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Supplenti, precari della scuola. Importante sentenza del Tribunale di Milano

Supplenti, precari della scuola. Importante sentenza del Tribunale di Milano: vanno riconosciuti ai fini giuridici ed economici i giorni di servizio del docente supplente nei periodi ricadenti nella sospensione delle lezioni

 

Con sentenza n.664 pubblicata il 1 giugno 2020, il Tribunale di Milano – sez. lavoro – ha accolto il ricorso proposto da un docente supplente, il quale  rivendicava, ai fini giuridici ed economici, alcune giornate di servizio ricadenti nei periodi di sospensione predeterminata delle lezioni didattiche.

Il docente precario, difeso dall’avvocato Giuseppe Papagni, aveva stipulato con un istituto scolastico meneghino numerosi contratti di lavoro a tempo determinato ricadenti nel medesimo anno scolastico, dai quali venivano però esclusi i periodi di sospensione predeterminata delle lezioni (Pasqua, Carnevale, ecc…) nonché alcuni sabati e domeniche. A causa del mancato riconoscimento delle giornate in questione, il docente non poteva raggiungere, per sole sei giornate, le 180 giornate lavorative che consentono l’accreditamento dell’intera annualità scolastica.

Il Giudice del Lavoro, che aveva già accolto la domanda cautelare per consentire la partecipazione al ricorrente al concorso straordinario, ha accertato definitivamente la violazione da parte del MIUR dell’art. 7, comma 3, D.M. 25 maggio 2000, n. 201 (relativo alle modalità di conferimento delle supplenze al personale docente), che così dispone: “Per ragioni di continuità didattica, ove al primo periodo di assenza del titolare ne consegua un altro, o più altri, senza soluzione di continuità o interrotto solo da giorno festivo o da giorno libero dall’insegnamento, ovvero da entrambi, la supplenza temporanea viene prorogata nei riguardi del medesimo supplente già in servizio, a decorrere dal giorno successivo a quello di scadenza del precedente contratto. In tale comma è presa in considerazione l’ipotesi di più periodi di assenza del titolare senza intervallo (la disposizione parla infatti di “soluzione di continuità”) o intervallati soltanto “da giorno festivo” o “da giorno libero all’insegnamento” ovvero da entrambi. In questo caso il sostituto acquisisce il diritto alla proroga della supplenza senza interruzione rispetto alla supplenza precedente.

Per gli altri intervalli di tempo, in cui l’assenza della titolare era stata interrotta  la norma risulta applicabile (per via della sospensione delle lezioni dovuto al carnevale Ambrosiano, nel primo caso, alle vacanze pasquali nel secondo caso).

La sentenza ha dunque interpretato in maniera puntale il D.M. n.201/2000 (relativo alle modalità di conferimento delle supplenze al personale docente), in cui viene presa in considerazione l’ipotesi di più periodi di assenza del titolare senza intervallo o intervallati soltanto da giorno festivo o da giorno libero dall’insegnamento.

Il docente precario potrà godere, in termini di punteggio, dell’intera annualità di servizio al fine di un miglior collocamento nelle graduatorie scolastiche nonché la possibilità di partecipare al concorso straordinario per docenti di ruolo. Inoltre il Tribunale di Milano ha condannato il MIUR a corrispondere al ricorrente le retribuzioni ricadenti nelle giornate riconosciute oltre alle spese legali di giudizio.

L’importante decisione, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, tutela migliaia di docenti precari, i quali potranno ricorrere alla magistratura nel caso in cui venga negato il ricongiungimento di alcuni periodi di servizio. Sarebbe, infatti, altamente lesivo privare i supplenti, dopo anni di precariato, della possibilità di partecipare al concorso straordinario per il mancato ricongiungimento di poche giornate, che gli istituti scolastici ed il MIUR dovrebbero già riconoscere contrattualmente.

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Licenziamento è nullo perché ritorsivo quando non c’è la giusta causa.

Licenziamento è nullo perché ritorsivo quando non c’è la giusta causa. Significativa la controversia giudiziaria avviata dal lavoratore e la sua emarginazione.

