Categorie
In evidenza

Il  lavoro agile nell’istruzione sarebbe meglio chiamarlo disagiato

Istruzione: lo chiamano smart working

 

Il coronavirus ha trovato tutti impreparati. Naturalmente, in quegli istituti e in quelle scuole in cui già si faceva smart worching non si  è fato altro che continuare, per gli altri di agile non c’è niente. Una serie infinite di difficoltà varie che vanno dall’impreparazione di molti dirigenti, degli insegnanti, degli alunni; la sorpresa delle famiglie e, come se non bastasse, la cronica inefficienza delle connessioni e dei sistemi informatici italiani. 

Per quanto riguarda giornali e  televisioni di stato  o meno, c’è questo dire non dire di cui siamo abituati in tutti i settori, basta guardare cosa sta facendo il settore chiamato in causa  in prima linea,  quello sanitario, per accorgersi della pochezza organizzativa del “Sistema Italia”. Nel settore scuola ed istruzione anche  qui la retorica imperante è quella che domina. Come medici e infermiere, privi di mezzi e di strutture sono chiamati eroi, e alcuni di essi muoino, così qualcuno si è ricordato degli insegnanti che si “sacrificano” per  insegnare ai nostri figli. Come al solito, anche nel caso dello smart working  cosa rileviamo?

Gente che lasciata sola e di propria iniziativa, non fa smart working, ma si è inventata letteralmente un lavoro, dal nulla o dal quasi nulla. Si perché al di là di quello che si vuol far credere alle famiglie e alla gente, complice in questo istituzioni e media, Ministero dell’Istruzioni e organi vari hanno dato delle indicazioni  di massima e alla fine ognuno ha fatto per se. Molti dirigenti scolastici impreparati, non hanno dato indicazioni su come si dovrebbe guidare l’automobile ma  su quali sono le cose permesse e quello no, un codice di circolazione scolastico dove, non solo il lavoro, ma anche le responsabilità vengono addossate agli insegnanti e l’incapacità di partecipare agli alunni.

Per non parlare poi, di come tra le righe,  velatamente si tirino in ballo le famiglie degli alunni, accusate di non aver adeguatamento munito i propri figli di supporti informatici. Ma visto che è da anni che si parla di smart working perché non essersi preparati prima indipendentemente dal coronavirus. La formazione a distanza esiste da anni, molti docenti la applicano e ne sono a conoscenza, molti dirigenti no. Poiché qualche numero va dato, diciamo che almeno un venti per cento dei docenti sanno di cosa si tratta anche materialmente, molti studiano e si aggiornano su piattaforme informatiche e le sanno usare. In pratica sono pronti a partire, sanno guidare l’auto. Vi è poi una specie di limbo dove c’è gente che sa e non sa ma, per il restante  cinquanta sessanta percento c’è un brancolare nel buio un parlare per sentito dire. E a questo si sommano circolari dirigenziali patetiche da una parte e sconcerto dall’altra.

Usare watsapp o un telefonino non è fare smart working. Arrangiamoci come possiamo, dobbiamo pure fare qualcosa. Si ma così non si va da nessuna parte, ci vogliono strumenti adeguati non solo computer, ma anche piattaforme adeguate e certificate, ci vogliono connessioni adeguate e tutti dovrebbero poter accedere a questo sistema di istruzione. Invece basta abitare nel paesino sfortunato per non riuscire a collegarsi adeguatamente ad una video lezione. Non parliamo poi di svolgere compiti in classe tutti assieme, Ma la cosa che sta sconcertando più di tutto gli interessati, insegnati e alunni e qualche famiglia poco credulona, sono i sistemi di valutazione del lavoro svolto.  Come verrà valutato il lavoro  di diversi insegnanti che hanno agito autonomamente su piattaforme diverse, le più usate sono Weschool e Google Classroom, ma altri usano mail, Watsapp, Zoom, Skype. Un marasma di iniziative e di dispersione di forze.

Per gli alunni, come tener conto di verifiche, magari fatte con la sorella maggiore iscritta all’università li affianco.. Eppure, parlando con i docenti, viene fuori che è da anni che si insite per fare della formazione a distanza. Mentre gli altri hanno i treni super veloci noi abbiamo ancora le locomotive a vapore a trainare la scuola italiana o meglio la parte di essa che non si è ancora  elettrificata, “pardon” informatizzata. Non parliamo delle scuole, dei dirigenti e degli insegnanti  che da anni si sono adeguati ma un domani,  tornati alla normalità,  questi macchinisti incapaci li vogliamo togliere dai comandi prima che facciano deragliare definitivamente la scuola italiana

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *