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Ford richiama 2,1 milioni auto

Ford richiama 2,1 milioni auto. La seconda casa automobilistica statunitense ha annunciato un maxi richiamo. I motivi? Le loro porte possono aprirsi mentre i veicoli sono in movimento. E’ il terzo richiamo per lo stesso problema. Il richiamo riguarda la Ford Focus 2012-2015, la Ford Fusion 2013-2014, la Ford Fiesta 2011-2014 e la Ford Escape e C-Max 2013-2015. Sono inoltre iteressati i modelli Lincoln MKZ 2013 e 2014, Lincoln MKC 2015, Ford Mustang 2015 e Ford Transit Connect dal 2014 al 2016.

 

Problema di chiusura della portiera e di una perdita di liquido dei freni. Questo è i difetti che ha spinto la seconda casa automobilistica statunitense a richiamare i 2,1 milioni di automobili, SUV e furgoni in un periodo temporale che va dal 2012 fino al 2016. In base alla spiegazione di FORD, le chiusure difettose delle serrature possono causare l’apertura delle porte mentre i veicoli si muovono. È il terzo richiamo per lo stesso problema. Ford sta anche richiamando quasi 344.000 pickup F-150 negli Stati Uniti e in Canada per riparare una perdita di fluido dal cilindro maestro del freno. La società afferma che il problema ha causato sette incidenti a bassa velocità con due feriti. La società ha detto mercoledì che i precedenti richiami di chiusura della porta sono stati fatti a causa di linguette a molla a nottolino difettose che potrebbero rompersi e guastarsi a temperature elevate. Di solito le porte non si chiudono in caso di guasto, ma se si chiudono potrebbero riaprirsi mentre i veicoli sono in movimento. I veicoli precedentemente richiamati potrebbero non aver ricevuto la sostituzione dei chiavistelli o le riparazioni potrebbero non essere state eseguite correttamente, ha dichiarato la società in una nota. I proprietari avranno la possibilità di ispezionare i codici della data di chiusura e controllare online per vedere se i due richiami precedenti sono stati eseguiti correttamente o se è necessario un ulteriore intervento. Coloro che non vogliono fare l’ispezione e quelli i cui dispositivi di chiusura devono essere sostituiti, dovranno recarsi dai rivenditori. Il richiamo riguarda i veicoli negli Stati Uniti e include la Ford Focus dal 2012 al 2015, la Ford Fusion dal 2013 al 2014, la Ford Fiesta dal 2011 al 2014 e la Ford Escape e C-Max dal 2013 al 2015. Sono inoltre interessati i modelli Lincoln MKZ 2013 e 2014, Lincoln MKC 2015, Ford Mustang 2015 e Ford Transit Connect dal 2014 al 2016. Non tutti i veicoli richiamati di quegli anni saranno inclusi. Il richiamo del liquido freni copre alcuni F-150 dal 2014 al 2017 negli Stati Uniti e in Canada. I pickup della serie F sono i veicoli più venduti negli Stati Uniti. Tutti i camion richiamati hanno motori turbo da 3,5 litri. Ford afferma che il fluido può fuoriuscire dal cilindro principale per il circuito della ruota anteriore. A seconda di quanto fluido si perde, i freni anteriori potrebbero perdere gran parte della loro capacità di arresto, ma i freni posteriori funzionerebbero. Ciò può allungare le distanze di arresto e causare un incidente. Ford afferma in una nota che il guidatore potrebbe sentire un suono o ottenere una spia sul cruscotto. Potrebbe anche essere necessaria una maggiore pressione sul pedale per arrestare i camion. I concessionari sostituiranno la pompa freno e il servofreno in caso di perdite.. Nell’attività a tutela dei consumatori e dei proprietari o possessori di veicoli a motore, lo “Sportello dei Diritti”, ancora una volta, grazie al servizio che svolge monitorando tutti i richiami tecnici per l’eliminazione di difetti di produzione o di progettazione riguardanti la sicurezza che interessano i veicoli circolanti, anticipa in Italia l’avvio di procedure di tal tipo da parte delle multinazionali automobilistiche anche a scopo preventivo, poiché non sempre tutti coloro che possiedono una vettura tra quelle indicate vengono tempestivamente informati. È necessario, quindi, spiega Giovanni D’Agata presidente dello  “Sportello dei Diritti”, prestare la massima attenzione e rivolgersi alle autofficine autorizzate o ai Concessionari Ford Italia, nel caso in cui la propria autovettura corrisponda al modello in questione. 

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Cronaca

Razzismo, nuovo video di sorveglianza cattura i primi momenti dell’arresto di George Floyd, l’afro americano morto soffocato durante l’arresto.

Razzismo, nuovo video di sorveglianza cattura i primi momenti dell’arresto di George Floyd, l’afro americano morto soffocato durante l’arresto. La clip dimostra che non si è opposto all’arresto Il caso di George Floyd, il 46enne afro-americano, bloccato violentemente a terra dalla polizia di Minneapolis portandolo a gridare `non riesco a respirare´ e successivamente morto in ospedale, ha provocato enormi proteste negli Stati Uniti. Ora un video integrale dell’arresto dimostra come l’afroamericano non abbia opposto nessuna resistenza agli agenti ma, al contrario, sia stato sempre collaborativo nei loro confronti. Oltre che dalle telecamere di videosorveglianza installate nella strada la scena è stata filmata da alcune persone. Tuttavia, il video oltre alla sofferenza del 46enne, mostra anche l’incredibile cinismo dell’agente Derek Chauvin, inginocchiato sul suo collo con una mano in tasca e incurante delle richieste d’aiuto dell’uomo che stava arrestando. Ebbene, il poliziotto che ha commesso l’omicidio è stato licenziato, così come i suoi tre colleghi presenti che non hanno mosso un dito per soccorrere Floyd. Eppure quello di Chauvin era da tempo il profilo di un uomo che probabilmente mai si sarebbe dovuto occupare di ordine pubblico: nei suoi 19 anni di carriera infatti l’agente ha collezionato numerose denunce per uso eccessivo della forza e almeno una causa relativa ad un’accusa di violazioni dei diritti costituzionali federali di un prigioniero. Già nel 2006 il nome di Chauvin compariva tra quelli dei poliziotti che dopo essere entrati in una casa di Minneapolis, nell’ambito del caso Reyes, aprirono il fuoco contro l’uomo, che aveva tentato la fuga a bordo del suo camion e non rappresentava più una minaccia per la loro incolumità. Nonostante quella controversa vicenda il poliziotto è rimasto in servizio e appena due anni dopo è stato protagonista di un altro episodio: dopo essere entrato in casa Ira Latrell Toles, una ragazza di 21 anni, ha ingaggiato con lei una colluttazione al termine della quale le ha sparato due colpi all’addome. Nel 2011, Chauvin è stato posto in congedo temporaneo dopo aver partecipato a un’altra sparatoria, ma sono anche molte altre le denunce elencate nel database dell’Ufficio di condotta della polizia di Minneapolis. I dettagli di questi casi sono stati resi “non pubblici” e non hanno comunque portato a nessun provvedimento disciplinare. La vicenda di Floyd, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, potrebbe riportare sotto i riflettori il movimento Black Lives Matter, nato nel 2013 dopo l’omicidio di Trayvon Martin. Il movimento è stato al centro del dibattito politico durante la presidenza Obama, soprattutto dopo i disordini di Ferguson del 2014. Ma negli ultimi anni, sotto la presidenza di Donald Trump, i suoi attivisti hanno trovato sempre meno spazio, anche se il razzismo contro i neri non è stato superato e gli omicidi della polizia sono ancora frequenti. Black Lives Matter svolge ancora un ruolo importante dove ce n’è più bisogno, cioè a livello locale, dove ha cercato di trasformare le proteste in campagne politiche per migliorare la condizione di vita dei neri. Ecco il video: https://youtu.be/yAq8bmrPKEM

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Incontro finito bene tra un orso ed un bambino in Trentino a Sporminore. Il video sta facendo il giro del web

Incontro finito bene tra un orso ed un bambino in Trentino a Sporminore. Il video sta facendo il giro del web

Paura e sangue freddo con un orso alle spalle per Alessandro, un ragazzo di prima media, che è uscito illeso da un incontro ravvicinato con un plantigrado in Trentino Alto Adige, nella zona sopra alla Contra, sopra Malga Prà da Giovo, a Sporminore, grazie alla calma con cui ha affrontato la situazione. Nella clip si vede che il bambino ha indietreggiato lentamente senza farsi notare dall’urside. Il bambino si era avvantaggiato di qualche metro rispetto al gruppo formato da persone adulte quando tra i cespugli è spuntato l’orso che ad un certo punto si è alzato in piedi. Il ragazzino ha indietreggiato fino a quando l’animale si è allontanato velocemente forse spaventato dalla presenza di persone. In Trentino, .evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, soprattutto nella zona del Brenta, cui sono tra gli 70 e i 75 orsi. Ecco il video: https://youtu.be/oVR5iK6f05s

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Le api blu credute estinte esistono ancora!

Le api blu credute estinte esistono ancora! Gli scienziati fortunatamente si sbagliavano: le “api blu” (Osmia calaminthae) esistono ancora. Un rarissimo esemplare è stato avvistato lo scorso marzo in Florida

Dal Museo di storia naturale della Florida, giunge una meravigliosa notizia inerente il mondo della natura, e nello specifico quello degli insetti: le api blu, credute estinte, sono in realtà vive, vegete e più abbondanti di quanto gli scienziati potessero immaginare e sperare. In realtà, non si tratta propriamente di un’ape, ma di un insetto appartenente alla specie Osmia calaminthae. Sono diffuse prevalentemente in Florida, deve la sua particolare colorazione blu alla preferenza per il polline del fiore violaceo della pianta Clinopodium ashei. “Ero consapevole del fatto che probabilmente non avremmo più rivisto queste osmie, quindi è stato molto emozionante vederne un esemplare”,ha raccontato Kimmel. “Stiamo cercando di colmare molte lacune su questa specie. Ciò dimostra quanto poco sappiamo della comunità degli insetti e quante scoperte possiamo ancora fare.” ha chiarito il ricercatore. Kimmel e il suo consulente, Jaret Daniels, direttore del McGuire Center for Lepidoptera and Biodiversity del Florida Museum che stanno lavorando a un progetto di ricerca di due anni per determinare l’attuale stato e la distribuzione della popolazione dell’ape calamintha blu, nonché le abitudini di nidificazione e alimentazione. I ricercatori stavano installando un condominio per api vicino a una specie di fiore chiamato Ashe’s Calamine, che è una delle principali fonti di cibo per le api, e notò la strana creatura nelle vicinanze. e scattò una serie di fotografie per confermare l’identità dell’ape blu. Pare che viva soltanto nei pressi del Lake Wales Ridge, area conosciuta a livello mondiale per la sua incredibile biodiversità. La sopravvivenza di questa specie dipende strettamente dal Clinopodium ashei, una pianta originaria degli Stati Uniti, che rischia di scomparire. Durante l’impollinazione,  fa oscillare la testa avanti e indietro per raccogliere più polline possibile. Daniels e Kimmel stanno tentando di determinare se si nutre esclusivamente del Clinopodium ashei o anche di altri fiori, studiando il polline raccolto e monitorando i suoi spostamenti. L’Osmia calaminthae è un insetto apoideo, che crea nidi individuali anziché alveari come le altre api. Infatti, tendono a utilizzare nidi fatti di terra o cavità degli alberi morti. Una delle sue principali minacce proviene dagli sviluppi umani che invadono il suo habitat, principalmente sotto forma di agrumeti commerciali. Attualmente è elencata nel Piano d’azione per la fauna selvatica dello stato della Florida tra le specie che necessitano di maggiore conservazione,  Quella avvenuta in Florida, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” è una bellissima scoperta che ci fa ben sperare per il futuro di questa affascinante e colorata specie di api, oltre che per il pianeta!