 

Interessante arresto giurisprudenziale della Suprema Corte in materia di nullità dei licenziamenti “ritorsivi” perché senza giusta causa. Per la Cassazione Civile, infatti, con la sentenza n. 11705 pubblicata il 17 giugno 2020, il recesso datoriale può essere dichiarato nullo perché ritorsivo quando non sussiste una giusta causa di licenziamento del lavoratore. Ciò a maggior ragione Tanto se era già pendente un giudizio fra azienda e dipendente e se questo era stato emarginato. Nel caso in esame, infatti, è stato rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, di una Spa dello stesso capoluogo campano che aveva licenziato un dirigente senza una giusta causa. Nella fattispecie il dipendente, con testimonianze e documenti, era riuscito a dimostrare che l’addebito ricevuto dell’azienda era generico e pretestuoso e che quindi non vi fosse una giustificazione per il suo allontanamento. Per questo Tribunale e Corte d’Appello avevano annullato la sanzione e reintegrato il manager. Per i giudici di Piazza Cavour, infatti, “il licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta – assimilabile a quello discriminatorio, vietato dagli artt. 4 della legge n. 604 del 1966, 15 della legge n. 300 del 1970 e 3 della legge n4 108 del 1990 – costituisce l’ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito o di altra persona ad esso legata e pertanto accomunate nella reazione, con conseguente nullità del licenziamento, quando il motivo ritorsivo sia stato l’unico determinante e sempre che il lavoratore ne abbia fornito prova, anche con presunzioni”. In definitiva, “l’onere della prova del carattere ritorsivo del licenziamento grava sul lavoratore, ben potendo, tuttavia, il giudice di merito valorizzare a tal fine tutto il complesso degli elementi acquisiti al giudizio, compresi quelli già considerati per escludere il giustificato motivo oggettivo, nel caso in cui questi elementi, da soli o nel concorso con altri, nella loro valutazione unitaria e globale consentano di ritenere raggiunta, anche in via presuntiva, la prova del carattere ritorsivo del recesso. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si tratta di un ulteriore precedente di legittimità che dà ragione a tutti quei lavoratori discriminati e licenziati dal posto di lavoro e che costituirà un ulteriore deterrente al potere datoriale di recedere indiscriminatamente dal rapporto con i propri dipendenti.

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Come lavoreremo tra un anno e quali i modelli vincenti e le politiche di welfare per il dopo covid19?

La pandemia da covid19 e il lungo lockdown hanno messo a dura prova l’economia italiana e la sopravvivenza di moltissime aziende. Secondo i di uno studio realizzato da Cgil e Fondazione Di Vittorio, oltre 8 milioni di persone durante la quarantena hanno lavorato in smart working, una modalità che in precedenza era stata sperimentata da appena 500 mila di questi. 

Una necessità obbligata, per far fronte ad un evento che nessuno poteva prevedere, e, come sottolineato dallo stesso Ministero del Lavoro, ha spinto molti ad “un radicale e repentino ripensamento dell’organizzazione del lavoro”, anche se non tutti erano pronti e per alcuni è stato un vero shock. Forse è per questo motivo, che molti torneranno alla vecchia impostazione, mentre altri, seguendo anche gli esempi di chi già stava sperimentando nuovi modi di concepire il lavoro, proveranno a mantenere in parte o totalmente la possibilità di lavorare in smart working.

In quest’ottica, Zeta Service, fondata e guidata da Silvia Bolzoni, può essere indicata come un vero e proprio esempio da seguire, forte di una politica di welfare aziendale che le ha permesso di adattarsi e gestire il cambiamento, rendendolo qualcosa di positivo ai fini aziendali, anziché subirlo passivamente, limitandosi ad attuare quanto previsto dai vari DPCM. L’azienda, che conta oggi 300 collaboratori, oltre 600 clienti e 8 sedi in Italia, è stata tra le prime a mettere in smart working tutti i suoi dipendenti già dal 21 febbraio, una modalità di lavoro che era già attiva in azienda, anche se solo per pochi giorni al mese e su base volontaria. 

