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Centri estetici e acconciatori: troppo abusivismo

Centri estetici e acconciatori: troppo abusivismo Chi esercita oggi lo fa a danno nostro e della sicurezza Hanno chiuso i battenti lo scorso 11 marzo (Dpcm 11 marzo 2020) e da allora le saracinesche abbassate di acconciatori e saloni estetici sono uno dei simboli della durata di questo lockdown. Ad oggi l’unica certezza è che le attuali limitazioni resteranno in vigore fino al 3 maggio: quel che succederà in seguito dovrebbe chiarirlo il premier Giuseppe Conte entro la settimana in corso. Intanto, acconciatori e saloni estetici si preparano a ripartire in sicurezza nel tentativo di superare la gravissima crisi economica che li ha investiti, aggravata dall’impennata di un abusivismo che, purtroppo, già di norma affligge il settore e che, in questo periodo, risulta particolarmente rischioso. «Siamo consapevoli delle molte sanzioni elevate a soggetti che, approfittando del bisogno, hanno continuato a erogare i servizi a domicilio o nelle abitazioni dei clienti ma sappiamo purtroppo che la dimensione del fenomeno è molto più ampia e che le carenze dal punto di vista igienico-sanitario rappresentano un pericolo per la cittadinanza» è l’allarme di Confartigianato Benessere, che spiega: «Si tratta di operatori che già esercitavano l’attività in forma abusiva prima dell’esplodere del Coronavirus e che, da allora, non si sono mai fermati, creando un problema serissimo sia all’economia del settore che alla salute». In parallelo gli operatori di Confartigianato lanciano l’allarme speculazione, «perché sono sempre di più i produttori/fornitori che, in nome dei più disparati protocolli da adottare alla riapertura, offrono prodotti e/o presidi a prezzi maggiorati fino a 10 volte il normale prezzo di vendita». Troppo per tacere e per non chiedere ulteriori, severi, controlli dei confronti dello sciacallaggio di chi abusa della paura e della voglia di ripartire, oltre che del bisogno da parte della cittadinanza. «Le nostre imprese sono pronte a ripartire e ripartiranno nel rispetto del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto tra Governo e Parti Sociali e adottando tutte le misure di sicurezza che si renderanno necessarie». Nel merito, Confartigianato Benessere ha stilato un elenco di proposte che potrebbero rivelarsi fondamentali e sui quali il legislatore deve riflettere: PROPOSTE DI CARATTERE ORGANIZZATIVO • Svolgimento delle attività esclusivamente su appuntamento (telefonico, tramite app o mail) • Presenza di un solo cliente per volta in area reception, spogliatoi, servizi igienici • Permanenza dei clienti all’interno dei locali limitatamente al tempo strettamente indispensabile all’erogazione del servizio/trattamento • Adozione – per le imprese maggiormente strutturate – di orari di apertura flessibili con turnazione dei dipendenti Limitatamente ai saloni di acconciatura che – contrariamente ai centri estetici – normalmente non dispongono di spazi chiusi nell’ambito dei quali circoscrivere la presenza ad un solo cliente per operatore: • Delimitazione degli spazi con applicazione sul pavimento di scotch di colore ben visibile • Utilizzo di postazioni alternate sia nella zona del lavaggio che nelle zone trattamenti • Distribuzione della clientela tra gli addetti in modo tale che ciascun operatore abbia in carico un massimo di due clienti contemporaneamente qualora uno dei due sia in fase di attesa tecnica (tempo di posa del colore) PROPOSTE DI CARATTERE IGIENICO-SANITARIO • Utilizzo mascherina e guanti • Utilizzo di occhiali protettivi o visiera in plexiglas per i trattamenti per i quali non può essere garantita la distanza interpersonale di un metro (per gli acconciatori limitatamente ai servizi di taglio/cura della barba) • Igienizzazione delle postazioni di lavoro dopo ogni trattamento/servizio • Disinfezione dei servizi igienici dopo ogni utilizzo • Utilizzo, ove possibile, di materiali monouso e lavaggio a temperatura adeguata e con prodotti igienizzanti dei materiali in tessuto • Posizionamento di soluzioni disinfettanti all’ingresso e in corrispondenza di tutte le postazioni lavoro, a disposizione di operatori e clientela Misure aggiuntive per i centri estetici: • Utilizzo di soprascarpe monouso • Utilizzo di camici monouso o lavaggio giornaliero degli indumenti ad alta temperatura con prodotti igienizzanti • Accurata detersione dei lettini con ipoclorito di sodio-candeggina o alcool denaturato, ed arieggiamento della cabina dopo ogni trattamento

