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EDITORIALI

Stampa e politici giocano al “ballone” con Silvia Romano.

Portello dell’aereo aperto, ma per vedere Silvia Romano bisogna aspettare una mezzoretta, perché scenda e si alzi il sipario. La platea dei politici era in ritardo con l’organizzazione dello spettacolo. Con il suo jilbab, abito tipico delle mussulmane somale e keniote, verde, il colore simbolo dell’ Islam e il giubbotto antiproiettile sotto, appariva un po’ goffa, davanti alle telecamere. Poi, finalmente, la cerimonia del suo arrivo, ai tempi del Coronavirus, poteva avere inizio. Abbiamo raccolto alcuni momenti significativi dello spettacolo. La rassegnazione di don Enrico Parazzoli, parroco di Santa Maria Bianca della Misericordia, nel quartiere Casoretto di Milano, dove abita la famiglia della ragazza: “Ho grande rispetto per la scelta di Silvia Romano e non mi permetto di giudicarla. Trascorrere 18 mesi di prigionia è qualcosa che non possiamo neanche immaginare. Se, a mente fredda, quando si sarà placato il clamore di questi giorni, lei reputa che l’Islam sia la risposta corretta per la sua esistenza, io sono solo contento”. (Ansa – Milano). Campane a tutto spiano. C’è poi la sindrome di Stoccolma, così chiamata perché, durante una rapina in una banca della capitale svedese, i sequestrati alla fine parteggiavano per chi li teneva in ostaggio, Questa avrebbe potuto aver portato Silvia ad abbracciare, molti sperano momentaneamente, l’Islam. Nel “gioco dell’al di là”, il luogo dove i giusti si incontreranno dopo la morte, cristiani, mussulmani, ebrei, ma anche altre religioni, hanno ciascuno il loro paradiso dove farsi una partita, ma, a differenza del calcio, con un regolamento unico per tutti, là, se passi da una squadra all’altra devi ogni volta studiarti le regole del gioco, come pare abbia fatto Silvia per giocare nella nuova squadra col Corano. Dio unico con regole diverse. Forse è quello che ha immaginato Silvia. Rispetto ai prezzi del calcio mercato, 4 milioni di euro, se fosse vero, non sono nemmeno molti. Anche il made in italy, in questo momento economicamente così difficile per l’economia italiana, è stato salvato. Il giubbotto antiproiettile, indossato da Silvia sotto lo jilbab, è stato stabilito essere di fabbricazione italiana. La foto che circola, con giubbotto recante la mezza luna turca, è una fake. Ci mancherebbe che, dopo la moda e il cibo italiano, il Coronavirus made in Cina contraffacesse anche i giubbotti antiproiettili dei nostri 007. Retaggio piduista, facciamo fatica a chiamarli col loro nome di servizi segreti. Tra l’altro sembrano essere anche efficienti, nonostante tutto. Meno male poi che le missioni in terra africana si sono evolute, da suore e missionari uccisi per la loro fede o altro a volontarie rilasciate su pagamento. Accanirsi sulla povera Silvia, dalle interviste strappa lacrime alle feroci critiche, in questo momento fa notizia. Quanto è successo a Ciampino due giorni fa insegna. Fotografi e cineoperatori hanno preso d’assalto il varco d’uscita dove era appena passata (foto). “Alla faccia delle distanze da Coronavirus – avrebbe esclamato il compianto Totò – ma che state facendo? Perbacco anche davanti al signor Conte e al Di Maio!” Quando si dice uniti nella stessa fede. Non certo quella calcistica o religiosa, semmai quella della notizia a tutti i costi. Anzi nel caso di contagio da mancata distanza e assembramento: costi quel che costi. Questa povera ragazza vuole essere lasciata in pace o diverrà fonte di talk show come le due Simone. Ce le ricordiamo? Allora il calcio mercato non era in crisi e per loro sono stati pagati, se non sbaglio, intorno agli 11 milioni. Sono tornate a fare quello che facevano prima. Resta comunque, nel bene o nel male, il fatto di una vita cambiata e sulla quale si è messo in piedi un bel melodrammone. Vero è che quando c’è da giocare o da recitare tutti siamo portati a farlo. Giochiamo al “gioco del ballone”, noi della stampa e i politici in campo a spintonarsi l’un l’altro per avere la “balla” e il pubblico sugli spalti ad applaudire o a fischiare. Si chiama libertà d’informazione.Fotografi Silvia Romano 2020.05.09

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ECONOMIA

Commercialisti, diversificare gli interventi per i vari cluster d’impresa

Il Cluster principale è rappresentato dal Made in Italy che comprende quasi 620 mila imprese con 4 milioni di addetti e 261 miliardi di valore aggiunto mentre quello con il numero di imprese più elevato è rappresentato dall’Edilizia che sfiora il milione di unità con 1,9 milioni di addetti e 160 miliardi di valore aggiunto. Altro Cluster di rilievo è quello della Sanità che comprende 346 mila imprese ed occupa quasi un milione di addetti per 98 miliardi di valore aggiunto.