Quando dopo aver appreso la notizia del “paziente 1” ho deciso di far lavorare tutti da casa, in cuor mio avevo il timore che questo Smart Working di massa non funzionasse. – Spiega Silvia Bolzoni – È un timore che ho sempre avuto, infatti prima il lavoro da casa si limitava a due giorni al mese (a meno che non ci fossero bimbi o genitori da accudire in quel caso non era il tempo a dettare le regole ma le esigenze) e non più di tot persone per gruppo. Dopo questo esperimento dovrò sicuramente rivedere il regolamento dando maggiore flessibilità, perché i miei collaboratori hanno dimostrato responsabilità, coesione e lavoro di squadra. Sono stati tutti perfetti, anche a distanza. In futuro, sicuramente avremo un nuovo modo di intendere l’orario di lavoro, la presenza in ufficio non sarà sempre necessaria , ci sarà libertà nell’organizzare le proprie giornate, conterà sempre di più il risultato e la qualità del proprio lavoro non il tempo trascorso in ufficio.”

Da sempre, Zeta Service ha scelto di mettere la persona al centro di tutto, avviando una politica di welfare aziendale che garantisce flessibilità lavorativa e offerta di servizi all’interno dell’azienda (visite mediche, corsi di yoga e pilate, maggiordomo aziendale…), ed è l’unica in Italia ad avere la divisione interna permanente Felicità e Valori. Tutti elementi che hanno fatto sì che all’interno dell’azienda si creasse un forte senso di appartenenza.

Queste caratteristiche hanno reso possibile a Zeta Service di adattarsi rapidamente al lockdown prima, e alla Fase 2 dopo, mantenendo le persone motivate e coinvolte. L’azienda ha, inoltre, fatto in modo che tutti i suoi collaboratori potessero avere un supporto economico, mantenendo i ticket restaurant, benché non fossero legalmente dovuti per il lavoro da casa, e anticipando la quattordicesima ad aprile. Ma non solo, è stato fornito anche un costante supporto psicologico attraverso webinar dedicati al coraggio e alla paura e uno “Piscologo aziendale” a disposizione dei collaboratori. Provvedimenti che hanno consolidato ancora di più il legame con l’azienda.

Non tutte le aziende italiane, però, sono propense a proseguire con lo smart working. Tra le principali paure, quella di non riuscire a gestire i dipendenti e che questi non riescano a coordinarsi tra di loro e, dal lato del dipendente, le principali riserve sono collegate al fatto di dover utilizzare i propri dispositivi e di non riuscire a veder rispettato il proprio diritto alla disconnessione.

Questi sono timori fondati, ma credo che l’esperienza che abbiamo vissuto ci abbia già messo davanti un grande esperimento e ci abbia dato anche occasione, sia dal lato azienda sia dal lato dipendente, di prendere le misure con la nuova situazione lavorativa in modo molto efficace e veloce vista l’esigenza. Non solo, credo di aver compreso come non si debba mai dire “Non si può fare”, tutto si può fare con la collaborazione delle proprie persone, certo, la fiducia reciproca è imprescindibile, ma questa non deve mancare in generale in nessuna relazione lavorativa. La realtà sta mettendo davanti ai nostri occhi la possibilità di cambiare e di evolvere, credo che opporre resistenza sia dannoso e che sia molto meglio gestire il cambiamento e adattarlo ai propri desideri.

Il mio desiderio da sempre è che Zeta Service cresca in modo sano e che i miei collaboratori siano felici, personalmente farò in modo che questo continui ad accadere anche se con nuove modalità di lavoro. Stiamo tutti cambiando pelle e vedo in questo la possibilità di nuove scoperte e nuovi obiettivi da raggiungere.

