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Multe autovelox nulle. Per la Cassazione il verbale non fa fede sulle indispensabili verifiche periodiche

Multe autovelox nulle. Per la Cassazione il verbale non fa fede sulle indispensabili verifiche periodiche: l’ente accertatore deve provare il corretto funzionamento dello strumento. Non è sufficiente l’attestazione che il velox sia stato «omologato e revisionato», ed in caso di contestazione l’amministrazione deve dimostrare i controlli periodici eseguiti

           

Noi dello “Sportello dei Diritti” lo ripetiamo da anni e non ci stancheremo mai di ripeterlo: gli autovelox per dare certezza della correttezza delle rilevazioni delle infrazioni al codice della strada non solo devono essere omologati e revisionati, ma anche periodicamente revisionati. E nessun ente accertatore o Prefetto può porsi al di sopra di questi principi che sono stati ribaditi per l’ennesima volta dalla Corte di Cassazione che ha ribaltato i verdetti di merito che avevano visto soccombere due automobilisti in due distinte cause approdate, infine, innanzi alla Suprema Corte con le ordinanze 11776/20 e 11869/20, pubblicate il 18 giugno ha ricordato che, in materia di autovelox, non è sufficiente che il verbale attesti come lo strumento sia stato «debitamente omologato e revisionato»: l’annotazione degli agenti non è coperta da fede privilegiata. Ma di più: è l’ente che effettua la rilevazione a dover dimostrare il «perdurante funzionamento» dell’apparecchiatura nell’accertamento della violazione. Nei casi esaminati dalla sesta sezione civile della Cassazione, è stato accolto il ricorso proposto dagli utenti della strada sanzionati. Nel primo, il ricorrente ricorda che non solo le norme nazionali ma anche quelle internazionali Uni 30012 e Uni 10012 oltre che le raccomandazioni Omil D19 D20 sugli strumenti di rilevamento che prevedono non solo la taratura periodica ma anche l’indicazione della stessa nel verbale. Il punto è che l’attestazione di debita omologazione e revisione contenuta nel verbale non soddisfa le esigenze di affidabilità nella misurazione della velocità indicate dalla Corte costituzionale nella sentenza 113/15, che ha disposto controlli periodici sugli apparecchi per tutelare gli utenti della strada. In caso di contestazioni del trasgressore il giudice è tenuto ad accertare che le verifiche sui velox siano state effettivamente compiute. Peraltro, nel giudizio di opposizione alla sanzione, come sottolineato nell’ordinanza 11869/20, spetta all’amministrazione provare che lo strumento è stato omologato e sottoposto alla verifica periodica in quanto fatto costitutivo della sua pretesa. Non basta allora all’ente produrre in giudizio i soli documenti che attestano l’omologazione e la corretta installazione dell’apparecchio, con la conseguenza che, in caso, di mancata prova della verifica periodica, il verbale dovrà essere annullato. Si tratta, quindi, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. di due distinte decisioni di legittimità che s’inseriscono nel solco tracciato dalla Corte Costituzionale nella richiamata e fondamentale sentenza 113/15 che impone alle amministrazioni accertatrici la certezza delle rilevazioni, troppo spesso dimenticata a discapito dei cittadini e a favore esclusivo delle casse degli enti.

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Marina di Salve nel Salento, grande squalo verdesca abbocca all’amo dei pescatori

 

Marina di Salve nel Salento, grande squalo verdesca abbocca all’amo dei pescatori. Il video della cattura e della liberazione

