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Soccorso capodoglio intrappolato nella rete, liberato dalla Guardia costiera

Soccorso capodoglio intrappolato nella rete, liberato dalla Guardia costiera. A dare l’allarme le biologhe del Centro recupero tartarughe di Filicudi che hanno allertato la Guardia Costiera di Lipari. A circa sei miglia a nord-est dell’isola di Salina, quattro biologhe che erano in navigazione verso l’isola di Stromboli, hanno avvistato in superficie un capodoglio maschio della lunghezza di circa dieci metri con la pinna codale completamente avvolta in una rete da pesca. La Guardia Costiera di Lipari ha così inviato in zona la motovedetta CP 322, che, verificate le condizioni critiche del cetaceo, ha attuato tutte le procedure utili a mettere in sicurezza il mammifero. Sul posto è poi giunta, a bordo di un battello della Guardia Costiera, una squadra di subacquei locali che dopo un’ora di duro lavoro a circa due metri di profondità, è riuscita a rimuovere totalmente la rete dalla pinna codale dell’animale lasciandolo libero di muoversi. Terminate le operazioni di liberazione del cetaceo, il capodoglio è stato monitorato dalla Guardia Costiera al fine di verificare eventuali comportamenti anomali e lasciato libero di ricongiungersi ad altri tre esemplari che per tutto il tempo lo avevano atteso a distanza. La rete da pesca recuperata a bordo dell’unità militare è stata confiscata perché usata illegalmente per la cattura di specie ittiche come tonno e pesce spada. Il capodoglio è stato monitorato in mare per un po’ e poi è stato lasciato libero di unirsi ad altri tre esemplari che lo avevano atteso a distanza. Nell’arcipelago delle isole Eolie, la stessa giornata è stata segnata da un’ulteriore importante attività di tutela ambientale e, in particolare, di contrato della pesca illegale. Grazie ad un’attività congiunta condotta con i propri mezzi aerei e navali, la Guardia Costiera ha intercettato a 12 miglia a Sud di Alicudi, un motopesca intento a recuperare 2500 metri di rete derivante illegale con un’apertura della maglia di 45 centimetri. Al comandante del peschereccio,  evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, è stata contestata una sanzione amministrativa di diverse migliaia di euro e la rete illegale rivenuta è stata sequestrata e trasbordata sulla motovedetta CP322, che alle prime luci dell’alba ha fatto rientro nel porto di Lipari. Il video del salvataggio: https://youtu.be/naoi-KG2LUE

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Lepri “boxeur” – ecco il video di una “simpatica” rissa tra lepri.

Lepri “boxeur” – ecco il video di una “simpatica” rissa tra lepri. La clip riprende un litigio tra lepri che se le danno di santa ragione. Guardate un po’ cosa fanno. Durante la stagione riproduttiva delle lepri, il comportamento di questi animali, di solito tra loro socievoli, cambia ed è possibile osservarne gruppetti vagare come impazziti, rincorrendosi fino allo sfinimento e ingaggiando buffe battaglie in atteggiamenti di pugili sul ring. Questa eccitazione inizia già in primavera e i maschi perdono ogni prudenza mettendosi sulle piste delle femmine in ogni ora del giorno e della notte. Capita che più maschi arrivino nei pressi di una femmina disponibile e in questo caso nascono le lotte già ricordate prima, autentiche gare di pugilato, con i pretendenti in piedi, l’uno di fronte all’altro a tirare di destro e sinistro. Chi vuole fotografare queste scene deve, ovviamente, portarsi in quelle campagne dove le lepri abbondano, magari in quelle zone interdette alla caccia e adibite al ripopolamento. Non è necessario ricorrere all’appostamento da capanno, perché è difficile intuire dove avverranno gli scontri e il mezzo più propizio rimane l’automobile. Con l’auto, infatti, è possibile percorrere le carreggiate o le strade che costeggiano i campi seguendo “a vista” le coppie di lepri. Poi bisogna sperare che la dea bendata, evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, come per questo video  porti le lepri eccitate a tiro di videocamera. A dir la verità non è poi così improbabile che ciò avvenga, poiché le lepri in quelle circostanze perdono ogni diffidenza e nelle loro rincorse sono capaci di passare vicinissime all’automobile ferma per strada. Ecco il video: https://youtu.be/kWSuQDobBAk