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Emersione lavoro nero, sportello Confconsumatori a Varese

Confconsumatori Varese da oggi apre lo sportello denominato

EMERSIONE DI RAPPORTI DI LAVORO IRREGOLARE”   

Decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 – Pubblicato Sulla gazzetta ufficiale n. 128 del 19 maggio 2020 

Al fine di favorire e regolarizzare i rapporti  di  lavoro  irregolari,  i  datori  di  lavoro  italiani  e stranieri possono  presentare  istanza  per  concludere  un contratto di lavoro subordinato  con cittadini stranieri presenti sul  territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani  o  cittadini  stranieri. 

A tal fine, potranno essere regolarizzati i seguenti settori:

a) agricoltura, allevamento e zootecnia,  acquacoltura  e    attività connesse; 

b) assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorchè non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza;

c) lavoro  domestico di sostegno al bisogno familiare.

Le domande  devono essere presentate entro il 15 luglio  2020.

Chi fosse interessato può fissare appuntamento telefonando allo 0332 281712 dalle 13.00 alle 18.00

CONFCONSUMATORI VARESE

Via Ulisse Merini 14

21100 Varese

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Perché utilizzare disinfettanti chimici quando dal 1840 esiste l’ozono ?

Perché utilizzare disinfettanti chimici quando dal 1840 esiste l’ozono ? applicato fin da 1800 per la disinfezione dell’acqua! L’OZONO È STATO RICONOSCIUTO DAL MINISTERO DELLA SALUTE (PROTOCOLLO N. 24482 DEL 31 LUGLIO 1996) PRESIDIO NATURALE PER LA STERILIZZAZIONE DEGLI AMBIENTI CONTAMINATI DA BATTERI, VIRUS, SPORE ECC. E INFESTATI DA ACARI, INSETTI, ECC. L’ozono è un gas che fu individuato dal chimico tedesco Christian Friedrich Schönbein nel 1840.

Il nome che il suo scopritore gli attribuì fù ozono, parola derivante da “ozein”, presa dalla lingua greca. Vantaggi in sintesi: – efficacia assoluta, riconosciuta dal Ministero della Sanità con il PROTOCOLLO N. 24482 – nessuna necessità di personale – nessuna sostanza chimica – uso solo di corrente elettrica – minima manutenzione – elimina muffe, virus, Corona Virus, spore, accari, …. Disinfezione: di ospedali, delle ambulanze, di scuole, case di riposo, centri sportivi e SPA, dei mezzi di trasporto; Uso domestico: frigorifero, scarpiere tessuti, tende, materassi; abitacolo automobile, roulottes,camper; Disinfezione e deodorazione: stanze d’albergo, ristoranti, mense, bar e ovunque venga distribuito del cibo, elimina efficacemente l’odore del fumo di sigaretta, di camini e barbecue; in applicazione della legge 155/97 H.A.C.C.P. e D.Lgs 626/94.

