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Biomodulina T, uno dei 22 medicinali contro il Covid-19, a Cuba

Biomodulina T, uno dei 22 medicinali contro il Covid-19, a Cuba. È un farmaco sicuro per il trattamento dei pazienti  contagiati e per la protezione preventiva dei gruppi a rischio.

La biotecnologia cubana ha una cattedra nel panorama internazionale da vari decenni. Nonostante l’embargo commerciale che il governo degli USA sostiene contro l’Isola dal primo gennaio del 1959, la guida del lider maximo  in Capo, Fidel Castro Ruz, ha permesso che il campo della scienza e la tecnica in Cuba si trasformasse in uno dei pilastri del paese, guadagnando un forte prestigio mondiale che pone l’Isola in condizioni favorevoli per affrontare la pandemia globale del COVID – 19. Nel  contesto della lotta contro questa contagiosa malattia, una delle istituzioni di riferimento dell’industria biotecnologica cubana, il Centro Nazionale dei Biopreparati (Biocen), si ratifica all’avanguardia tra i produttori di farmaci che l’Isola necessita per combattere il nuovo coronavirus, garantendo la produzione integra del  Interferone Alfa 2b Umano Ricombinante, e include, come prodotto endogeno del centro, la fabricazione a grande scala della  Biomodulina T. Tamara Lobaina Rodríguez, direttrice generale del Biocen,  ha riferito che si stratta di un  immuno-modulatore fabbricato con prodotti naturali, che offre un’efficacia sicura nel trattamento di problemi respiratori  in pazienti anziani, per cui e stato  considerato tra i 22 medicinali di prima linea per combattere il COVID-19 in Cuba. La dirigente ha spiegato che questo farmaco è destinato soprattutto ad elevare il sistema immunologico di pazienti malati e in forma profilattica tra il personale che lavora direttamente con contagiati e casi sospetti. Le autorità  sanitarie cubane hanno chiarito che non si tratta di un medicinale che evita  il contagio con il nuovo coronavirus, ma assicurano che aiuta a stimolare  il sistema immunitario delle persone che appartengono a questi gruppi vulnerabili, per far sì, in caso d’infezione, che la risposta al virus sia migliore e presentino meno complicazioni.  José de Armas Rodríguez, direttore aggiunto del Biocen, ha informato che l’Istituzione dispone di cinque impianti di produzione tra i quali c’è quello degli ingredienti attivi, dove si produce il composto necessario per l’elaborazione della  Biomodulina T, un medicinale che si ottiene con buoni risultati da più di 12 anni in questo centro. «In tutte le sue produzioni, ha detto lo specialista, l’istituzione è soggetta alle buone pratiche di produzione  farmacologica,  avallata da un forte sistema di controllo della Qualità. De Armas Rodríguez ha segnalato che l’entità sta gestendo con il gruppo delle Imprese  BioCubaFarma, i prodotti necessari per la produzione della Biomodulina T per il mercato nazionale in maniera che si garantisca a tempo la produzione del farmaco e non si formino spazi vuoti nei processi di fabbricazione. Ciò consentirà di essere in condizione d’elevare i volumi di produzione nel caso in cui esistesse una domanda maggiore. «Abbiamo identificato alcuni dei problemi del centro nel settore della fabbricazione e, contando con la disposizione del personale della nostra istituzione stiamo vedendo la possibilità d’incrementare gli orari di lavoro.  Questo ci darebbe la possibilità d’aumentare la capacità di produzione del Biocen e coprire la domanda nazionale e i contratti che potremmo avere rispetto all’esportazione», ha precisato. Gli studi realizzati nel Biocen dalla dottoressa Mary Carmen Reyes Zamora, capo del gruppo delle Prove Cliniche del centro, rivelano che la Biomodulina T è un immuno-modulatore biologico, di provenienza totalmente naturale, composto da frazioni specifiche del timo bovino. La sua azione principale consiste nella stimolazione della produzione dei Linfociti T rinforzando la differenza delle cellule linfoblastoidi del timo, una delle principali ghiandole del sistema immunologico. «La ghiandola del timo gioca un ruolo vitale nel sistema immunitario, producendo e secernendo un congiunto di polipeptidi e ormoni che agiscono sulla differenziazione delle cellule T, assicurando lo sviluppo normale dei meccanismi d’immunità cellulare e umorale dipendenti dal timo, e in particolare la maturazione e la differenziazione dei linfociti T. La specialista ha aggiunto che questo medicinale di tipo iniettabile, è registrato per gli stati di disfunzione immunologica di tipo cellulare, come le infezioni  respiratorie negli anziani. L’efficacia e la sicurezza del suo uso per combattere queste malattie in questi gruppi di popolazione, è avallata dalle sue indicazioni mediche e, commerciato da vari anni, presenta minime reazioni avverse. «L’effetto farmacologico e la sicurezza della Biomodulina T sono stati dimostrati in modelli animali e in prove cliniche negli umani. Il prodotto ha indicazioni cliniche per il trattamento delle infezioni respiratorie ricorrenti nei pazienti geriatrici. con associazione al suo effetto immuno-restauratore», ha conlcuso. In accordo con il rapporto investigativo del prodotto, la Biomodulina T ha dimostrato d’essere utile, perchè ritarda il processo d’immuno-senilità, o deterioramento graduale del sistema immunologico  provocato dall’avanzare naturale dell’età. «È importante segnalare che anche quando la funzione del timo diminuisce con l’età, la funzione di maturazione delle cellule T non si limita solo alla ghiandola del timo e può  incontrarsi  anche in altri tessuti linfoidi, mentre gli ormoni del timo possono esercitare un effetto sistemico. Senza dubbio vari studi clinici pilota suggeriscono la loro efficacia potenziale in varie immunopatologie, in particolare le deficienze  immunitarie cellulari nell’ infanzia, nel VIH / SIDA, le malattie autoimmuni, l’allergia e come trattamento complementare per i pazienti sottoposti a radioterapia e chemioterapia contro il cancro ». La dottoressa Reyes Zamora  ha riferito che di fronte a questa pandemia globale, il Biocen ha pianificato d’includere la Biomodulina T nel trattamento delle persone con COVID-19 da due prospettive: prima di tutto rispettando i protocolli etici per l’esecuzione di prove cliniche, usare il farmaco in pazienti positivi  al virus SARS CoV-2 in tappe precoci , dato che è stato provato scientificamente che la malattia riduce i linfociti T; inoltre il medicinale è stato proposto per il suo uso preventivo in gruppi a rischio, ossia anziani e persone con malattie croniche associate come il diabete mellito e malattie cardio vascolari. La capo del gruppo delle Prove Cliniche del  Biocen, ha assicurato che la Biomodulina T fa parte del quadro di base dei medicinali di Cuba, con risultati molto positivi nella prevenzione delle infezioni ricorrenti negli anziani. L’esperienza clinica e la conoscenza dei meccanismi d’azione suggeriscono la sua applicazone favorevole in altre immunopatologie. «Questo progetto, ha detto, si propone di sviluppare saggi clinici in pazienti cubani e all’estero nelle seguenti immunopatologie: ipoplasia timica nei  bambini, trattamento complementare alla terapia antiretrovirale nel VIH/ SIDA, sepsi severa, terapia immuno restauratrice in pazienti oncologici sottoposti e chemio o radio terapia. Alexis Labrada Osado, direttore delle Investigazioni e Sviluppo del Biocen, ha aggiunto che negli ultimi tre anni il centro ha triplicato i volumi di Biomodulina T, in buona misura per sostanziali cambi tecnologici, che sono stati incorporati nella produzione del farmaco. «Biocen è responsabile di tutte le tappe di fabbricazione del prodotto. La Biomodulina T si trova nella lista dei  medicinali di base del paese di cui sono stati realizzati i piani di produzioni da alcuni anni; sono state valutate le potenzialità dell’Isola per elevare la sua fabbricazione sino a quattro – cinque volte di più, considerando la disponibilità delle materie prime». Poi ha chiarito su questo punto che l’efficienza del processo biotecnologico per isolare i componenti del timo bovino necessari nella fabbricazione del farmaco, non mette in pericolo la produzione del medicinale di fronte alla disponibilità dei timi dei bovini su cui conta il centro. Lo specialista, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ha informato che attualmente si trattano circa 20.000 pazienti con la capacità produttiva che presenta il Biocen, per cui si stima che con un aumento pianificato dei livelli di produzione, si beneficeranno con la Biomodulina T, circa 100.000 persone in Cuba, e questo darà una risposta alla vulnerabilità dei gruppi a rischio del paese, di fronte al COVID-19.

