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Smart working: investigatori privati sulle tracce di dipendenti indisciplinati.

Smart working: investigatori privati sulle tracce di dipendenti indisciplinati. Sempre più imprese si rivolgerebbero ad agenzie investigative per sorvegliare i propri collaboratori. Più una segnalazione di lavoratori beccati a fare shopping o attività fisica durante l’orario di lavoro. Ma attenzione: in Italia lo Statuto dei Lavoratori vieta il controllo dei dipendenti

L’esplosione dello smart working a seguito del lockdown conseguente all’emergenza globale del COVID-19, sta portando milioni di lavoratori a lavorare direttamente da casa con una tendenza già dichiarata anche dalle imprese e da varie associazioni di categoria di favorire la modalità di telelavoro direttamente dai domicili dei dipendenti anche dopo la fine di questo periodo. Tuttavia, in attesa di una più ampia e puntuale regolamentazione e normazione di questa modalità con un necessario intervento da parte del legislatore o comunque di accordi sindacali finalizzati a disciplinarla puntualmente, da qualche furbetto che non ha voluto cogliere le opportunità concesse, viene presa come una possibilità di far altro rispetto alle mansioni e ai compiti assegnati. Ed allora: chi a fare shopping, chi attività motoria o persino grigliate al posto di lavorare da casa, sono diversi ad essere stati pizzicati ad eludere l’attività lavorativa così come confermato da alcuni investigatori privati che sono stati incaricati a scovare i dipendenti indisciplinati. Sarebbero diverse, infatti, le imprese che si sarebbero rivolte ad agenzie investigative già dall’inizio dello scorso aprile che sono state costrette ad introdurre il lavoro a distanza per “seguire” i dipendenti che dovrebbero trovarsi a casa davanti al computer negli orari stabiliti. E per alcune aziende i sospetti sarebbero stati confermati dalle osservazioni. In Svizzera, per esempio, un dipendente trascorreva giornate intere in giro per negozi. Un’altra, invece, durante l’orario di lavoro si trovava nel giardino dei vicini per una grigliata. Se in altri Paesi questo tipo di controlli sono per così dire “normali” in Italia, non è consentita un’attività generica di sorveglianza da parte di soggetti anche abilitati. Nello specifico, è bene ricordare la recente sentenza 15094 del 2018 della Corte di Cassazione, sezione lavoro, che nei fatti ha stabilito un principio – che Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ritiene sacrosanto – secondo cui un’azienda non può incaricare un investigatore privato di controllare se un dipendente svolge per davvero e in modo corretto il compito per il quale viene pagato. Quest’attività di controllo può essere effettuata solo dal datore di lavoro e dai suoi collaboratori per come stabilito dall’articolo 3 dello Statuto dei lavoratori. L’utilizzo dell’investigatore privato per il controllo del dipendente è ammesso solo in alcuni casi ed in particolare, nei confronti di colui che tiene comportamenti “penalmente rilevanti”, che svolge, ad esempio, un’attività retribuita in favore di terzi durante il suo orario di lavoro, che compie “mancanze specifiche” (come vendere un prodotto e rubare la somma incassata), che, ancora, svolge un’attività extralavorativa violando il divieto di concorrenza.Solo in queste fattispecie è consentito incaricare un detective e le sue relazioni, le sue foto, i suoi filmati, le registrazioni audio possono assumere la dignità di prova a scapito del lavoratore. Al contrario, l’investigatore “non può sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria”, che “è riservata dall’articolo 3 del dello Statuto dei lavoratori direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori”. Peraltro, e più in generale è bene rammentare che l’occhio dei detective privati non può arrivare dappertutto: è consentito sorvegliare soltanto gli spazi visibili dalla strada, come balconi e giardini. È invece vietato guardare o addirittura filmare attraverso una finestra quanto accade all’interno, per esempio in soggiorno.

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Fontana scrive a premier Conte: nuovi orari di lavoro e smart working in vista di ulteriori aperture

“Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha scritto una lettera, per la fase2, al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Obiettivo: ribadire le proposte lombarde per evitare il sovraffollamento del trasporto pubblico locale, in previsione della crescente riapertura delle attività”. Lo comunica in una Nota la Regione Lombardia.

Evitare affollamento dei trasporti

“Sono tre – prosegue la Nota – le necessità evidenziate dal governatore Fontana: evitare il sovraffollamento sui mezzi di trasporto attraverso il cambiamento degli orari di ingresso negli uffici; garantire controlli efficaci sulla salita nei mezzi pubblici e sul distanziamento tra i viaggiatori e aiutare le famiglie che hanno figli in età scolare”.

Insistere su smart working

“La Lombardia – conclude la Nota – ha, quindi, ribadito al Governo la necessità di insistere con lo smart working. E di potenziare il trasporto su gomma (anche usando i noleggi auto con conducente). E, infine, di mettere in campo misure di sostegno per chi si deve occupare dei figli come i congedi parentali alternati”.

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sCool – Varese all’avanguardia per la didattica a distanza dei bambini della scuola primaria.

Sentiamo spesso parlare di innovazione e di eccellenza, oggi anche Varese si pone all’avanguardia nella didattica a distanza. sCool è infatti una piattaforma didattica di streaming con contenuti pensati per la scuola primaria. L’emergenza Covid-19 ha costretto allo smart working alunni e insegnanti, spesso per la prima volta, impegnati  a studiare e a insegnare da casa. L’idea è nata da un gruppo di professionisti dell’immagine e della comunicazione, con la collaborazione di alcuni insegnati, che, grazie all’agenzia varesina Rainbowhale, attiva nel settore cinematografico e della comunicazione, hanno dato vita ad un sistema totalmente gratuito di contenuti didattici in costante aggiornamento. Mettendo insieme le diverse esperienze professionali, sono stati creati e messi in rete dei video di animazione con cartoni animati di personaggi che insegnano ai bambini. Le lezioni, dei più disparati argomenti, seguono il programma di studi della scuola primaria con video lezioni, curiosità, schede didattiche e attività di laboratorio. Immediato è stato il riscontro ed il successo avuto sia da parte dagli alunni e delle loro famiglie sia da parte degli insegnanti, a cui non sembrava vero di poter disporre di lezioni già implementate su una piattaforma, oltretutto presentate in modo ludico oltre che scolastico. sCool, che è stata attivata la prima settimana di aprile, ha registrato da subito tantissimi accessi, tanto che oggi si parla già del suo potenziamento. Gli insegnanti hanno così a disposizione un mezzo che permette di completare la didattica non solo a distanza ma anche, quando si potrà tornare a scuola, quella tradizionale, in aula. Già la pagina iniziale si presenta semplice da usare e divertente, in modo da invogliare i bambini delle primarie ad accedere, inoltre i contenuti sono ideali per essere integrati sulle più diffuse piattaforme di e-learning, come Classroom, Weschool e Edmodo e altri programmi online. sCool potrebbe essere un valido aiuto anche per gli insegnanti di sostegno che si occupano dei bambini con disturbi specifici dell’apprendimento. Quando si accede alle varie materie si trovano dei simpatici personaggi che ci accompagnano nell’esplorazione e nello studio degli argomenti, si può anche scegliere il grado di apprendimento in base alle classi della scuola primaria, c’ è poi una sezione per i contenuti extra e una riservata agli insegnanti. Il servizio è in continua espansione e si fatica a far fronte alle richieste. E’disponibile all’indirizzo www.s-cool.cloud.

 

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Il  lavoro agile nell’istruzione sarebbe meglio chiamarlo disagiato

Istruzione: lo chiamano smart working

 

Il coronavirus ha trovato tutti impreparati. Naturalmente, in quegli istituti e in quelle scuole in cui già si faceva smart worching non si  è fato altro che continuare, per gli altri di agile non c’è niente. Una serie infinite di difficoltà varie che vanno dall’impreparazione di molti dirigenti, degli insegnanti, degli alunni; la sorpresa delle famiglie e, come se non bastasse, la cronica inefficienza delle connessioni e dei sistemi informatici italiani. 

