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Cronaca

Allarme Api. Il Miele viene dall’Est.

Nel periodo del virus il consume del miele è aumentato di quasi il 50%. Lo certifica la Coldiretti.

Purtroppo la quantità del miele prodotto in Italia, a causa di fattori climatici sfavorevole, del surriscaldamento del pianeta e dei conseguenti eventi anomali, si sta riducendo.

I dati parlano chiaro.  Nel 2001, in Piemonte, si allevavano circa 88.300 alveari mentre nel 2017 si erano ridotti a circa 19.000.

A complicare maggiormente la vita degli apicoltori vi sono anche le importazioni di miele dalla Cina e dall’Europa dell’Est a costi decisamente più bassi rispetto alla produzione italiana.

Bisogna però dire che anche la qualità del prodotto è notevolmente inferiore a quella della produzione nazionale.

Ai consumatori diamo un suggerimento. Comprate  miele Italiano verificando l’origine sull’etichetta opure rivolgetevi direttamente ai produttori e sarete sicuri di avere il miele migliore.

Franco Simonetti

 

 

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Cronaca

Comunismo cinese: “rieducazione attraverso il lavoro”.campi di detenzione di massa nello Xinjiang

Non si parla di secoli addietro, ma di scandali che esistono in Cina come in altri paesi ” NON ESATTAMENTE DEMOCRATICI” come dimostra l’opacità e i ritardi nella vicenda del coronavirus cinese.

La vicenda che ci apprestiamo a trattare riguarda “nuova fuga di documenti governativi cinesi altamente classificati ha scoperto il manuale delle operazioni per la gestione dei campi di detenzione di massa nello Xinjiang ed esposto i meccanismi del sistema di sorveglianza di massa orwelliano della regione e la “polizia preventiva” scoperti dai giornalisti investigativi di ICIJ.ORG che si distinguono per le fonti riservate e l’approfondimento degli articoli sempre fondati:

china cables originale

 

Quello sopra riportato è un  documento esclusivo, manuali che dimostrano l’esiste dei modi “spicci” con cui vengono catalogati e tenuti sotto controllo coloro che non si adeguano..

Si tratta nello specifico di un “ manuale, chiamato “telegramma”, istruisce il personale del campo su questioni come prevenire le fughe, come mantenere la totale segretezza sull’esistenza dei campi, i metodi di indottrinamento forzato, come controllare le epidemie di malattia e quando consentire ai detenuti di vedere i parenti o persino usare il bagno. Il documento, che risale al 2017, mette a nudo un sistema di “punti” di modifica del comportamento per stabilire punizioni e ricompense per i detenuti.”.

Chi è presente nei campi e cosa sono ?

Sono campi di “rieducazione” di membri delle minoranze islamiche nella regione (non solo uigura, ma anche kazaka e kirghisa)” afferma un’altra fonte, 

Giulia Sciorati dell’ISPI RESEARCH ASSISTANT – CHINA PROGRAMME che ha investigato e seguito questa dura realtà, riguardante la “questione uigura”
 
La “questione uigura”cosìè e dove nasce?

Il PCC teme il “separatismo” e il “terrorismo” uiguri: la vicenda riguarda lo Xinjiang “una regione autonoma della Cina nordoccidentale tra le più grandi della Cina: si trova tra Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan, India, la regione autonoma del Tibet e le province del Qinghai e del Gansu. Lo status di regione autonoma le garantisce un proprio governo locale e una maggiore autonomia legislativa rispetto alle province cinesi.” (Giulia Sciorati)

Un po l’odio contro la religione che ha sempre contraddistinto da sempre il comunismo, e la presenza di un gruppo di fanatici estremisti che rivendicano l’autonomia con metodi terroristici, ha indotto Pechino a colpevolizzare tutti gli abitanti dell’area, provocando un malcontento generale.
Si tratterebbe di un centinaio di estremisti islamici che hanno simpatie per al-Qa’ida e per l’Isis.
La vicenda deriva da vecchie guerre del secolo XVII: ” la dinastia cinese Tang sconfisse e conquistò quel canato, spingendo molti uiguri a migrare dall’attuale Mongolia all’attuale Xinjiang, dove gli sfollati si sono uniti a una popolazione locale di origine molto antica e dove, attraverso un processo graduale iniziato nel secolo X, si sono convertiti all’islam”.
La repressione fu pesante: da 500 a 800 mila persone.

Il presidente Mao ha proclamato lo Xinjiang “autonomo”, ma l’autonomia è esistita solamente sulla carta, e conterebbe 21 milioni di persone.

