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Antonino Salsone: Il decisore non può e non deve governare in base “alla pancia”

La questione dei “boss” mafiosi (pare siano 375) scarcerati e posti ai domiciliari (o in altra situazione di misura alternativa alla detenzione) sta assumendo anche contorni risibili.
Prima la parte seria (il senno).
Chi governa deve farlo seguendo la legge e il proprio credo politico e ideologico (se ne ha uno, altrimenti bastano la legge morale e la legge formale).
Il decisore non può e non deve governare in base “alla pancia”, cioè tendendo l’orecchio verso il popolo e ascoltandone non la voce ma gli istinti più bassi e retrivi. Ricordo che il popolo, a volte, non è un buon giudice e che tra Gesù Cristo e Barabba ha scelto quest’ultimo.
Ma chi sbagliò a crocefiggere il Cristo, il popolo, giudice ebbro e istintivo, o Pilato, indolente e vile decisore?
Dunque, la questione dei boss mafiosi scarcerati va ricondotta nel suo reale alveo: avevano o non avevano diritto alla scarcerazione?
La risposta non è difficile e la bussola è la legge. Se è sì, nulla quaestio e si chiuda quì; se è no, si ricerchino subito le colpe e i colpevoli e li si assicuri alla giustizia con conseguente punizione esemplare (l’esemplarità è necessaria, in questa ipotesi, perchè scarcerare una persona condannata in via definitiva per reati assolutamente gravi e odiosi, costituisce un affronto al popolo e a coloro, Forze dell’Ordine – Polizia Penitenziaria inclusa – e Magistratura, che si sono prodigati e sacrificati per assicurarla alla giustizia e sanzionarne la condotta).
Lo Stato è più forte dell’antistato (quindi anche della mafia) se e quando applica le regole in misura giusta e ferrea, ma non quando corre ad applicarle (anzi ad annunciarne l’applicazione) solo perchè percepisce un rumoroso brusio.
Ora passiamo alla parte risibile (che però, purtroppo, non è giubilo).
Un Ministro della Giustizia convinto e sicuro che la risposta alla precedente domanda è no, non annunzia pubblicamente che sta studiando un provvedimento per riportare i mafiosi in carcere.
Queste azioni non si annunciano, si fanno!
E si fanno con un decreto legge nottetempo, cosí evitando che lo strombazzamento delle intenzioni a cui ormai da qualche giorno stiamo impotentemente assistendo induca qualcuno (o tanti? O tutti?) tra coloro che sono stati scarcerati a togliere il Ministro Bonafede dall’imbarazzo della decisione e a darsi a una “prudente” latitanza.
Ribadisco: ci sono situazioni, e questa lo è, in cui se si è convinti di dover fare una cosa perchè è giusto farla, non si parla ma si agisce. Solo cosí lo Stato dimostra di essere forte e solo cosí il decisore politico fa capire al popolo che egli ne ascolta la voce, ma non il retrivo brusio.

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