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Alessandra Zorzi e tanti neo avvocati prenderanno 600 euro

La vittoria dei giovani di cui abbiamo parlato  https://www.varesepress.info/primo-piano/giovani-avvocati-probabilmente-esclusi-dal-bonus.html

Alessandra Zorzi, aveva inizialmente posto il problema con una lettera aperta che abbiamo pubblicato nella interezza vista l’importanza del tema e di cui ricordiamo un  passaggio chiave: 

 

avv zorzi vinto

Mentre si parla di aumentare il bonus per il mese di aprile, da 600 ad 800 Euro, non sarebbe il caso di occuparsi di chi, del tutto ingiustamente, ne è rimasto e ne rimarrà escluso? Perché se l’interpretazione di cui sopra dovesse arrivare dopo il 30 aprile, le somme a disposizione, già di per sé insufficienti per aiutare tutta la platea dei richiedenti, saranno esauriti. E i giovani avvocati hanno dovuto, ancora una volta, tutelarsi da soli, per vedersi riconoscere una somma simbolica che, per i più, è divenuta una questione di principio, più che di denaro (Alessandra Zorzi)

 

 

per noi è una grande soddisfazione riuscire a dare una mano ai giovani.

GIUSEPPE CRISEO

EDITORE GIORNALE

VARESE PRESS

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ANCORA UNA VOLTA, SONO I PIU’ DEBOLI A D ESSERE ABBANDONATI: I GIOVANI AVVOCATI PROBABILMENTE ESCLUSI DEL BONUS

Il 16 aprile, il web inizia a “scaldarsi”: moltissimi Colleghi, i vincitori della corsa al click day il primo aprile, iniziano a ricevere la missiva di Cassa Forense che avvisava dell’ammissione al bonus dei “famosi” 600 Euro previsti per il mese di marzo. Tale somma è stata effettivamente erogata con valuta il giorno successivo. Meraviglioso il nome datogli: reddito di ultima istanza. Nel frattempo, tutti i giovani avvocati, iscritti alla Cassa nel 2019 o nel 2020, aventi i requisiti richiesti per accedervi (l’aver percepito, nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo non superiore a 35 mila euro ed essere regolarmente iscritti alla Cassa), si trovano in una situazione ben diversa. Ebbene, quella che è forse la fascia più debole dell’Avvocatura, rimane esclusa. Questo accade solo agli avvocati: Inarcassa (per gli ingegneri e gli architetti) ha erogato il bonus indipendentemente dall’anno di iscrizione. Cassa Forense, invece, sospende l’erogazione di tale somma, nell’attesa di una “interpretazione autentica” da parte del Ministro Catalfo. E’ bene precisare che la previsione nulla diceva circa l’anno di iscrizione alla Cassa. Mentre si parla di aumentare il bonus per il mese di aprile, da 600 ad 800 Euro, non sarebbe il caso di occuparsi di chi, del tutto ingiustamente, ne è rimasto e ne rimarrà escluso? Perché se l’interpretazione di cui sopra dovesse arrivare dopo il 30 aprile, le somme a disposizione, già di per sé insufficienti per aiutare tutta la platea dei richiedenti, saranno esauriti. E i giovani avvocati hanno dovuto, ancora una volta, tutelarsi da soli, per vedersi riconoscere una somma simbolica che, per i più, è divenuta una questione di principio, più che di denaro. Ed eccoci, allora, venerdì sera, riuniti, vicini, ma lontani: non solo io, ma anche i Colleghi Mario Nobile di Foggia, Federica Marino di Napoli e Stefania Giannico di Taranto, ha anche espresso le nostre perplessità in diretta su IusLaw Web Radio, la “radio degli avvocati”, a discutere su come fare a “farci sentire”. Così decidiamo di lanciare un’ora di tweetbombing diretta a @CatalfoNunzia, @ocforganismo, @CNF_it, al fine di ottenere almeno una risposta sensata a questa ennesima ingiustizia. Perché la Cassa la paghiamo, ed è un grande esborso di denaro, dopo i soldi spesi per l’iscrizione all’Albo, per il Giuramento, e chi più ne ha più ne metta. E decidiamo il contenuto del messaggio, lanciando #600europertutti. Con il prezioso aiuto di MGA, inizia alle ore 15 di ieri il tweetbombing: non siamo molti, è stato tutto organizzato all’ultimo momento, ma chi se lo poteva aspettare? Abbiamo unito le forze ed abbiamo agito, e tantissimi altrettanto giovani Colleghi ci hanno aiutati. Non saremo arrivati nei trend topics, ma oggi la nostra voce è giunta agli onori della stampa nazionale: “Repubblica” e “Nuovo Quotidiano di Puglia” hanno parlato di noi. Adesso non può essere per noi una fase di soli oneri, ma anche di effettiva tutela. Ci faranno almeno “iniziare” la Professione o dovremmo aspettarci un’interpretazione autentica ex post, in senso restrittivo, in totale spregio del principio di uguaglianza? Attendiamo, forse scorati ma determinati, una risposta in merito.

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CONDOMINIO: LE IMMISSIONI DI ODORI POSSONO COSTITUIRE REATO

LE DENUNCE POTREBBERO MOLTIPLICARSI A CAUSA DELLA QUARANTENA DA COVID-19.

Vivere in quella particolare forma di comunione qual è il condominio, spesso, non è facile. Sicuramente ognuno deve limitare le proprie libertà per non calpestare quelle altrui. Trattasi di una regola, ancor prima che giuridica, di buona educazione.

