EDITORIALE
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Avv. Gianni Dell’Aiuto
Il Tribunale di Roma è stato chiamato a decidere sulla richiesta di una signora che lamentava come la propria vicina, costruendo un balcone e aprendovi una porta finestra, oltre a violare le norme in materia di distanze condominiali, violasse la propria privacy, potendo “spiarla” tramite la nuova veduta all’interno della propria abitazione e, in particolare, nel bagno. La parte accusata si difendeva sostenendo come, viceversa, il balcone si trovasse in quella posizione da ben oltre vent’anni, al punto di chiedere la declaratoria di una servitù di veduta per usucapione.
Il tribunale, preliminarmente ha rilevato come nel caso, non si potesse parlare di veduta, bensì di finestra. La fondamentale differenza è che mentre la finestra permette la visione solo frontale, una veduta si configura soltanto nel caso in cui l’apertura realizzata, oltre che di vedere e guardare frontalmente, permette ad una persona di media altezza anche di affacciarsi e quindi di guardare in maniera laterale ed obliqua sul fondo altrui. Oltretutto, nel caso in esame, il nuovo manufatto serviva solo a dare maggiore aria e luce all’appartamento, ma non a mettere la testa fuori.
Da questa osservazione è stata operato un’attenta analisi ai fini del bilanciamento tra la privacy e il diritto a poter ampliare l’apertura della porta-finestra per avere più aria e luce. Il Tribunale ha concluso che debba prevalere il diritto ad utilizzare il bene comune per dare maggior luce, specialmente in considerazione dell’apposizione di una grata che impediva un eccessivo affaccio verso le finestre altrui.
Si tratta di una pronuncia che dovrà verosimilmente passare da altri gradi di giudizio ma, in casi analoghi, si dovrà tenere presente come la privacy debba in ogni caso essere tutelata e rispettata.