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Cronaca

Il mercato delle vacche

In questo periodo drammatico in cui noi “omarelli” ci tormentiamo seguendo spaventati le evoluzioni dell’epidemia di corone virus, nelle anticamere dei palazzi romani si sta combattendo una battaglia all’ultimo sangue per spartirsi le succosissime poltrone negli enti pubblici.

Nonostante alle origini i pentastellati lanciassero strali contro il sottobosco statale e l’opaca gestione degli enti pubblici e delle partecipazioni, in questo contingente, forse contagiati da un diverso virus, quello della fame atavica di prebende e di potere, che caratterizza la sinistra italiota con cui gestisceono in condominio questo tristissimo paese, quelli oggi seduti nelle stanze del potere si sono adeguati alla regola del “così fan tutti”.

Lo spettacolo del mercato delle vacche, che in realtà non va in scena su un palcoscenico rivolto al pubblico, ma si svolge nei corridoi e nei bagni dei palazzi del potere appartiene alla tradizione romana, ma in questo particolare frangente con un parlamento semichiuso e con una epocale tragedia in corso poteva, con un minimo di buon senso, essere evitato prorogando di un anno tutti gli attuali manager e rimandando il tutto ad un momento meno drammatico.

Il vero problema è che “del doman non v’è certezza” e che non bisogna mai “rimandare a domani quello che potresti fare oggi” quindi, dato che potrebbe accadere che tra un anno i protagonisti del “potere” non siano più gli stessi i nuovi pentastellati omologati al regime, modello Di Maio e la sinistra miracolata di Zingaretti e dell’immarcescibile Renzi ne approfittano per capitalizzare l’emergenza.

Il mercato delle vacche non serve solo a sistemare gli amici, gli amici degli amici, quelli che hanno crediti elettorali da riscuotere o i trombati, ma soprattutto a creare le premesse per ottenere futuri cospicui finanziamenti che gli incaricati, una volta insediati nelle poltrone delle rispettive aziende, direttamente o indirettamente, potranno elargire ai partiti che li hanno nominati e alle loro fondazioni.

D’altra parte i partiti costano, la politica costa, le feste costano, la vita romana con tutti gli annessi e connessi costa e bisogna approfittare quando la tavola è imbandita e quelli che sono interessati lo sanno bene, mentre quelli che fanno finta di non sapere è perché non gliene  frega proprio niente.

Fabrizio Sbardella