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Effetti indesiderati di tipo neuropsichiatrico, Aifa segnala medicinali a base di montelukast

Effetti indesiderati di tipo neuropsichiatrico, Aifa segnala medicinali a base di montelukast

                             

Montelukast è un principio attivo contenuto nei medicinali indicati per il trattamento dell’asma. L’uso è previsto sia negli adulti che nei bambini. In questo ultimo caso, i prodotti a base di montelukast possono essere utilizzati anche per il trattamento sintomatico della rinite allergica stagionale nei pazienti in cui montelukast è indicato per l’asma. Proprio in merito a questo principio attivo, le aziende titolari dell’Autorizzazione all’immissione in commercio (Aic) dei medicinali a base di montelukast, in accordo con l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), hanno diramato una nota con l’intenzione di richiamare l’attenzione di pazienti e operatori sanitari sugli effetti indesiderati di tipo neuropsichiatrico che possono manifestarsi a seguito dell’assunzione di montelukast. Più nel dettaglio. Nello specifico, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, l’Aifa sottolinea che «gli effetti indesiderati neuropsichiatrici sono noti e menzionati nel Riassunto delle caratteristiche del prodotto (Rcp) delle specialità a base di montelukast. Questi effetti indesiderati scompaiono generalmente dopo la sospensione del trattamento. Ciò nonostante sono stati riportati dei casi nei quali gli effetti neuropsichiatrici osservati non sono stati prontamente collegati all’uso di montelukast, con conseguente ritardo nella rivalutazione della prosecuzione o meno del trattamento con montelukast». Per questo motivo «la possibilità che durante il trattamento con montelukast possano verificarsi eventi neuropsichiatrici, anche se rara, deve essere chiaramente comunicata ai pazienti e/o ai genitori/caregiver».

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Cronaca

Covid-19 sul futuro del Servizio Sanitario Nazionale

Covid-19, mercoledì webinar ALTEMS Università Cattolica con le associazioni dei pazienti: messaggi per il futuro del Servizio Sanitario nazionale

Mercoledì 3 giugno, ore 16.00, la presentazione online dei risultati dell’indagine nazionale del Patient Advocacy Lab dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Servizi sanitari della Cattolica sull’impegno e il ruolo delle associazioni di pazienti durante l’emergenza sanitaria.

Interverranno Sandra Zampa, sottosegretario al Ministero della Salute, Domenico Mantoan, presidente dell’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA), Renato Botti, Direzione generale Salute e integrazione sociosanitaria della Regione Lazio.

 Roma, 1 giugno 2020 – Sportelli di autoaiuto online, teleconsulti, webinar con gli esperti, raccolta fondi e acquisti agevolati per i presidi sanitari, consegna mascherine e terapie domiciliari, informazione on line contro fake news e timori, webinar di formazione, lezioni di yoga, consigli nutrizionali e supporto psicologico, insieme a molti interventi istituzionali, ossia azioni di advocacy rivolte alle istituzioni o in collaborazione con esse, che hanno portato ad atti normativi a favore dei pazienti, decreti, ordinanze, delibere.

Queste sono solo alcune delle 102 iniziative realizzate da 45 associazioni dei pazienti che nei mesi di marzo e aprile, in piena pandemia da Coronavirus, hanno partecipato all’indagine condotta dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica, attraverso il Patient Advocacy Lab (PAL), laboratorio dedicato alle associazioni pazienti. I risultati dell’indagine verranno presentati mercoledì 3 giugno alle ore 16.00 nel webinar dal titolo “Covid-19, iniziative e messaggi per il futuro del SSN dalle associazioni dei pazienti” che potrà essere seguito on line mediante il sito Internet del campus di Roma dell’Ateneo: https://roma.unicatt.it/.

L’incontro sarà aperto da Teresa Petrangolini¸ direttrice del Patient Advocacy Lab dell’ALTEMS, e introdotto da Americo Cicchetti, direttore dell’ALTEMS.

Interverranno Sandra Zampa, sottosegretario al Ministero della Salute, Domenico Mantoan, presidente dell’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA), Renato Botti, Direzione generale Salute e integrazione sociosanitaria della Regione Lazio.

