti-contagio che prevedono il distanziamento sociale e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale per aver accesso alle aree del parco nelle quali è stato possibile predisporre le procedure necessarie a garantire un’esperienza priva di rischi per la salute, ma sempre e comunque di qualità.

Grazie al rigido protocollo messo a punto dalla direzione di Safari Park Lago Maggiore, sotto la guida di Orfeo Triberti, in pieno accordo con le disposizioni emanate da Comune di Pombia, Provincia di Novara e Regione Piemonte, sicurezza e igiene saranno sempre garantiti sia per il personale operante nella struttura, che per il pubblico: sanificazione e pulizia ad intervalli regolari, controllo costante dei percorsi e delle aree accessibili ai visitatori e attenzione sempre alta per tutte le attività da svolgere, infatti, hanno concretizzato la possibilità di riprendere in tempi record l’operatività, consentendo la riapertura quotidiana dalle 10.00 alle 19.00.

I biglietti sono in vendita alla cassa del parco o on line sul sito www.safaripark.it: ingresso intero a 12 Euro e ridotto a 10 Euro. Ingresso gratuito per i bambini fino a 3 anni d’età e per le persone affetta da disabilità.

La direzione ha pensato anche ad un’iniziativa speciale che sarà valida per tutto il 2020, prevedendo l’ingresso gratuito per medici e infermieri, per ringraziarli dell’immane lavoro che hanno svolto e che svolgeranno per affrontare una situazione drammatica e inedita come quella creatasi per la pandemia da coronavirus: per godere di questo piccolo ma significativo regalo, gli operatori sanitari non dovranno fare altro che mostrare il loro tesserino al loro arrivo presso le casse del Safari Park Lago Maggiore.

Attività fruibili: percorso Safari con auto propria, passeggiate nelle aree pedonali, visite ai padiglioni che ospitano Rettilario e Insettario con ingresso contingentato, accesso all’area Falconeria e alla Riserva dei Leoni marini, utilizzo dei trenini interni consentito, ma limitato nel rispetto delle misure di distanziamento. Ci sarà anche la possibilità di acquistare cibi e bevande da asporto presso le aree ristorazione con le medesime limitazioni, salvo diverse disposizioni ministeriali.

Quando e se le condizioni lo permetteranno, il Parco verrà riaperto nella sua totalità.

In rappresentanza della proprietà della struttura, Orfeo Triberti dichiara: “Contiamo presto di rivedere in sicurezza i tanti Amici, i gruppi di Campeggiatori, i Nonni e le Famiglie e nel poter mettere ancora a disposizione il nostro inestimabile patrimonio verde, di un parco oggi nel pieno del suo germogliare di piante e fiori, della nostra primavera rappresentativa del prezioso Territorio del Lago Maggiore”

Per restare sempre aggiornati, è possibile cliccare sul sito www.safaripark.it e seguire i profili social ufficiali di Facebook, Instagram e YouTube.

Per informazioni, donazioni e qualsiasi altra esigenza, l’Ufficio Stampa di Safari Park Lago Maggiore è a vostra disposizione in via Larino 3 – 28050 Pombia (NO)

E-mail: ufficiostampa@safaripark.it

Sarah Zambon