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Non passa giorno che il Mare intorno alla penisola salentina, che sia Jonio o Adriatico non ci riveli sorprese. Come quella accaduta ad alcuni diportisti che oggi durante una battuta di pesca che difficilmente dimenticheranno in barca al largo di Torre Vado, marina di Salve nel Salento, si sono visti abboccare all’amo della canna da pesca un grande verdesca, di circa 3 metri, conosciuta anche come squalo azzurro, venuto in superficie ad una profondità di oltre 50 metri. Tra lo stupore degli occupanti a bordo del natante, lo squalo ha fatto qualche giro vicino all’imbarcazione indeciso sul da farsi, salvo poi dare un forte strattone alla lenza rompendola e riprendendo il largo facendo tirare un respiro di sollievo ai pescatori che hanno diffuso il video attraverso lo “Sportello dei Diritti“. Le acque di Torre Vado non sono nuove ad avvistamenti di rilievo riferisce Gianfranco Coppola referente dello “Sportello dei Diritti” di Ugento, come i continui avvistamenti di delfini, mante e tartarughe che dimostrano la purezza dell’ambiente. Immagini quelle del video, se non inedite, quantomeno rare per i mari nostrani, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” che c’inducono a pensare che poco oltre le rive delle nostre coste nuotino ancora indisturbati animali di notevoli dimensioni, come gli squali. Ecco il video: https://youtu.be/6b7a7SXi_Bk

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Cronaca

Spunta nuovo video shock dagli Usa di un altro afroamericano ucciso da un poliziotto in un modo molto simile a Floyd

Spunta nuovo video shock dagli Usa di un altro afroamericano ucciso da un poliziotto in un modo molto simile a Floyd. Si chiama Manuel Ellis, ed è stato ucciso in un modo molto simile. Ecco il nuovo video che sciocca l’America Spunta l’ennesimo drammatico video che indigna l’America: anche stavolta la vittima non è afroamericana. Si chiama Manuel Ellis, ed è stato ucciso da un poliziotto in un modo molto simile a Floyd dopo essere stato fermato da alcuni agenti a Tacoma, nello stato di Washington. L’episodio risale al 3 marzo e la vittima si chiama Manuel Ellis. L’uomo sarebbe stato all’improvviso scaraventato a terra, quando gli agenti hanno continuato a infierire. Per la polizia è stato l’uomo ad aggredire i poliziotti. A girare la clip, è stata una donna che si trovava dietro alla macchina della polizia e che si sente urlare: «Smettetela di colpirlo, o mio Dio smettetela!». Ellis, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, aveva una figlia di 18 mesi e un figlio di 11 anni. Ecco il video: https://youtu.be/15VPFL3aQZU

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Cronaca

Germania, bevande avvelenate nei supermercati di Monaco

Germania, bevande avvelenate nei supermercati di Monaco. Caccia all’uomo su scala internazionale nei confronti di uno sconosciuto sospettato di aver avvelenato bevande nei supermercati di Monaco di Baviera, allo scopo di ricattarli. La polizia ha messo in guardia i consumatori.  C’è rischio emulazione in Italia?

 

La polizia tedesca ha comunicato di aver intercettato delle bevande volontariamente contaminate in negozi di alimentari della città di Monaco, dopo la denuncia di due donne e un uomo rimasti intossicati da una sostanza velenosa che qualcuno ha versato in tre bevande. Il pericolo non riguarda tuttavia unicamente le bevande. Gli inquirenti hanno finora reperito almeno quattro bottiglie manomesse, in due supermercati di due catene diverse e sono certi di una cosa: un sorso di troppo avrebbe potuto essere fatale. E altre bottiglie contenenti il veleno potrebbero essere ancora in circolazione. Le indagini procedono a 360 gradi, e per ora non ci sono rivendicazioni: i casi sono accaduti a marzo e ad aprile. Le persone che hanno bevuto le bibite analcoliche contaminate, due donne di 34 e 42 anni e un 58enne, si sono sottoposte a trattamenti medici, ma stanno bene. In tutti e tre i casi, i primi sorsi della bevanda alterata (e dal sapore amaro e chimico) hanno provocato nausea e un forte giramento di testa.. Alla luce di quanto accaduto dunque, sottolinea Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,  non potendosi escludere che la circostanza possa determinare azioni improntate all’illegalità anche a carattere emulativo, si invitano gli organismi di sicurezza a sensibilizzare le misure di vigilanza e sicurezza anche in Italia. Misure che riguardano siti ritenuti esposti a rischio per la circostanza.

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Cronaca

Smart working: investigatori privati sulle tracce di dipendenti indisciplinati.