Modera Nicola Cerbino¸ capo Ufficio stampa dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

Obiettivo dell’indagine è stato conoscere le attività di advocacy promosse dalle associazioni di pazienti durante l’emergenza Covid-19: le associazioni si sono mobilitate per l’emergenza? quali tipi di azione hanno intrapreso e la loro prevalenza? Quali aree patologiche sono più attive? Ne è nato un quadro variegato e ricco, costruito attraverso la consultazione dei siti web ufficiali delle associazioni che collaborano con il Patient Advocacy Lab (PAL) e grazie alla realizzazione di interviste semi-strutturate con membri delle strutture di governo delle stesse associazioni.

L’area patologica maggiormente rappresentata è quella delle malattie rare (20%), seguita dall’ambito oncologico (18%) e neurologico (13%). Accanto a esse, sono a ogni modo rappresentate numerose altre aree patologiche, a dimostrazione di un impegno generalizzato nel mondo dell’associazionismo. Ogni associazione ha in media condotto 2 azioni anti Covid-19, di cui il 52% riguardano il potenziamento di attività/servizi già erogati prima dell’emergenza, mentre il restante 48% sono servizi nuovi, attivati per far fronte allo stato emergenziale del momento. La maggioranza delle attività (42%) riguardano gli “Interventi istituzionali” presso le autorità sanitarie. A seguire si collocano l’attivazione di web conference e le attività di comunicazione con e per i pazienti. Segue per ampiezza la digitalizzazione dei servizi offerti. A parità di implementazione le attività di realizzazione e consegna mascherine e DPI, e la redazione di documenti di sintesi dei provvedimenti governativi. La formazione a distanza e la raccolta dati completano il quadro, seppure implementate con pochissima frequenza.

Quello che emerge dall’indagine è la varietà delle azioni, con la fantasia e l’innovatività delle iniziative, facilitate da un uso molto diffuso degli strumenti digitali. Forte è stato lo spirito di collaborazione con le istituzioni e delle istituzioni, con un maggior ascolto da parte di quest’ultime delle esigenze dei pazienti, così come le alleanze e il networking tra le associazioni per promuovere azioni comuni. Molti sono i messaggi per il futuro dell’assistenza sanitaria: semplificazione delle procedure, vicinanza e territorio, informazione capillare e personalizzata.

Nel commentare i dati, Americo Cicchetti, direttore dell’ALTEMS ha dichiarato: “E’ evidente come il ruolo delle associazioni si sia rivelato essenziale in questa emergenza e come il nuovo sistema di governance del Servizio Sanitario Nazionale all’indomani del Covid-19 non possa prescindere da meccanismi di integrazione e rappresentanza capaci dare voce a tale soggetto, che esprime, assieme a un punto di vista, anche un bagaglio di competenze e capacità progettuali utili al rinnovamento del modo di fare sanità in Italia”. “Abbiamo voluto raccogliere le testimonianze delle associazioni, offrendo un panorama di un attivismo appassionato e preparato – ha commentato Teresa Petrangolini, direttrice del Patient Advocacy Lab di ALTEMS -. Con il PAL vogliamo  svolgere una funzione di counseling e di supporto finalizzata alla crescita di questo mondo associativo, perché il loro operato non sia dimenticato alla fine dell’emergenza, ma possa costituire una comunità di buone pratiche da alimentare, arricchire e far crescere anche in futuro, a beneficio di tutti, cittadini, amministrazioni, operatori sanitari, esponenti politici, aziende private”.

Ufficio Stampa Sede di Roma ufficio.stampa-rm@unicatt.it

Tel. 06 30154442 – 06 30154295

Sito Internet: www.cattolicanews.it

Social media: @unicatt

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AIFA: “Divieto d’uso lotti specialità medicinale antisettico NEOXINAL”.

AIFA: “Divieto d’uso lotti specialità medicinale antisettico NEOXINAL”. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), a seguito dell’allerta pervenuta dall’agenzia spagnola dei farmaci, ha disposto il divieto di utilizzo di quattro lotti di un medicinale antisettico e disinfettante, il NEOXINAL. Nello specifico il provvedimento, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si è reso necessario a seguito della comunicazione relativa a possibile contaminazione microbica da Serratia Marcescens in lotti con principio attivo Clorexidina Digluconato, a scopo precauzionale ed in attesa delle analisi dell’unico lotto di principio attivo potenzialmente coinvolto. I lotti sono i seguenti: • NEOXINAL*SOL CUT 400BUST 25ML – AIC 032812099 • NEOXINAL ALCOL*20FL500ML0,5+70 – AIC 037894033 • NEOXINAL ALCOL*24FL250ML0,5+70 – AIC 037894021 • NEOXINAL ALCOL*12FL 1L 0,5+70% – AIC 037894019 Il NEOXINAL è utilizzato nella pulizia e disinfezione della cute lesa (ferite, ustioni, etc). La ditta Nuova Farmec dovrà assicurare l’immediata comunicazione del divieto di utilizzo a tutti i destinatari dei lotti in questione nel più breve tempo possibile e comunque entro 48 ore dalla ricezione del provvedimento ministeriale e non dovrà rilasciare i lotti ancora giacenti nel proprio magazzino.

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Roma, indagini dei carabinieri del Nas,oscurati 14 siti

L`attività info-investigativa condotta ha consentito di raccogliere elementi di responsabilità nei confronti delle piattaforme on-line per aver posto in vendita illegalmente una molteplicità di medicinali con indicazioni terapeutiche e asseritamente contenenti principi attivi ad azione dopante, antidolorifica e per il trattamento della disfunzione erettile

. Tra questi, gli accertamenti hanno individuato l`offerta in vendita, anche in lingua italiana, di medicinali a base di clorochina e di idrossiclorochina, antimalarici il cui impiego è stato temporaneamente autorizzato dall`Agenzia Italiana del Farmaco per il trattamento (e non la profilassi) dei pazienti affetti da infezione da Sars-Cov-2 e la cui dispensazione è prevista esclusivamente a livello ospedaliero, a causa nelle rigorose condizioni d`impiego ancora sottoposte a sperimentazioni e studi clinici.  ( askanews)

Ricordiamo che tra i fans della idrossiclorchina c’è persino Trump, che non si capisce bene per quali motivi, si spenda così tanto, mentre in Italia, si tende ad utilizzarla con accortezze:

“È noto che la clorochina e l’idrossiclorochina possono causare disturbi del ritmo cardiaco e questi possono essere aggravati se il trattamento è combinato con altri medicinali, come l’antibiotico azitromicina, che hanno effetti simili sul cuore. Recenti studi1,2 hanno riportato gravi disturbi del ritmo cardiaco, in alcuni casi fatali, con clorochina o idrossiclorochina, in particolare se assunti a dosaggi alti o in associazione con l’antibiotico azitromicina. La clorochina e l’idrossiclorochina sono attualmente autorizzate per il trattamento della malaria e di alcune malattie autoimmuni. Oltre agli effetti indesiderati a carico del cuore, sono medicinali noti per causare potenziali problemi al fegato e ai reni, danni alle cellule nervose che possono portare a convulsioni (scosse) e riduzione dei livelli di glucosio nel sangue (ipoglicemia). Questi medicinali sono impiegati nel contesto della pandemia in corso per il trattamento di pazienti con COVID-19 e valutati in studi clinici in corso. Tuttavia, i dati clinici sono ancora molto limitati e non conclusivi e gli effetti benefici di questi medicinali in COVID-19 non sono stati dimostrati. Sono necessari risultati di studi ampi e ben disegnati per trarre qualsiasi conclusione.” ( fonte: aifa)

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Coronavirus. Parte da Padova e non da Varese, il test sulla saliva

Se ne parla  pure in America, del test sulla saliva:  la Food and Drug Administration ha concesso l’approvazione di emergenza per la cura del coronavirus.

 “Siamo in grado di aumentare significativamente il numero di persone testate ogni giorno poiché l’auto-raccolta di saliva è più rapida e più scalabile rispetto alle raccolte di tamponi”, ha affermato  Andrew I. Brooks, PhD , Chief Operating Officer presso RUCDR Infinite Biologics.

 “Tutto questo combinato avrà un impatto enorme sui test nel New Jersey e negli Stati Uniti”, a dimostrazione del luogo di nascita della sperimentazione.

Secondo la FDA: ” il dosaggio TaqPath SARS-CoV-2 del Laboratorio di genomica clinica di Rutgers è inteso per il rilevamento qualitativo di acido nucleico da SARS-CoV-2 in tampone orofaringeo (gola), tampone rinofaringeo, tampone nasale anteriore, tampone nasale mid-turbinato di soggetti sospettati di COVID-19 dai loro medici.”