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La petroliera va dritta contro la diga del porto di Marsiglia. Scongiurato il disastro ambientale  – Video

La petroliera va dritta contro la diga del porto di Marsiglia. Scongiurato il disastro ambientale- Video Sembra scongiurato il pericolo di un nuovo inquinamento marino del Mediterraneo dopo che la petroliera Cap Pinède, da 3.500 tonnellate di stazza lorda, della compagnia francese Maritima, ha colpito violentemente, durante il fine settimana, una delle dighe che proteggono il North Pass del Grand Seaport di Marsiglia. “Perchè non si ferma?”. “Non lo so, probabilmente non ci riesce!”. E’ il breve scambio di battute tra i due testimoni oculari dell’incidente che hanno postato il videodiventato virale. La nave stava cercando di entrare nel terminal del porto francese quando invece di compiere la manovra regolarmente, è finita a tutta velocità sulla diga. Le indagini sono ancora in corso per capire i motivi dello scontro con i massi frangiflutti. Secondo quanto dichiarato ieri pomeriggio dal centro operativo francese di soccorso di stanza a Marsiglia, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, non si segnalano feriti, né morti e non ci sono stati sversamenti in mare. La CAP PINEDE (IMO: 9539004) è una nave petroliera / chimica costruita nel 2009 ( 11 anni fa ) e naviga sotto la bandiera della Francia. La sua capacità di carico è di 3500 t DWT e il suo pescaggio attuale è di 3,3 metri. La sua lunghezza complessiva (LOA) è di 89,2 metri e la sua larghezza è di 13,8 metri. La nave è attualmente nel porto di MARSIGLIA, in Francia, dopo un viaggio di 1 ora e 43 minuti in partenza dal porto di FOS SUR MER, in Francia.Ecco il video: https://youtu.be/SQqUhlb1BRQ

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Marina di Salve nel Salento, grande squalo verdesca abbocca all’amo dei pescatori

 

Marina di Salve nel Salento, grande squalo verdesca abbocca all’amo dei pescatori. Il video della cattura e della liberazione

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Non passa giorno che il Mare intorno alla penisola salentina, che sia Jonio o Adriatico non ci riveli sorprese. Come quella accaduta ad alcuni diportisti che oggi durante una battuta di pesca che difficilmente dimenticheranno in barca al largo di Torre Vado, marina di Salve nel Salento, si sono visti abboccare all’amo della canna da pesca un grande verdesca, di circa 3 metri, conosciuta anche come squalo azzurro, venuto in superficie ad una profondità di oltre 50 metri. Tra lo stupore degli occupanti a bordo del natante, lo squalo ha fatto qualche giro vicino all’imbarcazione indeciso sul da farsi, salvo poi dare un forte strattone alla lenza rompendola e riprendendo il largo facendo tirare un respiro di sollievo ai pescatori che hanno diffuso il video attraverso lo “Sportello dei Diritti“. Le acque di Torre Vado non sono nuove ad avvistamenti di rilievo riferisce Gianfranco Coppola referente dello “Sportello dei Diritti” di Ugento, come i continui avvistamenti di delfini, mante e tartarughe che dimostrano la purezza dell’ambiente. Immagini quelle del video, se non inedite, quantomeno rare per i mari nostrani, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” che c’inducono a pensare che poco oltre le rive delle nostre coste nuotino ancora indisturbati animali di notevoli dimensioni, come gli squali. Ecco il video: https://youtu.be/6b7a7SXi_Bk

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Il petrolio sgorga dal pavimento del bancomat della Posta

Il petrolio sgorga dal pavimento del bancomat della Posta. Le curiosi immagini delle telecamere di videosorveglianza Quando ha sentito il sibilo e i miasmi provenienti dal pavimento, girando lo sguardo, un cliente di un ufficio postale che stava effettuando un’operazione al bancomat, ha  scoperto che a fare rumore era un fiume di petrolio che sgorgava da sotto terra. Il fatto è accaduto a Masjed-e-Soleiman, il capoluogo dello shahrestān di Masjed Soleyman, circoscrizione Centrale, nella provincia del Khūzestān. Proprio in quest’area, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il 26 maggio 1908, fu scoperto il primo giacimento petrolifero del Medio Oriente. A registrare lo strano video, le telecamere di videosorveglianza dell’ufficio postale che riprendono chiaramente il petrolio che sgorga sul pavimento con l’intensità di un ruscello. Proprio sotto quell’area passano le tubature di una Società di sfruttamento di petrolio e gas che martedì mattina ha negato l’incidente. Ecco il video: https://youtu.be/Jc90se7zlT4

