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Scuole di Varese e Coronavirus, come l’8 settembre 1943.

 

Abbiamo volutamente evitato di citare l’ente  cui fanno capo le scuole aperte per non creare inutili allarmismi da parte degli allievi e  dei genitori degli allievi e per permettere alle competenti autorità  i necessari e doverosi accertamenti con la massima chiarezza.

A tutti è noto quanto è successo  l’8 settembre del 1943. Badoglio, Capo del Governo dopo la caduta di Mussolini, fece alla radio quello sciagurato proclama che includeva il passaggio decisamente ambiguo: “[…] Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza […]”.

 In questo modo a nessuno fu chiaro che cosa si dovesse fare, non sparare più agli alleati? Iniziare a sparare sui tedeschi? Il proclama era volutamente poco chiaro, i soldati i  primi a farne le spese. Con questo ordine di reagire solo se attaccati  ci si illudeva che gli americani si facessero loro promotori di un attacco contro i tedeschi al nostro posto, cosa che naturalmente non avvenne, così dopo, oltre ai soldati, anche tutti gli altri pagarono duramente. Ora come allora L’Italia è paese di poca chiarezza.

Comprensibile quindi lo sconcerto di quei docenti che la sera di domenica, primo marzo, apprendono via mail di dover tornare a scuola,  dopo aver appreso sia dai media che dalla propria direzione la proroga delle limitazioni della scorsa settimana, in cui alla fine di molte incertezze risultò chiaro che le scuole dovevano essere chiuse  e, in base a quanto previsto dal Codice Civile i docenti non dovessero essere considerati  in recupero giorni o ferie. La normativa di riferimento è l’art. 1256 del Codice civile:“L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore (nel nostro caso dipendente della scuola), la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo dell’adempimento”.

I giorni di chiusura per causa di forza maggiore devono quindi essere assimilati a servizio effettivamente e regolarmente prestato, in quanto il dipendente non può prestare la propria attività per cause esterne, predisposte da Sindaci o Prefetti, questo è infatti avvenuto a causa del coronavirus.  Inoltre il mancato rispetto delle misure di contenimento è punito ai sensi dell’articolo 650 del Codice Penale, ed è previsto che il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’Interno, assicuri l’esecuzione delle misure avvalendosi delle forze di polizia. Ci si chiede se questi risvolti penali  valgano anche per il personale richiamato in servizio tramite mail serale e per i  docenti, che non potendo svolgere attività didattica, se non quella a distanza,  entrino negli istituti scolastici  dove, presumiamo, le uniche attività ammesse dovrebbero essere  quelle legate alla sanificazione. Tra il rinnovo con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 marzo 2020 di  quanto stabilito nella settimana precedente e una mail da parte di una Direzione Generale Scolastica  che invita il personale a rientrare in servizio e che le assenze devono essere giustificate con recuperi, ferie e permessi come è dato capire, è comprensibile come il personale scolastico si senta sconcertato della poca chiarezza dimostrata nella “chiusura dei servizi educativi per l’infanzia […] e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché delle istituzioni di formazione superiore, comprese le Università e le Istituzioni di Alta Formazione, Artistica Musicale e Coreutica, ferma la possibilità di svolgimento di attività formativa a distanza  (attività formativa a distanza  pare non essere mai stata fatta dai docenti delle scuole in questione).  Dicano Conte e Fontana, dato che stiamo parlando di Varese, Provincia della Lombardia, e di scuole varesine come interpretare la sospensione delle attività, oppure  si pronuncino sulla correttezza o meno,  di una Direzione Generale Scolastica di prendere le decisioni prese., si presume in piena autonomia. Forse maggior precisione avrebbe dovuto averla anche il Vicepresidente della Regione Lombardia, Fabrizio Sala, nelle sue anticipazioni, raccolte tra l’altro  da un giornale locale, dove, facendo degli “esempi” dice che è prevista la sospensione delle attività della scuola ma non la loro chiusura e che sarà permesso  l’ingresso del personale per la sanificazione  e ai docenti per  attivare l’e-learning e l’ingresso del personale  amministrativo. Esempi che evidentemente si sono prestati a più ampie interpretazioni e forse qualcuno ha pensato bene di estendere gli “esempi” di Sala a tutto il personale docenti  e no, e-learning o no.  Sparare contro gli alleati o contro i tedeschi ?  Debellare il coronavirus  o  sperare che sia lui a risolvere i problemi che ci crea? Mi sa tanto che, in ogni caso, a farne le spese sono, come i soldati dell’8 settembre 1943, i docenti del 2020 e se poi toccasse agli altri? Siamo cosi sicuri di quello che si fa? O forse sarebbe meglio pensare a quanto dicono gli esperti,  cioè che non abbiamo sufficiente assistenza (posti letto) nel caso di incontrollato sviluppo del virus e che molto probabilmente il virus era già in Italia  prima della dichiarazione dello stato di emergenza (inizio di Gennaio). Si parla nel decreto di sanificazione per la riapertura delle scuole, vale solo per gli allievi o anche per il personale amministrativo, docente e dei servizi?

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