La possibilità e’ pero’ limitata solo ai pazienti affetti da coronavirus: “Collection of saliva specimens is limited to patients with symptoms of COVID-19 and should be performed in a healthcare setting under the supervision of a trained healthcare provider using the Spectrum Solutions LLC SDNA-1000 Saliva Collection Device. Negative results for SARSCoV-2 RNA from saliva should be confirmed by testing of an alternative specimen type if clinically indicated.”.

Altre conferme: 

“Ci è stata data una chiara direzione per produrne il maggior numero possibile”, ha detto alla rete di notizie Nicholas Melchiaorre, direttore del Clinical Genomics Lab di Rutgers.

La procedura indolore richiede ai residenti di sputare in una provetta, che viene quindi sigillata e contrassegnata con il loro nome e la data di nascita. Il campione viene quindi inviato al laboratorio di Rutgers o presso uno Spectrum Solutions e Accurate Diagnostic’s Lab a South Plainfield per l’analisi, ha detto la stazione. I risultati ritornano tra 24 e 48 ore. (https://nypost.com/2020/04/15/new-saliva-test-for-coronavirus-rolls-out-in-new-jersey/) del 15 aprile.

La stranezza e’ che però il test della saliva ,lo ha realizzato l’équipe del professor Crisanti, ordinario di Microbiologia: basta un tampone faringeo per rilevarlo, si parla di Padova, il 1 febbraio 2020.https://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2020/02/02/news/coronavirus-l-universita-di-padova-mette-a-punto-test-per-scoprirlo-in-sole-tre-ore-1.38412556), anche ci sarebbero state richieste di info da Domenico Mantoan (dal novembre scorso è anche presidente dell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, che ha chiesto lumi sul test per capire da dove arrivassero le direttive interne o internazionali ( magari per invidia???).

Sempre del 15 aprile in Spagna l’annuncio del test, utilizzando un sensore laser ultrasensibile.

Sviluppato originariamente per cercare infezioni batteriche o biomarcatori del cancro, il nuovo rilevatore a ultrasuoni utilizza la fotonica – tecnologia che manipola la luce – per rilevare le infezioni nei pazienti con una piccola quantità di virus.( https://healthcare-in-europe.com/en/news/new-saliva-test-to-instantly-detect-coronavirus-with-lasers.html#).

La coordinatrice del progetto, la professoressa Laura Lechuga, ha dichiarato: “Con migliaia di morti in tutto il mondo, abbiamo urgente bisogno di un nuovo kit di test rapido che sia accurato, altamente sensibile, non invasivo ed economico da produrre”. “Attualmente stiamo integrando tutta la strumentazione in una scatola portatile di 25x15x25 cm con un controllo tablet. Al momento, il nostro rilevatore è intuitivo, la preparazione è solo competenza tecnica richiesta e potrebbe essere ampiamente utilizzata da medici generici o infermieri per testare i pazienti “. “Il nostro nanosensore è in grado di rilevare i filamenti di RNA che identificheranno completamente il nuovo coronavirus.”

 

 

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Farmaco Esmya. Dopo l’invito a non usarlo dell’Ema, arriva il divieto di vendita di Aifa

Farmaco Esmya. Dopo l’invito a non usarlo dell’Ema, arriva il divieto di vendita di Aifa. Dopo gli allarmi e l’invito da parte dell’Ema a sospendere l’autorizzazione in commercio e comunque di non usarlo per possibili rischi di danni al fegato, l’Aifa ha disposto il divieto di vendita in Italia del medicinale utilizzato per curare i fibromi uterini L’Aifa ha reso noto di aver disposto il divieto di vendita in Italia del medicinale Esmya (ulipristal acetato) utilizzato nel trattamento pre-operatorio dei sintomi da moderati a gravi di fibromi uterini in donne adulte in età riproduttiva, oggetto a febbraio 2018 di un allarme dell’Ema dopo che aveva ricevuto diverse segnalazioni di danni epatici nelle donne che si erano sottoposte alla terapia. E oggi, 2 aprile, è arrivato il provvedimento dell’Aifa che ha vietato la vendita di Esmya in tutte le confezioni, della ditta Gedeon Richter Italia. Il divieto di vendita, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, rimarrà in vigore sino alla conclusione della procedura di revisione del rapporto beneficio/rischio del principio attivo Ulipristal acetato 5 mg e ai risultati sull’efficacia delle misure di minimizzazione del rischio.