In un articolo da cui sono stati tratti alcuni passaggi sopra evidenziati, 
Tutto ciò non deve però giustificare campi e controlli di massa.
 
 

 

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In evidenza

Du Wei. Morte misteriosa dell’ambasciatore cinese a Tel Aviv

 Du Wei al centro di un caso internazionale da quando aveva difeso la Cina contro gli attacchi americani di Trump sulla responsabilità cinese del coronavirus, è morto  a 58 anni.

Aveva difeso il suo popolo contro Pompeo:

 “Pompeo da tempo considera prodotti e investimenti cinesi come rischi per la sicurezza senza produrre prove a sostegno delle sue acccuse. Confidiamo che i nostri amici ebrei non solo siano in grado di sconfiggere il coronavirus ma anche il virus politico e scegliere la linea di azione che serve meglio i loro interessi”.

Gli investimenti dei cinesi in Israele, considerato da sempre un ottimo alleato per gli americani, li avevano indispettiti, ma come precisava Du Wei sugli investimenti in Israele “rappresentano solo lo 0,4% per cento degli investimenti della Cina nel mondo”. 

L’ipotesi è che sia stato sorpreso da un arresto cardiaco, ma ci sono indagini in corso, visto il suo spessore e fama a livello internazionale

 

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Salute e benessere

Covid-19, forse la svolta?. In Cina un possibile vaccino viene già prodotto su larga scala

Covid-19, forse la svolta?. In Cina un possibile vaccino viene già prodotto su larga scala

 

In un laboratorio nel nord di Pechino, un uomo in camice bianco esibisce uno dei primissimi vaccini sperimentali contro il nuovo coronavirus. Sinovac Biotech, uno dei quattro laboratori cinesi autorizzati ad avviare studi clinici, sta pensando in grande. Anche se il suo vaccino non si è ancora dimostrato efficace, il gruppo privato afferma che è pronto a produrre 100 milioni di dosi all’anno per combattere il virus, che è apparso in Cina alla fine del 2019 prima di diffondersi in tutto il mondo. I ricercatori  a Changping, un grande sobborgo della capitale, controllano la qualità del vaccino sperimentale, basato su agenti patogeni inerti, già prodotto in migliaia di copie. Nella sua scatola bianca e arancione, ha persino un nome: “Coronavac”.Anche se il trattamento è ancora lontano dall’omologazione, il produttore deve dimostrare di essere in grado di produrlo su larga scala e sottoporre i lotti alle autorità per il controllo. Da qui il lancio della produzione anche prima della fine degli studi clinici. Se oltre un centinaio di laboratori globali competono per essere i primi a sviluppare un vaccino, meno di una dozzina ha finora avviato studi sugli esseri umani, secondo la School of Hygiene and Medicine Londra tropicale. Questo è il caso di Sinovac, che afferma di aver ottenuto risultati incoraggianti nelle scimmie, prima di somministrare per la prima volta il suo siero a 144 volontari a metà aprile a Jiangsu (est). Ma il laboratorio fondato nel 2001 non commenterà la data in cui potrebbe essere commercializzata la sua iniezione di mezzo millilitro. Secondo l’OMS, possono essere necessari dai 12 ai 18 mesi per produrre un vaccino.Sinovac, che impiega un migliaio di dipendenti, spera di ottenere i primi risultati in termini di sicurezza del suo prodotto alla fine di giugno, nell’ambito delle prove di fase 1 e 2, spiega alla stampa Meng Weining, direttore degli affari internazionali. Questi test consistono semplicemente nel verificare che il vaccino non sia pericoloso per l’uomo. Per assicurarsi che sia efficace, è necessario intraprendere uno studio di fase 3 con portatori del virus. Problema: ora “ogni giorno vengono segnalati solo pochi casi in Cina”, ha affermato Meng. A meno che non vi sia una seconda ondata epidemica sul suolo cinese, il gruppo dovrà quindi testare persone positive all’estero. “Attualmente siamo in contatto con diversi paesi in Europa e in Asia”, ha detto. “Un processo di fase 3 normalmente coinvolge diverse migliaia di persone. Non è facile ottenere queste cifre in qualsiasi paese”, ha detto.Il gruppo si è comunque impegnato nel sud di Pechino per costruire un sito produttivo con una capacità di 100 milioni di dosi, che dovrebbe essere in grado di operare entro la fine dell’anno. “Lavoriamo giorno e notte, lavoriamo tutti e tre, il che significa che non perdiamo un minuto”, afferma Meng. Riferito alla popolazione mondiale, un possibile vaccino Sinovac non sarebbe sufficiente per proteggere il pianeta. Ma il signor Meng assicura che il suo gruppo, quotato al Nasdaq, è pronto per “collaborazioni” con i suoi partner stranieri, ai quali vende i suoi vaccini esistenti contro l’influenza o l’epatite. Essere i primi a offrire un vaccino contro Covid-19 sarebbe una vendetta per la Cina, desiderosa di far dimenticare alla gente che la pandemia è iniziata a casa. “Stiamo ricevendo molto supporto dal governo cinese”, ha dichiarato Meng. Oltre a Sinovac, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti“, Pechino ha approvato la sperimentazione clinica di altri tre vaccini sperimentali: uno lanciato dalla Scuola Militare di Scienze Mediche e dal gruppo biotecnologico CanSino; l’altro dall’Istituto di prodotti biologici e dall’Istituto di virologia di Wuhan, la città in cui è apparso il coronavirus; e uno finale del gruppo China Biotics, che ha iniziato le prove martedì con 32 volontari.

