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Varese: Addio Franco Lauro

Varese 14 Aprile

Tutto il pubblico è ai bordi del campo, vediamo una panoramica: è l’apoteosi di Varese con migliaia di bandiere biancorosse e le trombe che suonano. Non stanno più nella pelle a Masnago: arrivano all’appuntamento con la storia dopo 21 anni. Pozzecco viene qui a festeggiare con un cenno di saluto a Lombardi che lo ha fatto esordire: lo hanno colpito nel naso ma lui gioca con il cuore. Questo è Gianmarco Pozzecco, la mosca atomica. Sette, sei, cinque, quattro, tre, due, uno… Varese è campione d’Italia 1998/99 e torna nella leggenda con lo scudetto della Stella». 

Aldo Giordani, Gianni Decleva, Dan Peterson, Franco Ferraro, Antonio Franzi. Ma anche, o forse soprattutto, Franco Lauro: ritrovato nella sua casa di Roma senza vita a 58 anni dopo essere stato colpito da infarto, il suo nome a noi varesini evocherà per sempre l’impresa di mettere la pallacanestro davanti a qualunque altro sport, perfino al calcio, e diventarne voce, assist, schema, time-out. Una cosa semplice, come le parole che usava. 

Indimenticabili quelle telecronache tagliate dalla Rai, ridotte in pillole o confinate in un fazzoletto: eppure Franco Lauro resisteva, con la sua cantilena, il distacco che non lo rendeva partigiano a noi varesini a cui è sempre piaciuto indossare la casacca di una squadra avversaria anche ai telecronisti. Perché la sfida, qui, è tutto. 

Ha avuto il merito di raccontare la pallacanestro in modo normale, per quello che era, risultando così agli occhi di tutti davvero speciale. La sua voce non copriva le immagini, che potevano così parlare da sole. In un mondo di fenomeni e urlatori, Franco Lauro ha trovato il modo migliore per essere ricordato e stimato: la normalità. La costanza. La coerenza. E, soprattutto, quello che per un telecronista è il dono più grande: l’attesa della sua voce. Non poteva davvero iniziare una partita di pallacanestro prima che la voce di Franco Lauro l’annunciasse e l’accompagnasse. 

Alessio Luisetto 

 

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