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Ospedale Fiera. Cenci (M5S Lombardia): “La solita logica della pubblicità

Questa linea ondivaga di Regione Lombardia, sinceramente è incomprensibile, prima si spendono parecchi milioni e poi ci si ripensa, ed è comprensibile che ci siano forze politiche che non apprezzino.

Ospedale Fiera. Cenci (M5S Lombardia): “La solita logica della pubblicità, serviva  strategia ponderata per l’utilizzo delle risorse”.Ospedale Fiera. Cenci (M5S Lombardia): “La solita logica della pubblicità, serviva  strategia ponderata per l’utilizzo delle risorse”.
L’unità di crisi di Regione Lombardia tramite il professor Antonio Pesenti dichiara che a breve si chiuderà l’ospedale in Fiera. Roberto Cenci, consigliere regionale del M5S Lombardia, dichiara: “Una struttura costata 21 milioni di euro che ha visto transitare solo 25 pazienti nei padiglioni della fiera, costruita contro ogni logica clinica lontana da altri reparti specialistici, senza personale e senza una progettualità a lungo termine. Abbiamo provato in tutti modi a consigliare al Presidente e all’assessore Gallera di procedere con il recupero di strutture abbandonate, che alla fine dell’emergenza sarebbero potute entrare a regime del Servizio Sanitario Regionale, ma ha prevalso la logica pubblicitaria, che puntualmente ha fallito. L’idea di Sanità modulabile per le emergenze, sul modello israeliano, non è basata su strutture distaccate dagli ospedali ma su Ospedali capaci di ‘sfruttare’ tutti gli spazi in caso di emergenze, sarebbe una follia pensare di lasciare una struttura vuota e non funzionale fino alla prossima, indesiderata, emergenza.In questo momento che le terapie intensive si stanno svuotando si potrebbe utilizzare l’ospedale in Fiera per ‘sanificare’ gli altri ospedali ed aiutarli a riprendere le attività ambulatoriali senza avere reparti Covid sparsi in tutte le strutture, dopo questa enorme spesa almeno troveremmo il modo di utilizzare in qualche modo questa struttura. Non avremmo certo voluto vedere l’ospedale pieno, ma avremmo voluto assistere a una strategia ponderata per l’utilizzo delle risorse”.

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L’ospedale in Fiera non aggiunge neanche un posto in più alle terapie intensive

«Quel paziente è la dimostrazione che l’ospedale in Fiera non aggiunge neanche un posto in più alle terapie intensive già presenti a Milano. Ci si limita a spostarle da un luogo ad un altro, in questo caso dicono che hanno portato in Fiera il personale della Mangiagalli (altra clinica gestita dal Policlinico, ndr)», continua il medico, dando voce a un malessere «molto diffuso tra i mei colleghi».

Un medico anonimo si sfoga così, con un budget non ancora preciso, perchè nell’emergenza si spende, i conti si fanno dopo..

L’annuncio era stato altisonante, «Entro sei giorni costruiremo un maxi polo da 600 posti, interamente dedicato ai pazienti Covid, nel quale lavoreranno almeno 500 medici e 1.200 infermieri»l’11 marzo, come dire, la Lombardia ce la può fare e ce l’ha fatto, obiettivamente la struttura opera.

Ma la carenza di medici e paramedici? Si era pensato di offrire posti letto al Piemonte in cambio dell’arrivo dei medici necessari, ma Cirio non ha voluto tenendo ben presente la difficoltà e ognuno pensa per sè.

Altri medici hanno preso posizione ufficialmente, cardiologo Giuseppe Bruschi, Dirigente Medico I livello dell’ospedale Niguarda, postava su Facebook: «L’idea di realizzare una terapia intensiva in Fiera non sta né in cielo né in terra… Una terapia intensiva non può vivere separata da tutto il resto dell’Ospedale. Una terapia intensiva funziona solo se integrata con tutte le altre Strutture Complesse che costituiscono la fitta ragnatela di un ospedale (dai laboratori alla radiologia, della farmacia agli approvvigionamenti, della microbiologia all’anatomia patologica); perché i pazienti ricoverati in terapia intensiva necessitano della continua valutazione integrata di diverse figure professionali, non solo degli infermieri e dei rianimatori, ma degli infettivologi, dei neurologici, dei cardiologi, dei nefrologi e perfino dei chirurghi… Quindi per vivere una terapia intensiva ha bisogno di persone, di professionisti integrati nella loro attività quotidiana multi-disciplinare».

Insomma la buona volontà non basta: ci vogliono medici e attrezzature per fare il servizio, la comunicazione non basta.