PERCHE’ SANIFICARE CON L’OZONO La normale pulizia è poco efficace e pratica negli ambienti rispetto alla straordinaria efficacia dell’Ozono, il sistema funziona nell’aria e nell’acqua, non lascia residui, è ecologico e abbatte ogni odore perché si lega rapidamente alle sostanze organiche ossidandole. Disinfezione: di ospedali, delle ambulanze, di scuole, case di riposo, centri sportivi e SPA, dei mezzi di trasporto; Uso domestico: frigorifero, scarpiere tessuti, tende, materassi; abitacolo automobile, roulottes,camper; Disinfezione e deodorazione: stanze d’albergo, ristoranti, mense, bar e ovunque venga distribuito del cibo, elimina efficacemente l’odore del fumo di sigaretta, di camini e barbecue;in applicazione della legge 155/97 H.A.C.C.P. e D.Lgs 626/94); Validazioni Scientifiche dell’Ozono https://irpcdn.multiscreensite.com/aa6411db/files/uploaded/Validazioni %20scientifiche%20ozono.pdf In questi sistemi di disinfezione l’azione ossidante avviene tramite un generatore di gas che trasforma in Ozono l’ossigeno normalmente presente negli ambienti e li satura distruggendo batteri, spore, legionelle, virus compresi i Corona Virus, fungine e muffe, eliminando anche scarafaggi, zanzare, acari, pulci, zecche, blatte, pidocchi, tarme: il gas è più pesante dell’aria e quindi si infiltra nelle piccole tane impedendo formazioni di colonie. SETTORI DI UTILIZZO Le prime applicazioni mediche ufficiali dell’ozono risalgono al 1915, infatti durante la prima guerra mondiale il gas viene utilizzato per la cura della cancrena. Ospedali, scuole, case di cura, ambulatori, palestre, centri estetici, lavanderie, negozi, magazzini alimentari, celle frigorifere, uffici, sale prova, refettori, bar, hotel, ristoranti, bed & breakfast, case vacanze, mense, veicoli, aeromobili, imbarcazioni… Questa tecnologia garantisce ambienti igienizzati e privi di odori: tappezzerie, armadi, coperte, materassi, moquette, tappeti, poltrone, divani, tendaggi, e piumini risulteranno rinnovati igienicamente ad ogni trattamento, lasciandoli intatti senza residui dannosi. LA SCELTA DEL TIPO DI IMPIANTO La scelta di un impianto professionale deve considerare: – metri cubi dell’ambiente da trattare – velocità con cui è necessario creare la saturazione Per sanificare l’ambiente in 30 minuti è necessario 1 gr/h di gas ogni 10 metri cubi (a 20°C): per impiegare solo 15 minuti basta scegliere un generatore che sviluppi 2 gr/h. Le apparecchiature professionali sono dotate di timer e devono avere il una durata di funzionamento utile di almeno 30.000 ore di lavor. Una corretta impostazione di tempi di trattamento, detta anche tempo di contatto, è indispensabile per il buon funzionamento e per conseguire il risultato desiderato. Prima di metter in funzione il generatore basta chiudere porte e finestre: animali e persone devono essere fuori dalla stanza, rispettando in modo rigoroso le indicazioni di sicurezza. Al termine del trattamento attendere i tempi previsti dal manuale di uso e manutenzione, in modo che l’Ozono decada nuovamente in ossigeno. L’Ozono non può essere trasportato o accumulato, la sua efficacia si esplica in un ciclo breve e quindi va generato al momento: dopo lo spegnimento del generatore il gas torna nuovamente ad essere ossigeno, lasciando un reale senso di pulizia.

Ricerca effettuata Per VaresePress da Aquàntica davide@aquantica.info

DAVIDE TINTI

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Sanitari già positivi al COVID si vedono rifiutare gli esami diagnostici nonostante le prescrizioni dell’INAIL

Sanitari già positivi al COVID si vedono rifiutare gli esami diagnostici nonostante le prescrizioni dell’INAIL. Accade in Provincia di Lecce

Fiumi di parole scritte sul bilanciamento tra Privacy e diritto alla salute durante questa pandemia ha portato alla conclusione che se l’art. 32 della Costituzione prevede la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, in presenza di un pericolo per la stessa, fa conseguire l’esigenza di tutela della collettività anche a discapito della libertà dell’individuo e del diritto alla riservatezza dei dati personali, che, non essendo diritti assoluti, devono necessariamente bilanciarsi con altri interessi pubblici. Il diritto alla privacy ed alla riservatezza, è noto, non trova una espressa tutela nella Carta Fondamentale e quindi soccombe innanzi alla preminenza del diritto fondamentale della salute della intera collettività, che ha rango costituzionale.E così, il Governo, attraverso l’art. 14, comma 2 del D.L. 14/2020, ha previsto che il diritto alla riservatezza dei dati personali non può prevalere sullo svolgimento delle attività sanitarie e non disposte per far fronte all’emergenza sanitaria anche allo scopo di contenere la pandemia. Paradossalmente, nel caso portato all’attenzione dello “Sportello dei Diritti” per il tramite dell’avvocatessa Emanuela Toscano e qui di seguito risaltato, conviene tutelare la privacy per vedersi garantito il diritto alla salute!! Difatti sanitari appartenenti all’Asl LE, che hanno contratto il virus COVID-19 proprio nell’intento di salvare vite umane, si vedono oggi negare il diritto ad eseguire esami diagnostici, nonostante l’accertamento dell’intervenuta negatività attraverso tre tamponi risultati negativi. Nella fattispecie sono stati respinti da un noto centro diagnostico del leccese perché “ex COVID”! Nel fatto, sanitari rientrati regolarmente in servizio presso le strutture sanitarie in cui espletavano il loro operato hanno, attraverso l’INAIL, ottenuto una specifica esenzione ticket di breve durata (31/05/2020) al fine di effettuare esami diagnostici consigliati dai propri medici curanti e scongiurare eventuali postumi di qualunque genere dopo l’infezione di COVID-19. Stante l’inoperatività asl al momento, i sanitari, per il tramite CUP hanno prenotato radiografie, tac, ecc presso un noto centro diagnostico convenzionato con Asl. Purtroppo, prima dell’esecuzione dell’esame diagnostico è stato sottoposto a ciascun “paziente” un questionario in cui veniva richiesta esplicitamente la posizione rispetto ad eventuale e (anche) passata positività. Perciò, all’ammissione di essere stati “ex COVID” i sanitari si sono visti negare il diritto ad eseguire il test diagnostico…in buona sostanza si sono visti negare il diritto alla salute!!..A questo punto la domanda è: per quanto perdurrà l’increscioso pregiudizio? Il diritto alla salute viene solo tutelato a coloro i quali ad oggi hanno avuto la fortuna di non incrociare COVID-19 sulla loro strada? Se per qualunque altra eventuale patologia o controllo questi sanitari o qualunque altro ex positivo necessita di assistenza, come e dove potrà diagnosticare e/o accertare eventuali altre patologie? Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si pone quasi un paradosso: forse è  il caso che il Governo provveda a tutelare la privacy degli ex positivi.

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Fsi-usae, premio per tutti non per alcuni

La VI commissione regionale sanità ha proposto all’Ars premi per 1000 € agli operatori sanitari che prestano servizio in Sicilia nei reparti Covid e anche per il personale che non lavora nei reparti non covid ma che indirettamente ha prestato assistenza con pazienti covid (quest’ultimi sono pochi).

Oltre al personale a tempo indeterminato per fronteggiare l’emergenza la regione ha dovuto reclutare temporaneamente personale sanitario a tempo determinato con contratti in scadenza fino a termine dell’emergenza (anche questo sarà doloroso per questi lavoratori ma per legge per diventare di ruolo bisogna vincere un concorso pubblico).

Questo personale assunto temporaneamente per l’emergenza è stato escluso dal premio di 1000€ a (testa), proposta votata e inserita nella finanziaria regionale approvata qualche giorno fa.

Per la nostra segreteria era corretto assegnare un premio anche a loro.

All’art. 5 comma 8 la discriminazione che parte dalla VI commissione regionale portata in giunta Ars e votata dentro la finanziaria.
Lo riteniamo ingiusto.

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Lavoro, Amazon assume in Italia

Amazon è in espansione nel nostro Paese e ha avviato da tempo una massiccia campagna di recruiting, che ha portato già numerose assunzioni, di cui molte a tempo indeterminato. Il Gruppo creerà migliaia di nuovi posti di lavoro, anche grazie all’apertura di nuovi poli logistici su tutto il territorio nazionale.

Presente in Italia dal 2010, impiega più di 6.900 dipendenti a tempo indeterminato sul territorio nazionale. Periodicamente il Gruppo apre nuove selezioni di personale, per la copertura di posti di lavoro e stage. Si ricercano varie figure, anche in vista del piano Amazon assunzioni 2020 per le nuove aperture.

Per gli uffici di Milano, sede corporate di Amazon in Italia, le opportunità di impiego sono numerose, sia per figure manageriali che per giovani senza esperienza, che vengono inseriti attraverso programmi di stage. Al momento, inoltre, sono aperte le candidature per lavorare nei nuovi magazzini Amazon.