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Avvistamento eccezionale di una migrazione di oltre 64mila tartarughe

Avvistamento eccezionale di una migrazione di oltre 64mila tartarughe. Il video è stato girato lungo la Grande Barriera corallina. Una enorme colonia di esemplari mai vista fino ad ora è stata ripresa da un drone vicino Raine Island in Australia.

Le immagini catturate con un drone di una grande colonia di esemplari di tartarughe verdi in Australia, dal Dipartimento dell’Ambiente e della Scienza del governo del Queensland, hanno dell’eccezionale. Si tratta molto probabilmente di uno dei maggiori avvistamenti mai avvenuto, almeno per quanto riguarda le tartarughe marine, di almeno 64mila tartarughe verdi che si sono radunate ai margini della Grande barriera corallina durante la stagione di nidificazione. Il filmato è stato catturato dagli scienziati del Dipartimento dell’Ambiente e della Scienza del governo del Queensland a Raine Island, una baia di corallo a circa 620 chilometri a nord-ovest di Cairns. Le tartarughe verdi, che prendono il nome dal colore della loro cartilagine, si trovano principalmente nelle acque tropicali e subtropicali e migrano su lunghe distanze. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti“, è sempre bello vedere tanti esemplari in natura che si muovono in gruppo, ma lo sguardo si incanta letteralmente quando l’avvistamento come in questa clip ha dell’eccezionale. Ecco il video: https://youtu.be/8jBB9BdAd9w

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Yellowstone, orso insegue il bisonte. Ecco un video mozzafiato

Yellowstone, orso insegue il bisonte. Ecco un video mozzafiato

 

Caccia al bisonte, ad inseguirlo è un orso grizzly. Sullo sfondo di un parco naturale di Yellowstone, Stati Uniti, un uomo alla guida della sua automobile riesce a riprendere queste incredibili immagini nelle quali un bisonte, cerca di scappare, senza successo, dall’attacco dell’orso. La clip, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ,è stata girata domenica 31 maggio 2020, alle 14:00, vicino all’area di parcheggio trailhead Grand Prismatic Overlook tra i bacini di Biscuit e Midway Geyser. Ecco il video di una singolare situazione: https://youtu.be/-qGehN_9Dww

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Elefante muore dopo aver mangiato ananas riempita di petardi

Elefante muore dopo aver mangiato ananas riempita di petardi. E’ accaduto nello Stato del Kerala in India. Un’inchiesta è stata avviata. Sull’accaduto è intervenuto anche il ministro indiano dell’ambiente

Un’elefantessa di 15 anni, incinta di due mesi, è morta in India, nello Stato del Kerala, negli scorsi giorni. A far rabbrividire sono le modalità con cui l’animale sarebbe stato ucciso: frutta riempita di petardi, scoppiati in bocca. Stando alla CNN l’elefantessa è morta il 27 maggio ben quattro giorni dopo l’incidente. Un ufficiale forestale locale ha raccontato che gli abitanti della zona sono soliti lasciare in giro ananas e altri frutti dolci riempiti con petardi per allontanare i cinghiali. Un’abitudine che forse potrebbe spiegare il tragico incidente. «L’esplosione ha fratturato le ossa della bocca, e l’animale non ha più potuto mangiare, perdendo pian piano le forze» ha confermato l’ufficiale. Tuttavia è stata aperta un’indagine, ma al momento nessuno è stato fermato. Sulla questione è intervenuto anche il ministro indiano dell’ambiente Prakash Javadekar, che ha dichiarato che il governo ha preso seriamente l’accaduto. «Non lasceremo nulla di intentato per investigare correttamente e catturare i colpevoli. Riempire il cibo di petardi e uccidere non fa parte della cultura indiana» ha scritto il ministro su Twitter. In India ci sono circa 27.000 elefanti selvatici e altri 2.500 in cattività. Non è inusuale, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che gli uomini per proteggere le loro coltivazioni dagli animali – specialmente cinghiali e maiali, scelgano questo tipo di metodo usando frutta “esplosiva” per spaventarli.Secondo le associazioni animaliste il caso dell’elefantessa non sarebbe il primo, ma ogni anno anche orsi e altri animali selvatici rimangono feriti a causa di questi ordigni.

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Prede che inseguono il predatore. Nel video un grande squalo bianco inseguito dai tonni

Prede che inseguono il predatore. Nel video un grande squalo bianco inseguito dai tonni. L’avvistamento con un drone. Si tratta di un fenomeno rarissimo. Si tratta di un fenomeno raro: le prede che inseguono il predatore. Lo ha immortalato un video, che ha a dir poco dell’incredibile, girato con un drone nella baia del Messico al largo della California. Un gruppo di tonni sembra inseguire un feroce squalo bianco per potersi grattare sulla sua coda. In due ci riescono, poi lo squalo si dilegua. Per gli esperti la spiegazione potrebbe essere questa: i tonni sono infestati da parassiti e devono grattarsi e la pelle dello squalo bianco è ruvida come carta vetrata. I tonni però sono molto furbi a grattarsi dalla coda, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,mai si presentano al muso dello squalo. Ecco il video: https://youtu.be/HSpQnooHn7E

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Celebriamo “Giornata dell’Ambiente” il 5 giugno con l’obiettivo di salvaguardarlo

“L’uomo è stato dotato della ragione e del potere di creare, così che egli potesse aggiungere del suo a quanto gli è stato donato. Ma finora egli non ha mai agito da creatore, ma soltanto da distruttore. Rade al suolo le foreste, prosciuga i fiumi, estingue la flora e la fauna selvatica, altera il clima e abbruttisce la terra ogni giorno di più”

Lo scrisse Anton Chechov, drammaturgo russo di fine ottocento ma, pur essendo passato più di un secolo, le sue parole sembrano riflettere un malcostume che non è cambiato, anzi, sembra peggiorare ogni giorno di più. Tuttavia, la pandemia di questo 2020 che ci ha costretto a non godere appieno di quella natura così trascurata e, come dice Chechov, così abbruttita nel nostro quotidiano, ha mosso nella maggior parte di noi un nuovo sentire, un senso di responsabilità che dovremmo incrementare per un futuro migliore, per cambiare un mondo che, con i nostri comportamenti, sta diventando “nemico”.

A ricordarci i nostri doveri di cittadini del Pianeta sarà ancora una volta un evento che, dal 1972, viene celebrato il 5 giugno, quella “Giornata dell’Ambiente”, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in occasione dell’Istituzione del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente. La prima celebrazione nel mondo risale però al 1974, supportata da uno slogan quanto mai universale “Only One Earth”, una sola terra.

Un anniversario importante quello del 2020 perché ci porta a riflettere ancora più profondamente sulla necessità di affrontare con grande responsabilità i temi relativi a tutte quelle emergenze che stanno condannando l’ambiente a una morte lenta ma non troppo.

Ma che cos’è l’ambiente? Dall’Enciclopedia Treccani si legge che “è la natura, come luogo più o meno circoscritto in cui si svolge la vita dell’uomo, degli animali, delle piante, con i suoi aspetti di paesaggio, le sue risorse, i suoi equilibri …” “Un patrimonio da conservare, proteggendolo dalla distruzione, dalla degradazione, dall’inquinamento”.

Il tema della giornata dell’ambiente di quest’anno è “Go Wild for Life”, un tema che vuole richiamare l’attenzione sul commercio illegale degli animali selvatici. Forse non ce ne rendiamo abbastanza conto ma l’uccisione e il traffico di queste specie in via di estinzione sono una grossa minaccia non solo per la biodiversità ma anche perché costituiscono un notevole danno all’economia oltre a incrementare la criminalità e la corruzione.

Tutti, quindi, dobbiamo fare la nostra parte, e un grande aiuto deve venire dalle aziende in primo piano per la salvaguardia dell’ambiente.