Misurare l’impatto diversificato della crisi sui vari cluster d’impresa perché solo una conoscenza diretta dei problemi delle PMI di ognuno di essi può aiutarle a venirne fuori. A patto che l’azione sia tempestiva, non solo per dare le giuste risposte agli imprenditori, ma, soprattutto, per infondere in loro quella necessaria fiducia a far fronte alle sfide anche impossibili che si presenteranno da qui a breve.

Sono i temi del documento “Emergenza Covid -19”, pubblicato dal Consiglio e dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti che raccoglie le analisi e le proposte della categoria per i singoli cluster d’impresa alla luce dell’emergenza epidemiologica.

I Cluster al momento operativi rappresentano, complessivamente, 1,9 milioni di imprese di cui quasi 420 mila società di capitali. Vi operano circa 7,3 milioni di addetti che realizzano una produzione di 1.476 miliardi di euro ed un valore aggiunto di 558,5 miliardi pari al 35% del valore aggiunto prodotto da tutte le attività economiche. Il Cluster principale è rappresentato dal Made in Italy che comprende quasi 620 mila imprese con 4 milioni di addetti e 261 miliardi di valore aggiunto mentre quello con il numero di imprese più elevato è rappresentato dall’Edilizia che sfiora il milione di unità con 1,9 milioni di addetti e 160 miliardi di valore aggiunto. Altro Cluster di rilievo è quello della Sanità che comprende 346 mila imprese ed occupa quasi un milione di addetti per 98 miliardi di valore aggiunto. Più piccoli ma non meno significativi il Cluster rappresentato dall’Economia del Mare che raggruppa poco più di 15 mila imprese e 262 mila addetti con 23,5 miliardi di valore aggiunto e il Cluster Ambiente con 9 mila imprese, 194 mila addetti e 16 miliardi di valore aggiunto. All’interno del Cluster Made in Italy, si segnala il settore Turismo con 345 mila imprese, 1,6 milioni di addetti e 66 miliardi di valore aggiunto che rappresenta certamente la parte maggiore del tessuto imprenditoriale, mentre il settore della Meccanica è quello che realizza la quota maggiore di valore aggiunto pari a 113 miliardi di euro, il 43% dell’intero Cluster.

Il documento individua, per ogni cluster, i comparti e le tipologie di attività economiche delle imprese che ne fanno parte. Su questa base, quindi, presenta sinteticamente i principali dati statistici con particolare riguardo al numero di imprese e alla forma giuridica, al numero di addetti e laddove possibile al fatturato e al valore aggiunto prodotto. Segue una rapida analisi delle problematiche specifiche delle imprese che vi fanno parte, con riguardo sia agli aspetti fiscali che economico- finanziari”.

“Il documento – spiega Achille Coppola, segretario del consiglio nazionale dei commercialisti e con il consigliere Giuseppe Laurino responsabile del progetto “Attività d’impresa” – nasce nell’ambito del progetto “Attività d’Impresa”, che si pone l’obiettivo di sviluppare nuove competenze professionali tra i Commercialisti facendo leva sull’esperienza di chi si è specializzato nella consulenza a determinati settori produttivi e tipologie di business. Il progetto prevede la realizzazione di una struttura a rete in grado di valorizzare le conoscenze teoriche e pratiche dei Commercialisti, favorirne la circolazione tra colleghi, promuovere specifiche iniziative di formazione specialistica, implementare un sistema di relazioni socio-economiche in grado di valorizzarne al meglio i contenuti anche attraverso il coinvolgimento dei principali stakeholder dei vari cluster d’impresa”.

“Questo documento – aggiunge Laurino – evidenzia l’importanza della nostra categoria per la P.A. e le imprese del Made in Italy, Economia del Mare, Edilizia & Ambiente e naturalmente quelle sanitarie. In questo preciso momento, dopo le professioni sanitarie e le forze dell’ordine, i commercialisti sono coloro che più di prima sono al fianco dello Stato e delle imprese. Con la nostra competenza per settore, strutturati in rete, ci proponiamo in chiave sussidiaria, con l’obiettivo di rendere più veloci i tempi dettati dalla burocrazia e dalle “sabbie mobili” delle norme”.

I cluster esaminati sono: nell’ambito del Made in Italy, Agricoltura e Agroalimentare, Turismo, Cultura, Moda e Accessori,  Meccanica; per quanto riguarda  Service economy, il settore Sanità; L’Economia del Mare; e per l’Edilizia e l’Ambiente, Sistema Casa e Infrastrutture, e il settore Ambiente.

Il documento online sul sito della Fondazione Nazionale dei Commercialisti (www.fondazionenazionalecommercialisti.it).

 

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ECONOMIA

Made in Italy e vini italiani da tutelare. Condannato il venditore di wine kit con nomi di vini italiani se non può provare che il mosto proviene da vitigni nostrani.

