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Testi sierologici, giungla di interessi e in provincia Antonelli scrive ai sindaci

“Con questa lettera, vorrei anzitutto ringraziare tutti voi, a nome dei cittadini della Provincia di Varese, per il lavoro e l’impegno che avete garantito durante questo periodo di emergenza Covid – 19, insieme a tutto il personale sanitario che opera sul nostro territorio, alle Forze di Polizia e ai dipendenti in servizio presso Provincia e Comuni.”

L’appello del Presidente della Provincia di Varese mira oltre al riconoscimento dello sforzo profuso, anche a mantenere la compatezza di tutti i sindaci nel seguire una linea condivisa e unitaria per la cosiddetta seconda fase.

busto emanuele antonelli

Dosa le parole Antonelli, cercando di non urtare la suscettibilità e le prerogative dei sindaci ( con la S maiuscola) miscelando ” fuoco e miele”: 

“certamente, non intendo assumere comportamenti che possano affievolire le prerogative dei Sindaci, ma anzi, approfittare della ricchezza derivante dalle diverse sensibilità ed esperienze.”

Più avanti però si toglie il sassolino dalla scarpa, affermando di voler seguire i tecnici e Regione Lombardia per sapere ” quanti tamponi naso-faringei dovranno essere effettuati nei nostri comuni, quali test sierologici, a chi dare la precedenza, siano questioni che vadano risolte unitariamente e uniformemente, con gli esperti e sotto la supervisione della Regione Lombardia, senza fughe in avanti, ma senza lasciare dietro nessuno”

Il riferimento è senza mezzi termini anche se  Antonelli non lo cita, è al sindaco Centrella, che sul tema dal sottoscritto interpellato ha precisato: 

“partiamo tutti assieme ma partiamo”, visto lo stato delle attività e il disagio dei cittadini con cui si rapporta quotidianamente.

Tra l’altro è vero quanto dice Antonelli che non tutti i test sono uguali, ma quelli usati dal sindaco di Cocquio sono in linea, anzi hanno anticipato i tempi: “Il Comitato tecnico scientifico e il ministero della Salute, secondo quanto apprende l’ANSA, hanno definito ed indicato le piattaforme che dovranno essere utilizzate per l’esecuzione ed il processamento dei test sierologici. Si tratta dei sistemi Clia e/o Elisa per “la rilevazione di IgG specifiche, anticorpi neutralizzanti per il SarsCov2″. E’ previsto che tali piattaforme debbano essere presenti almeno in un laboratorio per Regione”, test impiegati da Centrella nel suo comune.

Aggiungiamo pure altro:  i test rapidi basati sull’identificazione di anticorpi IgM e IgG specifici per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, secondo il parere espresso dal CTS, non possono, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei secondo i protocolli indicati dall’OMS.https://www.nurse24.it/dossier/covid19/test-sierologici-non-affidabili-per-diagnosi-circolare-ministero-salute.html che cita una circolare del 3 aprile del Ministero della Salute.

Non parliamo poi di altre vicende di Regione Lombardia che spesso si è affidata al San Matteo e già citata da Antonelli come esempio: sta  emergendo una situazione non tanto lineare sulla gestione del coronavirus, tutti aspetti che andranno accertati e verificati dagli organi competenti che stanno indagando, parliamo delle RSA ma anche del San Matteo di Pavia  sui cui si addensano ombre e cominciano i primi ” non sapevo dei responsabili”.

La vicenda è riportata sul “Fatto Quotidiano“:il Policlinico San Matteo ha firmato il 20 marzo un accordo con la Diasorin Spa. Prevede la valutazione, sotto la supervisione del virologo Fausto Baldanti, di due test per il coronavirus (un tampone e uno sul sangue) in cambio di royalties sul solo test del sangue,quando sarà venduto. Anche il professor Franco Locatelli,presidente del Consiglio Superiore della Sanità, è sorpreso quando il Fatto gli rivela l’accordo: “No, il professorBaldanti non mi aveva mai informatodi queste royalties perl a Fondazione.”

Stessi dubbi sul Sole24ore: da parte di aziende del settore: ” La TecnoGenetics sottolinea come le ricerche del San Matteo dovrebbero essere aperte a tutte le aziende.”

Una vicenda da verficare e su cui noi sospendiamo il giudizio in attesa degli esiti della questione, però visti i numeri e i soldi in gioco ci si può aspettare tutto  e il contrario di tutto.

Nel frattempo tante famiglie piangono, da lontano, i loro morti e i vivi sono reclusi, mentre forze dell’Ordine e sanitari sono esposti a tutti i rischi possibili e immaginabili nonostante i dpi arrivati quando sono arrivati.

