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ESTERI. LIBIA, DA GUERRA CIVILE A CONFLITTO REGIONALE. L’ITALIA OSSERVA …MENTRE TERMINA IL RAMADAN 2020.

Quale è lo scenario oggi in Libia? Questo breve contributo cercherà di definire la questione nelle sue molteplici sfaccettature.

Dopo la “primavera” del 2011, una guerra civile a bassa intensità ha infuriato in Libia. La conflittualità tra le parti in campo è però aumentata nel 2014 dopo che le opposte fazioni hanno ignorato i risultati delle elezioni parlamentari e costretto il governo riconosciuto a livello internazionale del Presidente Serraj a cercare rifugio nella Libia orientale.

Intanto l’antagonista di Serraj, il Generale Khalifa Haftar, comandante dell’esercito nazionale libico (LNA) aveva iniziato un’offensiva per porre fine a una campagna terroristica islamista a Bengasi.

Nel 2015, le Nazioni Unite hanno tentato di negoziare un accordo per cercare di dare legittimità al governo di accordo nazionale (GNA) che, trasferito a Tripoli nel marzo 2016, è da allora sotto il controllo, de facto, delle milizie di Tripoli e Misurata.

I libici al di fuori dell’area della Tripolitania non riconoscono il GNA e continuano a lamentarsi della distribuzione, di risorse e ricchezza, nonché dell’arricchimento definito “criminale” delle milizie nella regione della capitale.

Un’offensiva di Haftar su Tripoli nell’aprile dello scorso anno ha reso vana l’iniziativa delle Nazioni Unite per una conferenza nazionale libica a Ghadames dopo, che già erano fallite iniziative simili.

Il GNA ha capacità militari limitate e ha cercato e ottenuto aiuto, da Turchia e Qatar e come detto, è “gestito” dalle milizie Misurata che annoverano nelle loro unità un grande numero d’islamisti radicali, tra cui affiliati di Al Qaeda, che costituiscono la spina dorsale delle forze in campo.

Diverse centinaia di jihadisti inviati dalla Turchia provenienti dalla Siria hanno rinforzato il GNA all’inizio della battaglia per Tripoli.

Il trasferimento di mercenari terroristi ha sancito l’alleanza tra le milizie di Misurata, i più stretti alleati della Turchia in Libia, e i Fratelli Musulmani che hanno mantenuto una forte influenza sulla politica, sulla sicurezza e sull’economia della regione. LNA è composto, invece, da unità dell’esercito supportate da milizie eterogenee e i suoi principali sostenitori stranieri sono  l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti.

Definito lo scenario sul campo, è possibile asserire senza possibilità di smentita che la guerra civile in Libia è ora, dal punto di vista bellico, una guerra di logoramento con opposte fazioni che hanno capacità diverse. A oggi l’LNA sta soccombendo in quanto non è in grado di competere con le truppe filo-turche modernamente equipaggiate. Queste ultime  dispongono di droni da combattimento, capacità di guerra elettronica, artiglieria di precisione a lungo raggio, appoggio da navi da guerra e soprattutto, buona capacità di difesa aerea. Quindi dal 20 maggio, dopo aver riconquistato l’ultima base LNA rimasta nella Tripolitania occidentale, Al Wattiya, l’offensiva delle forze di Serraj ha acquisito slancio, mentre l’LNA cerca di consolidare le sue posizioni nel sud di Tripoli.

Tornando alla presenza internazionale nell’area è evidente che molti altri paesi, oltre a quelli già citati, hanno interessi strategici importanti.

La sicurezza occidentale è uno di questi interessi e riguarda principalmente l’attività dei vari gruppi islamisti. Le aree non controllate a ridosso dei confini sono “porose” e consentono numerosi traffici, tra cui quello di esseri umani. Vi sono inoltre interessi legati alla promozione della democrazia o dell’islam politico e infine, diversi paesi sono economicamente interessati allo sfruttamento degli idrocarburi.

Tra i vicini regionali della Libia ci sono Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Qatar e a questi si aggiungono la Turchia, la Francia, l’Italia e la Russia.

L’instabile economia della Turchia ha bisogno della Libia come importante destinazione di esportazione e in tal senso si muove Ankara, con un occhio anche alla ricostruzione che, dovrà iniziare. Di conseguenza la sopravvivenza del GNA e un ruolo di primo piano per Misurata sono essenziali per gli interessi economici di turchi.

Anche il Qatar è un grande investitore in Libia. Sia il Qatar sia la Turchia stanno fornendo armi ed equipaggiamento militare a molte delle milizie pro-GNA, in particolare quelle di Misurata.

L’Egitto, il vicino più prossimo della Libia, sta osservando la crisi oltre il suo confine occidentale perché la Libia è ora un possibile rifugio per i terroristi. La Libia, non va dimenticato, è anche un importante mercato del lavoro per quasi un milione di egiziani.