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TURISMO E RISTORAZIONE, LA TASK FORCE DEL GOVERNO ASCOLTI IL NOSTRO GRIDO DI AIUTO (E CI ACCOLGA TRA GLI ESPERTI)

Le 5 richieste di Ristoworld: fidi trentennali a tasso zero per le imprese garantiti dallo Stato, sospensione dei mutui, stop a imposte e utenze delle attività commerciali, proroga Cigs per tutto il 2020 e supporto agli stagionali senza paracadute sociali. Il presidente Marcello Proietto: “Noi pronti a garantire la salute degli utenti”

 riceviamo e pubblichiamo

La garanzia della salute pubblica gioca un ruolo centrale e prioritario: detto questo è fondamentale assicurare il futuro su due direttrici. La prima è quella degli aiuti che devono essere a fondo perduto, erogati immediatamente, rimpinguati e trasferiti immediatamente. Più tempo passa e più aziende non riusciranno a rialzarsi. La seconda una ripresa coerente e attuabile.

Ecco i 5 punti Ristoworld Italy con i quali si chiede che lo Stato e l’Europa aiutino concretamente a far ripartire l’economia e rimettere a regime le attività ristorative e turistico alberghiere.  Gli aiuti in atto disposti sono da un lato insufficienti e, dall’altro, non arrivano. Il mondo del turismo e della ristorazione non chiede elemosine ma interventi strutturali concreti.

Chiediamo che lo Stato si faccia garante verso le banche per fidi a scadenza trentennale, a tasso zero: è necessario disporre di un adeguato capitale per ricominciare, come è avvenuto in fase di start. L’imperativo è quello di rimettere in circolo liquidità.

Sospensione di leasing e mutui e il recupero delle mensilità sospese da riaccodare al periodo previsto dalla relativa misura posta in essere senza ulteriori oneri è il passo successivo.

Cancellazione immediata delle imposte nazionali e locali e la sospensione per utenze relative alle attività commerciali (luce, gas, telefono e fibra). Su questo aspetto chiederemo l’intervento dell’Anci.

Proroga della cassa integrazione straordinaria tutto il personale in forza al 23.02.2020 e fino almeno alla fine dell’anno. Questo per garantire anche la ripresa dell’attività garantendo gli standard di sicurezza nuovi che verranno imposti dall’Oms.

Erogazione di una misura straordinaria per quanti, soprattutto stagionali e non in possesso dei requisiti previsti per legge sono oggi senza contratto, senza cassa integrazione, senza disoccupazione e quindi abbandonati a se stessi.

La fase due preoccupa. Nella task force nominata dal Governo mancano gli albergatori e i ristoratori, gli operatori del turismo, i riferimenti di chi lavora direttamente sul campo.

Chiediamo al Presidente del Consiglio e ai Presidenti di Regione ai quali inviamo la presente nota che nelle commissioni consultive vengano inseriti professionisti del comparto ristorativo e alberghiero.

Garantiremo, di certo, la salute pubblica con le norme dettate dall’Oms. Ripartiamo dal pubblico italiano, dai gusti e preferenze della platea che fino alla ripresa del flussi turistici sarà quella di riferimento. Ripartiamo dal territorio e dai prodotti locali.

La riapertura ha in previsione, tutta una serie di indicazioni sanitarie che rivoluzioneranno il mondo della ristorazione come fin qui inteso. Servono aiuti a fondo perduto anche per questi adeguamenti che incideranno sul conto economico delle aziende. Servono linee e indirizzi chiari e certi e che provengono da chi questo mestiere lo conosce.