Walter Ricciardi, rappresentante italiano all’Oms e consulente del ministro della Salute Roberto Speranza,afferma che   tra i Paesi europei la Lombardia è la regione che in questo momento ha maggiori problemi. Non l’Italia, ma la Lombardia”, ha sottolineato il consulente di Speranza.”.

Chi ha orecchi per intendere intenda.

  

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Salute e benessere

Coronavirus: “Abbiamo il farmaco” dall’Olanda una speranza. Saranno necessari mesi prima che il medicinale sia disponibile

Coronavirus: “Abbiamo il farmaco” dai Paesi Bassi una speranza. Saranno necessari mesi prima che il medicinale sia disponibile La notizia è stata pubblicata sul sito BioRxiv ed è un segnale di speranza in questi giorni di notizie funeste e allarmanti. Il gruppo dell’Università olandese di Utrecht guidato da Chunyan Wang ha fatto sapere che è pronto il primo farmaco specializzato per aggredire il coronavirus Sars-CoV2. È un anticorpo monoclonale, specializzato nel riconoscere la proteina che il virus utilizza per aggredire le cellule respiratorie umane. I ricercatori hanno detto alla Bbc che saranno necessari mesi prima che il farmaco sia disponibile perché dovrà essere sperimentato per avere le risposte su sicurezza ed efficacia.Finora si sono utilizzati farmaci nati in passato per altre malattie, come quelli anti-Aids o quelli contro l’artrite reumatoide, ma finalmente è stato messo a punto il primo farmaco progettato espressamente per aggredire il coronavirus Sars-CoV2. Si lavora intanto su più fronti, dalla possibilità di utilizzare il plasma delle persone guarite all’uso sperimentale di farmaci nati per altre malattie. Dalla Francia sono invece arrivate oggi serie perplessità sui farmaci anti-infiammatori. Si procede intanto un passo dopo l’altro ed è senz’altro incoraggiante quello che ha portato al primo farmaco dedicato al coronavirus, descritto sul sito BioRxiv dal gruppo dell’Università olandese di Utrecht guidato da Chunyan Wang. Ci vorrà comunque tempo prima che il farmaco sia disponibile: al momento è infatti al chiuso dei laboratori dell’Università olandese di Utrecht e deve affrontare la lunga serie di sperimentazioni sugli animali e poi sull’uomo prima di arrivare in commercio. Gli stessi ricercatori hanno detto alla Bbc che saranno necessari mesi prima che il farmaco sia disponibile perché dovrà essere sperimentato per avere le risposte su sicurezza ed efficacia. Il farmaco è un anticorpo monoclonale specializzato nel riconoscere la proteina chiamata ‘spike’ (punta, artiglio) o semplicemente indicata con la lettera S, che il virus utilizza per aggredire le cellule respiratorie umane. È la più potente arma del vaccino e per questo è stata subito studiata in tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Cina, fino a ottenere la struttura molecolare e perfino a vederla in azione mentre invade le cellule, grazie all’aiuto di potentissimi microscopi. Non è comunque l’unico fronte di ricerca: lascia sperare anche la possibilità di utilizzare il plasma di pazienti guariti dalla Covid-19, con alti livelli di anticorpi: è l’obiettivo del protocollo firmato in Italia da alcuni centri regionali con capofila il Policlinico San Matteo di Pavia. Per le infusioni di plasma ai malati si attende adesso il via libera dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). C’è ottimismo anche sul farmaco contro l’artrite reumatoide tocilizumab, la cui sperimentazione è partita da Napoli e si sta progressivamente estendendo in altre regioni, dalla Toscana alla Puglia e alla Calabria, fino alla Lombardia e alle Marche. Roche ne ha annunciato la distribuzione gratuita. “Si sono fatti studi in Cina su grandi numeri di pazienti, in Italia lo stiamo studiando, ma è ancora presto per trarre conclusioni”, ha osservato Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto farmacologico ‘Mario Negri’ di Bergamo. Le armi principali attualmente utilizzate sono comunque le combinazioni sperimentali dei vecchi farmaci anti-Aids, progettati per bloccare l’enzima che permette al virus Hiv di penetrare nelle cellule. Ha messo invece sul chi vive il ministro francese della Salute, Olivier Véran, che ha affidato a un tweet l’affermazione che prendere farmaci anti-infiammatori, come quelli a base di ibuprofene o di cortisone, “potrebbe essere un fattore aggravante dell’infezione” nei malati di coronavirus. “In caso di febbre, prendete del paracetamolo, ha aggiunto”.Una delle possibili controindicazioni di questi farmaci è che in alcuni casi potrebbero provocare insufficienza renale, ha rilevato Remuzzi. Quanto al cortisone, ha aggiunto, “ci sono dati a favore e dati contro: dipende da quando e come viene somministrato e a quali pazienti”. Si lavora senza sosta, evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, e presto si troverà la soluzione sia per i farmaci sia per il vaccino.