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Consumatori

Famoso gelato richiamato per presenza corpi metallici

Famoso gelato richiamato per presenza corpi metallici

Le principali catene di supermercati europee, hanno pubblicato un avviso ai consumatori sul loro sito in cui informano la clientela della possibile presenza di un corpo estraneo di natura metallica nei gelati Mini Max Calippo. Lo rende noto l’Autorità per la sicurezza alimentare (FSA) del Regno Unito. Il Calippo è una linea di gelati prodotto dalla Unilever sotto il marchio Heartbrand. In Italia viene prodotto dalla Unilever sotto il marchio Algida. Nel loro avviso di richiamo, la FSA ha dichiarato; “HB sta richiamando il Mini Max Calippo (arancione e limone-lime) a causa della possibile presenza di piccoli pezzi di metallo. Gli avvisi di ritiro dei punti vendita verranno visualizzati nei negozi forniti con i lotti implicati.” I lotti interessati dal richiamo sono in confezioni da sei, con i codici come segue; L0121, L0122, L0123, L0124, L0125 e L0126; da consumarsi preferibilmente entro la data del 04/2022 o 05/2022. Il paese di origine per i prodotti HB interessati da questo richiamo è il Regno Unito. La Heartbrand non ha ancora commentato come i piccoli pezzi di metallo possano essere finiti in questi lotti. Non si possono escludere rischi per la salute in caso di ingestione, come un possibile pericolo di lesioni. Se avete acquistato questi gelati potete dunque riportarli nei supermercati Aldi, Lidl e Tesco e lì verrete rimborsati del prezzo di vendita. I richiami, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sono stati effettuati nei Paesi dell’Europa Nord-occidentale, e in particolare Regno Unito e Irlanda. L’allerta, almeno per il momento, non dovrebbe riguardare anche il mercato italiano, ma è bene sempre essere informati e fare attenzione.

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Consumatori

Privacy e dati personali nel mirino dei criminali informatici con l’emergenza Coronavirus

Privacy e dati personali nel mirino dei criminali informatici con l’emergenza Coronavirus. Interviene anche il Garante: attenzione al ransomware. Il programma che prende “in ostaggio” il tuo dispositivo

Noi dello “Sportello dei Diritti”, nell’incessante lotta al crimine informatico che costituisce una delle tante attività in cui siamo impegnati a difesa dei cittadini, abbiamo più volte segnalato la pericolosa diffusione di programmi che s’installano sui nostri dispositivi a seguito della ricezione di messaggi, il più delle volte tramite email, sms o app social e che possono causare serie conseguenze, fino a minacciare la nostra stessa vita privata. Con un interessante articolo pubblicato in data odierna che riteniamo utile rilanciare, interviene in materia anche il Garante della Protezione dei Dati Personali per spiegare quali sono i rischi e come difendersi in un momento particolare, quale quello dell’Emergenza Covid-19, in cui siamo tutti più esposti a questi pericoli digitali.

“L’emergenza sanitaria da Covid2019 – che porta molte più persone e per molto più tempo ad essere connesse online e ad utilizzare dispositivi digitali – sembra essere affiancata da un pericoloso “contagio digitale”, alimentato da malintenzionati che diffondono software “malevoli” per varie finalità illecite. Una delle attività più diffuse e dannose è attualmente il cosiddetto ransomware.

1. Cos’e’ il ransomware?

Il ransomware è un programma informatico dannoso (“malevolo”) che può “infettare” un dispositivo digitale (PC, tablet, smartphone, smart TV), bloccando l’accesso a tutti o ad alcuni dei suoi contenuti (foto, video, file, ecc.) per poi chiedere un riscatto (in inglese, “ransom”) da pagare per “liberarli”. La richiesta di pagamento, con le relative istruzioni, compare di solito in una finestra che si apre automaticamente sullo schermo del dispositivo infettato. All’utente viene minacciosamente comunicato che ha poche ore o pochi giorni per effettuare il versamento del riscatto, altrimenti il blocco dei contenuti diventerà definitivo.

Ci sono due tipi principali di ransomware:

  • i cryptor (che criptano i file contenuti nel dispositivo rendendoli inaccessibili);
  • i blocker (che bloccano l’accesso al dispositivo infettato).

 2. Come si diffonde?

Anche se in alcuni casi (non molto frequenti) il ransomware può essere installato sul dispositivo tramite sofisticate forme di attacco informatico (es: controllo da remoto), questo tipo di software malevoli si diffonde soprattutto attraverso comunicazioni ricevute via e-mail, sms o sistemi di messaggistica che:

  • sembrano apparentemente provenire da soggetti conosciuti e affidabili (ad esempio, corrieri espressi, gestori di servizi, operatori telefonici, pubbliche amministrazioni, ecc.), oppure da persone fidate (colleghi di lavoro, conoscenti);
  • contengono allegati da aprire (spesso “con urgenza”), oppure link e banner da cliccare (per verificare informazioni o ricevere importanti avvisi), ovviamente collegati a software malevoli.

