Categorie
Eventi

Generazione X? No, generazione dark!

 

T’han detto cos’è bene / e t’han spiegato il Male / ‘Si sappia regolare / prima o poi c’è l’aldilà!’ / Guardare e non toccare / guardare ed ingoiare / e sei un po’ nervoso / ed un motivo ci sarà”. Così canta il cantautore Luciano Ligabue in una delle sue poesie più famose, ‘Vivo morto o X’. La Sociologia statunitense ci parla di generazione X, o anche generazione Zero (si può rimandare ad alcuni articoli di Federico Rampini per ‘La Repubblica’ per una spiegazione in lingua italiana) per coloro che si trovano schiacciati come topi tra la generazione dei baby boomers (nati tra il 1939-40 e il 1979-80) e i millennials, che sono tali solo per essere a tutti gli effetti “nativi digitali” (nati tra il 1999-2000 a questo preciso secondo). Da un lato, Internet è divenuto globale e mondiale nel 1999, dall’altro nel 2000 è iniziato un nuovo Millennio, e tanto per non farci mancare niente questo calendario è stato imposto dalla Globalizzazione una volta per tutte all’Orbe terraqueo (mancava l’Islam, degno di nota, che si trova attualmente nel 1440, in aggiunta, Guerra al Terrore permettendo vorrebbero mantenere la doppia circolazione) sfruttando indegnamente l’Informatica e il caso del Millennium Bug.

Gli zero assoluto, la croce X al posto della firma, i senza nome, i disperati sarebbero nati tra il 1979-80 e il 1999-2000. Per chi avesse voglia di dare un senso alle generazioni, i loro padri (e le loro madri) dissero la loro nel 1968 e soffrirono per il Vietnam. Queste sfigate (e questi sfigati) successivi dissero la loro nel 2011 e non soffrirono per niente visto che sono stati repressi in tutto il Mondo sino al 2019, quando il primo dei Millennials detiene la veneranda età di 20 anni e scende in strada al posto loro, che possono financo avere 40 anni come Tiziano Ferro (il poeta più apprezzato, a Roma, Firenze, Napoli e dintorni, mettiamoci anche Latina dalla dubbia storia fondatrice).

Sono stati scritti libri (‘Generazione Bim Bum Bam’) composte canzoni (‘Ma che ne sanno i Duemila’, Gabry Ponte) anche nel nostro Paese.

Difficile comprendere la difficoltà di questa generazione, nata in un mondo bipolare (e non Informatico ai più, benché ogni arte in questione fosse detenuta da alcuni a Hitler vivo e pure vincente) e piombata nelle guerre più feroci della storia. Mi riferisco alla Somalia, all’Afghanistan, all’Iraq. Guerre che parevano avere un senso compiuto nella loro criminalità, a differenza delle odierne (Bolivia, Kurdistan, Cile) che paiono uscite dal cilindro di un incrocio fra Cappellaio Matto Depp e Hannibal Lecter e che sembrano così assurde da non poter essere quasi contestate. All’epoca c’era da contestare: dalle Torri Gemelle in avanti (c’erano già state avvisaglie da un tale Bin Laden, compare di Bush e de facto combattente sino al giorno prima per gli USA) si vedeva un fiottio di sangue in televisione, immagini raccapriccianti per le quali saremmo tutti morti, e si voleva rispondere aizzando la fiamma. Nel 2011 si decise, da parte di milioni e milioni di questi ragazzi ormai cresciuti e sviluppati e (malgrado la natalità) esistenti su questo mondo che gli negava non solo il futuro (come ai padri) ma anche la pensione (del resto se non c’è futuro non vorrai ripetere i nostri errori e finire finanziere depresso, vedrai che la fame ti darà forza e linfa ragazza/o) e lo stato sociale più in generale, di rovesciare il Mondo.

Occorre tornare sempre indietro, come il Cinema ha insegnato a questi giovani. E capire che la Tecnologia diminuisce il tempo di una generazione storica. Se tra la generazione che ha inventato la ruota (fatto un ingegnere) e la generazione che ha inventato il flauto (un musicista) saranno passati trentamila anni la nostra (io sono classe 1986) sarebbe durata ben poco quanto a unicità. Sino al 1999 vivemmo nel tepore, ma poi ci rendemmo conto di essere come Leonida o altre “pazzie” del cinema statunitense, avremmo cenato nell’Ade.

Attualmente WhatsApp ha introdotto la modalità dark e sembra andare molto di moda. Il nero. Io parlerei, semmai, di Generazione Dark, comprendendo sotto questa élite categorica tutti i sottogruppi (i “nativi digitali” hanno solo i gruppi WhatsApp, ma campa di Netflix) e sarebbe più opportuno.

Le manifestazioni artistiche più rappresentative? La radice la si trova, ovviamente, nel Fantasy style degli anni Ottanta. Poi si sviluppa. Il cinema, horror o meno, di Zack Snyder; le performances artistiche di Christina Ricci, Johnny Depp e, giova dirlo, Riccardo Scamarcio (e non certo Elio Germano che porta avanti la linea dei “sessantottini”, né tanto meno Keira Knightley che guarda al futuro ed è incompresa, solo ora che si sta “mettendo in proprio” tanto in famiglia quanto come attrice, può davvero dire qualcosa). I libri di Chuck Palahniuk e quelli di Anne Rice. Le soluzioni esistenziali le si ritrovano nei classici, partendo dai romanzi di Colleen McCullough (e, ri-giova dirlo, Valerio Massimo Manfredi) pezzi da novanta del cinema euro-americano quali Druids (francofono), Attila l’Unno, Cleopatra del 1999, Alexander (l’unico sopravvissuto) e, ovviamente, Troy (“Mirmidoni, miei fratelli di spada. / Cinquanta di voi valgono più di un intero esercito. / Nessuno dimentichi mai la nostra forza: siamo leoni! / Sapete cosa c’è, ad aspettarvi, oltre quella spiaggia?! / L’Immortalità! / Andate, è vostra!”, recita il doppiaggio italiano con Brad Pitt, la generazione X ci aspira e intorno al 2011 – dal 2008 al 2013 – i vampiri andarono fortini). La vera interprete? Isabella Santacroce. Tutti, grandi, successi. Come il 2011. Che ora torna e si attende il successo in Cile dei “figli” di Camila Vallejo, il Cohen Bendit del Terzo Millennio. In cui chi di noi c’è arrivato vivo c’è ancora e chi c’è nato può finire ammazzato un pochino più forte, stando ai conflitti scaturiti dal risorgere delle violenze. Perfortuna, il Sessantotto se ben seguito limita il massacro e impone saggezza, chi l’avrebbe detto. In tutto ciò nessuno si ricorda che i Partigiani e i Guevaristi sono ancora vivi, per esempio a Cuba c’è ancora un Castro dispiaccia o meno.

Lorenzo Proia

Lorenzo Proia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *