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Consumatori

Coronavirus e rimborsi viaggi. Gli operatori intelligenti e quelli canaglia

Firenze, 17 marzo 2020. Per far fede al nostro titolo non abbiamo fatto una disamina di tutto quello che c’è in materia. Ci siamo soffermati su tre, una compagnia di crociere e due vettori aerei. Gli altri – buoni o cattivi che siano per noi – sono assenti solo perché ci interessa far capire come va il mercato dei viaggi in questo momento di emergenza sanitaria.
Il tutto in un contesto in cui l’ultimo Dl del Governo italiano ha previsto la nazionalizzazione di Alitalia, trovando anche 600 milioni di euro per quest’anno, cumulati ai miliardi degli anni passati (1).
Veniamo ai nostri rimborsi.

Operatore intelligente
Ha deciso di rimborsare quanto pagato al 100% e, per chi scegliesse un buono da utilizzare entro il 31/12/2020, il rimborso diventa il 125%!
E’ la Norwegian Cruise Line Holdings, con i marchi Norwegian Cruise Line, Oceania Cruises e Regent Seven Seas Cruises, che ha annunciato la sospensione volontaria di tutte le crociere, valida già per le partenze previste per il13 marzo e fino all’11 aprile 2020

Operatore canaglia
Ryanair ha messo a terra la maggior parte della propria flotta di aerei in Europa nei prossimi 7-10 giorni. Per fronteggiare questo problema, la compagnia propone ai clienti che hanno prenotato la possibilità di “posticipare gratuitamente” i loro voli, con “eliminazione totale della penale” originariamente prevista per il cambio volo e il solo pagamento di un’eventuale differenza tariffaria. 
Cioè: tu annulli il volo e non mi rimborsi, ma mi dai la “grande opportunità”, senza penali, di prenotare per un’altra data e, forse, c’è anche da pagare un po’ di più.

Questo è il mondo dei viaggi. Tra intelligenti e canaglie. E la virtù, si sa, si vede nei momenti più difficili, per tutti.

Qui lo speciale canale Aduc sul coronavirus, viaggi inclusi: https://salute.aduc.it/coronavirus/

1 – https://www.aduc.it/editoriale/dl+cura+italia+nonostante+porcata+alitalia_30835.php

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

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Consumatori

Coronavirus/ADUC: chiarezza sui rimborsi per eventi annullati

 

Le risorse per i danni del coronavirus sono sufficienti? Chi paga? Come ricostruiremo e ripartiremo ? I dubbi sono tanti per es. sui tanti soldi spesi dai cittadini per eventi, spettacoli, concerti e musei annullati o rinviati.

Su questo questo tema, registriamo la presa di posizione di una delle più prestigiose associazioni dei consumatori, l’ADUC

Coronavirus e consumatori. Sui rimborsi per gli eventi annullati il Governo sia chiaro

Firenze, 14 Marzo 2020. Il decreto legge di prossima emanazione, contenente le misure economiche urgenti per far fronte alla pandemia COVID19, dovrebbe riguardare anche il rimborso dei biglietti per eventi, spettacoli, concerti e musei annullati o rinviati.

Stando a quanto riportano gli organi di stampa, sembra che si voglia “seguire” la linea già adottata per pacchetti turistici, viaggi e trasporti con il decreto legge n. 9 del 2 marzo 2020 che prevede la possibilità di chiedere ed ottenere il rimborso oppure un voucher da utilizzare entro un anno.

Già il codice civile prevede che, in caso la prestazione sia diventata impossibile, chi ha ricevuto il pagamento deve restituirlo. Non riteniamo quindi necessario un intervento normativo apposito che peraltro rischia di ingenerare confusione.

Il rischio è che gli organizzatori interpretino la norma ritenendo di poter decidere unilateralmente di emettere un voucher anziché rimborsare il prezzo, quindi quella norma pensata per facilitare cittadini e consumatore finirebbe per creare ostacoli al rimborso, incomprensioni e contenziosi.

Se invece il fine della norma fosse esattamente quello di tutelare le società a danno dei consumatori – autorizzando le prime a non restituire gli importi – saremmo profondamente contrari perchè si tratterebbe di obbligare un privato (il cittadino) a tutelare con il proprio denaro un altro privato (le società organizzatrici).

E avrebbe ben poco senso una simile norma in un decreto il cui primo scopo è aiutare economicamente i cittadini.

Chiediamo quindi al Governo che, al contrario, colga l’occasione di questo decreto legge per essere più chiaro sia con riferimento ai viaggi già disciplinati dal decreto 9/2020 sia con riferimento ai biglietti acquistati per eventi annullati, specificando che si applica l’art. 1463 del codice civile e dettando – semmai questo sì è opportuno – tempi certi entro i quali le restituzioni debbono avvenire.
 

Emmanuela Bertucci, legale Aduc

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Istituzioni

ll diritto penale al tempo del coronavirus

In questi giorni si affastellano numerose notizie sulle prescrizioni imposte con i decreti urgenti emessi per contenere l’emergenza epidemica del coronavirus.
Molte testate giornalistiche hanno diffuso informazioni errate in relazione alle fattispecie di reato che possono essere contestate a chi tenga comportamenti vietati.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
L’ordinamento prevede un sistema di sanzioni con un crescendo di gravità per chi tenga condotte illecite.
La prima e più semplice condotta da valutare è quella di chi non rispetti le prescrizioni date con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (8.3.20 e seguenti, per approfondire: https://www.aduc.it/comunicato/coronavirus+disposizioni+valide+tutto+territorio_30811.php) senza che vi siano “comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di salute o rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”.
In questo caso, la fattispecie generale a copertura di tutte le violazioni deve individuarsi nell’art. 650 c.p., ossia nella contravvenzione di “inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità” secondo cui, “chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico, o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro”.
Questo reato, essendo una contravvenzione punita alternativamente con l’arresto o la sanzione pecuniaria è soggetta ad oblazione ex art. 162 bis c.p. e chi viola le prescrizioni dell’autorità potrebbe essere ammesso – a discrezione del Giudice – a pagare una somma simbolica di 103 euro.
Chi abbia una valida ragione per sottrarsi agli obblighi imposti dall’Autorità, può ricorrere ad un’autocertificazione.
Ma attenzione: in questo caso, ove la dichiarazione risultasse mendace si potrebbe incorrere in una sanzione più grave e l’autore dell’illecito potrebbe essere chiamato a rispondere del reato di falso ideologico commesso dal privato ai sensi del combinato disposto dagli artt. 76 DPR 445/2000 e 483 c.p.
In altre parole, le sanzioni sarebbero più gravi e potrebbe essere contestato un delitto punito fino a due anni di reclusione.
Lo stesso modello di autocertificazione (https://www.aduc.it/comunicato/coronavisrus+nuovo+regime+mobilita+individuale_30787.php) richiama poi la fattispecie di cui all’art. 495 c.p., ossia il delitto di “falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”. Il richiamo a questa norma, sembra riguardare non tanto il caso in cui venga dichiarata una falsa esigenza per sottrarsi alle disposizioni di urgenza, quanto l’ipotesi in cui vengano attestate false generalità al pubblico ufficiale, sia pure con lo stesso fine di sottrarsi alle disposizioni di urgenza dichiarando il falso.
La pena è più grave e si assesta fra uno e sei anni di reclusione.
Veniamo poi ai comportamenti più estremi.
Si potrebbero astrattamente ravvisare alcune responsabilità colpose nel caso in cui l’autore del reato  trascurasse i propri sintomi e tenesse condotte improprie, magari in violazione di legge, provocando così qualche contagio. In queste ipotesi si potrebbero ravvisare le condotte di lesioni ed omicidio colposi purché sussista la prova del nesso di causalità fra la condotta e l’evento lesivo.
In caso di condotte dolose, da “untore”, potrebbero essere altresì contestati i reati di lesioni ed omicidio volontario.
Quest’ultima ipotesi ricorda invero i fatti di diffusione volontaria del virus HIV, con un’accettazione del rischio di contagio da parte dell’autore del reato (cfr. https://avvertenze.aduc.it/ilpenalista/hiv+aids+stato+della+normativa+della+giurisprudenza_26888.php).
Uno dei casi più noti si è peraltro concluso con la condanna per lesioni volontarie aggravate poiché l’autore del reato aveva consapevolmente trasmesso il virus mediante rapporti non protetti con numerose donne (cfr. Cass. Pen. n. 48014, 26.11.2019).
Per tornare al Covid-19, si potrebbe pensare, ad esempio, al caso di chi, consapevole di essere positivo e contagioso si rechi volontariamente in luoghi affollati cagionando la malattia ad altre persone ben individuate.
Le pene, a seconda della fattispecie contestata, possono andare dalla reclusione fino a tre mesi per le lesioni colpose, sino ad una pena da 6 a dodici anni per le lesioni dolose gravissime e 21 anni di reclusione (nel minimo) per l’omicidio volontario.
Il codice penale prevede altresì i reati di epidemia colposa e dolosa.
In particolare, l’art. 438 c.p. prevede che “chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo”.
Questa fattispecie è dolosa: in altre parole è richiesto che l’autore del reato, avendo nella sua disponibilità il virus, lo diffonda volontariamente. Il reato non è escluso nel caso in cui lo stesso soggetto sia infetto ed utilizzi la propria persona per la diffusione (cfr.  Cass. Pen. n. 48014, 26.11.2019).
Se il fatto avviene per colpa la pena è ben più contenuta e si assesta fra uno e cinque anni di reclusione (art. 452 c.p.).
I reati di epidemia sono raramente contestati poiché prevedono stringenti requisiti per la loro configurabilità: la giurisprudenza richiede infatti che il contagio abbia dato luogo ad una diffusione incontrollabile, che abbia interessato un numero di soggetti indeterminato e che sia avvenuta in un periodo contenuto di tempo: per tale ragione, questa fattispecie fu esclusa nel citato caso di trasmissione di HIV, poiché il numero delle vittime era contenuto e ben determinato e il virus si era diffuso in un lungo arco temporale.
Inoltre il delitto di epidemia è fattispecie a condotta vincolata ed è dunque richiesto un preciso percorso causale nella verificazione dell’evento: è invero necessaria la “diffusione di germi patogeni”. In altre parole, il delitto in esame non può essere contestato a chi abbia tenuto condotte omissive, ad esempio, non comunicando a sanitari i propri sintomi o il proprio stato di positività (cfr. Cass. Pen. n. 9133, 28.02.2017).
Un’ultima breve osservazione.
Come sempre, il diritto penale deve ritenersi l’extrema ratio ed è inutile punire severamente i singoli se il virus si è già diffuso: a ben vedere la tenuta del sistema sanitario è nelle mani della maturità e della responsabilità morale – più che penale – dell’individuo.