Necessità non di risposte qualunque ma di indicazioni adeguate alle richieste di un settore fondamentale per l’economia italiana e globale. Altrimenti oltre alla crisi e allo sfacelo economico faremo i conti con una pericolosissima emergenza sociale.     (www.ristoworlditaly.it)

 

Il Presidente Ristoworld Italy

Marcello Proietto di Silvestro

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Vittime dell’amianto. Il datore di lavoro dev’essere condannato perché l’amianto anche piccole dosi fa insorgere il mesotelioma nel lavoratore

Vittime dell’amianto. Il datore di lavoro dev’essere condannato perché l’amianto anche piccole dosi fa insorgere il mesotelioma nel lavoratore. Asbestosi «minima» compatibile con esposizione moderata e significativa di malattia professionale

           

L’amianto ed i suoi terribili effetti continuano a segnare le aule giudiziarie. Noi dello “Sportello dei Diritti” sono anni che continuiamo ad assistere le vittime ed i loro familiari, in una guerra che purtroppo contrappone ancora ex lavoratori e datori di lavoro. Significativa in tal senso per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la sentenza 12151/20 depositata oggi 15 aprile, dalla quarta sezione penale della Cassazione secondo cui va condannato per omicidio colposo il datore dopo la morte del lavoratore a causa del mesotelioma pleurico anche se la esposto a bassissime dosi di polveri. La patologia può insorgere per dosi cumulative anche modeste. Nessun dubbio sull’origine professionale della malattia. Vanno escluse altre cause come il vizio della sigaretta e dunque manca un elemento causale alternativo di innesco della patologia. Nella fattispecie, diventa definitiva la condanna per omicidio colposo inflitta dal Tribunale di Vercelli e confermata dalla Corte d’Appello di Torino ai titolari dell’impresa dopo la morte di un’operaia addetta allo smontaggio degli arredi di carrozze ferroviarie. Lo confermano tutti i testimoni: nel reparto si liberavano polveri di amianto con l’uso del trapano e dello svitatore e non c’era un impianto di aspirazione, mentre la decoibentazione è entrata in funzione soltanto in un secondo momento. In particolare, l’esposizione all’amianto è accertata sulla base delle deposizioni dei colleghi. La diagnosi di mesotelioma pleurico, poi, risulta confermata dall’esame istologico e riconducibile all’inalazione di polveri d’asbesto: le discordanze fra consulenti del pm e perito d’ufficio sono solo apparenti e ricondotte a unità dai chiarimenti degli esperti. L’asbestosi «minima G1» è compatibile con l’esposizione «moderata» all’amianto ma «significativa» di un’esposizione professionale confermata da un periodo di latenza nel range dell’insorgenza di un tipo di tumore del genere: sono infatti esclusi gli elementi morfologici che distinguono il carcinoma ascrivibile al tabagismo. È l’assenza di inneschi alternativi della malattia la legge scientifica di copertura universalmente condivisa in base alla quale è affermata la responsabilità degli imputati, che non si fonda sulla teoria dell’effetto acceleratore, non condivisa in tutta la letteratura internazionale. 

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Aime non chiude anzi raddoppia, è nata la delegazione di Aime Alto Milanese

In questo momento di fermo e di incertezza nasce AIME AltoMilanese che si offre di fare aggregazione con i propri associati per

diventare un grande punto di riferimento per gli imprenditori e le aziende della zona.

 

 

Proprio in questi giorni, attraverso le partnership nate durante la crisi, abbiamo potuto realizzare delle condizioni esclusive per il

rilancio dell’economia dei nostri associati e dei sostenitori che vorranno conoscerci meglio.

Grazie ad un comitato tecnico scientifico presieduto da uno dei fondatori, Aldo Fusar Poli, abbiamo pensato di invitare tutti gli

imprenditori ad un webinar che darà informazioni precise sulla crisi d’impresa offrendo consigli agli imprenditori su cosa fare e

come affrontarla al meglio. (Per maggiori info seguite la pagina Facebook AIME AltoMilanese)

Cosi come nello spirito di AIME Italia, particolarmente attiva nella provincia di Varese, questa nuova delegazione si propone come

riferimento attivo sul territorio per le industrie e le PMI a cui propone un modello di associazione trasversale basato

sull’aggregazione di imprese di diversi settori e diverse dimensioni con la capacità di ideare e attuare progetti di innovazione che

rappresentino opportunità di crescita economica, con un’attenzione particolare alla valorizzazione dei territori e delle loro filiere.