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L’AIFA prima autorizza e poi revoca la somministrazione dell’interferone beta 1 per via endovenosa per la cura del Coronavirus

L’AIFA prima autorizza e poi revoca la somministrazione dell’interferone beta 1 per via endovenosa per la cura del Coronavirus: «problemi di incompatibilità della formulazione disponibile rispetto all’uso proposto». Lo “Sportello dei Diritti”: si chiarisca se la modalità di somministrazione sia stata adottata nella pratica ospedaliera e a quanti pazienti In data odierna ci ha particolarmente scosso un articolo del quotidiano “Il Tempo” a firma di Franco Bechis che ha ipotizzato uno scenario a dir poco inquietante circa uno specifico tipo di farmaco utilizzato nella cura del Coronavirus, la cui somministrazione per via endovenosa sarebbe stata prima autorizzata dall’AIFA e poi revocata a distanza di una settimana perché dichiaratamente “incompatibile” nella suindicata modalità di utilizzo. Si tratta dell’interferone beta 1 normalmente somministrato attraverso iniezione intramuscolo o al limite sotto pelle per la cura della sclerosi a placche sotto il nome commerciale di Avonex. È raro che noi dello “Sportello dei Diritti” riprendiamo stralci integrali di notizie riprese da altri, ma questa vicenda merita di essere raccontata per come riportata da colui che per primo l’ha diffusa ed è per questo che riteniamo utile trascrivere l’articolo rinvenibile al seguente indirizzo: https://www.iltempo.it/cronache/2020/04/01/news/coronavirus-ai-malati-farmaco-killer-aifa-autorizza-poi-ritira-avonex-interferone-beta-1-contro-covid-19-insufficienza-respiratoria-1306393/ «…L’Aifa – l’agenzia del farmaco italiano – ha invece autorizzato il suo utilizzo nella lotta al coronavirus per via endovenosa. Il risultato secondo le avvertenze del farmaco è un sostanziale sovradosaggio dovuto all’assorbimento più rapido. E gli effetti già testati in questo caso sono fra l’altro: «svenimento,. Convulsioni, disturbi depressivi, anche gravi con ideazione suicidaria, aritmie, angina, ipertensione arteriosa, insufficienza cardiaca e addirittura difficoltà respiratorie». Non conosciamo cosa sia accaduto a quei malati, ma è certo che dopo 7 giorni di somministrazione quella autorizzazione all’utilizzo dell’interferone beta 1 è stata improvvisamente revocata dalla stessa Aifa. L’autorizzazione e la revoca sono atti pubblici, entrambi pubblicati sulla Gazzetta ufficiale come determine dell’Agenzia del farmaco. La prima è del 17 marzo e stabilisce che l’interferone beta 1 «è erogabile a totale carico del Servizio sanitario nazionale come terapia di supporto dei pazienti affetti da infezione da Sars-CoV2 (COVID-19), nel rispetto delle condizioni per esso indicate nell’allegato 1 che fa parte integrante della presente determina». L’allegato a cui si fa riferimento spiegava che il farmaco era controindicato ovviamente per chi aveva ipersensibilità all’interferone beta 1, a chi stava seguendo altra «terapia corticosteroidea» e per le donne in gravidanza o in allattamento. Stabiliva anche che la cura sarebbe stata a carico del SSN per tre mesi, e il piano terapeutico: «dosaggio 10 mg al giorno in bolo endovenoso per un massimo di 6 giorni consecutivi». Infine i parametri indicati per il monitoraggio clinico: «Nel corso del trattamento con il medicinale devono essere monitorati i tempi di estubazione e la mortalità».Otto giorni dopo – il 25 marzo – sulla Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata una nuova determina Aifa che revocava la decisione precedente che sarebbe dovuta durare tre mesi spiegando solo che la commissione tecnico scientifica dell’Agenzia del farmaco in una sua riunione tenutasi il 24 marzo «ha ritenuto opportuno revocare tale inserimento per problemi di incompatibilità della formulazione disponibile rispetto all’uso proposto».Quando ho letto entrambe le gazzette ufficiali ho fatto un salto sulla sedia: «Cosa è successo per consentire ai malati di coronavirus l’utilizzo di un farmaco che dopo soli sette giorni viene ritirato? È stato usato su qualche paziente? Con quali effetti? Ha migliorato la sua situazione o l’ha aggravata, visto il ritiro?». Tutte domande che dovrebbero avere risposta nel verbale