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Il contributo di Cuba nella lotta contro il COVID-19

Il contributo di Cuba nella lotta contro il COVID-19. COVID-19 si è manifestato nella città cinese di Wuhan a fine di dicembre 2019. Nel gennaio 2020 aveva colpito la provincia di Hubei come un’onda di marea, turbinando sulla Cina e diffondendosi all’estero. Lo Sportello dei Diritti: Il tempo dirà se l’Interferone Alfa 2b si rivelerà come il farmaco miracoloso per contrastare COVID-19. COVID-19 si è manifestato nella città cinese di Wuhan a fine di dicembre 2019. Nel gennaio 2020 aveva colpito la provincia di Hubei come un’onda di marea, turbinando sulla Cina e diffondendosi all’estero. Lo stato cinese è entrato in azione per combattere la diffusione e prendersi cura delle persone infette. Tra i trenta medicinali selezionati dalla Commissione nazionale per la salute cinese per combattere il virus c’era un farmaco antivirale cubano, l’interferone Alpha 2b. Questo farmaco è stato prodotto in Cina dal 2003, dall’impresa ChangHeber, una joint venture cubano-cinese. L’interferone cubano Alpha 2b si è dimostrato efficace per virus con caratteristiche simili a quelle di COVID-19. Lo specialista cubano di biotecnologie Dr. Luis Herrera Martinez ha spiegato, “il suo uso previene nei pazienti l’aggravamento e le complicazioni che alla fine possono portare alla morte”. Cuba ha sviluppato e utilizzato per la prima volta gli interferoni per arrestare un focolaio mortale del virus della dengue nel 1981, e l’esperienza ha incoraggiato lo sviluppo dell’industria delle biotecnologie, di cui l’isola è ora leader a livello mondiale. La prima impresa biotecnologica al mondo, Genetech, è stata fondata a San Francisco nel 1976, seguita da AMGen a Los Angeles nel 1980. Un anno dopo è stato istituito a Cuba, il Fronte biologico, un forum interdisciplinare professionale per sviluppare l’industria dell’isola. Mentre la maggior parte dei paesi in via di sviluppo ha avuto scarso accesso alle nuove tecnologie (DNA, terapia genica umana, biosicurezza), la biotecnologia cubana si è ampliata e ha assunto un ruolo sempre più strategico sia nel settore della sanità pubblica sia nel piano di sviluppo economico nazionale. Lo ha fatto nonostante il blocco degli Stati Uniti abbia ostacolato l’accesso a tecnologie, attrezzature, materiali, finanziamenti e persino lo scambio di conoscenze. Come dimostra la storia dell’interferone cubano, sospinto dalla domanda di salute pubblica, lo studio delle biotecnologie a Cuba ha avuto una corsia preferenziale dalla ricerca e innovazione ai test e applicazione. Gli interferoni sono proteine “sentinella” prodotte e rilasciate dalle cellule in risposta alle infezioni, che avvisano le cellule vicine di aumentare le loro difese antivirali. Furono identificati per la prima volta nel 1957 da Jean Lindenmann e Aleck Isaacs a Londra. Negli anni ’60 Ion Gresser, un ricercatore statunitense a Parigi, mostrò che gli interferoni stimolano i linfociti che attaccano i tumori nei topi. Negli anni ’70, l’oncologo americano Randolph Clark Lee iniziò una ricerca sistematica. Sulla scia del miglioramento dei rapporti del Presidente degli Stati Uniti Carter con Cuba, il Dr. Clark Lee visitò Cuba, incontrò Fidel Castro e lo convinse che l’interferone era un medicamento miracoloso. Poco dopo, un medico cubano e un ematologo trascorsero del tempo nel laboratorio del Dr. Clark Lee, tornando con le ultime ricerche sull’interferone e altri contatti. Nel marzo 1981, sei cubani passarono dodici giorni in Finlandia con il medico finlandese Kari Cantell, che negli anni ’70 aveva isolato l’interferone dalle cellule umane e aveva condiviso la svolta rifiutando di brevettare la procedura. I cubani impararono così a produrre grandi quantità di interferone. Nell’arco di quarantacinque giorni dal loro ritorno sull’isola, avevano prodotto il loro primo lotto cubano di interferone, la cui qualità era stata confermata dal laboratorio di Cantell in Finlandia. La scoperta arrivava appena in tempo. Qualche settimana dopo Cuba fu colpita da un’epidemia di dengue, una malattia trasmessa dalle zanzare. Era la prima volta che questa malattia particolarmente virulenta, che può scatenare la febbre emorragica pericolosa per la vita, appariva nelle Americhe. L’epidemia colpì 340.000 cubani con 11.000 nuovi casi diagnosticati ogni giorno al suo apice. 