Al centro di AIME AltoMilanese non ci sono solo le aziende ma anche gli imprenditori che troveranno nella delegazione consigli,

collaborazione e la possibilità di creare sinergie costruttive.

La mission di Aime AltoMilanese fa propria la mission di AIME ovvero sviluppare un nuovo modello di associazionismo

imprenditoriale leggero e flessibile con una forte e distintiva capacità ideativa e progettuale. Abbiamo a cuore la cura delle aziende

e delle famiglie legate a tutto il sistema produttivo, non solo degli imprenditori direttamente legarti ad AIME, ma anche delle

figure a loro connesse, come i dipendenti, collaboratori e fornitori in un’unica “filiera umana” da supportare in maniera attiva e

proficua.

Nasciamo in questo momento e ci mettiamo in gioco per dare servizi, ogni nostro Socio avrà l’attenzione e la possibilità di offrire e

ricevere collaborazione con lo scopo vero della cooperazione, in modo da ottenere i vantaggi migliori con l’interesse di crescere

insieme.

Più l’Associazione crescerà, più facile sarà avere opportunità per tutti, siamo fiduciosi che questo meraviglioso territorio che ci

ospita abbia da offrire un grande patrimonio e soprattutto, che tutti insieme saremo meno spaventati dal dopo coronavirus.

Già AIME Italia è in campo con una serie di servizi a cui ogni socio può aderire, e a questo riguardo segnaliamo il telefono aperto

da AIME per le delucidazioni su quanto sta avvenendo per gli imprenditori e per aiutare a semplificare la comprensione dei vari

decreti emessi da Governo.

AIME AltoMilanese, con Vanessa Vidale come presidente

coadiuvata da Marco Colombo come Vice Presidente,

Emanuele Abruzzo come Segretario e dai Consiglieri: Paola

Della Chiesa (già referente AIME Scuola Impresa e Università),

Pietro Bonfiglio (Past-President Rotary Club Magenta) e Aldo

Fusar Poli (Presidente Lions Club Lainate), si propone come

polo di scambio per nuove idee, conoscenza e professionalità

di coloro che conoscono bene la cultura del fare, proponendosi

come punto di incontro tra formazione e lavoro. AIME

AltoMilanese infatti sarà anche un filo diretto tra aziende e

istruzione: da una parte le aziende si faranno promotrici di

cultura e formazione efficace e utile, subito spendibile nel

mondo del lavoro, dall’altro le scuole diventeranno bacini utili

dove attingere giovani energie ricche di creatività e nuove idee

per alimentare con profitto le aziende stesse in un circolo

virtuoso.

Tra le prime attività di supporto alle aziende e agli associati è una scontistica esclusiva dedicata alla sanificazione di ambienti di

lavoro a tutela delle persone. Ne potranno beneficiare i soci e i nuovi iscritti.

Questo e altri sono i progetti che vogliamo mettere in atto al più presto per poter riattivare tutte le potenzialità del tessuto sociale

e del networking condiviso.

Grazie ad un direttivo impegnato nel sociale, si ripromette di essere attenta ai bisogni del territorio per dare modo alle aziende di

partecipare attivamente alla crescita del territorio partendo dalle scuole.

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Lavoro

DL Liquidità: per la FIPE-Confcommercio “Ancora non ci siamo”

Riportiamo di seguito il giudizio che arriva da FIPE – CONFCOMMERCIO, la Federazione Italiana dei Pubblici esercizi, che rappresenta 300mila imprese della ristorazione, dell’intrattenimento, del turismo balneare e del catering.