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EUROPA & MONDO

Esteri. LIBIA, ARMI E CINA COMUNISTA. CAMBIA QUALCOSA O FORSE NULLA.

Negli ultimi anni la Cina Popolare è stata sempre più desiderosa di incrementare il commercio di armi e questo, per le sue industrie belliche, significa vendere estensivamente droni oltre alle armi di piccolo e medio calibro. Da numerosissime fonti e da prove “sul campo” è ormai certo che le armi cinesi sono utilizzate e vendute in tutto il mondo, compresa la Libia.   In particolare i resti di un missile, di quasi certa fabbricazione cinese, indicano un’escalation della guerra dei droni in quell’area di guerra.  

Infatti, è stato ritrovato un missile LJ-7 che è l’armamento principale del drone Wing Loong di fabbricazione cinese. Il Wing Loong, che ha caratteristiche simili al drone Predator prodotto dagli Stati Uniti, è stato venduto ed è in linea di utilizzo da parte di alcune forze aeree del Medio Oriente, comprese quelle dell’Egitto, degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia Saudita. Non un caso, che sia l’Egitto sia Emirati Arabi Uniti stanno dando supporto logistico in Libia, alla fazione dell’Esercito Nazionale libico guidata dal signore della guerra Khalifa Haftar che sta combattendo contro il governo di accordo nazionale sostenuto politicamente dalle Nazioni Unite e ultimamente, sul campo di battaglia, da milizie turcomanne inviate da Ankara.

Gli Emirati hanno finanziato la costruzione della base aerea di Al Khadim, un ex aeroporto nella provincia di Al Marj, nella Libia orientale, e dal 2016 dispiegano nella base aerei di attacco e Wing Loong al fine di fornire la copertura aerea per le forze di Haftar.

La Cina comunista, è noto, sta promuovendo lo sviluppo e l’impiego di droni e secondo fonti del Pentagono alcune stime indicano che Pechino prevede di produrre oltre 42.000 sistemi senza pilota terrestri e marittimi entro il 2023. In merito, la RAND Corporation, un think tank californiano con stretti legami con l’US Air Force, ha reso noto che la diffusione dei droni cinesi potrebbe avere implicazioni preoccupanti anche per gli Stati Uniti.

In queste ore i tre principali Paesi dell’Unione Europea, finalmente in accorso su un argomento di politica estera e supportati dal rappresentante della politica estera europeo, chiedono una tregua umanitaria in Libia. Italia, Francia e Germania hanno aggiunto la loro voce a quella dell’ONU per chiedere di fermare le armi durante il mese sacro del Ramadan. 

La logica, supportata dalla storia recente, nel 2019 durante il Ramadan la carneficina libica non ha avuto soluzione di continuità, indica che sia solo una dichiarazione di facciata per dire “noi abbiamo provato”!

Dove non è riuscito il “Virus di Wuhan”, non è ipotizzabile riesca il Mese Sacro dell’Islam soprattutto ora che i combattimenti volgono a favore delle forze governative sostenute dai “tagliagole” di Erdogan.

Come noto le unità fedeli a Serraj hanno circondato Tarhuna, un’importante città tenuta dalle milizie del Generale Haftar e hanno la vittoria a portata di mano.