Non viviamo, tuttavia, in un mondo idilliaco: nel caso in cui rumori, odori, o, più in generale, le “immissioni” così come descritte dall’art. 844 del Codice Civile superino la normale tollerabilità, potrebbe sussistere in capo a chi le pone in essere, il reato di cui all’art. 674 del Codice Penale, secondo il quale “chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a duecentosei euro”.

Intendo concentrarmi sulla questione degli odori, particolarmente sentita da chi spesso incontro.

Orbene, l’art. 844 c.c. elenca il divieto generale di non produrre propagazioni di ogni tipo che non possano essere “normalmente tutelate”: e sebbene l’articolo parli di immissioni tra fondi, il divieto è analogicamente applicabile anche in caso di materia condominiale.

Ma cosa si intende per “normale tollerabilità”? Poniamo il caso che il vicino non si limiti a fare il barbeque una tantum, ma che gli odori derivanti dalla sua cucina si propaghino nel Vostro appartamento in continuazione. Pensate che non vogliate più aprire le finestre, perché, qualora lo facciate, vi trovereste l’appartamento completamente intriso degli odori provenienti dal vicino.

Questo caso supera la normale tollerabilità, il giudizio sulla quale è rimesso al Giudice, in base agli elementi di prova che vengono portati a supporto della propria tesi. Infatti, conferma la Suprema Corte, che è il Giudice che, secondo le regole generali può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, anche senza la necessità di effettuare una perizia: fondamentali possono essere le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed effetti delle immissioni e, ovviamente, “quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive […] , ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi” (così, Cassazione Penale, sent. n. 971/2015).

La questione è stata sottoposta alla corte di Cassazione più volte e per vari motivi. In particolare, secondo la pronuncia della Cassazione Penale n. 34896/2011 “in tema di getto pericoloso di cose, l’evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori è apprezzabile a prescindere dal superamento di eventuali limiti previsti dalla legge, essendo sufficiente il superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c..”.

Ecco che, in tali casi, si hanno le “molestie olfattive”.

Sulle immissioni di odori, in particolare, è intervenuta la III Sezione Penale con sentenza n. 14467/2017, la quale ha riconosciuto sussistente la fattispecie di cui all’art. 674 c.p. anche nel caso di emissioni di odori provenienti dalla cucina di un’abitazione privata, superanti la normale tollerabilità, criterio cui è sempre necessario rifarsi, in assenza di apposita normativa nella materia oggetto dell’immissione.

Ecco il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte: “In tema di getto pericoloso di cose, la contravvenzione prevista dall’art. 674 cod. pen. è configurabile, qualunque sia il soggetto emittente, anche nel caso di emissioni moleste “olfattive” che superino il limite della normale tollerabilità ex art.844 cod. civ.”.

Orbene, credo che tali situazioni siano di particolare attualità, specie in questo periodo di quarantena: la maggior parte di chi è abituato a partire la mattina e tornare a casa la sera si trova, per le note restrizioni volute per contrastare il diffondersi del c.d. coronavirus, a restare a casa.

Credo che, anche alla luce della contingenza in cui si vive, il problema sarà particolarmente sentito da chi non è assolutamente abituato a ritrovarsi durante il giorno con emissioni di carattere olfattivo (e non solo!).

L’invito è quello di tentare di rispettarci l’un l’altro, poiché si “convive forzosamente”.

E attenzione all’importanza, dal punto di vista delle conseguenze penali, di tali comportamenti.

Avv. Alessandra Zorzi

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Coronavirus/A.Zorzi denuncia le difficoltà degli avvocati per avere le 600 euro

Video-intervista con l’avv. Alessandra Zorzi giovanissima e impegnatissima nel sociale e nelle battaglie per la sua generazione, come dimostrano i dati del suo precedente articolo,https://www.varesepress.info/in-evidenza/decreto-catalfo-le-perplessita-degli-avvocati.html, che ha fatto discutere ed è stato molto condiviso nel suo settore.

 

Oggi invece, ci parla delle peripezie per avere le 600 euro promesse dal Governo, i requisiti richiesti si parla di 35000 euro di reddito e le altre anomalie.

Cassa Forese è però in tilt a causa delle tantissime richieste, un problema comune ad altri siti importanti dal punto di vista istituzionale.

200 milioni di euro per la categoria: tra il 1995 e il 2017, rileva il Censis, il numero di iscritti all’Ordine degli avvocati è cresciuto di circa 160 mila unità, raggiungendo i 234 mila professionisti, un incremento pari al 192%: ovvero quattro avvocati ogni mille abitanti, contro uno solo ogni mille del 1990.

La libera professione, di cui parla la giovane avvocatessa non è semplice, per i costi, la burocrazia e gli enti coinvolti.

Ci saranno avvocati che rientrano nei parametri previsti ma non riusciranno ad averli, mentro ” lo stato deve rimuovere quelle situazioni di diversità” per dare gli stessi diritti senza fare fare distinzioni incostituzionali.

L’Italia si dice spesso, non è un paese per giovani, come accade in altri settori in cui c’è la fuga verso altri paesi in cui i guadagni  e gli stipendi sono molto più alti.

Queste decisioni prese in maniera superficiale, non solo in questi momenti in cui c’è l’emergenza, dimostrano quanto siamo indietro e quanto manchi lo staff che possa supportare i governi con numeri precisi.

Senza i dati non si possono fare scelte oculate, ma se aggiungiamo poi la scarsità delle risorse soggette al rigore dei paesi del nord europa, si capisce quanto sia difficile operare anche nelle libere professioni, che non hanno paracaduti sociali, nè cassa integrazione e anche questo contributo provvisorio, incerto e mal concepito, finirà per creare altre polemiche se non ricorsi e scontri politici.