“Dalla lettura delle bozze del decreto, purtroppo ancora non ci siamo. Le misure del governo si rivelano utili per una piccola platea di imprenditori, quelli decisi a chiedere prestiti sotto i 25mila euro, ma per tutti gli altri permangono i problemi. Il decreto, infatti, non sembra rilasciare risorse immediate alle imprese italiane. Chi chiederà cifre superiori ai 25mila euro deve fare diversi passaggi e rischia di dover aspettare ancora. Anche se venisse confermata la semplificazione della valutazione del credito da parte del Fondo centrale di garanzia, bisognerà comunque dare il tempo alle banche di svolgere le loro istruttorie. Il che significa ulteriore tempo, visto che anche gli istituti di credito in questo momento hanno problemi di organici. Una situazione che rischia di penalizzare chi ha maggiori problemi di liquidità e un tempo di sopravvivenza residua breve, come l e imprese dei pubblici esercizi che hanno già perso oltre 22 miliardi di euro nel 2020. Il limite dei 25.000 € con garanzia automatica al 100% deve essere aumentato. Oltre al danno, però, ecco la beffa: chi riuscirà ad accedere ai prestiti, rischia di dover utilizzare buona parte del credito per pagare le tasse, la cui scadenza è stata prorogata solo fino a maggio. Stiamo assistendo al fallimento di decine di migliaia di imprese”.

“Non sottovalutiamo lo sforzo fatto dal governo, ma serve velocità, zero burocrazia e certezza dei tempi – prosegue la Federazione – e soprattutto servono risorse vere, contributi a fondo perduto per compensare anche solo parzialmente la perdita del fatturato. Indebitandosi si sposta il problema, non lo si risolve”.

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Smart Working ai tempi del Coronavirus. L’indagine di InfoJobs rivela dati altalenanti e dubbi sull’utilizzo futuro

Il 72% delle aziende ha attivato lo smart working, che impatta 1 lavoratore su 7. In futuro il 71% dei lavoratori vorrebbe mantenerlo solo parzialmente, mentre le aziende non si sbilanciano e aspettano regolamentazioni normative.

A circa un mese dall’inizio del lockdown del Paese causato dal dilagare di un’emergenza sanitaria senza precedenti nella storia recente e che ha imposto alle aziende di riorganizzarsi per garantire l’operatività e la sicurezza delle persone, InfoJobs, piattaforma numero 1 in Italia per la ricerca di lavoro online, presenta i risultati di un’indagine[1] che mette per la prima volta a confronto aziende e lavoratori sul tema smart working, al fine di capire come gli italiani stiano vivendo l’approccio al lavoro agile e quale possa essere la sua futura applicazione sul mercato del lavoro di domani. 

I dati emersi rispecchiano un Paese che ha risposto all’emergenza utilizzando in maniera massiccia lo smart working: il 72% delle aziende ha messo a disposizione in tempi brevi mezzi e strumenti per permettere ai collaboratori di proseguire il lavoro da remoto. Tuttavia, è chiaro che non tutte le tipologie di business o non tutte le funzioni possono essere svolte in smart working, dai dati di InfoJobs risulta quindi che i lavoratori italiani in smart working siano il 15%. La parte restante della forza lavoro sembra attualmente a casa senza reddito (45% dei rispondenti, percentuale che sale al 50% per le donne), in ferie o in congedo (25%) mentre il 13% si reca ancora sul luogo di lavoro, senza nessuna modifica alle modalità di prestazione del servizio.

Filippo Saini, Head of Job di InfoJobs afferma: “Con la nostra nuova indagine vogliamo raccontare come il Paese stia affrontando il lavoro in questo momento complesso, mettendo a confronto il punto di vista dei lavoratori e quello delle aziende. Lo smart working è stato ben accolto in generale, come strumento per garantire operatività e reddito preservando salute e sicurezza, e la sua adozione ha subito una crescita esponenziale: per gran parte delle nostre aziende e lavoratori questa emergenza è stata l’occasione per attivare il lavoro da remoto per la prima volta in assoluto”.

Ad oggi, il 56% delle aziende che hanno attivato lo smart working dichiara di applicarlo per la prima volta, mentre il 29% l’ha esteso a più figure o su più giorni. Percentuali ancora più polarizzate sui lavoratori, dove il 79% afferma di adottarlo per la prima volta, mentre per il 14,5% sono solo cambiate le modalità di fruizione e per il 6,5% non c’è stato alcun cambiamento rispetto a prima.