Nessun analista onesto punterebbe un euro su una tregua in questo scenario, anche se le Nazioni Unite lanciano nuovamente l’allarme dichiarando, dopo aver ripetuto la richiesta di una tregua, che “La Libia sta diventando un campo di sperimentazione per nuovi sistemi d’arma”.

In pratica, come se fosse una cosa non nota da tempo, si evidenzia che, violando l’embargo delle Nazioni Unite, in queste ore continuano ad arrivare in Libia armi tra cui alcune che ancora non erano state sperimentate in quell’area di combattimenti.

È quindi logico che la Cina continui a cercare di trasferire quote d’influenza nell’area. Certamente è una “balla notevole” quella fatta circolare che la Cina comunista s’interessi ora di Libia superata la crisi creata dal suo virus.

È più onesto dire che Pechino continua la sua opera di penetrazione, mai interrotta.

Logicamente i cinesi cercano di occupare aree d’influenza geografico/economiche di cui i paesi europei (questo si) si sono “temporaneamente dimenticati”.

Dove si lascia spazio per incertezze o mancata convergenza d’intenti, i cinesi “occupano spazi”, come hanno già fatto in Libia sia Putin sia Erdogan approfittando dell’assenza di democrazia interna ai loro paesi e quindi della possibilità di agire in politica estera in modo scorretto, senza opposizione.

Un esempio di carenza di informazioni e democrazia è il constatare che poco si sa degli effetti del CV 19 in Turchia e credo non lo sappiano sfortunatamente neppure i cittadini turchi.

Putin, da parte sua, continua a supportare Haftar anche inviando a suo supporto mercenari siriani che hanno già combattuto contro i terroristi ex ISIS al soldo di Ankara e ora a difesa di Tripoli e Serraj.

Quello che, presumibilmente, interessa alla Cina in Libia si può sintetizzare in due elementi: petrolio e ricostruzione.

Anche se oggi, dati i bassi prezzi e la crisi di consumi in occidente, Pechino, approfittando della contingenza del mercato, ha “riempito” le sue aree di stoccaggio, la situazione, prima o poi, tornerà alla normalità e avere un piede ben messo nella regione consentirebbe alle compagnie cinesi di acquisire quote di mercato del tanto necessario “carburante” dell’economia cinese.

Questo a scapito soprattutto dell’Italia.

E siccome, prima o poi, bisognerà pur dare inizio alla ricostruzione post guerra in tutta la Libia, la Cina comunista non disdegnerebbe l’idea di partecipare all’appalto dell’opera e forse, poi, acquisire un porto nel sud Mediterraneo.

Non va dimenticato infine che nel caso in cui in Cina si verificasse un altro stop di produzione, come avvenuto con l’emergenza CV19, questo sarebbe un grave problema per i paesi che hanno esportato parte o tutta la produzione di qualche filiera commerciale in quel paese. Per non cadere quindi, nuovamente, in crisi di approvvigionamenti di parti di manufatti o prodotti finiti, qualche nazione si sta già adoperando per raggiungere l’obiettivo di non dipendere completamente o in gran parte da Pechino.

Anche gli Stati Uniti e l’Europa potrebbero rientrare in questo gruppo e si stanno dando da fare per raggiungere quest’obiettivo perché’ il “Virus di Wuhan” sembrerebbe aver fatto vedere anche all’Europa, forse anche a Roma, che affidarsi a un solo Paese, in questo caso la Cina, non conviene, e potrebbe avvicinarsi alle teorie protezionistiche del Presidente Trump.

Alcuni economisti ipotizzano che se lo stesso approccio fosse applicato alla maggior parte dei segmenti di produzione, comprese le armi, allora l’approccio dalla Cina come la “fabbrica del mondo” potrebbe rapidamente entrare in crisi.

La Cina deve far quindi presto a trovare alternative commerciali e di sviluppo anche a ridosso dell’Europa, la Libia con il suo petrolio e le sue estese coste nel Mare Nostrum potrebbe essere una di queste.

Giuseppe Morabito

Già vice Capo di Stato Maggiore per le operazioni SFOR

Membro del collegio dei Direttori della NATO Defense College Foundation (NDCF)

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EUROPA & MONDO

Adolfo Urso (vicepres. Copasir): Coronavirus, chiederemo a ministro Di Maio chiarimenti dal Governo cinese

Il senatore Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir, a 24Mattino ha dichiarato “Ieri persino la Merkel ha chiesto spiegazioni al governo cinese su come sia nato questo virus e perché sia stato dato un tardivo allarme al mondo. Lo avevano fatto già Trump, Macron, il premier australiano… l’Italia, che è la principale vittima, mi sembra strano che non abbia chiesto a sua volta chiarimenti ufficiali al governo cinese. Questo può significare che non si vuole disturbare il manovratore magari perché esso è già oggi fin troppo influente nel nostro Paese”.

