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Rapina in banca in pieno centro: minaccia la cassiera con un’arma, ma la Polizia lo cattura

Rapina in banca in pieno centro: minaccia la cassiera con un’arma, ma la Polizia lo cattura

Con un’operazione fulminea e a regola d’arte, la Polizia di Stato ha sventato la rapina tentata ieri alle 10.30, presso la filiale BPM di via IV Novembre, nel quartiere di Borgo Trento, a Verona. Come riferito nella conferenza stampa che si è tenuta in Questura, fondamentale è stata, ancora una volta, una segnalazione (nonostante fosse scattato anche il sistema antirapina), che ha permesso agli agenti di intervenire tempestivamente.
Ben vestito, in giacca e cravatta, il rapinatore si era mescolato nella coda che attendeva di poter entrare in banca dove, conformemente alle norme anti Covid-19, gli ingressi sono contingentati. Fatto il proprio ingresso nell’istituto bancario – all’interno del quale erano presenti solo 3 utenti e pochi altri impiegati, dunque, una decina di persone in tutto – l’uomo si è avvicinato ad una delle ultime casse adiacenti alla porta e, aprendo il bavero della giacca, ha mostrato all’impiegata la pistola che aveva con sé e intimato lei di consegnargli il denaro. Spaventata, la donna è riuscita a tergiversare per pochi ma fondamentali minuti che hanno consentito ad una sua collega di inviare un messaggio ad un collaboratore di un’altra filiale cittadina, avvisandolo della rapina e chiedendogli di chiamare il 113.
Ricevuta la richiesta di aiuto, si è subito messa in moto la macchina della Questura di Verona: inizialmente è stata fatta una chiamata all’istituto di credito per verificare la situazione ma, non ricevendo risposta, le forze dell’ordine si sono precipitate sul luogo.
Proprio nei giorno scorsi, il Questore Ivana Petricca aveva dato disposizione per aumentare la presenza sul territorio di agenti e per rafforzare i controlli in questa fase post lockdown, al fine di prevenire ogni forma di reato. Non lontano dal luogo della rapina erano, quindi, già presenti alcuni componenti della Squadra Mobile che hanno immediatamente raggiunto la banca, seguiti, a distanza di pochi secondi, dalle pattuglie delle Volanti e della squadra U.O.P.I. (Unità Operative di Pronto Intervento), addestrata per operazioni di contrasto al terrorismo. Giunte sul posto, le forze di polizia hanno bloccato tutte le vie fuga e pattugliato l’area alla ricerca di possibili complici, mentre gli agenti della Mobile in borghese hanno fatto irruzione.
All’interno dell’istituto di credito, nel frattempo, la cassiera aveva comunicato al bandito di non avere denaro da consegnargli: in quel frangente sono entrati, armati, i poliziotti e al rapinatore non è rimasto che gettare a terra la pistola e arrendersi.
Catturato, l’uomo è stato perquisito dagli agenti: la pistola in suo possesso era, in realtà, una scacciacani a cui era stato tolto il tappo rosso che contraddistingue le armi giocattolo; con sé, inoltre, portava un coltello da cucina con la lama in ceramica, anch’esso sequestrato. Condotto negli uffici di lungadige Galtarossa, il rapinatore è stato identificato e sono, così, emersi anche tutti i suoi numerosi precedenti. Si tratta, infatti, di un uomo originario della provincia di Foggia che può essere definito un “rapinatore seriale”, dedito alla commissione di questo genere di reati, anche se in passato si è cimentato in altri tipi di crimini, come furti di portafogli o truffa – reato, quest’ultimo, di cui è stato accusato tre anni fa, in quanto responsabile di rivendita di biglietti per effettuare tour in barca nella laguna di Venezia riservati ai portatori di handicap, ceduti a cinque volte il loro prezzo. L’uomo era uscito dal carcere “Due Palazzi” di Padova nel mese di marzo, dopo esservi stato rinchiuso per una rapina in banca commessa a Treviso. Risulta essere attualmente senza fissa dimora e l’ultima sua residenza conosciuta risulta essere collocata nel Veneziano.
Secondo una prima ricostruzione dei fatti, il rapinatore, ieri mattina, si sarebbe recato in banca ben vestito e a piedi, probabilmente con l’idea di allontanarsi, poi, senza dare troppo, con la speranza di far perdere le proprie tracce. I suoi propositi sono, in ogni caso, svaniti in neppure cinque minuti: il tempo che ha impiegato la polizia a mettere in piedi un’operazione da manuale. Ora l’arrestato si trova nel carcere di Montorio.
#Polizia
#Volanti
#SquadraMobile

Redazione VaresePress@ Roma

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Cronaca

Verona: 23 arresti per ‘Ndrangheta, Tosi indagato per peculato

Si sono concluse le Indagini della Dda di Venezia sulla cosca degli Arena-Nicosia di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. Tra le accuse ci sono associazione mafiosa, truffa, riciclaggio, estorsione, traffico di droga, corruzione. Indagato anche Flavio Tosi.

 

Al termine di un’indagine della Polizia,  coordinata dalla Dda di Venezia, che ha sgominato la «locale» di ‘Ndrangheta di Verona, una struttura autonoma ma riconducibile alla cosca degli Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.

Sono state emesse dal Giudice delle Indagini Preliminari ed eseguite 26 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, truffa, riciclaggio, estorsione, traffico di droga, corruzione, turbata libertà degli incanti, trasferimento fraudolento di beni e fatture false. 

Tra i nomi degli indagati il boss Antonio Giardino, il braccio destro Nicola Toffanin e l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi, indagato per peculato, in passato già chiacchierato per i legami con i Giardino.

Sono finite In carcere 17 persone mentre nei confronti di altre 6 sono stati disposti gli arresti domiciliari e per 3 è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. 

Le indagini sono state condotte tra il 2017 ed il 2018 da un gruppo di lavoro composto dagli investigatori della prima divisione del Servizio Centrale Operativo (Sco) della Polizia e dai poliziotti delle squadre mobili di Verona e Venezia, e hanno portato alla luce quelli che vengono ritenuti «gravi indizi» relativi alla presenza della locale di Ndrangheta a Verona. 

“Per la prima volta la criminalità organizzata tocca il territorio veronese, dopo Eraclea e Padova – ha spiegato il procuratore distrettuale antimafia, Bruno Cherchi – le ipotesi che avevamo fatto in passato sulla criminalità organizzata stanno dando riscontri su una situazione che deve essere attentamente considerata. Si tratta di un pericoloso segnale d’allarme che dovrebbe allarmare la società civile per la pericolosità dei contatti tra amministrazione e politica e criminalità organizzata”

Le indagini hanno evidenziato che gli indagati che avevano forti legami con la ‘ndrangheta calabrese e in particolare con la cosca Arena-Nicoscia e avevano avuto rapporti con la società pubblica di gestione dei rifiuti Amia di Verona.