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Sanità

Il peggio deve ancora arrivare? Virus e mascherine con il caldo? Bassetti.

Uno dei disagi che stanno affrontando i cittadini è legato alla mascherina indossata con il caldo. Le alte temperature aumentano il fastidio di coprirsi il volto con il dispositivo necessario per evitare rischio di contagio. In un post su Facebook l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della clinica Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, ha consigliato il miglior modello da indossare per limitare la “sofferenza” che si prova.Ecco perché vanno evitate le Ffp2.

Bassetti: usiamo mascherine chirurgiche

«Le migliori mascherine da usarsi in questa fase, specie ora che è comparso il caldo, sono quelle chirurgiche e non le Ffp2 – scrive Bassetti – Queste ultime infatti, oltre a costare molto di più, aumentano molto la temperatura facciale, sono più scomode e hanno minor aderenza. Lo dimostrerebbe un interessante lavoro pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health». «Per strada vedo ancora troppa gente con le Ffp2 perché pensano siano migliori. Lasciamole agli operatori sanitari e continuiamo ad usare, quando servono, le mascherine chirurgiche», conclude Bassetti.

 

Fabio Sanfilippo

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Sanità

«Il virus tornerà in autunno, portato dai giovani. Ricciardi: Pandemia finita con 40 giorni consecutivi a zero contagi»

“Tecnicamente una pandemia si definisce terminata da 40 giorni consecutivi a zero casi nel mondo”

 

Tutti ricordiamo le parole di Alberto Zangrillo, il quale poi attaccato da molte categorie. Non si è mai compresa la motivazione con la quale il promario del San Raffaele, sia forse scivolato con troppa semplificazione.

Guarltieri Ricciardi, detto Walter Ricciardi : “I colleghi sulla base della loro osservazione dicono: noi stiamo vedendo pazienti che hanno una carica virale minore. Ma è sbagliato -sostiene Ricciardi- trarre delle considerazioni generali da queste valutazioni, relative a una casistica molto spesso limitata, quando in questo momento lo stesso e identico virus provoca migliaia di morti e in alcuni paesi non hanno nemmeno più le fosse per seppellirlo. Questo disorienta l’opionione pubblica e fa abbassare la guardia, mentre invece va tenuta alzata”.

«L’Italia è calda così, come è caldo il Brasile. Questo virus si diffonderà fra i giovani, che diventeranno i vettori, i portatori di questa infezione e il problema sarà che, a causa della mancanza di misure di sicurezza da parte dei ragazzi, lo trasmetteranno a nonni e genitori e rivedremo di nuovo la pressione su sistema sanitario. Questo si verificherà in autunno». E’ ben chiaro nel precisarlo Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute e professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica, presentando oggi il rapporto Osservasalute. «Tutti i virus respiratori ritornano in autunno da quando esiste l’uomo – ha ribadito – ogni anno c’è una stagione in cui a causa del freddo e della capacità del virus di riprodursi grazie ad alcune condizioni, queste infezioni ritornano. Se lo farà anche questo coronavirus? Lo conosciamo poco, ma siamo convinti di sì».

«La stragrande maggioranza dei contagi avviene attraverso le mani, quindi lavarle è un’abitudine che può controllare circa il 60% dei contagi, sembra strano perché si bada molto di più alla mascherina. Il distanziamento fisico e il lavaggio delle mani da soli possono evitare quasi il 100% dei contagi», prosegue Ricciardi. «Se in certe circostanze non si riesce a mantenere le distanze, e questo soprattutto negli ambienti chiusi», si deve indossare la mascherina, precisa. «Non dobbiamo essere spaventati ma cauti sì, badare alla pulizia delle superfici e intraprendere tutti quei comportamenti utili fino a quando non si avrà il vaccino».

Infine, sulla semplificazione dei tamponi per certificare la guarigione dal coronavirus «l’Organizzazione mondiale della sanità ha fatto le sue valutazioni in funzione di Paesi come Pakistan, India, che sono nei guai fino al collo a causa della loro scarsa capacità diagnostica. Questa va infatti riservata per individuare i nuovi casi. L’Oms ha raccomandato anche che chi può, deve continuare. La mia posizione, che ho rappresentato anche al ministro della Salute, è che l’Italia deve continuare a essere prudente».