Le offerte di lavoro Amazon sono rivolte, generalmente, a diplomati, laureati e laureandi. Sia professionisti esperti, a vari livelli di carriera, che giovani al primo impiego, per i quali sono disponibili anche opportunità di tirocinio. Ai candidati si richiedono, generalmente, la conoscenza della lingua inglese e, data la natura delle funzioni, competenze informatiche. Per alcune posizioni è gradita la conoscenza anche di altre lingue straniere, in particolare Tedesco, Francese e Spagnolo.

Per candidarsi Amazon utilizza come principale canale per il reclutamento del personale il portale riservato alle opportunità professionali, Amazon Lavora con noi (https://www.amazon.jobs/en), sul quale vengono pubblicate le offerte di impiego attive, che è stato recentemente ristrutturato, nell’ambito di un restyling generale del sito www.amazon.it. Attraverso questo strumento i candidati possono prendere visione delle posizioni aperte, effettuando la ricerca tematica con l’ausilio di appositi filtri quali parole chiave e sede di lavoro, e inserire il cv nel data base aziendale per rispondere online agli annunci di interesse, allegandone una copia insieme ad una lettera di presentazione (facoltativa), o per renderlo disponibile in vista di prossime selezioni di personale.

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Bonus Lavoro Giovani: come funziona, a chi spetta

Con il Bonus Lavoro giovani le aziende possono ottenere agevolazioni per assunzioni di giovani under 35 che non sono mai stati assunti a tempo indeterminato.

Si tratta di incentivi per promuovere l’occupazione giovanile, mediante l’erogazione di aiuti per le società che assumono. La gestione del bonus occupazione 2020 è affidata all’Inps, che ha fornito le istruzioni operative e contabili.

L’Inps, attraverso la Circolare n. 57 del 28/04/2020, le indicazioni e le istruzioni per la gestione degli adempimenti previdenziali relativi alla misura, che intende favorire la creazione di opportunità di lavoro per i giovani. L’esonero contributivo per assumere giovani fino a 35 anni di età è valido per le assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti effettuate nel 2019 e nel 2020. A partire dal 2021 il limite di età per accedere al beneficio sarà abbassato a 30 anni.

Il Bonus Lavoro è una misura introdotta in Italia per favorire l’inserimento lavorativo dei giovani. Si tratta di una agevolazione rivolta alle aziende che assumono ragazzi che rientrano in determinati limiti anagrafici, mediante una diminuzione del costo del lavoro. I datori di lavoro possono usufruire di una riduzione dei contributi previdenziali che, per legge, devono versare a favore dei lavoratori assunti. Il Bonus è stato introdotto dalla Legge 27 dicembre 2017, n. 205, che prevedeva, nello specifico, uno sgravio fiscale, a valere sui contributi Inps, per i datori di lavoro privati che assumono giovani con contratti a tutele crescenti.

A partire dallo scorso anno, poi, in ottemperanza di quanto previsto dal c.d. Decreto Dignità (Decreto legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla Legge 9 agosto 2018, n. 96, entrata in vigore il 12 agosto), il vecchio pacchetto di incentivi per l’occupazione giovanile è stato sostituito dal nuovo Bonus Lavoro Giovani. Il provvedimento legislativo, che prevede apposite misure per favorire l’occupazione giovanile stabile, indicate nell’articolo 1 bis, in sostanza ha prorogato gli incentivi precedenti, introducendo delle modifiche. Tra queste la conferma dell’innalzamento del limite di età dei giovani assunti, previsto per accedere all’esonero, fino a 34 anni di età.

Una importante novità introdotta rispetto alla misura precedente è che la decontribuzione prevista dal beneficio per l’assunzione incentivata degli under 35 è riconosciuta anche nel caso di trasformazione di un rapporto di lavoro a termine in contratto a tempo indeterminato.