L’Italia e la Francia hanno importanti interessi strategici in Libia, ma mentre, per Roma, l’economia (interessi ENI) e la migrazione dei clandestini sono i temi principali, la sicurezza regionale e l’antiterrorismo sono la priorità per Parigi. Per Mosca, invece, il caos in Libia è un’opportunità per riguadagnare influenza nell’area. La Russia è interessata a stabilire un “testa di ponte” nel Nord Africa per ottenere una quota del settore della ricostruzione e all’influenza sull’industria degli idrocarburi, in particolare il mercato del gas. Sebbene non vi siano interessi nazionali vitali americani in gioco in Libia, la sua instabilità costituisce una minaccia crescente per gli interessi statunitensi nella regione anche considerato l’atteso arrivo nell’area dei cinesi con interessi simili a quelli della Russia.

Dal punto di vista geopolitico “africano” nessuno, per ora, parla apertamente della possibilità che la Cirenaica si separi dal resto della Libia a seguito della sconfitta del LNA in Tripolitania o di un cessate il fuoco definitivo sotto egida ONU. Questo perché’ l’accordo marittimo turco-libico che tracciava le zone economiche esclusive, un accordo d’importanza cruciale per la Turchia, diverrebbe irrilevante tutto a favore del Cairo.

Se ci fosse, infatti, un’escalation militare tra Ankara e Il Cairo sulla Libia, l’Egitto è in una posizione privilegiata per fornire supporto logistico diretto senza rischio d’intercettazioni.

Gli aerei da combattimento, anche emiratini, sarebbero in grado di attaccare obiettivi in tutta la Libia direttamente dalle basi dell’Egitto occidentale. Anche le forze di terra egiziane potrebbero intervenire se necessario, inoltre gli aerei da trasporto turchi, i droni o i combattenti presenti in Libia potrebbero essere facilmente intercettati e neutralizzati.

Nel complesso scacchiere appena descritto, si deve sperare che la Turchia non diventi il partner economico favorito della Libia (occidentale) perché’ questo danneggerebbe fortemente la posizione delle varie parti interessate europee, in particolare Italia e Francia.

La Turchia acquisirebbe inoltre una posizione più importante sul mercato europeo del gas e sarebbe in grado di influenzare le consegne attraverso il gasdotto Green Stream (gestione ENI) che attraversa la Libia occidentale verso l’Italia. Inoltre, la Turchia sarebbe in grado di controllare anche i flussi migratori dal Mediterraneo orientale verso l’Europa. Ciò aumenterà in modo significativo la sua capacità di esercitare pressioni sull’UE come già ha fatto nei mesi scorsi al confine con la Grecia e la Bulgaria.

La Turchia potrebbe continuare a espandere la sua influenza politica ed economica verso la Tunisia, l’Algeria e gli stati del Sahara meridionale. Ciò includerebbe probabilmente il sostegno a gruppi, come i Fratelli musulmani, e ciò sarebbe la causa di un possibile ulteriore attrito con la Francia.

In conclusione la guerra civile della Libia, nata come una questione interna, è diventata nel tempo una tipica guerra per procura. Il supporto internazionale è fondamentale per entrambe le parti e non si prevede una fine imminente. Come del resto non vi è a breve la possibilità di una “posizione internazionale unificata sulla Libia” o di una “risoluzione tra le due parti  principali” perché’ percepita come “unificazione di tutti gli sforzi contro l’LNA”.

Il presidente turco Erdogan è convinto di uscirne vincitore, e per questo sta profondendosi in sforzi militari ed economici. L’Egitto è riluttante a essere coinvolto in quello che potrebbe essere un conflitto prolungato e costoso. La Russia ha capacità di proiezione oggi limitate ed evita di coinvolgere direttamente le forze armate turche in Siria e quindi è titubante a farlo in Libia.

Un accordo politico/diplomatico è oggi meno probabile rispetto a una decisione militare, ma con la potenziale sconfitta dell’LNA da parte di Serraj ed Erdoğan, non si risolverebbero i problemi della Libia. In effetti, la situazione potrebbe aggravarsi e portare a un conflitto regionale lasciando l’Europa e gli Stati Uniti e quindi la NATO (meno la Turchia) a convivere con il risultato.

L’Italia e il suo governo continuano una politica di basso profilo, come se uno degli effetti collaterali del contrato al Virus di Wuhan fosse creare crisi di sonno.

Mentre il mondo arabo festeggia la fine del mese sacro del Ramadan e si interroga sul suo futuro, la Turchia, se non bastasse quanto combina in Libia e Corno d’Africa, provoca la vicina Grecia fingendo di occupare per errore lembi di territorio sul confine, la Cina comunista compra aree commerciali importanti a Taranto (dove c’e’ anche la base principale della nostra Marina Militare), dichiara di essere a un passo dalla seconda “guerra fredda” e minaccia la democratica Taiwan di “riunificarla”, i paesi “amici rigoristi” del nord Europa creano problemi agli aiuti potenziali in arrivo da Brussels , in Italia forse sarebbe il caso di fare “politica estera”.

Invito a riflettere sull’ affermazione di Henry Kissinger: “Quando è in atto una crisi, la passività non fa che accrescere l’impotenza: alla fine ci si trova costretti ad agire proprio sui problemi e nelle condizioni di gran lunga meno favorevoli.”

Generale Giuseppe Morabito

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