«Tecnicamente una pandemia si definisce terminata da 40 giorni consecutivi a zero casi nel mondo. Siccome ieri si è avuto il record di singoli casi in un giorno, siamo ben lontani a livello mondiale, ma anche nazionale, dal raggiungere questo obiettivo», spiega ancora l’esperto che poi ribadisce: «La raccomandazione primaria è quella del distanziamento fisico, tutto ciò che difetta in questo lo si paga poi in termini di contagi. Agli operatori del turismo vorrei dire che se non c’è salute non ci può essere uno stato di benessere economico. Se si torna a numeri importanti, si torna alle chiusure: ricordo che oggi Lisbona e una parte della Germania sono in lockdown e non si tratta di Nuova Delhi. Prima o poi le disattenzioni si pagano e anche gli operatori del turismo devono essere responsabili nel far applicare le regole.

Fabio Sanfilippo

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Sanità

Codici: lesioni da pressione,su 38.354 sinistri ospedalieri, il 78,6%

Quello delle lesioni da pressione è uno dei grandi mali dell’assistenza ospedaliera. Pur conosciute e note per la loro pericolosità per la salute della persona, in quanto il problema si pone soprattutto per soggetti allettati o privi di conoscenza e quindi in situazione di spiccata debolezza, non si applicano i protocolli di buone pratiche cliniche che vengono approvati.

L’Associazione Codici ha intrapreso una lunga battaglia di civiltà contro quei dirigenti ospedalieri che ignorano il problema, perché rimasti finora impuniti. Una campagna per richiamare l’attenzione su una tematica troppo spesso lasciata in secondo piano e su cu l’Associazione Codici ha raccolto anche il parere qualificato delle dottoresse Giovanna Baccillieri (leggi qui) e Vincenza Maniaci (leggi qui). Di seguito, invece, l’intervista al Segretario Nazionale di Codici Ivano Giacomelli.

Perché le lesioni da pressione sono diventate uno dei grandi mali dell’assistenza ospedaliera?

Prima di tutto bisogna sottolineare una cosa: le lesioni da pressione non sono una patologia. Sono una condizione che insorge in pazienti ospedalizzati ai quali non viene data la dovuta assistenza. Se compaiono, significa che ci troviamo di fronte ad una pessima assistenza sanitaria. Quella che deve essere combattuta è l’indifferenza delle strutture sanitarie di fronte a questo grave problema e di chi dovrebbe occuparsi di assistere il malato ma non lo fa, ignorando i protocolli. Ci sono poi altri due aspetti da tenere in considerazione: è difficile riconoscere la responsabilità e non ci sono norme sanzionatorie specifiche. Questo, purtroppo, ha creato una diffusa impunità, naturalmente tutta a svantaggio dei pazienti e dei loro familiari.

Negli ultimi anni l’Associazione Codici ha riscontrato la mancata o parziale attuazione da parte delle strutture ospedaliere dei protocolli assistenziali. Le lesioni da pressione sono prevedibili da parte del personale, a patto però che vengano seguite queste azioni:

– valutazione del paziente al momento della presa in carico, verificando la presenza di eventuali condizioni che riducano la mobilità o che impediscano il movimento, anche solo per cambiare posizione;

– adozione di strategie per i pazienti a rischio, ad esempio predisponendo un piano di posizionamento, cura e osservazione quotidiana della pelle oltre ad una corretta idratazione e nutrizione;

– documentazione di tutte le valutazioni di rischio, osservazione continua e identificazione della lesione.

Che incidenza hanno le lesioni da pressione sulle criticità della sanità italiana?

Su 38.354 sinistri ospedalieri, il 78,6% è registrato sotto il nome di piaghe da decubito e nel 7,7% dei casi l’ulcera è così grave da provocare un’infezione capace di diffondersi nell’organismo e di stroncare la vita del paziente fragile entro un anno dalla dimissione.