indagine InfoJobs smart working 2020

OPPORTUNITÀ E DIFFICOLTÀ DELLO SMART WORKING

Come sta andando lo smart working per le aziende italiane? Il 64,5% delle aziende dichiara che i dipendenti hanno apprezzato questa decisione (voluta o dovuta in base alle circostanze legislative) che non ha avuto contraccolpi sulla produttività (39%), o ne ha avuti ma in maniera limitata (25,5%). Le difficoltà comunque non mancano e il 19% delle aziende sostiene che lo smart working non stia funzionando, complici la struttura o il business che mal si sposano con il lavoro da remoto. In linea più generale, lemaggiori criticità sono legate soprattutto a problemi di tipo organizzativo (44%) per mancanza di supervisione e controllo sul lavoro del personale, e relazionale (42%)perché manca il confronto quotidiano e il lavorare fianco a fianco. Solo il 14% delle aziende dichiara problemi legati alla tecnologia, rilevante soprattutto per quelle aziende che hanno risposto all’emergenza ma non erano preparate a gestirla a livello di strumenti e competenze interne.

Come stanno vivendo questa condizione i lavoratori? Il 38% del campione intervistato da InfoJobs si dichiara fortunato di poter evitare gli spostamenti in questo momento, mentre il 27% apprezza le possibilità date dalla tecnologia, che mette a disposizione un ufficio “virtuale” dove è possibile continuare a lavorare come prima.Solo il 7% dice di essere meno produttivo soprattutto a causa degli impegni familiari da gestire in contemporanea, percentuale che sale al 33% per le donne con figli conviventi.

Cosa apprezzano di più dello smart working? Il 17% dei lavoratori apprezza la possibilità di gestire insieme esigenze personali e lavorative, con una percentuale che sale al 30% per le donne con figli. Gli italiani che si sono inoltre trovati a dover far fronte alla creazione di spazi di lavoro fra le mura domestiche, notano con piacere il tempo risparmiato per gli spostamenti da casa all’ufficio (49%) e gli orari flessibili(19,5%). E che dire delle distrazioni fra le postazioni di lavoro? Un pensiero in meno nel caso dell’home office per l’11% dei lavoratori!

L’azienda non è però solo un luogo di prestazione d’opera, ma anche un mondo in cui si intessono relazioni o dove semplicemente ci si confronta. Ecco allora che sono diversi anche gli aspetti di cui si sente la mancanza in questa nuova gestione della routine lavorativa, in primis la socialità del luogo di lavoro e il confronto quotidiano con i colleghi (parimerito al 27%). Seguono sorprendentemente aspetti all’apparenza secondari, come la comodità della propria postazione (11%) o il piacere di prepararsi alla giornata con outfit e make-up (10%). 

 

SMART WORKING: UNO SGUARDO (TIEPIDO) AL FUTURO

Su ciò che avverrà una volta superata l’emergenza sanitaria, le aziende sono caute a parlare di rivoluzione”, chiude Filippo Saini. “Anche i lavoratori sembrano apprezzare le potenzialità del lavoro da remoto, ma sono ben lontani dall’augurarsi che possa essere la modalità esclusiva e prioritaria di domani. In generale, dalla nostra indagine emerge un’Italia molto pragmatica e realista, che distingue le misure eccezionali dai propri desideri e dalla speranza per la nuova normalità di domani

Nel dettaglio, per il 30% delle aziende non ci saranno cambiamenti delle modalità di lavoro rispetto al business pre-COVID-19, mentre il 28% dovrà valutare gli sviluppi legislativi per implementare a regime lo smart working e il 24% lo abiliterà ma solo per una parte dei dipendenti

Concordi su un approccio prudente anche i lavoratori, il 71% vorrebbe il lavoro agile 1 o 2 giorni a settimana (89% per le donne con figli) mentre solo il 16% auspica un full time smart. Dissente il 13%: meglio l’ufficio!

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Casa, si vende per la liquidità oppure per una più grande

L’analisi delle compravendite immobiliari, realizzate attraverso le agenzie affiliate Tecnocasa e Tecnorete sul territorio nazionale nel secondo semestre del 2019, evidenzia che il 7,9% degli acquisti è stato effettuato da pensionati. Un anno fa (secondo semestre 2018) la percentuale era simile e si attestava al 7,8%. Anche rispetto a due anni fa la percentuale è rimasta alquanto invariata.