Made in Italy e vini italiani da tutelare. Condannato il venditore di wine kit con nomi di vini italiani se non può provare che il mosto proviene da vitigni nostrani. Mettere in commercio kit con mosto per produrre una bevanda al gusto di vino, con l’effige del tricolore e i nomi tipici di alcuni vini nazionali induce in errore il consumatore sulla loro effettiva origine

Il Made in Italy, lo ripetiamo da sempre noi dello “Sportello dei Diritti”, dev’essere protetto nel migliore dei modi e la tutela penale può costituire forse il miglior deterrente dalla miriade di tentativi d’imitazione. In tal senso, con una sentenza recentissima, la terza sezione penale della Cassazione con la sentenza 9357/20, pubblicata il 9 marzo scorso, ha ribadito che dev’essere condannato chi vende wine kit con nomi di vini italiani se non dimostra che il mosto proviene da nostri vitigni. I wine kit, per chi ignorasse il termine anglosassone, non sono altro che dei box che contengono tutto il necessario – almeno così promettono – per farsi, in diversi modi, del vino in casa. Nella fattispecie arrivata all’attenzione dei giudici della Suprema Corte, in particolare, è stato rigettato il ricorso del proprietario di una società che aveva messo in commercio in Canada wine kit contenenti mosto per produrre una bevanda al gusto di vino evocativa di alcune delle migliori etichette del Belpaese senza dimostrare che i mosti utilizzati provenissero da vitigni italiani. Nel confermare la condanna da parte della Corte d’Appello di Bologna, i giudici di legittimità non solo hanno sostenuto che l’imputato non aveva documentato la provenienza italiana dei mosti e la prova era di agevole dimostrazione ove effettivamente esistente. Ma ciò che più ritiene più rilevante nella decisione in commento ai fini della tutela dei nostri prodotti, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è che l’indicazione fallace del marchio di provenienza o di origine impressi sui prodotti presentati alla dogana, attraverso indicazioni false e fuorvianti, era idonea a far ritenere al consumatore che la merce fosse di provenienza italiana. Infatti, per gli ermellini, «l’indicazione nelle confezioni di vini italiani a denominazione di origine protetta (quali “Amarone”, “Barbera”, Bardolino” e numerosi altri), la dicitura “vino italiano”, le effigi del tricolore italiano e del Colosseo sono elementi idonei a ingenerare nel consumatore la falsa convinzione dell’origine italiana – non ovviamente del “vino” ma – del mosto medesimo, utilizzando per la preparazione della bevanda». E per tali ragioni, per i giudici di piazza Cavour va espresso il seguente principio di diritto: «integra il reato previsto dall’art. 517 cod. pen., in relazione all’art. 4, comma 49, della legge n. 350 del 2003, la messa in circolazione di una bevanda, da comporre ad opera del consumatore, evocativa del gusto di un vino “doc” italiano, nel caso in cui il mosto, fornito dal venditore, non provenga, diversamente da quanto desumibile dalla confezione (recante l’indicazione di vini italiani, le effigi della bandiera italiana e del Colosseo), da vitigni italiani».

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Cronaca

Coronavirus ed economia. Gran Bretagna: svuotati gli scaffali dai prodotti dell’agroalimentare “Made in Italy” – VIDEO

Coronavirus ed economia. Gran Bretagna: svuotati gli scaffali dai prodotti dell’agroalimentare “Made in Italy” – VIDEO. Pasta sparita dai supermercati per il timore che non ne arrivi più per i prossimi mesi

Gli effetti sull’economia dell’emergenza “coronavirus” sono ormai sotto gli occhi di tutti e travalicano anche i nuovi confini dell’Unione Europea. Perché se ormai la Brexit è un fatto conclamato con l’inevitabile creazione di nuove barriere al di là della Manica, nuove frontiere non esistono e non c’è ne saranno per il gradimento dei prodotti dell’agroalimentare del “Made in Italy” tra gli anglosassoni. La prova conclamata è la corsa agli scaffali dei supermercati, registratasi nelle ultime ore da parte degli inglesi che hanno letteralmente svuotato i reparti dedicati alla pasta italiana e ad altri prodotti nostrani tipici, in ragione del timore che tra barriere all’ingresso, ma soprattutto della crisi connessa alla diffusione del Covid-19 ed i rischi per l’economia italiana, ci sarà una consistente diminuzione dell’esportazioni ed il conseguente aumento dei prezzi. La conseguenza è una sorta di corsa all’accaparramento dei prodotti come la pasta che hanno un naturale lungo periodo di scadenza. A segnalarcelo, come risulta nel video che postiamo in esclusiva, anche una cittadina italiana da tempo residente nel Nord dell’Inghilterra che ha verificato questa “novità” che, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, se da una parte costituisce un nuovo elemento di preoccupazione per la nostra economia, dall’altra ci deve spronare a non fermarci ed andare avanti, perché il “Made in Italy” vince sempre nel mondo ed è un marchio che neanche questo terribile momento può spazzare via. Ecco il video : https://youtu.be/nS3MrcDtmGg