Fabio Clauser, legale, consulente Aduc

 

 

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Salute e benessere

ADUC.Governo. Coronavirus e una carrellata di pericolose stupidità

Governo. Coronavirus e una carrellata di pericolose stupidità

Roma,12.03.2020. Un carrello per la spesa: per i dolci o per i formaggi? No, quello di cui vogliamo scrivere oggi riguarda un carrello pieno di pericolose stupidità, che sono propalate dai vari capi politici, tutti di “primo piano”.

L’argomento è il Coronavirus.

Vediamo.

Beppe Grillo, garante del M5S. Oggi dichiara: “La sfida attuale è quella di trovare un vaccino per il Coronavirus. Una volta scoperto, la prossima sfida sarà sicuramente la produzione e la distribuzione in tutto il mondo”.
10 anni fa dichiarava: “Di vaccino si può morire: sono convinto che le persone debbano essere messe al corrente dei pericoli che comportano certe pratiche vaccinali”.

Nicola Zingaretti, segretario del PD. Il 3 febbraio scorso irrideva alla preoccupazione per il Coronavirus.
Allarmismo infondato, diceva. Ha girato per l’Italia e si è infettato del virus. Ora è in quarantena.

Matteo Salvini, segretario della Lega. 20 giorni fa dichiarava:
“Riaprire tutto quello che si può aprire: fabbriche, negozi, musei, gallerie, palestre, discoteche, bar, ristoranti e centri commerciali. Poi, 2 giorni fa, ha detto: chiudere tutto adesso, senza eccezioni, senza dubbi, senza interpretazioni.

Giorgia Meloni, presidente di FdI. 10 giorni fa dichiarava, in tono entusiastico, rivolta ai turisti stranieri: “Le immagini e le notizie che vi arrivano dalla nostra Nazione non raccontano il vero; ci sono turisti ovunque; ristoranti, bar e negozi sono tutti aperti, il tempo è fantastico.
Poi, 2 giorni fa, ha detto: chiudere tutto per 15 giorni.

Discettano sulla salute che è il bene più prezioso che abbiamo, senza sapere di che parlano e cosa propongono. Eppure, i dati scientifici erano lì a dimostrare la pericolosità della diffusione virale.
Offrono un carrello pieno di pericolose stupidità che paghiamo noi.

Primo Mastrantoni, segretario Aduc

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Consumatori

Buoni Postali Fruttiferi Serie AA e 18 mesi: un disastro provocato dallo Stato.

Un Decreto dell’allora Ministro Vincenzo Visco cancellò un giusto provvedimento di Mario Draghi

Firenze, 9 Marzo 2020.
E’ oramai un’ecatombe. Ogni giorno in Aduc riceviamo numerose richieste da parte di beneficiari di Buoni Fruttiferi Postali delle Serie a Termine AA oppure delle Serie a 18 mesi che si accorgono di essere in possesso di titoli il cui diritto all’incasso è prescritto. Distratti? Negligenti? Non diremmo: i motivi ci sono, e di tutt’altro tenore. Vediamo l’origine del disastro.

All’approssimarsi dell’entrata in vigore dell’euro il 1 gennaio 1999 (banconote e monete arrivarono ad inizio 2002), anche le Poste prepararono i nuovi modelli di Buoni Fruttiferi. Allo scopo, il Ministero delle Comunicazioni emanò il Decreto 8 ottobre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del successivo 14 ottobre.
Il Decreto, firmato anche dall’allora Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi, disciplinava le “Caratteristiche tecniche dei buoni postali fruttiferi in Euro”, ed al comma 2 dell’articolo 3 prevedeva: “All’atto di emissione del buono l’Agenzia postale appone sul verso del titolo (negli allegati contraddistinto da uno spazio in bianco, indicante “spazio riservato al tagliando dei rendimenti”, compreso nel riquadro centrale del verso) un tagliando indicante la serie, i rendimenti ed il periodo di prescrizione”.
In base al Decreto, i Buoni Fruttiferi iniziarono ad essere stampati con indicata sul retro, assieme ai riferimenti normativi dell’emissione, la dicitura: “I rendimenti sono riportati sul bollo apposto sul presente buono”. (vedi allegato 1).

Le nuove Serie a Termine AA e a 18 mesi furono invece istituite il 19 dicembre 2000, allorché fu emanato il Decreto del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica (ai tempi retto da Vincenzo Visco) disciplinante le “Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi ed emissione di due nuove serie di buoni”.
Il Decreto venne pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2000 ed entrò in vigore il giorno successivo. Si tratta di un Decreto molto importante, che ha introdotto numerose modifiche alla disciplina normativa dei Buoni Fruttiferi ancora oggi in vigore.
Purtroppo, all’articolo 9 (Abrogazioni) fu sciaguratamente disposto che “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato
(…)
il Decreto 8 ottobre 1998 del segretario generale delle comunicazioni di concerto con il direttore generale del tesoro recante “Caratteristiche tecniche dei buoni postali fruttiferi in euro” limitatamente all’art. 3, comma 2, seconda parte, dalle parole “All’atto di emissione del buono ….” alle parole “… ed il periodo di prescrizione”.