180 persone morirono, tra cui 101 bambini. I cubani sospettarono che la CIA avesse diffuso il virus. Il Dipartimento di Stato americano negò, anche se una recente indagine cubana afferma di avere prove che l’epidemia sia stata introdotta dagli Stati Uniti.Il Ministero della Sanità pubblica di Cuba aveva autorizzato l’uso dell’interferone cubano per fermare l’epidemia di dengue. Venne fatto con grande rapidità. La mortalità diminuì. Nel loro resoconto storico, gli scienziati medici cubani Caballero Torres e Lopez Matilla scrissero: “È stato l’evento di prevenzione e terapia più esteso con l’interferone realizzato nel mondo. Cuba ha iniziato a tenere simposi regolari, che hanno rapidamente attirato l’attenzione internazionale”. Il primo evento internazionale nel 1983 fu prestigioso; Cantell tenne il discorso di apertura e Clark partecipò con Albert Bruce Sabin, lo scienziato polacco-americano che ha sviluppato il vaccino orale contro la poliomielite. Il governo cubano, convinto del contributo e dell’importanza strategica della scienza medica innovativa, istituì il Fronte biologico nel 1981 per sviluppare il settore. Scienziati cubani sono andati all’estero per studiare, molti nei paesi occidentali. La loro ricerca ha intrapreso percorsi all’avanguardia, mentre sperimentavano la clonazione dell’interferone. Quando Cantell tornò a Cuba nel 1986, i cubani avevano sviluppato l’interferone umano Alfa 2b ricombinante, che da allora ha curato migliaia di cubani. Con ingenti investimenti statali, Cuba apri nel 1986 il Centro per l’Ingegneria Genetica e la Biotecnologia (CIGB). A quel punto Cuba fu sommersa da un’altra crisi sanitaria, un grave scoppio di meningite B, che stimolò ulteriormente il settore biotecnologico di Cuba. Nel 1976, Cuba fu colpita da focolai di meningite B e C. Dal 1916 sull’isola sono stati visti solo pochi casi isolati. A livello internazionale, esistevano vaccini per la meningite A e C, ma non per la meningite B. Le autorità sanitarie cubane ottennero un vaccino da una società farmaceutica francese per immunizzare la popolazione contro la meningite di tipo C. Tuttavia, negli anni seguenti, i casi di meningite di tipo B iniziarono ad aumentare. Venne istituito un team di specialisti di diversi centri di scienze mediche, guidati da una donna biochimica, Concepción Campa, per lavorare intensamente alla ricerca di un vaccino. Nel 1984 la meningite B era diventata il principale problema di salute a Cuba. Dopo sei anni di intenso lavoro, il team di Campa produsse nel 1988 il primo vaccino di successo contro la meningite B. Un membro del team di Campa, il dott. Gustavo Sierra, ha ricordato la loro gioia: “questo è stato il momento in cui potevamo dire che funziona e funziona nelle peggiori condizioni, sotto la pressione di un’epidemia e tra le persone nell’età più vulnerabile”.Durante il 1989 e il 1990 sono stati vaccinati tre milioni di cubani, i più a rischio. Successivamente, 250.000 giovani vennero vaccinati con il vaccino VA-MENGOC-BC, per la prevenzione combinata per meningite B e C. Ha registrato un’efficacia complessiva del 95%, con il 97% nella fascia di età ad alto rischio da tre mesi a sei anni. Il vaccino contro la meningite B di Cuba è stato insignito della medaglia d’oro delle Nazioni Unite per l’innovazione globale. Questo è stato il miracolo conseguente alla meningite di Cuba. “Dico ai colleghi che si può lavorare trenta anni, quattordici ore al giorno solo per godersi quel grafico per dieci minuti”, mi disse Agustin Lage, direttore del Centro di Immunologia Molecolare (CIM), riferendosi a un’illustrazione dell’ascesa e improvvisa caduta dei casi di meningite B a Cuba. “La biotecnologia è iniziata per questo. Ma poi si sono aperte le possibilità di sviluppare un’industria di esportazione e oggi la biotecnologia cubana esporta in cinquanta paesi”.Fin dalla sua prima applicazione per combattere la febbre dengue, l’interferone di Cuba ha dimostrato la sua efficacia e sicurezza nella terapia delle malattie virali tra cui epatite B e C, fuoco di Sant’Antonio, HIV-AIDS e dengue. Poiché interferisce con la moltiplicazione virale all’interno delle cellule, è stato utilizzato anche nel trattamento di diversi tipi di carcinoma. Il tempo, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, dirà se l’Interferone Alfa 2b si rivelerà come il farmaco miracoloso per contrastare COVID-19.