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CULTURA

Milano: veglia per i lavoratori in tempo di Coronavirus

Milano 1 Maggio 2020

1 maggio 2020–Memoria di S. Giuseppe lavoratore“Veglia per il lavoro”videoregistrata, messa in onda giovedì 30 aprile, alle ore 21.00 suChiesa Tv (can 195, digitale terrestre) -Radio Marconi –wwwchiesadimilano.it –Radio Mater

 

Lettura introduttiva eintervento dell’Arcivescovodi Milano, Mons. Mario Delpini

LETTURA Lettura dell’Apocalisse di san Giovanni Apostolo (Apc 18,9-24)Si gettarono la polvere sul capo, e fra pianti e lamenti gridavano:”Guai, guai, città immensa, di cui si arricchirono quanti avevano navi sul mare: in un’ora sola fu ridotta a un deserto! Esulta su di essa, o cielo, e voi, santi, apostoli, profeti, perché, condannandola, Dio vi ha reso giustizia!”. Un angelo possente prese allora una pietra, grande come una macina, e la gettò nel mare esclamando:”Con questa violenza sarà distrutta Babilonia, la grande città, e nessuno più la troverà. Il suono dei musicisti, dei suonatori di cetra, di flauto e di tromba, non si udrà più in te; ogni artigiano di qualsiasi mestiere non si troverà più in te; il rumore della macina non si udrà più in te; la luce della lampada non brillerà più in te; la voce dello sposo e della sposa non si udrà più in te. Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra e tuttele nazioni dalle tue droghe furono sedotte. In essa fu trovato il sangue di profeti e di santi e di quanti furono uccisi sulla terra”. …. (Apc 21,9-14) Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: “Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello”.L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio.Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele.A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte.Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.

INTERVENTO

Si confrontano due città: Babilonia, l’arrogante prepotenza, la dimora gaudente che si compiace di quando gli procura la sua intraprendenza senza scrupoli, la città che precipita disastrosamente; e Gerusalemme, la città santa, splendida e sicura, risplendente non di una propria gloria, ma della gloria di Dio, solida perché fondata sulla storia della fedeltà di Dio alla sua alleanza.Quale città vogliamo costruire? La questione si pone in modo drammatico in questo sconcertante Primo Maggio.La domanda ha senso se possiamo scegliere, se noi, la gente comune,possiamo decidere, se non è già tutto deciso dai padroni del mondo, dai registi di una recita con milioni di comparse, in cui i protagonisti sono una manciata. Possiamo scegliere quale città costruire?La risposta non è sì, non è no. In parte possiamo scegliere,in parte siamo pedine e numeri di una strategia decisa da altri, altrove. In parte però noi, voi operatori del mondo del lavoro,potete essere determinanti. Perciò ci siamo dati appuntamento per pregare, per pensare, per sentirci uniti, in questa veglia di preparazione al 1 maggio di quest’anno desolato. Per quell’aspetto per cui possiamo scegliere,quale parola viene dalla città santa, la Sposa dell’Agnello? Quale esercizio della nostra libertà può essere ispirato dalla nostra preghiera?

Si possono consegnare tre parole in questo momento pieno di interrogativi inquietanti, di incertezze e di prospettive preoccupanti. Tre parole

:1-Lo sguardo. Alziamo lo sguardo verso la città promessa, verso la rivelazione di una alternativa alla tirannide di Babilonia. Anche se tutti vogliono convincerci a una ossessiva concentrazione sull’emergenza, quasi a predisporci alla resa, quasi a convincerci che, quando poi si riprende il lavoro,bisogna lavorare a qualsiasi condizione, quasi ad alimentare la rabbia e lo scoraggiamento, noi alziamo lo sguardo. C’è una possibile alternativa, c’è una città in cui si vive non per accumulare profitti, ma per far risplendere la gloria di Dio, cioè l’amore che rende capaci di amare. Alziamo lo sguardo e accogliamo la promessa di Dio.

2-Il pensiero.La contemplazione della città santa, la considerazione della disastrosa rovina di Babilonia aiutino a pensare, a cercare insieme. Aiutino a tener viva la cultura del lavoro, il pensiero critico e il pensiero costruttivo, il pensiero che sogna e il pensiero che organizza, il pensiero che ha il senso del proprio limite e il pensiero che coglieil limite del pensiero altrui,il pensiero che produce cultura e non solo slogan. Il pensiero che cerca il senso di ogni cosa.Il pensiero che non disprezza i pensatori di mestiere e il pensiero che sa ascoltare anche la voce dei semplici, il gemito dei poveri,il pensiero che riflette sullele notizie censurate delle disgrazie altrui e si domanda: ma perché i poveri sono poveri?

3-La resistenza.La città che Dio ama costruire è solida, resiste alle tempeste, è fondata sulla roccia. L’impresa di aggiustare il mondo, di rimediare al disastro, chiede solidità, impegna a resistere. La forza della resistenza viene dall’essere attaccati alla roccia, radicati nel Dio che non delude e non abbandona. Uomini e donne di preghiera possono resistere nella tempesta.La forza della resistenza viene dall’essere insieme. L’insistenza sulle dodici porte, i dodici angeli, le dodici fondamenta, i dodici apostoli mette in evidenza l’insieme, la compattezza del popoloe la completezza del disegno. Nell’appartenenza convinta al popolo di Dio in cammino nella storia, è possibile la perseveranza che affronta le sfide e non si lascia abbattere dalle sconfitte.L’umanità così umiliata dalla globalizzazione della pandemia, così tribolata dalla globalizzazione dell’iniquità, così minacciata da logoranti, crudeli, conflitti, da questa specie di terza guerra mondiale a pezzi,invoca una conversione alla solidarietà. “Senza una visione di insieme non andrà bene a nessuno” (Papa Francesco). Senza una pratica quotidiana, strutturale della solidarietà tutti prima o poi saremo tra le vittime.

Mons.Mario Delpini Arcivescovo di Milano

 

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