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Covid.Qualcuno dovrà poi rendere conto del disagio psicologico che stiamo vivendo

Spett.le redazione di Varese Press,
il 18 marzo mio padre ha cominciato ad avere febbre alta, oltre 39°. La nostra dottoressa di medicina generale per telefono aveva prescritto tachipirina 1000 al bisogno. Per diversi giorni mio padre aveva questa febbre che saliva alla sera e di giorno scendeva. Nessuno è mai venuto a visitarlo, nè la nostra doc, nè il 118 cha abbiamo chiamato il giorno 
20 marzo, nè la guardia medica al 21 marzo. Mercoledì 25 marzo la nostra doc si decide, viene a casa e dopo aver auscultato i polmoni e misurato la saturometria (2 minuti di visita), decide di chiamare il 118 perchè è in corso una polmonite. Dalla lastra e poi dall’esito del tampone risultò positivo al COVID-19. Mio padre viveva con mia madre, che da alcuni giorni aveva perso il senso del gusto e dell’olfatto, e al piano di sotto della stessa villa abito io con mio marito e le nostre bambine piccole. Il 26 Marzo l’ATS ci mette in quarantena fiduciaria e ci dice di autoisolarci tra noi: dormire in camere separate, indossare sempre mascherina e guanti se in ambienti comuni mantenendo la distanza di almeno 2 metri, disinfettare con candeggina i bagni dopo ogni utilizzo, mangiare nelle proprie stanze da soli. Dal 26 marzo noi siamo così, perchè l’ATS si rifiuta di farci il tampone. Nelle scorse settimane io ho avuto tosse, mal di gola e naso gocciolante. ATS ha continuato a monitorare i nostri sintomi solo telefonicamente. 
Nel frattempo, la sera di Pasqua mio padre è deceduto, dopo 8 giorni in reparto medicina alta intensità e 9 giorni di terapia intensiva. E’ morto solo, noi siamo soli, stiamo vivendo questo grave lutto lontano da tutto e da tutti e non possiamo neanche confortarci tra noi, io non posso abbracciare le mie bambine, che piangono la morte del nonno! Questo perchè non sappiamo se siamo positivi oppure no, questo perchè ATS non vuole farci questo benedetto tampone! 

La quarantena fiduciaria terminerà il 29 aprile, perché io dal 15 non ho più sintomi. Questo non garantisce che siamo negativi! Questo non significa che non siamo infettivi. Andando al lavoro o a fare la spesa, le persone ci guarderanno giustamente con sospetto.

Ciò che fa male in tutta questa storia, oltre al grande dolore per la perdita di una persona importante, è il senso di abbandono in cui ci sentiamo. Le mie figlie, di 9 e 12 anni, è da quasi un mese che devono badare a se stesse senza la nostra vicinanza, senza un aiuto per le cose grandi e piccole: curare la propria igiene personale, mantenere pulite le loro camerette, seguire la didattica a distanza, giocare.

Qualcuno dovrà poi rendere conto del disagio psicologico che stiamo vivendo, noi come tante altre famiglie nella nostra stessa situazione.

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Laura Silvestri di Leggiuno 

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