In altri casi, il ransomware può essere scaricato sul dispositivo quando l’utente:

  • clicca link o banner pubblicitari su siti web (un canale molto usato è rappresentato dai siti per adulti) o social network;
  • naviga su siti web creati ad hoc o “compromessi” da hacker per diventare veicolo del contagio ransomware.

Il ransomware può essere diffuso da malintenzionati anche attraverso software e app (giochi, utilità per il PC, persino falsi anti-virus), offerti gratuitamente per invogliare gli utenti al download e infettare così i loro dispositivi.

E’ bene ricordare che ogni dispositivo “infettato” ne può “contagiare” altri. Il ransomware può diffondersi sfruttando, ad esempio, le sincronizzazioni tra dispositivi, i sistemi di condivisione in cloud, oppure può impossessarsi della rubrica dei contatti e utilizzarla per spedire automaticamente ad altre persone messaggi contenenti link e allegati che diventano veicolo del ransomware.

3. Come difendersi?

La prima e più importante forma di difesa è la prudenza. Occorre evitare di aprire messaggi provenienti da soggetti sconosciuti o con i quali non si hanno rapporti (ad es. un operatore telefonico di cui non si è cliente, un corriere espresso da cui non si aspettano consegne, ecc.) e, in ogni caso, se si hanno dubbi, non si deve cliccare su link o banner sospetti e non si devono aprire allegati di cui si ignora il contenuto.

Anche se i messaggi provengono da soggetti a noi noti, è comunque bene adottare alcune piccole accortezze. Ad esempio:

– non aprire mai allegati con estensioni “strane” (ad esempio, allegati con estensione “.exe” sono a rischio, perché potrebbero installare applicazioni di qualche tipo nel dispositivo);

– non scaricare software da siti sospetti (ad esempio, quelli che offrono gratuitamente prodotti che invece di solito sono a pagamento);

– scaricare preferibilmente app e programmi da market ufficiali, i cui gestori effettuano controlli sui prodotti e dove è eventualmente possibile leggere i commenti di altri utenti che contengono avvisi sui potenziali rischi;

– se si usa un pc, si può passare la freccia del mouse su eventuali link o banner pubblicitari ricevuti via e-mail o presenti su siti web senza aprirli (così, in basso nella finestra del browser, si può vedere l’anteprima del link da aprire e verificare se corrisponde al link che si vede scritto nel messaggio: in caso non corrispondano, c’è ovviamente un rischio).

E’ inoltre utile:

  • installare su tutti i dispositivi un antivirus con estensioni anti-malware;
  • mantenere costantemente aggiornati il sistema operativo oltre che i software e le app che vengono utilizzati più spesso;
  • utilizzare dei sistemi di backup che salvino (anche in maniera automatica) una copia dei dati (sono disponibili soluzioni anche libere e gratuite per tutti i sistemi operativi). Con un corretto backup, in caso di necessità, si potranno così ripristinare i dati contenuti nel dispositivo, quantomeno fino all’ultimo salvataggio.

4. Come liberarsi dal ransomware?

Pagare il riscatto è solo apparentemente la soluzione più facile. Oltre al danno economico, si corre infatti il rischio di non ricevere i codici di sblocco, o addirittura di finire in “liste di pagatori” potenzialmente soggetti a periodici attacchi ransomware.

La soluzione consigliata è quella di rivolgersi a tecnici specializzati capaci di sbloccare il dispositivo.

Un’alternativa efficace è quella di formattare il dispositivo: ma in questo caso, oltre ad eliminare il malware, si perdono tutti i dati in esso contenuti. Per questo è fondamentale (come suggerito) effettuare backup periodici dei contenuti (che è sempre una buona prassi) in modo da non perderli in caso di incidenti (es: danneggiamento del dispositivo, ecc.) o attacchi informatici che necessitano di interventi di ripristino.

E’ sempre consigliabile segnalare o denunciare l’attacco ransomware alla Polizia postale (https://www.commissariatodips.it ), anche per aiutare a prevenire ulteriori illeciti.