Le lesioni da pressione sono un problema ad alto impatto sociale: le previsioni dicono che 1 adulto anziano su 4 soffrirà di ulcere da pressione. Meno autosufficiente è la persona malata, più è elevato il rischio di lesioni da decubito, più gravi sono le ulcere che si determinano e più difficile è la guarigione. Una nostra indagine sui nosocomi romani ha rilevato che l’incidenza delle piaghe da decubito sui malati ospedalizzati è circa del 21,5%.

In cosa consiste l’azione dell’Associazione Codici su questa tematica delicata?

L’Associazione Codici si occupa di questi casi da tantissimi anni. Continuiamo a ricevere segnalazioni, a conferma di quanto il problema sia reale e tocchi purtroppo tante, troppe persone. Abbiamo avviato una campagna che ha un duplice obiettivo: da una parte quello di tutelare il diritto alla salute dei pazienti, dall’altro quello di sensibilizzare aziende ospedaliere ed istituzioni affinché vengano applicati i protocolli necessari per evitare l’insorgenza delle lesioni da pressione.

Un aspetto importante, che ripetiamo sempre a chi si rivolge alla nostra associazione, è la tempestività. Quando ci si accorge che il protocollo adottato per le cure non è quello corretto, quando ci si rende conto che l’assistenza sta causando dei problemi, bisogna subito avvisare il personale sanitario e chiedere un intervento. Nel caso in cui le richieste dovessero cadere nel vuoto, cosa che purtroppo a volte accade, l’Associazione Codici è pronta a fornire il proprio supporto. Per farlo in maniera efficace, però, abbiamo bisogno di materiale e per questo chiediamo sempre a chi ci contatta di consegnarci la cartella clinica del paziente e alcune foto che documentino l’insorgenza delle lesioni da pressione. Sembra incredibile per un Paese come l’Italia, ma far valere il diritto alla salute non è semplice, spesso è una battaglia dura e per vincerla bisogna avere più strumenti possibili, a partire dai documenti. L’Associazione Codici è sempre stata al fianco dei pazienti e continuerà ad esserlo per far applicare i protocolli necessari per evitare l’insorgenza delle lesioni da pressione, uno dei grandi mali dell’assistenza ospedaliera.

associazione CODICI,http://www.codici.org/le-rubriche/sanita/lesioni-da-pressione-campagna-di-codici-per-la-salute.html

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Sanità

Basta fake news sugli animali. Cani non veicolano il Coronavirus

Sen. Mariella Rizzotti (FI)

“Troppe Fake news sugli animali da compagnia”

La Senatrice : “Sgombriamo una volta per tutte il campo da ogni equivoco. Non c’è alcuna evidenza scientifica che faccia temere un passaggio del Covid-19 attraverso gli animali domestici. Si ascoltino gli esperti, primo su tutti l’Istituto superiore di sanità, e si mettano al bando vergognose fake news.
I nostri cani e gatti non trasmettono alcun virus all’uomo. I quattro casi segnalati non si sono verificati in Italia e in ogni caso si tratta di animali contagiati dai loro padroni risultati positivi. Non lasciamoci quindi suggestionare da notizie false, ma ascoltiamo i medici.
Non abbandoniamo i nostri fedeli amici commettendo un atto ignobile che si commenta da se.”

Maria Rizzotti è un medico, Vice presidente al Senato, membro della 12 commissione permanente sanità. Sempre vicina alle fasce più deboli, si occupa inoltre d’inchieste sul femminicidio e su ogni forma di violenza ed abusi. 

Il suo appello

“Invito ad una esortazione a non abbandonare gli animali domestici a tutti coloro che ne posseggono uno, con l’invito a mantenere la calma e adottare sempre i provvedimenti suggeriti dal governo in termini di norme igieniche. Come riporta l’Istituto Superiore di Sanità, infatti, non esiste alcuna evidenza che gli animali domestici siano diffusori di sars-cov-2. È una notizia non corrispondente al vero che sta circolando da giorni sul web e sta facendo registrare pericolosamente un incremento ingiustificato degli abbandoni.