Per quanto riguarda giornali e  televisioni di stato  o meno, c’è questo dire non dire di cui siamo abituati in tutti i settori, basta guardare cosa sta facendo il settore chiamato in causa  in prima linea,  quello sanitario, per accorgersi della pochezza organizzativa del “Sistema Italia”. Nel settore scuola ed istruzione anche  qui la retorica imperante è quella che domina. Come medici e infermiere, privi di mezzi e di strutture sono chiamati eroi, e alcuni di essi muoino, così qualcuno si è ricordato degli insegnanti che si “sacrificano” per  insegnare ai nostri figli. Come al solito, anche nel caso dello smart working  cosa rileviamo?

Gente che lasciata sola e di propria iniziativa, non fa smart working, ma si è inventata letteralmente un lavoro, dal nulla o dal quasi nulla. Si perché al di là di quello che si vuol far credere alle famiglie e alla gente, complice in questo istituzioni e media, Ministero dell’Istruzioni e organi vari hanno dato delle indicazioni  di massima e alla fine ognuno ha fatto per se. Molti dirigenti scolastici impreparati, non hanno dato indicazioni su come si dovrebbe guidare l’automobile ma  su quali sono le cose permesse e quello no, un codice di circolazione scolastico dove, non solo il lavoro, ma anche le responsabilità vengono addossate agli insegnanti e l’incapacità di partecipare agli alunni.

Per non parlare poi, di come tra le righe,  velatamente si tirino in ballo le famiglie degli alunni, accusate di non aver adeguatamento munito i propri figli di supporti informatici. Ma visto che è da anni che si parla di smart working perché non essersi preparati prima indipendentemente dal coronavirus. La formazione a distanza esiste da anni, molti docenti la applicano e ne sono a conoscenza, molti dirigenti no. Poiché qualche numero va dato, diciamo che almeno un venti per cento dei docenti sanno di cosa si tratta anche materialmente, molti studiano e si aggiornano su piattaforme informatiche e le sanno usare. In pratica sono pronti a partire, sanno guidare l’auto. Vi è poi una specie di limbo dove c’è gente che sa e non sa ma, per il restante  cinquanta sessanta percento c’è un brancolare nel buio un parlare per sentito dire. E a questo si sommano circolari dirigenziali patetiche da una parte e sconcerto dall’altra.

Usare watsapp o un telefonino non è fare smart working. Arrangiamoci come possiamo, dobbiamo pure fare qualcosa. Si ma così non si va da nessuna parte, ci vogliono strumenti adeguati non solo computer, ma anche piattaforme adeguate e certificate, ci vogliono connessioni adeguate e tutti dovrebbero poter accedere a questo sistema di istruzione. Invece basta abitare nel paesino sfortunato per non riuscire a collegarsi adeguatamente ad una video lezione. Non parliamo poi di svolgere compiti in classe tutti assieme, Ma la cosa che sta sconcertando più di tutto gli interessati, insegnati e alunni e qualche famiglia poco credulona, sono i sistemi di valutazione del lavoro svolto.  Come verrà valutato il lavoro  di diversi insegnanti che hanno agito autonomamente su piattaforme diverse, le più usate sono Weschool e Google Classroom, ma altri usano mail, Watsapp, Zoom, Skype. Un marasma di iniziative e di dispersione di forze.

Per gli alunni, come tener conto di verifiche, magari fatte con la sorella maggiore iscritta all’università li affianco.. Eppure, parlando con i docenti, viene fuori che è da anni che si insite per fare della formazione a distanza. Mentre gli altri hanno i treni super veloci noi abbiamo ancora le locomotive a vapore a trainare la scuola italiana o meglio la parte di essa che non si è ancora  elettrificata, “pardon” informatizzata. Non parliamo delle scuole, dei dirigenti e degli insegnanti  che da anni si sono adeguati ma un domani,  tornati alla normalità,  questi macchinisti incapaci li vogliamo togliere dai comandi prima che facciano deragliare definitivamente la scuola italiana