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“La Cassa Integrazione Guadagni – ha sottolineato Rizzoli – è un tema urgente ed emergente

CORONAVIRUS. RIZZOLI:SU CIG REGIONE A FIANCO LAVORATORI, AUTORIZZAZIONI DOMANDE E 5,5 MILIONI PER ANTICIPAZIONE RISORSE La Cassa integrazione e le necessità, da parte dei lavoratori, di disporre da subito della necessaria liquidità per far fronte alle esigenze delle famiglie; le incertezze sulla ripresa delle lezioni a scuola, in settembre; ulteriori fondi per l’edilizia scolastica erogati attraverso il riparto destinato alle Province di 51 milioni che finanzia opere cantierabili entro la fine di ottobre 2020; le opportunità degli Istituti Tecnici Superiori che offrono l’opportunità di frequentare percorsi biennali o triennali e trovare lavoro con un’assunzione a tempo indeterminato entro 6 mesi dal conseguimento del diploma. Questi i temi affrontati dall’assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro Melania Rizzoli intervenuta alla diretta Facebook trasmessa dalla pagina di Lombardia Notizie Online. “La Cassa Integrazione Guadagni – ha sottolineato Rizzoli – è un tema urgente ed emergente; sono oltre 66.000 le domande pervenute per circa 200.000 i lavoratori che possono andare in banca a chiedere l’anticipazione sociale della cassa integrazione per 1.400 euro forfettari”. “In alcune banche – ha spiegato l’assessore – molti lavoratori hanno avuto difficoltà; ma dopo la circolare di ABI che ha semplificato le procedure e che si trova sul sito della Regione Lombardia nella sezione dedicata al Lavoro, questi lavoratori possono andare in banca a chiedere l’importo portando con se la copia di richiesta della cassa integrazione fatta dall’azienda e la circolare Abi”. L’assessore Rizzoli ha anche ricordato che nel momento in cui sono state ricevute segnalazioni di difficoltà da parte delle banche ad erogare gli importi per la Cig, Regione Lombardia ha promosso insieme alle parti sociali un Fondo per mettere a disposizione 5,5 milioni di euro come sostegno all’anticipazione sociale. “I lavoratori hanno bisogno ora della liquidità” ha rimarcato la titolare della delega al Lavoro in Giunta regionale. “Il Governo – ha chiosato – ha delegato alle Regioni la pratica delle decretazioni delle richieste della Cig per poi passarle all’Inps. Un iter che ha comportato iniziali rallentamenti ma noi stiamo autorizzando oltre 2.000 domande di cassa integrazione al giorno e arriveremo presto a completare invio richieste. Sul sito regionale, ogni giorno, potrete verificare l’avanzamento delle domande autorizzate”. A proposito della ripresa dell’anno scolastico, l’assessore ha comunicato che incontrerà Augusta Celada nuovo direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, nominata da poche settimane. “Dobbiamo definire l’inizio del nuovo anno scolastico: le famiglie – ha detto Rizzoli – ci chiedono date certe. Mi auguro che non si debbano fare doppi turni per rispettare distanziamento sociale”. “Noi come assessorato – ha detto ancora Rizzoli – abbiamo istituito fondo per l’edilizia scolastica e per consentire l’adozione di misure specifiche”. Oltre agli interventi che potranno essere realizzati sugli edifici scolastici in attuazione del riparto da 51 milioni di euro definito oggi con le Province, l’assessore ha ribadito anche che i fondi destinati all’eliminazione dall’amianto dalle scuole sono stati utilizzati per soddisfare tutte le richieste: 5 milioni di euro per scuole ad ‘amianto zero’. In vista della ‘Fase 2’ l’assessore ha ribadito l’importanza della scelta di un Istituto Tecnico Superiore in alternativa ai tradizionali percorsi universitari: garantiscono percorsi formativi in linea con le esigenze delle aziende del territorio e consentono ad oltre l’80 per cento degli iscritti di trovare un posto di lavoro a tempo indeterminato entro i 6 mesi dal conseguimento del diploma. “In Lombardia abbiamo 20 Its che erogano 125 corsi – ha concluso e non hanno nulla da invidiare al titolo accademico: sono corsi che garantiscono un lavoro”.