Al contrario sono i padroni che trasmettono il virus ai nostri amici a quattro zampe. No a paure irrazionali”

La pulizia dell’animale domestico

Il “problema” si risolve facilmente, seguendo le normali norme igieniche: dopo averli accarezzati, aver tocccato la lettiera o la ciotola del cibo, bisogna lavarsi bene le mani ed evitare di portarle alla bocca. Pulire loro le zampe e il pelo dopo averli portati a passeggio usando le salviette adatte (e non candeggina come qualche sconsiderato ha suggerito in tv), evitare di baciarli. Norme igieniche che dovrebbero valere in periodi normali, anche senza il coronavirus.

L’elevata circolazione del virus tra gli esseri umani «sembra non risparmiare, in alcune occasioni, gli animali che condividono con l’uomo ambiente domestico, quotidianità e affetto. Al 2 aprile, a fronte di 800 mila casi confermati nel mondo di Covid-19 nell’uomo, sono solamente 4 i casi documentati di positività da Sars-CoV-2 negli animali da compagnia: due cani e un gatto ad Hong Kong e un gatto in Belgio. In tutti i casi, all’origine dell’infezione negli animali vi sarebbe la malattia dei loro proprietari, tutti affetti da Covid-19.

Una raccomandazione per la tutela degli animali


L’Istituto superiore della Sanità sottolinea che questo è «un virus nuovo» e che «occorre intensificare gli sforzi per raccogliere ulteriori segnali dell’eventuale comparsa di malattia nei nostri animali da compagnia, evitando tuttavia di generare allarmi ingiustificati. Vivendo in ambienti a forte circolazione virale a causa della malattia dei loro proprietari, non è inatteso che anche gli animali possano, occasionalmente, contrarre l’infezione. Ma, nei casi osservati, gli animali sono stati incolpevoli “vittime”. Non esiste infatti alcuna evidenza che cani o gatti giochino un ruolo nella diffusione epidemica», aggiunge l’Iss.

E allora che cosa fare? La raccomandazione generale «è quella di adottare comportamenti utili a ridurre quanto più possibile l’esposizione degli animali al contagio, evitando, ad esempio, i contatti ravvicinati con il paziente».

Lav: «Bene l’Iss. Gli animali vanno tutelati, no allarmi infondati»

La Lav, Lega Antivivisezione, plaude le raccomandazioni dell’Iss perché fa bene «a ricordarci che gli animali domestici vanno trattati alla stregua degli esseri umani che vivono nella stessa abitazione. Quindi in presenza di persone con sintomi o di acclarata situazione di Covid-19, cani e gatti vanno tenuti lontani, in percorsi separati della casa – dice il presidente Gianluca Felicetti aggiugendo: «Nessuna novità. Fin con il primo decalogo, cofirmato da Iss e Ministero della Salute, si è evidenziato che gli animali domestici non trasmettono il coronavirus. Una nota tecnica è entrata nei particolari confermandolo e dando in più delle indicazioni. Che nella sostanza si traducono in precauzioni partendo dal principio che con gli animali domestici occorre comportarsi come con tutti gli altri familiari umani». 

Nessun diktat, casomai buon senso. Cani e gatti vanno dunque tenuti lontano da ogni persona che mostri sintomi del Covid-19, ribadisce Felicetti sulla scia dell’Iss. «Ciò che invece va evitato sono gli allarmi infondati o le manipolazioni di evidenze scientifiche», aggiunge Felicetti che in tal senso rinnova l’appello «perché non siano commessi errori di interpretazione».

Fabio Sanfilippo

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Sanità

Editori Mediaset 2 pesi due misure – Zangrillo – Stasi – Covid

Due pesi e due misure sull’argomento, dopo “Live non è la D’Urso”

Emerge la criticità dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e Mediaset rilancia solo l’intervista (contestata da molti nel web) di Alberto Zangrillo, il medico personale di Silvio Berlusconi.