di quella commissione tecnica dell’Aifa, che però non è pubblicato né pubblico. Ho provato ad avere notizie dall’interno dell’Agenzia come già avevo fatto in passato, ma ho trovato un riserbo che mai mi era stato frapposto. Insistendo l’unica cosa che ho saputo è che il farmaco era già stato sperimentato prima della sua autorizzazione su circa 300 pazienti, con qualche successo. E con questo avevo chiaro il motivo della prima delibera Aifa, che lo inseriva fra le cure ufficiali al coronavirus a carico del sistema sanitario pubblico. Ma perché poi è stato ritirato? Un giallo. Così ho inviato le due gazzette ufficiali al viceministro della Salute, Pier Paolo Sileri, che è saltato sulla sedia appena lette esattamente come era capitato a me: «Mi informo». Sileri è sempre molto gentile e ci tiene alla trasparenza, ma in questo caso aveva una sensibilità in più: nel tunnel di quella brutta malattia è passato anche lui in prima persona, ed è appena uscito. Il viceministro ha provato per le vie brevi e informali ad avere chiarimenti dall’Aifa, nella speranza di potere fornire una risposta rapida e tranquillizzante. Ma il tentativo non è riuscito. Così ha chiesto chiarimenti ufficiali inviando una lettera all’Aifa nella sua funzione di ministro controllante. A quel punto zitti non potevano stare. Lì ha chiesto i motivi dell’autorizzazione e quelli della revoca nonché il numero di malati Covid 19 eventualmente trattati in quella settimana di autorizzazione del farmaco e con quale risultato. Ha ricevuto la risposta ufficiale a 36 ore dalle sue domande, solo ieri in tarda serata. E me l’ha girata. Eccola: «Per quanto riguarda eventuali pazienti trattati con IFN-beta1a dal 17 al 25 marzo, tale dato non è ancora a disposizione di AIFA, essendo in corso di pubblicazione in questi giorni la piattaforma per l’inserimento dei dati da parte dei clinici. Inoltre, in questo momento di emergenza i centri ospedalieri non hanno facilità ad inviare i dati e quindi li verificheremo appena possibile. Lo studio di riferimento per l’iniziale inserimento prevedeva un trattamento per via endovenosa. Purtroppo le formulazioni disponibili in Italia non sono autorizzate per l’uso endovena e quindi la CTS, nell’ambito del processo di rivalutazione continua delle evidenze in materia di farmaci per il trattamento del COVID-19 ha ritenuto opportuno revocare l’inserimento nelle liste ai sensi della legge 648/96, per i menzionati problemi di incompatibilità della formulazione disponibile rispetto all’uso proposto». Purtroppo la risposta chiarisce poco. Conferma quello che avevamo scoperto da soli: era stata data autorizzazione all’utilizzo di un farmaco per via endovenosa che però sul mercato esiste solo per la somministrazione per via intramuscolare. E già questo è un errore clamoroso: perché essendo l’Aifa l’agenzia che autorizza in Italia la commercializzazione dei farmaci, è il solo soggetto che dovrebbe conoscerne le caratteristiche. Ma è la prima parte della risposta che inquieta non poco. L’Agenzia avrebbe potuto rispondere: «Ovviamente il farmaco non disponibile per quello che pensavamo non è stato somministrato nemmeno a un paziente». Purtroppo non dice questo, anzi. Dice semplicemente che non è in grado di saperlo in questo momento, dovendo attendere i dati che man mano arriveranno dagli ospedali italiani. L’unica è sperare che questo incredibile infortunio dell’agenzia non abbia indotto in analogo errore qualche ospedale o medico che si fosse fidato dell’Aifa seguendo le istruzioni fornite. Dio non voglia che il nostra sistema sanitario abbia somministrato ai malati di questa brutta bestia quel che poteva provocare anche senza il virus una insufficienza respiratoria.» Una notizia a dir poco preoccupante, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, per la quale riteniamo necessario che l’AIFA chiarisca immediatamente se la modalità di somministrazione prima autorizzata e poi revocata sia stata adottata nella pratica ospedaliera e a quanti pazienti. Anche se siamo in emergenza, è lecito, anzi è imprescindibile sapere se e in caso affermativo, quanti ammalati, abbiano ricevuto il farmaco con questa modalità e le eventuali conseguenze dannose patite dagli eventuali incolpevoli pazienti.