In parole povere, fu abrogata l’indicazione sui Buoni Fruttiferi dei rendimenti e della scadenza dei Buoni Fruttiferi.

Da qui l’origine del disastro cui quotidianamente assistiamo. Un disastro che vede un numero enorme di persone scoprire che gli importi loro spettanti sono prescritti. Un aspetto inquietante è che tutto ciò è stato provocato da norme emanate dallo Stato, e per di più riguardanti ciò che rappresenta Debito Pubblico. L’articolo 5, comma 3, del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269 convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326 ha infatti sancito la trasformazione in società per azioni della Cassa Depositi e Prestiti, che è l’emittente dei Buoni Fruttiferi. La trasformazione ha comportato il trasferimento di tutti Buoni Fruttiferi Postali emessi fino al 13 aprile 2001 al Ministero dell’Economia e delle Finanze e la contestuale loro equiparazione a tutti gli effetti ai titoli del Debito Pubblico. Insomma, lo Stato ha previsto la consegna ai sottoscrittori di titoli che rappresentano Debito Pubblico senza che su questi fossero riportate le condizioni
economiche e la scadenza, e prevedendo fosse sufficiente la consegna del foglio informativo. Peggio ancora, non si sono tenute nella giusta considerazione le particolari caratteristiche dei Buoni Fruttiferi cartacei: l’età media elevata dei sottoscrittori, l’enorme diffusione tra i risparmiatori, le modalità di vendita agli sportelli postali, la loro durata pluriennale, i beneficiari spesso non coincidenti con i sottoscrittori (tipico il caso del nonno che li intesta al figlio ed al nipote appena nato).
Siamo in grado di mostrare anche come era previsto fossero emessi i Buoni Fruttiferi in euro. In questo caso è stata applicata una norma abrogata poco prima, e si comprende come il Decreto del 1998 precedente fosse giusto e come sia stato assurdo abrogare le indicazioni. (vedi allegato 2)

Cosa fare? L’Arbitro Bancario Finanziario, tramite il proprio Collegio di Coordinamento, ha sancito dei requisiti molto stringenti per il rimborso: “La mancata consegna al sottoscrittore al momento dell’acquisto dei buoni del Foglio Informativo non impedisce all’intermediario di eccepire, allorché ne venga richiesto il pagamento, l’intervenuta prescrizione. Resta salva la possibilità, in presenza di idonea domanda e ricorrendone le necessarie condizioni, di stigmatizzare l’omissione dell’intermediario sotto il profilo della responsabilità precontrattuale e/o dell’inadempimento, valorizzando la mancanza di trasparenza e l’inottemperanza al dovere di informazione e ponendo ciò a confronto con l’indubbia negligenza dell’investitore”. Occorre di conseguenza impostare correttamente il reclamo ed il successivo ricorso, altrimenti è opportuno rivolgersi ad un Giudice e non all’Abf.

Un discorso a parte è dovuto per i Buoni stampati secondo le indicazioni del primo Decreto Ministeriale, poi abrogato. Nelle Agenzie postali si sono usati fino ad esaurimento delle scorte, e l’indicazione “I rendimenti sono riportati sul bollo apposto sul presente buono” rappresenta un notevole punto a favore. Secondo la sentenza di Cassazione a Sezioni Unite 15/06/2007, n. 13979, il collocamento dei buoni dà luogo alla conclusione di un accordo negoziale tra emittente e sottoscrittore e, nell’ambito di detto accordo, l’intermediario propone al cliente e quest’ultimo accetta di porre in essere un’operazione finanziaria caratterizzata dalle condizioni espressamente indicate sul retro dei buoni oggetto di collocamento, i quali vengono compilati, firmati, bollati e consegnati al sottoscrittore dall’ufficio emittente.
In poche parole, viene sancito il principio secondo cui vale ciò che è riportato dalle condizioni presenti sul Buoni Fruttifero, e niente altro.
Quell’indicazione “I rendimenti sono riportati sul bollo apposto sul presente buono” risulta fuorviante per il portatore il quale senza l’indicazione dei rendimenti non è messo un grado di conoscere la scadenza, e senza la scadenza non può essere consapevole del termine entro il quale incassare i Buoni per evitare la prescrizione del proprio diritto.
Per tali Buoni, quindi, vediamo maggiori possibilità di riuscita.

