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Cronaca

Catania: operazione antimafia con 46 arresti

Alle prime ore del mattino del 26 maggio, nelle province di Catania, Messina, Trapani e Rimini sono stati eseguite 46 ordinanze di custodia cautelare e una serie di sequestri preventivi verso presunti responsabili di vari reati che vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, dalla detenzione allo spaccio di stupefacenti.

 

L’operazione è stata effettuata dai carabinieri del Comando Provinciale di Catania, coadiuvati dalle unità territoriali che hanno eseguito un’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia etnea.

Le 46 ordinanze sono state eseguite nei confronti di persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di “associazione di tipo mafioso”, “associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti”, “detenzione e spaccio di stupefacenti”, “estorsione” aggravata dal metodo mafioso e “lesioni” aggravate dal metodo mafioso.

L’operazione arriva dopo una lunghissima indagine della Compagnia Carabinieri di Giarre dal 2017 al 2018 che, grazie anche a dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia consentiva di individuare e colpire la frangia locale del sodalizio mafioso “Brunetto” (una articolazione della famiglia mafiosa “Santapaola-Ercolano”) che dominava il territorio di Giarre, Mascali, Fiumefreddo di Sicilia, Castiglione di Sicilia, nonché una figura di spicco della medesima famiglia mafiosa operante nel quartiere Picanello di Catania ed in rapporti con la predetta articolazione.

L’indagine ha consentito, inoltre, di definire la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli degli indagati in un’associazione armata che trafficava in sostanze stupefacenti che conduceva una “piazza di spaccio” sita nel quartiere popolare “Jungo” di Giarre e di attribuirne la gestione ad affiliati alla famiglia mafiosa “Brunetto-Santapaola”, di ricostruire le modalità di turnazione fra vari pusher, il loro compenso, il mantenimento alle loro famiglie qualora detenuti, i canali di approvvigionamento di ingenti quantità delle varie sostanze e i relativi luoghi di occultamento.

Nel corso delle indagini sono stati arrestati in flagranza di reato n.18 soggetti per detenzione e spaccio di stupefacenti, sono stati deferiti altri 20 per reati connessi e segnalati 40 assuntori; sono stati sequestrati 40kg di marijuana, 2,5 kg di cocaina, 200 gr. di eroina, 25 gr. hashish, 3.850 euro in contanti, 1 motociclo rubato, 1 fucile, 4 pistole e 218 munizioni.

E’ stato ricostruito il sistema usato dal gruppo criminale per effettuare estorsioni a diversi esercenti o le modalità con cui venivano riscossi i crediti legati agli stupefacenti mediante pestaggi e le punizioni inflitte a quelli che si rifiutavano di spacciare o rapinare per conto del gruppo.

La scena dei crimini era la piazza di spaccio situata nel quartiere popolare “Jungo” di Giarre, attiva 24 ore su 24,  grazie ai diversi turni di numerosi pusher.

L’indagine ha interessato anche altri personaggi che erano incaricati dell’approvvigionamento delle sostanze ad occultarle, confezionarle e rifornire regolarmente gli spacciatori al dettaglio. 

L’affare rendeva diverse migliaia di euro al giorno e il tutto si svolgeva in quartieri popolari che consentivano un collaudato sistema di vedette, numerose e varie vie di fuga, un gran numero di nascondigli per le dosi ed era, per i tossicodipendenti, una specie di punto stabile di approvvigionamento che portava ad una vera e propria “fidelizzazione” dei consumatori. 

Il gruppo, nonostante gli arresti in flagranza dei pusher o il sequestro di rilevanti quantità di droghe, riusciva sempre a riorganizzarsi velocemente  in breve e proseguire nelle attività illecite.

La direzione e gestione della piazza era riconducibile alla famiglia Andò, capeggiata da Giuseppe “U cinisi” (il cinese), 59enne venditore ambulante nella frazione giarrese di Trepunti, che con figli e nipoti, si occupava di tutti gli aspetti del mercato di spaccio anche reclutando i pusher, spesso giovani residenti nel quartiere Jungo. 

L’uomo collocava il suo camion in modo di poter controllare i movimenti delle pattuglie nel primo e più importante incrocio cittadino dopo l’uscita autostradale e fungeva da base per incontrare altri sodali, fornitori di stupefacenti, creditori, membri di altri clan o per convocare pusher “indisciplinati” nei turni e punirli con decurtazioni dello stipendio ( circa 250 euro a settimana) e , quando il pusher veniva arrestato, il sodalizio provvedeva a pagare il “mantenimento” alla sua famiglia, fra cui le spese legali.

Giuseppe Andò è risultato essere il referente pro tempore del clan “Brunetto-Santapaola” su Giarre mentre Pietro Oliveri, detto “Carmeluccio” considerato indiscusso erede del defunto boss Paolo Brunetto, era detenuto.

“U cinisi”, secondo quanto è emerso dalle indagini, risultava ricevere da “Carmeluccio” le indicazioni sulla gestione degli affiliati e sul mantenimento dei detenuti e delle rispettive famiglie.

Durante le indagini sono emerse le dinamiche e i protagonisti di tutto il Clan “Brunetto” nell’area jonico-etnea (articolazione della famiglia mafiosa “Santapaola” di Catania) permettendo  di identificare le figure apicali per i vari comuni (compresa una figura di spicco del quartiere Picanello di Catania) e di attribuire alle figure di vertice responsabilità su di un’estorsione ad un ristoratore giarrese, mai denunciata proprio per il forte condizionamento ambientale esercitato dal sodalizio criminoso e della relativa fitta omertà che affligge la popolazione. 

Sono emersi anche i rapporti con la frangia della famiglia Santapaola operante in Riposto e con il clan “Laudani” (Mussi di ficurinia).

Durante una delle molteplici perquisizioni in covi a disposizione dell’organizzazione criminale è stata trovata una specie di schedatura dei votanti del popoloso quartiere “Jungo” che avrebbe potuto servire per controllare il voto nelle sezioni varie sezioni elettorali.

Nel corso dell’operazione odierna sono stati sequestrati un immobile nel comune di Mascali, edificato con i proventi del traffico e un autocarro di uno dei capi/promotori, utilizzato dal sodalizio per occultare e trasportare gli stupefacenti.

Gli arrestati sono stati tradotti presso le Case Circondariali di Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta, Agrigento, ad eccezione di 6 soggetti già detenuti per altra causa e 2 indagati per i quali il Gip ha previsto gli arresti domiciliari.