I pensionati nel 67,1% dei casi hanno comprato l’abitazione principale, nel 23,7% dei casi hanno investito ed infine il 9,3% ha optato per la casa vacanza. Rispetto ad un anno fa aumenta la percentuale per l’abitazione principale (+3,1%), mentre le componenti casa vacanza e investimento sono in lieve ribasso (-1,4% e -1,6%). Restando su questo target si è constatato che solo il 12,8% degli acquisti è stato effettuato con l’ausilio di un mutuo, mentre l’87,2% delle compravendite è avvenuto senza l’intervento da parte di istituti di credito.

Le compravendite dei pensionati si sono concentrate maggiormente sui trilocali (35,6%), seguiti dai bilocali (27,0%) e dai quattro locali (15,7%); ville, villette, rustici, case indipendenti e semindipendenti compongono insieme il 14,1% degli acquisti. Rispetto al secondo semestre del 2018 aumenta la percentuale di acquisto di soluzioni indipendenti e semindipendenti, si passa infatti dal 12,6% all’attuale 14,1%. In generale, rispetto ad un anno fa, si registra un aumento delle percentuali di acquisto di tipologie ampie, a partire dal 4 locali in su.

Il 68,0% dei pensionati che ha acquistato attraverso le agenzie del Gruppo Tecnocasa è una coppia oppure una coppia con figli, il 18,0% è single, l’11,4% è vedovo e il 2,6% è separato/divorziato.

Spostando l’attenzione sui venditori risulta che il 27,6% di coloro che hanno venduto casa nel secondo semestre 2019 è pensionato; di questi il 47,4% ha venduto per reperire liquidità, il 38,6% per migliorare la qualità abitativa e il 14,1% per trasferirsi. Rispetto al secondo semestre del 2018 diminuisce la percentuale di coloro che vendono per reperire liquidità (-4,9%), mentre sale la percentuale di chi si trasferisce (+2,4%) e di chi vende per migliorare la qualità abitativa (+2,5%).

Fonte: Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa

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Codiv-19, 70% delle Pmi italiane sarà a rischio default

Il Covid-19 ha messo sotto attacco la nostra salute, ma anche le nostre imprese.

Mauro Colombo, direttore generale di Confartigianato Varese, commenta la situazione critica: «Molti analisti economici stimano che il 70% delle Pmi italiane sarà a rischio default, con conseguenze terribili su occupazione, benessere e risorse per la collettività. Ecco spiegato il motivo dei nostri timori: questo virus, oltre che intaccare il bene più prezioso per ciascuno, ovvero la salute, rischia di erodere una immensa ricchezza di professionalità, saper fare, responsabilità e occupazione».

Colombo non vuole raccogliere macerie: l’estate non dovrà trascorrere nel disarmo ma servirà un impegno collettivo finalizzato a ricostruire un tessuto che, nel frattempo, «faremo di tutto per mantenere sano».
È nell’ordine delle cose, che già stanno volgendo al negativo: lo testimoniano le pratiche Fsba (Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato, la “cassa integrazione dell’artigianato”) già salite a quota 875 in provincia, per un totale di 3.337 lavoratori:

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Coronavirus. Dpcm 22 marzo 2020: il condominio e i servizi ancora attivi