In collegamento c’è la dott. sa Maria Beatrice Stasi, Direttore appunto del Papa Giovanni XXIII. La conduttrice Barbara D’Urso, fa presente il dolore dichiarato dal direttore dell’ospedale Papa XXIII di Bergamo cosicchè da prender parola ed indicare la grave nonché dura situazione, dato che Bergamo è tra gli ospedali più colpiti.

“Mancano i dispositivi e vanno avanti grazie alle donazioni private”

Oltre ai due dirigenti dell’ospedale, la Dott.sa Maria Beatrice Stasi, indica come degli 8.500 casi registrati solo in provincia di Bergamo pertanto più del Piemonte, 3 volte i casi del Lazio, 5 volte in più dei casi della Campania e della Puglia, il centro di ricovero sia quasi in totale stallo.

Da 48 posti letto hanno portato a 450 postazioni dedicate ai pazienti covid e ben 90 di terapia intensiva.

“Ospedale quasi al collasso” interviene Barbara D’Urso

Dallo studio emergono i  numeri : ben 50 medici morti ed oltre 1.400 addetti ai servizi sanitari contagiati.

L’opinione di Zangrillo ha infiammato il web.

In primis l’efficacia di dati precisi riportati dal Direttore di Bergamo, dati e non chiacchiere, mentre il Dott. Zangrillo sembrerebbe aver fatto la sua comparsata difendendo il suo orticello.

Alberto Zangrillo, primario del reparto di Terapia intensiva del San Raffaele di Milano, è intervenuto a “Live – Non è la d’Urso” per parlare dell’emergenza Coronavirus.

Nell’intento di spiegare i fatti, egli espone una situazione diversa raccontando la sua visione, del suo ospedale, totalmente di parte  rispetto a quella di innumerevoli realtà italiane ed ha anche avuto il coraggio di apparire infastidito.

Nel merito di tutto il contesto sanitario che critico sulla tragedia Coronavirus, Zangrillo ha affermato : “ Noi medici e infermieri di terapia intensiva chiediamo di essere lasciati in pace. Stiamo facendo un lavoro molto serio e difficile di cui siamo molto orgogliosi, ma ci dà fastidio la banalizzazione e l’estremizzazione del fenomeno, dobbiamo relativizzare la realtà»

-”Quello che ha fatto un grande ospedale come il mio è stato quello di riorganizzare passo passo la terapia intensiva, passando da quattro letti riservati ai pazienti Covid-19 a 60. Facciamo chiarezza: non ci mancano i respiratori e non prendiamo decisioni per salvare un paziente o un lato. Alla fine dell’emergenza faremo un bilancio, confronteremo la nostra risposta con quella degli altri paesi e vedrete di cosa siamo stati capaci”–  ha affermato.

«Non abbiamo il problema dei respiratori da sdoppiare e non abbiamo mai dovuto scegliere chi curare»

Zangrillo Live San raffaele

Il professore ha chiarito cosa lo ha fatto montare su tutte le furie nelle ultime settimane: «Questa malattia nelle sue forme più gravi si manifesta con una polmonite che non abbiamo mai visto e conosciuto prima. Tutti coloro che banalizzano dicendo quanti giorni serve per guarire sta dicendo una grandissima fesseria. Si crea molto disagio a chi ha tanti cari che sono in terapia intensiva. Io sono felice che siano venuti i medici albanesi ad aiutarci ma noi siamo l’Italia, non abbiamo il problema dei respiratori da sdoppiare e non abbiamo mai dovuto scegliere se curare l’ammalato A piuttosto che l’ammalato B. Se qualcuno l’ha fatto ha sbagliato, siamo infastiditi da tutte le fesserie che si dicono!». Sul finale il professor Zangrillo ha sbottato: «È importante restare a casa, ma non bisogna pensare che bisogna mettere malati italiani sugli aerei cargo per portare la gente a curarsi all’estero».

Caro Ill.mo Dott. Alberto Zangrillo,  prima di inneggiare su cosa sia fastidioso ed irritante, magari prima di collegare la bocca, accendere il cervello, perchè la realtà è quella raccontata da altri direttori sanitari nelle gravissime criticità e di dolorose scelte, e non quelle certo banalizzate (per utilizzare un Suo termine) da Lei che è un noto primario di un reparto ospedaliero privato.