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Coronavirus e farmaci. Roche accelera la produzione di Actemra per la sperimentazione.

Coronavirus e farmaci. Roche accelera la produzione di Actemra per la sperimentazione. Il farmaco è stato già sperimentato, in Cina, su alcuni colpiti, da Corona virus, dando riscontri positivi. Nella lotta al coronavirus si assiste anche un continuo dibattito nella comunità scientifica circa gli effetti di farmaci su particolari categorie di pazienti. A tal proposito, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, segnala che Roche accelera la produzione e fornitura del farmaco Actemra, nome commerciale del tocilizumab. In una nota odierna, il colosso farmaceutico ha annunciato il potenziamento con l’obiettivo di massimizzare la disponibilità del farmaco in ottica di una sua ulteriore sperimentazione nell’ambito delle cure per la malattia Covid-19. La stessa azienda farmaceutica lo scorso 19 marzo ha confermato di aver dato il via a uno studio randomizzato in “doppio cieco” controllato verso placebo a livello globale in collaborazione con Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA). L’obiettivo dei test – si legge nella nota – è di valutare gli effetti delle cure nei pazienti ricoverati con gravi forme di polmonite interstiziale da Covid-19. In Italia otto ospedali veneti, come ha segnalato la Regione Veneto, hanno aderito alla sperimentazione del farmaco Tocilizumab – Actemra, per curare affetti da polmonite da Corona virus. Lo studio, sul trattamento con Tocilizumab, coordinato dall’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli, è stato approvato, il 18 marzo 2020, dall’Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA.

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AIFA: STOP alla vendita di farmaci a base di Ulipristal acetato per i fibromi uterini

AIFA: STOP alla vendita di farmaci a base di Ulipristal acetato per i fibromi uterini. “Nessuna nuova paziente deve iniziare il trattamento con tali medicinali” Lo “Sportello dei Diritti” informa che l’Agenzia Europea per i medicinali – EMA con comunicato n. 121879 del 13 marzo 2020, rilanciato da AIFA in data 17 marzo 2020, rende noto che il Comitato per la Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza dell’EMA (PRAC) ha raccomandato alle pazienti di interrompere l’assunzione di ulipristal acetato 5 mg (Esmya e medicinali equivalenti) per i fibromi uterini mentre la revisione di sicurezza è in corso. Inoltre il comunicato afferma che “Nessuna nuova paziente deve iniziare il trattamento con tali medicinali, che saranno temporaneamente sospesi nell’Unione Europea durante la revisione”.L’EMA ha avviato la revisione su richiesta della Commissione Europea in seguito ad un recente caso di danno epatico, che ha portato a trapianto del fegato in una paziente che assumeva il farmaco. Una revisione dell’EMA del 2018 ha concluso che esiste un rischio di raro ma grave danno epatico con medicinali a base di ulipristal acetato usato per il trattamento di fibroma uterino, e delle misure sono state implementate per minimizzare il rischio. Tuttavia, poiché il nuovo caso di grave danno epatico si è verificato, nonostante l’implementazione di queste misure, l’EMA ha avviato una nuova revisione. Casi di grave danno epatico sono stati riportati, inclusi 5 che hanno condotto a trapianto, su oltre 900.000 pazienti che sono stati trattati con ulipristal acetato per fibromi dalla sua autorizzazione nel 2012. Ulipristal acetato è anche autorizzato come unica somministrazione per la contraccezione di emergenza. In seguito a tale comunicato, evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, la ditta Gedeon Richter Italia ha disposto la sospensione cautelativa della vendita della specialità medicinale ESMYA 28 cpr 5 mg AIC 042227013 e Banca Dati Federfarma è già aggiornata con tali informazioni. Si ritiene opportuno segnalare che il comunicato Ema ricorda che “ Ulipristal acetato è anche autorizzato per somministrazione a dose singola per la contraccezione di emergenza. Questa revisione non riguarda ulipristal acetato per la contraccezione di emergenza (Ellaone e altre denominazioni) e non vi è alcuna preoccupazione sul danno epatico con tali medicinali”.

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