Firenze, 23 marzo 2020. L’hanno chiamato decreto “chiudi Italia”, perché nelle intenzioni dello sfavillante messaggio di sabato 21 marzo del Presidente Conte, il dpcm avrebbe messo un’ulteriore stretta alla possibilità di lavorare.
Così è stato?
Nì: una domenica di passione, voci incontrollate di chiusure di quasi tutto.
E poi?
Poi, invece, le attività autorizzate sono un’ottantina, rispetto alla classificazione Ateco che ne prevede molte di più. Certo è che non si può fermare tutto, questo è comprensibile. Cosa debba essere realmente fermato, però, è opinabile. È necessario farsi arrivare a casa in questi giorni un gioco per il pc o una cyclette? E tutte le attività di manutenzione degli edifici sono equiparabili?
Passiamo al condominio.
Che cosa possiamo desumere dal dpcm 22 marzo 2020?
L’attività dell’ufficio dell’amministratore (attività ateco 68.32.00) è sospesa. Si badi: ciò vuol dire che l’ufficio resta chiuso, al pubblico, ma l’attività dell’amministratore (personale) può proseguire (da casa) e quella dei collaboratori e dipendenti… anche, ma da casa loro (lavoro agile). Sul punto è chiaro il d.p.c.m. art. 1 lett. A e C.
Possono proseguire nella erogazione del loro servizio le imprese di pulizia e disinfestazione, che eseguono spesso anche movimentazione dei bidoni condominiali (codice attività 81.20.), nonché i portieri (97.00.00).
Sicuramente non si può iniziare la manutenzione della facciata; andremmo più cauti per interventi di assoluta ed improcrastinabile urgenza, sempre che non possano essere chiamati i vigili del fuoco.
Installazione ascensori e dispositivi antiincendio, ad esempio, possono essere eseguiti, così come la manutenzione degli impianti elettrici ed il servizio di manutenzione ascensori (codice attività 43.2).
Ricordiamo, infine, che non sono sospesi i pagamenti di fatture e bollette. L’ARERA ha sospeso le procedure di distacco delle forniture luce, acqua e gas in itinere fino al 3 aprile (quelle iniziate dal 10 marzo): i condòmini dovranno versare all’amministratore, mediante bonifico, ovvero bollettino postale, e questi a sua volta corrispondere gli importi dovuti ai fornitori per i servizi prestati.
In condominio, quindi, possiamo dire che nella sostanza l’essenziale prosegue. Tutto ciò fino al 3 aprile, data rispetto alla quale va considerato in vigore il divieto di svolgere assemblee. Dopo si vedrà (difficile ipotizzare un ritorno immediato alla “vecchia vita”), ci vorrà tempo, molto tempo.
L’elenco è sempre aggiornabile (con aggiunte, che sicuramente ci saranno, o eliminazioni) con provvedimento del Ministero dello Sviluppo economico.
Un’ultima considerazione, infine, di carattere generale. È opinione molto diffusa che nell’affrontare la situazione vi sia una certa impreparazione. Non lo si può negare; certo, il fatto che il governo stia, abbastanza evidentemente, zoppicando (per carità, con tutte le scusanti del caso), non vuol dire che automaticamente chi lo critica sia più bravo. Anzi, quasi mai saper riconoscere una buona camicia vuol dire saperla realizzare. Andiamo avanti, rispettiamo le regole, critichiamo costruttivamente e facciano un nodo al fazzoletto. Il tempo dei rendiconti verrà dopo.

Alessandro Gallucci, legale, consulente Aduc

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Coronavirus e lavoro. L’esercito silenzioso dei liquidatori, degli impiegati e degli addetti del settore assicurativo che non si è fermato nonostante l’emergenza

Coronavirus e lavoro. L’esercito silenzioso dei liquidatori, degli impiegati e degli addetti del settore assicurativo che non si è fermato nonostante l’emergenza Se ci sono migliaia di cittadini che sul campo stanno combattendo la battaglia per contenere il virus, salvare migliaia di vite umane, mantenere l’ordine pubblico e che sono giustamente considerati “eroi” perché sfidano la malattia in prima persona e tra questi medici, operatori sanitari, membri delle forze dell’ordine e della protezione civile, sindaci ed amministratori locali e tutti coloro che sono in prima linea per loro professione, vi è, tuttavia, un esercito silenzioso di altrettante centinaia di migliaia di lavoratori che continua a mantenere in piedi la nostra economia senza “rimanere a casa”, perché se rimanesse a casa il Paese sarebbe già al completo collasso. Senza voler dimenticare alcuna categoria, alcun lavoratore, un pensiero particolare oggi va a tutti i colleghi liquidatori e a tutti gli impiegati e in generale agli addetti del settore assicurativo, tiene a precisare Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, – veterano con esperienza quarantennale nel comparto – che non vuole dimenticare tutti coloro che continuano a lavorare negli uffici e chi da casa tramite gli strumenti dello smart working, perché grazie a loro cittadini e imprese possono vedersi assicurata la continuità degli indispensabili servizi di un altrettanto imprescindibile settore dell’economia quale quello delle assicurazioni.