La professionalità medica, si denota anche negli atteggiamenti e nel cuore di chi sa vedere la realtà, senza obbligatoriamente difendere solo il proprio orto in momenti così  critici e in cui gli editori stampa Mediaset, a distanza di quasi 24 ore, hanno solo saputo ribattere le sue lagne, e non far emergere l’importanza delle dichiarazioni della eccelsa Dott.sa Stasi se non pubblicando solo il video di Live. Video che avrebbero pubblicato comunque. 

Fabio Sanfilippo

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#coronavirus: in Veneto 8 mila tamponi al giorno per trovare gli asintomatici

La Regione Veneto ha presentato un maxi piano regionale per fermare il contagio e tutte le Università del Veneto saranno arruolate per aumentare al massimo il numero di tamponi, che arriveranno a 8 mila al giorno nella regione.

Andrea Crisanti, direttore della Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova,  annuncia che “Siamo di fronte a una sfida immane” e spiega il piano della Regione Veneto per combattere il Coronavirus in Veneto.L’obiettivo regionale è quello di individuare il maggiore numero di positivi asintomatici da isolare, perché sono un “contagiatore inconsapevole” in grado di diffondere il virus tra le persone più fragili e aumentare quindi l’ospedalizzazione.

Regione veneto vorrebbe arrivare a 20 mila tamponi al giorno in due settimane con il progetto «sorveglianza attiva» coordinato dall’Università di Padova assieme a Regione e Croce Rossa per riuscire ad individuare e isolare tutte le persone contagiate, ma asintomatiche.

Il progetto prevede l’esecuzione di test a cerchi concentrici sottoponendo a controllo prima le persone vulnerabili (a partire dagli anziani ospitati nelle case di riposo, per poi passare alle persone esposte (forze dell’ordine, personale degli uffici pubblici, cassiere dei supermercati) e infine a test casuali alla popolazione.

Il maxi piano coinvolgerà tutte le Università del Veneto, a partire da Padova,  e si passerà dai 2 mila tamponi quotidiani attuali all’obiettivo finale di 20 mila test ogni 24 ore.

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#coronavirus: comunicato stampa Protezione Civile ore 18.00 #speriamobene

ad oggi sono 50.418 i positivi al #coronavirus, diminuiscono ancora i decessi (601) mentre i guariti si portano a 7.432 e sono in calo anche i nuovi casi (3.780) 

Presso la sede del Dipartimento della Protezione Civile proseguono i lavori del Comitato Operativo al fine di assicurare il coordinamento degli interventi delle componenti e delle strutture operative del Servizio Nazionale della protezione civile.  Nell’ambito del monitoraggio sanitario relativo alla diffusione del Coronavirus sul territorio nazionale, al momento 50.418 persone risultano positive al virus. Ad oggi, in Italia sono stati 63.927 i casi totali.

Nel dettaglio: i casi attualmente positivi sono 18.910 in Lombardia, 7.220 in Emilia-Romagna, 4.986 in Veneto, 4.529 in Piemonte, 2.358 nelle Marche, 2.301 in Toscana, 1.553 in Liguria, 1.414 nel Lazio, 929 in Campania, 771 in Friuli Venezia Giulia, 914 nella Provincia autonoma di Trento, 688 nella Provincia autonoma di Bolzano, 862 in Puglia, 681 in Sicilia, 605 in Abruzzo, 556 in Umbria, 379 in Valle d’Aosta, 343 in Sardegna, 280 in Calabria, 89 in Basilicata e 50 in Molise.

Sono 7.432 le persone guarite. I deceduti sono 6.077, ma questo numero potrà essere confermato solo dopo che l’Istituto Superiore di Sanità avrà stabilito la causa effettiva del decesso.

