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‘ndranghetisti operanti in provincia di Vibo Valentia. 18 misure cautelari

Alle prime luci dell’alba di oggi, giovedì 18 giugno 2020, i Carabinieri del Comando Provinciale di Vibo Valentia e di Firenze, coadiuvati dallo Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria e dai reparti competenti per territorio, hanno eseguito a Vibo, in provincia di Firenze e in altre città italiane 18 misure cautelari (11 in carcere e 7 divieti di dimora) emesse dal G.I.P. di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro a carico di altrettanti soggetti ritenuti responsabili di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, le cui attività delittuose hanno coinvolto oltre 60 persone, tutte indagate nel medesimo procedimento.

L’attività nasce da approfondimenti investigativi scaturiti in seguito alla maxi-inchiesta “Rinascita Scott” che ha portato all’arresto di soggetti ritenuti appartenenti alle varie articolazioni di matrice ‘ndranghetista operanti in provincia di Vibo Valentia.

Grazie al prezioso coordinamento con la Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze e con il Nucleo Investigativo di Firenze, nel corso delle indagini è stato, in particolare, ricostruito il quadro di insieme dei traffici internazionali di droga (cocaina, marijuana e hashish) che lega trasversalmente tutte le Locali di ‘ndrangheta della provincia vibonese e che vede particolarmente attivi i soggetti legati alla Locale di Zungri in grado di giungere fino ad alcune importanti piazze di spaccio sia in Toscana che in Sicilia, Piemonte ed altre Province calabresi come Cosenza. Un vero e proprio cartello dedito al traffico di droga che si approvvigionava attraverso canali riconducibili al Brasile e all’Albania. Nel canale brasiliano, ditte di import-export di marmi, niobio e manganese, hanno consentito di occultare il traffico di cocaina, mentre per il canale albanese i carichi di marijuana e hashish venivano fatti giungere mediante il porto di Bari tramite una rete relazionale costruita dai vibonesi con un gruppo di albanesi ormai stanziatisi in Toscana.

Il “cartello” della droga, operando per conto delle Locali di ‘ndrangheta vibonesi, si avvaleva di soggetti specializzati con funzioni di broker e personali “garanti” in termini di “affidabilità” criminale nei confronti dei produttori che recatisi nei paesi esteri contrattavano i prezzi dei carichi per poi occuparsi direttamente anche dell’attività di approvvigionamento. Una volta arrivato sul territorio nazionale, il carico veniva gestito e smistato dal cartello, che utilizzava la sua fitta rete nazionale per il celere smistamento alle piazze di spaccio e la successiva vendita al dettaglio dello stesso. Complessivamente nel corso dell’attività investigativa poi culminata nell’operazione “Rinascita Scott” sono stati sequestrati in tutta la provincia di Vibo Valentia un chilo di cocaina, 81 chili di marijuana e 3952 piante di canapa indiana, 25 chili di hashish, 89 grammi di eroina, 11 grammi di funghi allucinogeni e 27 pasticche di ecstasy.

Con quest’ultime misure cautelari si conclude l’indagine “Rinascita-Scott” difatti in concomitanza dell’esecuzione dei provvedimenti i Carabinieri del II Reparto Investigativo del R.O.S, del Reparto Anticrimine di Catanzaro e del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia stanno notificando l’avviso di conclusione indagini nei confronti di totali 479 soggetti indagati ritenuti appartenenti e/o contigui alle locali di ‘ndrangheta della provincia di Vibo Valentia. Si conclude quindi la fase delle indagini preliminari dell’inchiesta Rinascita-Scott, una delle operazioni più vaste di contrasto alla ‘ndrangheta eseguite sul territorio italiano, e che vede ulteriori capi d’imputazione ed ulteriori indagati rispetto ai 336 soggetti già tratti in arresto lo scorso 19 dicembre. La disarticolazione delle strutture criminali operanti nella Provincia di Vibo Valentia ha consentito di trarre in arresto oltre che persone appartenenti alla ‘ndrangheta anche politici, avvocati e figure professionali di spicco collegati alla criminalità organizzata.

 

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GIOFRE’ GREGORIO, latitante, arrestato dai Carabinieri del R.O.S

ARRESTO DEL LATITANTE GIOFRE’ GREGORIO

 

Nella notte, i Carabinieri del R.O.S., del Comando Provinciale di Vibo Valentia e dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, coordinati dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, a seguito di un intervento eseguito in un’abitazione rurale nelle campagne di contrada Batia, di San Gregorio d’Ippona (VV), hanno arrestato il latitante GIOFRE’ Gregorio (cl. 63).

 

Il predetto era ricercato dal 19 dicembre 2019, a seguito dell’ordinanza cautelare emessa dal GIP di Catanzaro, nell’ambito dell’operazione RINASCITA – SCOTT, condotta dal R.O.S. e dal Comando Provinciale Carabinieri di Vibo Valentia e coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro che ha coinvolto le maggiori cosche di ‘ndrangheta del vibonese. Secondo le indagini che hanno portato al provvedimento custodiale nei confronti di 334 soggetti, responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione, riciclaggio ed altri gravi reati, GIOFRE’ Gregorio sarebbe un’esponente apicale della locale di San Gregorio d’Ippona (VV), imparentato con FIARE’ Rosario, storico capo locale, attualmente in regime di detenzione domiciliare.

Dopo la cattura di RAZIONALE Saverio e GASPARRO Gregorio, avvenuta lo scorso 19 dicembre 2019, era rimasto il più importante esponente della struttura mafiosa in libertà.

La locale di San Gregorio d’Ippona, sin dagli anni ’80, è stata fedele ai MANCUSO di Limbadi ed i suoi più influenti appartenenti sono stati centrali per consentire ai MANCUSO stessi la gestione unitaria della ‘ndrangheta vibonese.

Secondo l’ipotesi accusatoria, avvalorata anche dalle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, GIOFRE’ Gregorio, indagato per associazione mafiosa ed una serie di condotte estorsive, aggravate dal metodo mafioso, aveva il compito organizzare la riscossione delle estorsioni agli imprenditori secondo un sistema centralizzato, valido per tutta la provincia, che consentiva alla cosca di competenza l’ottenimento della messa a posto, normalmente ammontante al 3% del valore dei lavori, con il conseguente fiore non solo per la locale competente nel luogo in cui il lavoro veniva eseguito, ma anche per quella di competenza del luogo di provenienza dell’imprenditore, secondo dinamiche che consentivano l’alimentazione di una bacinella comune.

GIOFRE’ costituiva, nel settore, anche il punto di riferimento ultimo per le interlocuzioni con esponenti delle cosche della ‘ndrangheta di diverse province che conoscevano il suo ruolo e gestivano l’azione estorsiva secondo un modello che conferma l’unitarietà dell’organizzazione mafiosa calabrese, non solo dal punto di vista formale ma anche sostanziale.

L’abitazione in cui si era nascosto il latitante è di proprietà di un soggetto ritenuto vicino alla cosca sangregorese ed era munita di un complesso dispositivo di video-sorveglianza.