Smart working: investigatori privati sulle tracce di dipendenti indisciplinati. Sempre più imprese si rivolgerebbero ad agenzie investigative per sorvegliare i propri collaboratori. Più una segnalazione di lavoratori beccati a fare shopping o attività fisica durante l’orario di lavoro. Ma attenzione: in Italia lo Statuto dei Lavoratori vieta il controllo dei dipendenti

L’esplosione dello smart working a seguito del lockdown conseguente all’emergenza globale del COVID-19, sta portando milioni di lavoratori a lavorare direttamente da casa con una tendenza già dichiarata anche dalle imprese e da varie associazioni di categoria di favorire la modalità di telelavoro direttamente dai domicili dei dipendenti anche dopo la fine di questo periodo. Tuttavia, in attesa di una più ampia e puntuale regolamentazione e normazione di questa modalità con un necessario intervento da parte del legislatore o comunque di accordi sindacali finalizzati a disciplinarla puntualmente, da qualche furbetto che non ha voluto cogliere le opportunità concesse, viene presa come una possibilità di far altro rispetto alle mansioni e ai compiti assegnati. Ed allora: chi a fare shopping, chi attività motoria o persino grigliate al posto di lavorare da casa, sono diversi ad essere stati pizzicati ad eludere l’attività lavorativa così come confermato da alcuni investigatori privati che sono stati incaricati a scovare i dipendenti indisciplinati. Sarebbero diverse, infatti, le imprese che si sarebbero rivolte ad agenzie investigative già dall’inizio dello scorso aprile che sono state costrette ad introdurre il lavoro a distanza per “seguire” i dipendenti che dovrebbero trovarsi a casa davanti al computer negli orari stabiliti. E per alcune aziende i sospetti sarebbero stati confermati dalle osservazioni. In Svizzera, per esempio, un dipendente trascorreva giornate intere in giro per negozi. Un’altra, invece, durante l’orario di lavoro si trovava nel giardino dei vicini per una grigliata. Se in altri Paesi questo tipo di controlli sono per così dire “normali” in Italia, non è consentita un’attività generica di sorveglianza da parte di soggetti anche abilitati. Nello specifico, è bene ricordare la recente sentenza 15094 del 2018 della Corte di Cassazione, sezione lavoro, che nei fatti ha stabilito un principio – che Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene sacrosanto – secondo cui un’azienda non può incaricare un investigatore privato di controllare se un dipendente svolge per davvero e in modo corretto il compito per il quale viene pagato. Quest’attività di controllo può essere effettuata solo dal datore di lavoro e dai suoi collaboratori per come stabilito dall’articolo 3 dello Statuto dei lavoratori. L’utilizzo dell’investigatore privato per il controllo del dipendente è ammesso solo in alcuni casi ed in particolare, nei confronti di colui che tiene comportamenti “penalmente rilevanti”, che svolge, ad esempio, un’attività retribuita in favore di terzi durante il suo orario di lavoro, che compie “mancanze specifiche” (come vendere un prodotto e rubare la somma incassata), che, ancora, svolge un’attività extralavorativa violando il divieto di concorrenza.Solo in queste fattispecie è consentito incaricare un detective e le sue relazioni, le sue foto, i suoi filmati, le registrazioni audio possono assumere la dignità di prova a scapito del lavoratore. Al contrario, l’investigatore “non può sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria”, che “è riservata dall’articolo 3 del dello Statuto dei lavoratori direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori”. Peraltro, e più in generale è bene rammentare che l’occhio dei detective privati non può arrivare dappertutto: è consentito sorvegliare soltanto gli spazi visibili dalla strada, come balconi e giardini. È invece vietato guardare o addirittura filmare attraverso una finestra quanto accade all’interno, per esempio in soggiorno.

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Consumatori

Prelievi bancomat non autorizzati e conto svuotato? È la banca che deve provare che la carta è stata utilizzata dal titolare.

Prelievi bancomat non autorizzati e conto svuotato? È la banca che deve provare che la carta è stata utilizzata dal titolare. Utenti bancari vincono contro l’istituto di credito in Cassazione e potranno vedersi rimborsati i soldi persi per i prelievi illegittimi

Non si contano i casi di utenti bancari che si sono visti svuotati i conti correnti a seguito di prelievi bancomat effettuati illecitamente da terzi soggetti. Ma in casi simili non bisogna mai perdersi d’animo e disperare di aver perso quanto indebitamente prelevatoci, perché l’ordinamento e le norme a tutela dell’utenza spesso ci garantiscono e ci consentono di riavere il maltolto. A ricordarcelo, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la Corte di cassazione che con l’ordinanza n. 9721 pubblicata il 26 maggio 2020, ha ribadito il diritto dell’utente bancario a vedersi risarcito dall’istituto di credito quanto sottratto a causa di prelievi illeciti con il bancomat. Per i giudici di legittimità, spetta a quest’ultimo provare che a usare la carta sia stato il legittimo proprietario. Nella fattispecie, gli ermellini hanno accolto il ricorso dei due cointestatari di un conto corrente che se l’erano visto azzerare a seguito di prelievi non voluti per oltre 23 mila euro.Nel ribaltare la sentenza del Tribunale di Napoli Nord, i giudici della terza sezione civile della Suprema Corte, hanno ricordato che «in tema di responsabilità della banca in caso di operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema (il che rappresenta interesse degli stessi operatori), è del tutto ragionevole ricondurre nell’area del rischio professionale del prestatore dei servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente, la possibilità di una utilizzazione dei codici di accesso al sistema da parte dei terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo. Ne consegue che, anche prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 11 del 2010, attuativo della direttiva n. 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, la banca, cui è richiesta una diligenza di natura tecnica, da valutarsi con il parametro dell’accorto banchiere, è tenuta a fornire la prova della riconducibilità dell’operazione al cliente». Per i giudici del Palazzaccio, quindi, è la banca che deve fornire la prova della riconducibilità dell’operazione al cliente. Ma v’è di più: spiegando che il rapporto fra banca e cliente è di natura contrattuale, la Corte ha, quindi, precisato che la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare riguardo alla verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell’utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, ha natura contrattuale e, quindi, va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell’utente, configurabile nel caso di protratta mancata attivazione di una qualsiasi forma di controllo degli estratti conto.

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Ambiente

Salento,sembra uno squalo ma è un grande pesce luna – VIDEO

A primo impatto, può sembrare uno squalo. Per le dimensioni importanti ma anche per la grossa pinna che esce dall’acqua. In verità quello incontrato oggi nelle acque di Ugento dagli occupanti di una piccola imbarcazione era un pesce luna (o mola mola), il più grande tra i pesci ossei viventi (lo squalo è un pesce cartilagineo). Bello e non pericoloso, a differenza degli squali. Il pesce luna si nutre di plancton, di piccoli pesci e di meduse. Il suo habitat naturale è rappresentato dalle acque costiere. Vive anche in acque tropicali e temperate fino a spingersi in acque fredde come quelle delle coste norvegesi. Può essere avvistato nel Mediterraneo e ed è diffuso a largo delle coste di Sudafrica e Australia. In Inghilterra è chiamato sunfish sia per le sue dimensioni sia perché durante le giornate di sole tende a salire in superficie. Si tratta di un evento eccezionale quello di avere ripreso il pesce luna in superficie, poichè quando sale dalle profondità, può passare molto tempo in attesa di ospitare, sul suo corpo, degli uccelli a caccia di piccoli organismi che si posano sul pesce per banchettare. Il pesce mola mola è spesso ricoperto da parassiti acquatici e per questo usa uccelli o altri piccoli pesci per ripulirsi! Nel Mediterraneo il pesce luna è presente fin dai tempi antichi. Il pesce luna è stato, in passato, oggetto di pesca (la sua carne è commestibile). E’ stato alla fine degli anni Novanta che la sua pesca è stata vietata dalla Comunità Europea e questo divieto ha permesso al pesce luna di moltiplicarsi gradualmente. Con questo nuovo avvistamento viene confermata la ripresa della natura che via via sta riconquistando gli spazi che l’uomo, abusando delle risorse marittime, si era illegittimamente appreso. Sembra quasi un invito di questo pesce placido ed innocuo a non disturbare un ambiente che a fatica ritrova il suo equilibrio. Le immagini spettacolari sono state girate da Gianfranco Coppola referente dello ““Sportello dei Diritti”. Immagini quelle del video, quantomeno rare per i mari nostrani, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti poichè in Italia è stato avvistato a largo della costa ligure dove ha intensificato la sua presenza dal 2014. In particolare a Portofino e nelle altre acque liguri poichè è il più grande predatore di meduse e, l’aumento delle temperature dell’acqua ha visto un forte incremento delle meduse che a loro volta hanno attirato il pesce luna sotto costa in Liguria!. Ecco il video: https://youtu.be/enDBAy3f-wA