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#coronavirus: comunicato stampa Protezione Civile ore 18.00

Ad oggi sono 46.638 i positivi al #coronavirus, sono lievemente diminuiti i decessi (651) rispetto a ieri mentre rimane più o meno costante il numero delle guarigioni (952). “La prossima settimana sarà cruciale e ci si aspetta una inversione di tendenza” ha detto Franco Locatelli presidente del Consiglio Superiore di Sanità.

Dipartimento della Protezione Civile Aggiornamento delle ore 18.00 del 22 marzo 2020

Presso la sede del Dipartimento della Protezione Civile proseguono i lavori del Comitato Operativo al fine di assicurare il coordinamento degli interventi delle componenti e delle strutture operative del Servizio Nazionale della protezione civile.  Nell’ambito del monitoraggio sanitario relativo alla diffusione del Coronavirus sul territorio nazionale, al momento 46.638 persone risultano positive al virus. Ad oggi, in Italia sono stati 59.138 i casi totali.

Nel dettaglio: i casi attualmente positivi sono 17.885 in Lombardia, 6.390 in Emilia-Romagna, 4.644 in Veneto, 4.127 in Piemonte, 2.231 nelle Marche, 2.144 in Toscana, 1.351 in Liguria, 1.272 nel Lazio, 866 in Campania, 738 in Friuli Venezia Giulia, 885 nella Provincia autonoma di Trento, 648 nella Provincia autonoma di Bolzano, 748 in Puglia, 596 in Sicilia, 539 in Abruzzo, 500 in Umbria, 354 in Valle d’Aosta, 327 in Sardegna, 260 in Calabria, 81 in Basilicata e 52 in Molise.

Sono 7.024 le persone guarite. I deceduti sono 5.476, ma questo numero potrà essere confermato solo dopo che l’Istituto Superiore di Sanità avrà stabilito la causa effettiva del decesso.

Conferenza stampa della Protezione Civile delle ore 18 del 22 marzo

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Sanità

FSI-USAE SICILIA, rilevare la temperatura prima del lavoro

La FSI-USAE SICILIA ha chiesto alla REGIONE SICILIANA/SANITA’ cautelativamente che il PERSONALE SANITARIO con sintomatologia FEBBRILE superiore di 37,5° venga SOTTOPOSTO a RILEVAZIONE della TEMPERATURA CORPOREA PRIMA dell’INIZIO di OGNI TURNO di lavoro, e se quest’ultima dovesse risultare superiore a 37,5 °C EFFETTUARE IL TAMPONE ed ESONERARE L’OPERATORE dal servizio mantenendo la corresponsione economica.

Il Segretario Regionale
Calogero Coniglio

USAE TUTELE PERSONALE

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#coronavirus: comunicato stampa Protezione Civile ore 18.00

Ad oggi i malati sono 42.681 e il numero totale dei contagi dall’inizio dell’epidemia è di 53.578. Oggi record di morti con il virus.

Presso la sede del Dipartimento della Protezione Civile proseguono i lavori del Comitato Operativo al fine di assicurare il coordinamento degli interventi delle componenti e delle strutture operative del Servizio Nazionale della protezione civile.  Nell’ambito del monitoraggio sanitario relativo alla diffusione del Coronavirus sul territorio nazionale, al momento 42.681 persone risultano positive al virus. Ad oggi, in Italia sono stati 53.578 i casi totali.

Nel dettaglio: i casi attualmente positivi sono 17.370 in Lombardia, 5.661 in Emilia-Romagna, 4.214 in Veneto, 3.506 in Piemonte, 1.997 nelle Marche, 1.905 in Toscana, 1.159 in Liguria, 1.086 nel Lazio, 793 in Campania, 666 in Friuli Venezia Giulia, 720 nella Provincia autonoma di Trento, 600 nella Provincia autonoma di Bolzano, 642 in Puglia, 458 in Sicilia, 494 in Abruzzo, 447 in Umbria, 304 in Valle d’Aosta, 321 in Sardegna, 225 in Calabria, 47 in Molise e 66 in Basilicata.

Sono 6.072 le persone guarite. I deceduti sono 4.825, ma questo numero potrà essere confermato solo dopo che l’Istituto Superiore di Sanità avrà stabilito la causa effettiva del decesso.