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Friuli 6 maggio 1976 in 59 secondi 989 morti e 80 mila sfollati

Subito dopo è cominciata la ricostruzione modello “Dov’era e com’era” (suggerita dall’arcivescovo di Udine) e coordinata da Giuseppe Zamberletti, nominato commissario straordinario dall’allora premier Aldo Moro: “prima le fabbriche e poi le case e le chiese e tutto come era e dove era”, “Fasin di bessôi” (facciamo da soli) è stato il moto dei terremotati friulani.

La sera del 6 maggio 1976 alle ore 21.00 una scossa di terremoto  di magnitudo 6.4 della scala Richter distrusse i paesi di Gemona, Venzone, Buja e Majano coinvolgendo anche altri 137 comuni.

l’Orcolat (Orco della Carnia) causò 989 morti 3 mila feriti e 80 mila sfollati e in tutto il Friuli e in Italia “esplose” la solidarietà mobilitando i giovani che si recarono subito sui luoghi del disastro e i sindaci formarono squadre con gli alpini della “Julia” e i vigili del fuoco.

Nel mese di settembre dello stesso anno la zona terremotata fu martoriata da nuove scosse che fecero crollare anche il poco che era rimasto in piedi  come il campanile del duomo gotico di Venzone.

Vennero giù anche le poche case che erano rimaste agibili e quelle che i proprietari avevano subito riparato seguendo il moto del “Fasin di bessôi” (facciamo da soli) perché, come aveva sottolineato il poeta Gianni Rodari, “Non si vede più nessuno piangere il secondo giorno dopo il terremoto. La fine di quello che c’era è una cosa accaduta in un tempo già lontano. È cominciata un‘altra cosa”.

Il disastro di settembre diede vita al “modello Friuli” i cui pilastri furono il decentramento delle decisioni, il reinsediamento della popolazione e la ricostruzione “com’era dov’era”.

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Il Commissario straordinario Giuseppe Zamberletti per poter realizzare il programma di ricostruzione mantenendo fede alla promessa “Dov’era e com’era” fece requisire interi centri storici e ogni pietra fu numerata e poi rimessa esattamente al suo posto originario.

Inoltre, Zamberletti prese la decisione “forte” di requisire le roulette degli italiani per accogliere dignitosamente i terremotati e fu sommerso dalle critiche, ma come dichiarò poi “quando le restituimmo erano perfette e in ognuna c’era un mazzo di fiori”.

Al commissario straordinario il governo diede carta bianca e nell’articolo che stabiliva i suoi poteri il ministro Francesco Cossiga fece inserire che“Il commissario agisce in deroga a tutte le leggi ivi comprese quelle sulla contabilità generale dello Stato” e Zamberletti  a sua volta investì di quei poteri i sindaci.

Il “miracolo Friuli” che poi non si riuscì più a replicare in Irpinia deriva si dalla tradizione asburgica di quella zona d’Italia, ma soprattutto dal fatto che furono gli amministratori più vicini al territorio a guidare e finanziare la ricostruzione.

I terremoti del Friuli e dell’Irpinia portarono a immaginare una forma di coordinamento della prevenzione e gestione dei disastri che portò nel 1982 alla nascita di un Ministero per il coordinamento della protezione civile sotto la guida dello stesso Zamberletti e infine alla creazione della Protezione Civile di cui Giuseppe Zamberletti fu padre e primo capo di dipartimento.