1 – Allegato: https://www.aduc.it/generale/files/file/newsletter/2020/bollotimbro.png
2 – Allegato: https://www.aduc.it/generale/files/file/newsletter/2020/bbb_1.png

Anna D’Antuono, legale, consulente Aduc

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Consumatori

Buoni Postali Fruttiferi Serie AA e 18 mesi: un disastro provocato dallo Stato.

Un Decreto dell’allora Ministro Vincenzo Visco cancellò un giusto provvedimento di Mario Draghi

Firenze, 9 Marzo 2020.
E’ oramai un’ecatombe. Ogni giorno in Aduc riceviamo numerose richieste da parte di beneficiari di Buoni Fruttiferi Postali delle Serie a Termine AA oppure delle Serie a 18 mesi che si accorgono di essere in possesso di titoli il cui diritto all’incasso è prescritto. Distratti? Negligenti? Non diremmo: i motivi ci sono, e di tutt’altro tenore. Vediamo l’origine del disastro.

All’approssimarsi dell’entrata in vigore dell’euro il 1 gennaio 1999 (banconote e monete arrivarono ad inizio 2002), anche le Poste prepararono i nuovi modelli di Buoni Fruttiferi. Allo scopo, il Ministero delle Comunicazioni emanò il Decreto 8 ottobre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del successivo 14 ottobre.
Il Decreto, firmato anche dall’allora Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi, disciplinava le “Caratteristiche tecniche dei buoni postali fruttiferi in Euro”, ed al comma 2 dell’articolo 3 prevedeva: “All’atto di emissione del buono l’Agenzia postale appone sul verso del titolo (negli allegati contraddistinto da uno spazio in bianco, indicante “spazio riservato al tagliando dei rendimenti”, compreso nel riquadro centrale del verso) un tagliando indicante la serie, i rendimenti ed il periodo di prescrizione”.
In base al Decreto, i Buoni Fruttiferi iniziarono ad essere stampati con indicata sul retro, assieme ai riferimenti normativi dell’emissione, la dicitura: “I rendimenti sono riportati sul bollo apposto sul presente buono”. (vedi allegato 1).

Le nuove Serie a Termine AA e a 18 mesi furono invece istituite il 19 dicembre 2000, allorché fu emanato il Decreto del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica (ai tempi retto da Vincenzo Visco) disciplinante le “Condizioni generali di emissione di buoni postali fruttiferi ed emissione di due nuove serie di buoni”.
Il Decreto venne pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2000 ed entrò in vigore il giorno successivo. Si tratta di un Decreto molto importante, che ha introdotto numerose modifiche alla disciplina normativa dei Buoni Fruttiferi ancora oggi in vigore.
Purtroppo, all’articolo 9 (Abrogazioni) fu sciaguratamente disposto che “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato
(…)
il Decreto 8 ottobre 1998 del segretario generale delle comunicazioni di concerto con il direttore generale del tesoro recante “Caratteristiche tecniche dei buoni postali fruttiferi in euro” limitatamente all’art. 3, comma 2, seconda parte, dalle parole “All’atto di emissione del buono ….” alle parole “… ed il periodo di prescrizione”.

In parole povere, fu abrogata l’indicazione sui Buoni Fruttiferi dei rendimenti e della scadenza dei Buoni Fruttiferi.