Il vicepresidente del Copasir aggiunge: “Di Maio già doveva venire, poi la convocazione è stata rinviata di giorno in giorno. Io credo che sia necessario, e domani ne parlerò esplicitamente nella riunione del comitato presieduto da Volpi, chiedere di accertare come sia accaduto tutto ciò e perché il nostro governo, a differenza di altri, non agisca per avere chiarezza”.

Parlando degli asset strategici per il Paese, il senatore Urso ha affermato che “Già nella relazione annuale presentata in parlamento nel febbraio 2018 dall’allora governo Gentiloni era evidente come vi fosse una regia straniera nell’opera di ‘colonizzazione predatoria’ in atto nei confronti di imprese italiane che operano in alcuni settori strategici. Il Copasir aveva già attuato un’indagine conoscitiva sul settore delle telecomunicazioni nella presidenza Guerrini nel 2018, conclusa lo scorso anno e in cui nel settore delle telecomunicazioni, e quindi 5G e app Immuni, noi evidenziavamo come non fosse possibile consegnare l’infrastruttura delle telecomunicazioni alle aziende cinesi perché esse operano con un sistema di potere che, di fatto, le obbliga a diventare esse stesse strumento, ove richiesto, dei servizi segreti cinesi, e quindi proteggere i nostri dati, di imprese e cittadini, da possibili incursioni malevole”.

“Quel rapporto è pubblico – continua Urso – e in quel rapporto all’unanimità il Copasir dava istruzioni precise al governo per proteggere l’infrastruttura delle telecomunicazioni. Ora l’indagine riguarda il settore bancario e assicurativo, indagine ora ancora più necessaria perché il Paese si è ulteriormente indebolito, e quindi oggi è possibile che accada quello che già temevamo prima, cioè di azioni predatorie di shopping di quelli che sono gli asset strategici del Paese, a cominciare da banche e assicurazioni”.

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POLITICA

Cina, Delmastro (FdI): Italia condanni nuova ondata arresti a Hong Kong

Cina, Delmastro (FdI): Italia condanni nuova ondata arresti a Hong Kong Roma, 19 apr.  – “Nuove ondate di arresti ad Hong Kong di liberi cittadini che hanno osato sfidare lo scorso anno la nefasta e violenta influenza cinese sul governo locale per il tramite di leggi liberticide. Giornalisti, ex membri del governo, avvocati, magistrati sono stati incarcerati per aver liberamente manifestato. Ho depositato oggi in commissione Esteri una risoluzione perchè l’Italia condanni fermamente la repressione cinese ad Hong Kong: l’improvvida sottoscrizione della via della Seta non si trasformi in via della sottomissione. L’Italia non può in alcun modo essere silenziosa complice delle repressioni cinesi nel mondo: democrazia, libertà, diritti politici e umani non sono oggetto di compromessi”. Lo dichiara Andrea Delmastro, deputato di Fratelli d’Italia e capogruppo FdI in commissione Esteri

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In evidenza

Malpensa, ancora aiuti dalla Cina a che fine?

Malpensa, arrivati ieri altri aiuti per l’emergenza COVID-19, tra cui n. 40 respiratori, n. 400 ventilatori polmonari, n. 264177 mascherine chirurgiche, n. 157000 mascherine FFP2 e FFP3, n. 2700 dispositivi di protezione viso (occhiali, visiere, schermi protettivi), n. 14010 camici e tute, n. 6300 guanti, n. 5040 igienizzanti e n. 20064 tamponi a bordo di un volo  volo cargo 0751 della Compagnia Area NEOS.

Gl aiuti fanno piacere a chi li riceve, ma ci sono oltre a ragioni umanitarie anche altri interessi?

Ci aiutano per riallacciare i rapporti con noi?

Ci aiutano per venderci mascherine e respiratori?

Ci aiutamo per la “via della seta”?

Ci aiutano per scavalcare gli americani ed avere un punto d’approdo in Europa?