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Nuova ondata di truffe online, allarme Polizia Postale

Nuova ondata di truffe online. L’allarme lanciato dalla Polizia Postale: massiva attività di phishing/smishing a nome di istituti bancari. Lo “Sportello dei Diritti”: seguite i consigli e cancellate i messaggi. Le banche non mandano mai messaggi per chiedere credenziali e dati bancari

Una nuova ondata di truffe online del tipo phishing e smishing è in corso in queste ore. In poche parole si tratta di messaggi trasmessi a mezzo email, sms o social network con i quali ignari utenti sono invitati a nome di istituti bancari a fornire proprie credenziali o dati bancari in siti civetta che alla fine li carpiscono e li utilizzano per svuotarci il conto o utilizzare la carta di credito. Ne abbiamo segnalati diversi tipi, noi dello “Sportello dei Diritti”, e anche questa volta non possiamo non rilanciare la nuova all’allerta della Polizia Postale che con l’ennesimo ma efficace post sulla pagina Facebook “Commissariato di PS On Line – Italia” comunica una notevole attività truffaldina di questo tipo:

“Sono in atto in queste ore numerose campagne di comunicazione fraudolente a nome di Istituti Bancari con le quali si chiede di inserire i dati bancari in falsi siti internet.

Nella circostanza i criminali informatici attraverso l’invio massivo di sms o email richiedono al destinatario di collegarsi attraverso il link contenuto nel messaggio all’apparente home page dell’Istituto bancario per procedere alla conferma dei propri dati e consentire l’aggiornamento dei sistemi di sicurezza.

ALCUNE SEMPLICI INFORMAZIONI PER NON CADERE IN ERRORE

  • E’ bene ricordare che le Banche non inviano MAI email, sms o ti chiamano al telefono per chiedere di fornire le credenziali di accesso all’home banking o all’app, i dati delle carte di credito o la variazione dei dati personali.
  • Se ricevi comunicazioni email, sms o telefonate che ti chiedono di fornire dati bancari chiama immediatamente la Tua Banca e rivolgiti alla Polizia Postale;
  • non aprire gli allegati o i link contenuti nelle e-mail o sms;
  • tieni sempre aggiornato l’antivirus e il Sistema Operativo;
  • per approfondimenti e segnalazioni su eventuali casi sospetti vai su: commissariatodips.it».

Può sembrare assurdo che nonostante gli avvertimenti continui ad evitare di cadere in queste trappole siano ancora in tanti a cascarci, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Il modo migliore per difendersi, è quello di seguire le indicazioni della Polizia Postale, di non cliccare ed, anzi, di cancellare immediatamente questi messaggi. Nel dubbio, bisogna consultare direttamente i siti degli istituti bancari presso cui siamo clienti digitando l’esatta indicazione nel browser o di accedere direttamente dalle app ufficiali. Nel caso siate comunque incappati nella frode potrete rivolgervi agli esperti della nostra associazione tramite i nostri contatti email info@sportellodeidiritti.org o segnalazioni@sportellodeidiritti.org per valutare immediatamente tutte le soluzioni del caso per evitare pregiudizi.

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ALDI richiama un popolare articolo da tavolo per bambini dopo che un bimbo di quattro anni ha individuato un errore imbarazzante

ALDI richiama un popolare articolo da tavolo per bambini dopo che un bimbo di quattro anni ha individuato un errore imbarazzante

ALDI è stato costretto a rimuovere dagli scaffali dei supermercati un accessorio da tavolo per bambini dopo che un bimbo di quattro anni ha fatto notare un errore imbarazzante. Il tappetino sottomano per tavolo venduto dal 20 maggio, presenta una tabellina matematica, in modo che i bambini possano imparare mentre mangiano. Tuttavia, un bambino di quattro anni con gli occhi di un’aquila si è reso conto di aver incluso un’operazione errata nel grafico che riporta “12 x 12 = 60” invece di “12 x 12 = 144”. Un portavoce di ALDI si è scusato per l’errore, confermando che è in procinto di rimuovere l’articolo dai negozi. La signora Melanie, mamma del bambino, ha segnalato l’errore su una popolare pagina Facebook, dicendo che era “delusa”.”Controlla la tua lavagnetta, ragazzo”, ha scritto Melanie sulla pagina Facebook di Aldi Mums . Un bambino di quattro anni ha notato che l’equazione ’12 x 12 = 60 ‘sul tappetino ALDI da banco di scuola  era errata. Un portavoce di ALDI ha invitato gli acquirenti che hanno acquistato il tappetino a restituirlo nel punto vendita più vicino. ALDI, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,  si è scusata per l’errore e sta rimuovendo l’articolo dai negozi. “Facciamo ogni sforzo per garantire che i nostri prodotti siano della massima qualità e ci scusiamo con i bambini che imparano le tabelline (e i loro genitori) per questa svista. “Stiamo rimuovendo questo prodotto dai nostri negozi e incoraggiamo tutti i clienti che hanno acquistato questo prodotto a restituirlo al loro negozio più vicino per un rimborso completo.”

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Air Dolomiti torna a volare in Italia: dal 5 giugno riparte con rotte da Firenze a Catania, Palermo e Cagliari.

Air Dolomiti torna a volare in Italia: dal 5 giugno riparte con rotte da Firenze a Catania, Palermo e Cagliari.

Air Dolomiti, la compagnia aerea italiana del Gruppo Lufthansa, riparte dall’Italia e annuncia la ripresa dei voli con collegamenti dall’aeroporto di Firenze a Catania, Palermo e Cagliari. Dopo un lungo blocco, i cittadini potranno tornare a volare liberamente verso le isole maggiori. A partire dal 5 giugno, la compagnia aerea offrirà quattro frequenze settimanali per la Sicilia e la Sardegna dall’aeroporto di Firenze. I voli saranno operati il ​​lunedì, giovedì, venerdì e domenica con partenza da Firenze alle 11:55 per Palermo e alle 16:10 per Catania. I collegamenti con Cagliari saranno operativi dal 19 giugno alle 12:05, quattro volte a settimana il lunedì, giovedì, venerdì e domenica. Per tutti i voli, la compagnia aerea offre una tariffa a partire da 99 € solo andata (da 178 € andata e ritorno) tasse e supplementi inclusi. Durante il processo di prenotazione, sarà possibile bloccare la tariffa (opzione valida solo attraverso il sito Web www.airdolomiti.eu) ed effettuare il pagamento in un secondo momento dopo la prenotazione, entro sette giorni dalla partenza. Inoltre, se il passeggero non desidera più volare o desidera modificare la data di partenza, può scegliere di annullare la prenotazione gratuitamente, ricevendo un rimborso dell’intero costo del biglietto o riprenotando senza costi aggiuntivi; tali modifiche devono essere richieste anche entro sette giorni dalla data di partenza del volo. Queste agevolazioni consentiranno ai passeggeri di organizzare il viaggio con la massima flessibilità. “Siamo lieti di annunciare la ripresa delle operazioni e ancora di più per poter offrire voli che collegano il nostro paese. Air Dolomiti è una realtà molto dinamica e questo, insieme alla forte collaborazione con gli aeroporti toscani, ci consente di essere estremamente flessibili: Firenze è uno degli aeroporti strategici per noi, qui serviamo gli hub di Monaco e Francoforte ed è qui che abbiamo deciso di investire con il nostro nuovo centro di manutenzione. La possibilità di poter operare con Embraer 195 e la capacità dell’aeroporto di adattarsi rapidamente ai nuovi regolamenti ha accelerato le operazioni di riavvio. ” Dice Joerg Eberhart, Presidente e CEO di Air Dolomiti. Negli ultimi mesi, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la Società ha preso provvedimenti per rimpatriare i cittadini italiani dall’estero e ha garantito un ponte con la Germania grazie al collegamento con l’hub di Francoforte da Milano Malpensa.