È possibile, inoltre, rivolgersi al Garante nel caso si voglia segnalare una eventuale violazione in materia di dati personali (furto di identità, sottrazione di dati personali, furto di contenuti, ecc.), seguendo le indicazioni della pagina https://www.garanteprivacy.it/home/diritti/come-agire-per-tutelare-i-tuoi-dati-personali “.

Insomma, prevenire è sempre meglio che curare, diceva un detto quanto mai attuale anche in epoca di contagi fisici e, purtroppo anche “digitali”, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Perché è soprattutto innalzando la soglia della nostra attenzione che possiamo evitare intromissioni nei nostri dispositivi e quindi nella nostra vita da parte di questi malintenzionati. Nel caso siate comunque incappati in un problema analogo potrete rivolgervi agli esperti della nostra associazione tramite i nostri contatti email info@sportellodeidiritti.org o segnalazioni@sportellodeidiritti.org per valutare immediatamente tutte le soluzioni del caso per evitare pregiudizi.

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Cronaca

Covid-19, l’allerta di Proofpoint su virus che sfruttano le paure del coronavirus

Covid-19, l’allerta di Proofpoint su virus che sfruttano le paure del coronavirus. La società di sicurezza ha emanato una nota internazionale su un nuovo rischio cyber

Allerta in tutto il mondo per la diffusione di una marea di virus e malware che utilizzano il timore della gente riguardante il Covid-19 per truffare le persone. La conferma arriva dalla società di sicurezza Proofpoint. Gli esperti del gruppo continuano a monitorare le ultime notizie e i rapporti relativi alle attività dannose legate al coronavirus. Oltre ad un aumento complessivo dell’attività criminale nelle ultime settimane, il team ha osservato recentemente dei nuovi attacchi che sfruttano presunte cure per il coronavirus. Rimangono invece sempre presenti e numerose le campagne truffaldine in cui i delinquenti si fingono autorità sanitarie percepite come legittime per manipolare gli utenti e derubarli. La maggior parte di queste operazioni avviene tramite posta elettronica. Una nota campagna fraudolenta di questo tipo arriva dall’Italia, e ha sorpreso Sophos, azienda di sicurezza informatica inglese, per quanto sia precisa e specifica: l’e-mail inviata alle “vittime” è scritta in italiano corretto e nella tipica forma di un messaggio originale, i truffatori si firmano fingendosi un funzionario italiano dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), fanno riferimento ai numeri e alle cifre corrette di infezioni in Italia, ed esortano in particolare gli italiani a leggere il documento. In altre parole, i truffatori non hanno solo fatto uscire un messaggio generalizzato a tappeto cercando di capitalizzare le paure globali, ma hanno dato alle loro email truffaldine un sapore regionalizzato, e non capita spesso. In ogni caso, impiantando un malware chiamato “Trickbot” sul computer, i truffatori si insidiano all’interno della rete, dove possono raccogliere password e dati. All’inizio di febbraio Sophos aveva anche esposto dei truffatori che hanno realizzato un facsimile del sito web dell’OMS, sul quale hanno fatto apparire una casella dove inserire i propri dati di posta elettronica per poter continuare a navigare sul sito finto, e ottenendo così l’accesso alle e-mail. Sempre più resistenti – Kaspersky ha rilevato, già lo scorso anno, degli attacchi realizzati con un virus chiamato “xHelper Trojan” sugli smartphone Android. In un rapporto pubblicato ad inizio aprile, l’azienda di sicurezza ed esperta di software antivirus ha confermato che continuano ad essere realizzati attacchi di questo tipo. In questo caso (per il momento) non viene utilizzato il panico legato al Covid-19, ma il malware si traveste da popolare applicazione per la pulizia e la velocizzazione degli smartphone, perciò, bisogna avere la massima cautela quando si scaricano delle Apps da degli store non ufficiali. La caratteristica principale di xHelper è la capacità di sopravvivenza: una volta entrato nel telefono, in qualche modo riesce a rimanervi anche dopo che l’utente lo cancella e ripristina le impostazioni di fabbrica. Sempre più spietati – L’interpol ha lanciato l’allarme a tutti gli organi di polizia di tutti i Paesi: sono aumentati fortemente gli attacchi hacker contro gli ospedali e le strutture sanitarie. Facendo leva sullo stress, la stanchezza, e le tante ore di lavoro messe in pratica in questo periodo dal personale sanitario, le offensive utilizzano finti aggiornamenti, inviti a seminari inesistenti e altre tecniche per far aprire dei link infetti nei PC di medici e infermieri. In seguito si infiltrano nella rete della struttura, bloccandone l’accesso. Per sbloccarlo, chiedono solitamente un riscatto in bitcoin. È successo recentemente in Italia, dove un attacco è stato sventato all’Istituto Spallanzani di Roma. Come proteggersi – Proofpoint ha infine riassunto in sei punti ciò che bisogna fare, e sapere, per proteggersi al meglio dagli attacchi informatici.

– Siate consapevoli del fatto che ci sono dei rischi, e che dei truffatori sono pronti a fare del loro meglio per ingannarvi. Rimanete sempre scettici nei confronti delle informazioni che potreste vedere o sentire in internet.

– Diffidate delle e-mail, messaggi, e comunicazioni di ogni tipo che prometto pagamenti o incentivi.

– Generalmente, le autorità non usano mai la posta elettronica per raccogliere informazioni sui cittadini.

– Non fornite mai il vostro numero di conto bancario, i nomi utente e le password, o altre informazioni personali in risposta a qualsiasi richiesta online, ed evitate di cliccare i link presenti nelle e-mail. Se avete dubbi, rivolgetevi sempre prima agli istituti autorizzati per avere conferma.

– Create nomi utente e password unici per ogni account che avete, riducendo così il rischio di venir compromessi in modo ampio.

– Verificate che i siti web siano legittimi: si può effettuare cliccando sull’icona del lucchetto, a sinistra dell’indirizzo URL (quello che inizia con http, oppure www). Verificate che il nome del server sia la vostra destinazione desiderata.

– Consultate più fonti, soprattutto quelle ufficiali, per evitare la disinformazione. Diffidate da ciò che leggete sui social media o su siti poco conosciuti, potrebbero essere messaggi di spam, fake-news, o informazioni ingannatorie.

Non ci stancheremo mai di ripetere a tutti i cittadini di prestare attenzione a tutti i messaggi che giungono sui nostri dispositivi, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Che siano attraverso Whatsapp, Facebook, qualsiasi altro social o via email, verifichiamo sempre la correttezza delle notizie e se del caso, comunichiamo a coloro che ce l’hanno trasmesse l’errore commesso nel diffonderle. Adottando comportamenti responsabili e non avendo timore di sensibilizzare anche gli altri in tal senso, potremo contribuire ad uscire dall’emergenza e ad affrontare la crisi con mezzi certi e senza la confusione derivante dalle falsità.

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Ambiente

Taranto, nel porto spunta un branco di tonni: ecco le inedite immagini

Taranto, nel porto spunta un branco di tonni: ecco le indite immagini

 

L’emergenza Coronavirus ha fatto sì che la Natura riacquistasse gli spazi che l’uomo aveva a lei privato. In queste settimane sono tantissimi ormai le testimonianze, in tutta Italia ma nel Mondo in generale, di animali selvatici che si riappropriano dei loro territori e si rendono visibili, a pochi fortunati. In particolare è il mare che regala le emozioni migliori: dagli squali avvistati a Pozzuoli, passando per le Balenottere avvistate all’isola d’Elba e nello Stretto di Messina, passando per i delfini. Le acque del Golfo di Taranto sono già in condizioni normali protagoniste di avvistamenti di questo tipo, in queste settimane ancora di più. Le immagini inedite del 18 aprile, riguardano un branco di splendidi tonni, di bella taglia in splendida forma che si è avvicinato alla barca di un pescatore, nel porto di Taranto e indisturbati ed in maniera così placida addirittura dentro un porto, mangiano, quasi dalle sue mani, un’esca gettata in mare per l’occasione. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ammirarli vitali, così da vicino, come nel caso del fortunato testimone, è una gioia per gli occhi e per il cuore. Ecco il video: https://youtu.be/MDMVRyco_DI

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Curiosità

Aereo da turismo effettua un atterraggio d’emergenza in autostrada trafficata. (IL VIDEO)

Aereo da turismo effettua un atterraggio d’emergenza in autostrada trafficata. (IL VIDEO)

Un piccolo aereo Cherokee Piper PA-28 da turismo ha effettuato un atterraggio d’emergenza in autostrada poggiandosi con grande maestria e senza danni tra le auto in movimento. L’inusuale  manovra è avvenuta intorno alle 10.30 di giovedì sull’Autostrada 40 nei pressi di Québec Metropolis. L’aereo è atterrato sulla Freeway 40 vicino a Saint-Augustin-de-Desmaures. In un video girato dagli occupanti di una delle vetture in transito si vede il velivolo avvicinarsi lentamente alla carreggiata adattando la velocità a quella del traffico e posarsi tra i veicoli nel breve tratto d’asfalto tra due portali della segnaletica verticale. Come fa sapere un portavoce del dipartimento dei pompieri di Québec, il pilota del Piper aveva chiamato per chiedere l’autorizzazione ad atterrare in autostrada solo pochi istanti prima. Le squadre di soccorso sono arrivate sul posto quando il velivolo era già a terra e l’hanno scortato fuori interrompendo momentaneamente il traffico. A determinare la manovra d’emergenza sarebbe stato un problema meccanico, ha confermato la polizia. La situazione doveva essere particolarmente grave per decidere di posarsi in autostrada: l’aeroporto internazionale di Québec si trova infatti a meno di 5 km di distanza. Una situazione decisamente inusuale, come una scena da film d’azione, ma senza fumo, fiamme e auto capottate quella a cui hanno assistito alcuni automobilisti canadesi. Fortunatamente, nessun veicolo, ha riportato danni e nessuno è rimasto ferito. Un episodio con un lieto epilogo. Tutto è bene quel che finisce bene, potremmo dire. Solitamente i piloti, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, effettuano tali manovre d’emergenza quando il volo è ‘possibile ma non consigliabile’ per ragioni diverse, come le pessime condizioni meteorologiche, perdita di carburante o avaria del motore. L’atterraggio in autostrada, comunque, ha scosso molti automobilisti. Alcuni hanno immortalato la scena coi loro smartphone, postando poi la foto sui social network. Un automobilista che ha assistito all’atterraggio dell’aereo in autostrada, ha postato un video su Facebook. L’utente dice: ‘Sono in autostrada: un aereo ha appena atterrato davanti a me’. Ecco il video: https://youtu.be/mmJd7bNhlcw

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Bizzarro momento in cui due elefanti “ubriachi” collassano dopo aver fatto irruzione nel villaggio e bevuto 30 litri di vino – VIDEO

Bizzarro momento in cui due elefanti “ubriachi” collassano dopo aver fatto irruzione nel villaggio e bevuto 30 litri di vino – VIDEO

Facevano parte di un branco di 14 elefanti asiatici che si diceva avessero fatto irruzione in un villaggio nella provincia sud-occidentale dello Yunnan. Gli abitanti del villaggio Li Yuncong e Wang Xiangdong hanno entrambi riportato danni alle cisterne di stoccaggio del mais e alle vasche per l’alcol del grano, nonché a pannelli solari, finestre e porte, sebbene non vi siano stati feriti tra gli esseri umani. Le immagini sono apparse su “Zuzou Bingbing Travel Photography” di Weibo, una piattaforma di microblogging cinese simile a Twitter. In settimana le autorità forestali della città di Pu’er, hanno rivelato che l’incidente è avvenuto lì, nella piantagione di tè. Ma hanno negato che gli elefanti fossero ubriachi e i funzionari hanno condiviso le immagini di quello che dicono è il momento in cui le due bestie felici ma sobrie si sdraiano schiena contro schiena per “riposare”. Long Yunhai, vicedirettore della Menghai Forestry and Grassland Administration, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ha affermato che le foto che mostrano i cosiddetti “elefanti ubriachi” non sono “vere”. Ci sono state notizie recenti di 14 elefanti asiatici che sono entrati nei villaggi e danneggiato i tini di alcol di grano, ma è difficile stabilire se abbiano bevuto alcol”, ha dichiarato. Ecco il video https://www.youtube.com/watch?v=PDewRpoVp3M