Ci sono pure complicazioni dei nostri fenomeni, Di Maio in primis.  “Ieri sera sono arrivate 31 tonnellate di materiali tra cui 40 ventilatori che salveranno la vita ai nostri concittadini e tante altre attrezzature. Nei giorni scorsi ho avuto una proficua conversazione con Wang e grazie a questa collaborazione siamo riusciti a ottenere non solo questo materiale in donazione ma stiamo riuscendo a ottenere anche altre attrezzature”. (13 marzo 2020), mentre in realtà si era mossa la Croce Rossa ( , Francesco Rocca il 10 marzo).

La verità è che tanti governi hanno distrutto l’economia del Paese, lasciando tutto in mano alle multinazionali, o a grandi gruppi che pagano poche tasse, mentre la maggioranza delle risorse lo stato le prende dai lavoratori dipendenti, pensionati e molto meno da professionisti, artigiani  e commercianti ( ridotti alla fame pure questi), a causa della tassazione elevata a cui non corrispondono servizi ed infrastrutture di grande livello se non al Nord ( dove non funzionano a dovere trasporti ed internet ma dilaga la mafia e l’inquinamento).

Così siamo diventati fragili e succubi, in preda alla droga e ai farmaci, sopratutto antibiotici che riducono le nostre difese: tutto assieme e col coronavirus la mazzata finale, tilt di tutto o quasi.

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Cronaca

Paesi Bassi: maxi richiamo di mascherine protettive per il viso difettose prodotte in Cina

Paesi Bassi: maxi richiamo di mascherine protettive per il viso difettose prodotte in Cina. Non è l’unico paese ad aver importato apparecchiature mediche difettose dalla Cina per affrontare la malattia. I Paesi Bassi hanno ritirato centinaia di migliaia di mascherine protettive per il viso per Coronavirus importate dalla Cina dopo che sono state trovate difettose. Lo ha annunciato sabato il ministero della salute. Le autorità olandesi hanno ricevuto 1,3 milioni di maschere dalla Cina il 21 marzo e ne hanno distribuite centinaia di migliaia a operatori sanitari in lotta contro la diffusione della mortale pandemia di COVID-19. Ma il ministero della salute “ha ricevuto una segnalazione che, al momento dell’ispezione, la qualità di questa spedizione non ha soddisfatto gli standard richiesti”.”Un secondo test ha anche dimostrato che le maschere non soddisfacevano gli standard di qualità richiesti. Ora è stato deciso di interrompere l’uso dell’intera spedizione. Le maschere avevano una certificazione KN95 che indicava che dovevano filtrare oltre il 95% delle particelle. Non è l’unico paese ad aver importato apparecchiature mediche difettose dalla Cina per affrontare la malattia, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Anche la Spagna ha annunciato giovedì che avrebbe restituito 640.000 kit di test rapidi acquistati da una società cinese dopo che i test su un lotto già importato li avevano trovati con un tasso di rilevamento del 30%. Il governo ha sottolineato che i kit erano certificati CE che indica la conformità alle norme europee e che erano stati acquistati tramite un intermediario spagnolo. L’ambasciata cinese a Madrid ha dichiarato su Twitter che Shenzen Bioeasy Biotechnology, il produttore dei kit, non era stato autorizzato ufficialmente dalle autorità del paese a vendere prodotti medici.

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Salute e benessere

Commmissione Salute Pechino, la diffusione del Covid-19 è stata arrestata.

Commmissione Salute Pechino, la diffusione del Covid-19 è stata arrestata. Oggi, le autorità sanitarie cinesi, nel corso del briefing, hanno comunicato che la pandemia di Covid-19 nella Cina continentale è stata fermata. “Al 28 marzo, il numero di casi confermati di infezione è inferiore a 3000 e la diffusione dell’epidemia in cina è stata fondamentalmente arrestata”, lo ha riferito in un comunicato il portavoce della commissione per la salute pubblica di Pechino Mi Feng in un briefing odierno. Nella Cina continentale la pandemia di Covid-19 è stata sostanzialmente bloccata. Stando ai dati riferiti dal governo cinese, il bilancio delle vittime del coronavirus in Cina è fermo a 3300, mentre il numero di casi registrati dall’inizio dell’epidemia è pari a 81439. Le autorità di Pechino hanno tuttavia avvertito che l’aumento dei casi di contagio ‘d’importazione’ dovrà essere tenuto costantemente sotto controllo, in quanto potrebbe portare ad una nuova ondata epidemica. Dopo che nelle scorse settimane si è assistito alla ripresa dei lavori nelle maggiori attività produttive della città, ieri a Wuhan, primo focolaio al mondo della pandemia di Covid-19, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la metropolitana è stata parzialmente riaperta al traffico passeggeri.