Da qui l’origine del disastro cui quotidianamente assistiamo. Un disastro che vede un numero enorme di persone scoprire che gli importi loro spettanti sono prescritti. Un aspetto inquietante è che tutto ciò è stato provocato da norme emanate dallo Stato, e per di più riguardanti ciò che rappresenta Debito Pubblico. L’articolo 5, comma 3, del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269 convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326 ha infatti sancito la trasformazione in società per azioni della Cassa Depositi e Prestiti, che è l’emittente dei Buoni Fruttiferi. La trasformazione ha comportato il trasferimento di tutti Buoni Fruttiferi Postali emessi fino al 13 aprile 2001 al Ministero dell’Economia e delle Finanze e la contestuale loro equiparazione a tutti gli effetti ai titoli del Debito Pubblico. Insomma, lo Stato ha previsto la consegna ai sottoscrittori di titoli che rappresentano Debito Pubblico senza che su questi fossero riportate le condizioni
economiche e la scadenza, e prevedendo fosse sufficiente la consegna del foglio informativo. Peggio ancora, non si sono tenute nella giusta considerazione le particolari caratteristiche dei Buoni Fruttiferi cartacei: l’età media elevata dei sottoscrittori, l’enorme diffusione tra i risparmiatori, le modalità di vendita agli sportelli postali, la loro durata pluriennale, i beneficiari spesso non coincidenti con i sottoscrittori (tipico il caso del nonno che li intesta al figlio ed al nipote appena nato).
Siamo in grado di mostrare anche come era previsto fossero emessi i Buoni Fruttiferi in euro. In questo caso è stata applicata una norma abrogata poco prima, e si comprende come il Decreto del 1998 precedente fosse giusto e come sia stato assurdo abrogare le indicazioni. (vedi allegato 2)

Cosa fare? L’Arbitro Bancario Finanziario, tramite il proprio Collegio di Coordinamento, ha sancito dei requisiti molto stringenti per il rimborso: “La mancata consegna al sottoscrittore al momento dell’acquisto dei buoni del Foglio Informativo non impedisce all’intermediario di eccepire, allorché ne venga richiesto il pagamento, l’intervenuta prescrizione. Resta salva la possibilità, in presenza di idonea domanda e ricorrendone le necessarie condizioni, di stigmatizzare l’omissione dell’intermediario sotto il profilo della responsabilità precontrattuale e/o dell’inadempimento, valorizzando la mancanza di trasparenza e l’inottemperanza al dovere di informazione e ponendo ciò a confronto con l’indubbia negligenza dell’investitore”. Occorre di conseguenza impostare correttamente il reclamo ed il successivo ricorso, altrimenti è opportuno rivolgersi ad un Giudice e non all’Abf.

Un discorso a parte è dovuto per i Buoni stampati secondo le indicazioni del primo Decreto Ministeriale, poi abrogato. Nelle Agenzie postali si sono usati fino ad esaurimento delle scorte, e l’indicazione “I rendimenti sono riportati sul bollo apposto sul presente buono” rappresenta un notevole punto a favore. Secondo la sentenza di Cassazione a Sezioni Unite 15/06/2007, n. 13979, il collocamento dei buoni dà luogo alla conclusione di un accordo negoziale tra emittente e sottoscrittore e, nell’ambito di detto accordo, l’intermediario propone al cliente e quest’ultimo accetta di porre in essere un’operazione finanziaria caratterizzata dalle condizioni espressamente indicate sul retro dei buoni oggetto di collocamento, i quali vengono compilati, firmati, bollati e consegnati al sottoscrittore dall’ufficio emittente.
In poche parole, viene sancito il principio secondo cui vale ciò che è riportato dalle condizioni presenti sul Buoni Fruttifero, e niente altro.
Quell’indicazione “I rendimenti sono riportati sul bollo apposto sul presente buono” risulta fuorviante per il portatore il quale senza l’indicazione dei rendimenti non è messo un grado di conoscere la scadenza, e senza la scadenza non può essere consapevole del termine entro il quale incassare i Buoni per evitare la prescrizione del proprio diritto.
Per tali Buoni, quindi, vediamo maggiori possibilità di riuscita.

1 – Allegato: https://www.aduc.it/generale/files/file/newsletter/2020/bollotimbro.png
2 – Allegato: https://www.aduc.it/generale/files/file/newsletter/2020/bbb_1.png

Anna D’Antuono, legale, consulente Aduc

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Aduc, Governo. Sanità affossata?