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Incredibile evento a Marina di Ginosa (Ta): “pescatore salva 50 piccoli di una verdesca spiaggiata e morta sulla riva”. Il video

Incredibile evento a Marina di Ginosa (Ta): “pescatore salva 50 piccoli di una verdesca spiaggiata e morta sulla riva”. Il video

La natura a volte sa essere terribile e allo stesso tempo generosa. Ma la sua benevolenza, a volte, non sarebbe tale se in alcuni casi non s’incontrasse con la presenza di persone sensibili che hanno la fortuna di trovarsi in momenti eccezionali. Ed è ciò che è successo sul litorale tarantino, nei pressi di Marina di Ginosa, dove due persone che stavano passeggiando e si sono ritrovate a riprendere con il loro cellulare il salvataggio di ben 50 piccoli di verdesca rimasta spiaggiata ed esanime sulla riva. Gli squaletti sono stati estratti per l’accortezza, la prontezza e lo stomaco di ferro di un pescatore, direttamente dal ventre della povera mamma, rimasta imbrigliata nel cordame di una rete da pesca e inevitabilmente tagliata con la lama affilata di un coltello per poter consentire il salvataggio dei cuccioli.La verdesca è uno squalo appartenente alla famiglia Carcharhinidae che abita acque profonde temperate e tropicali in tutto il mondo ed è diffuso in tutto il Mediterraneo. Predilige temperature più fredde e può migrare attraverso lunghe distanze, ad esempio dal New England al Sudamerica. Anche se generalmente sono animali letargici, possono muoversi all’occorrenza assai velocemente. Sono pesci ovovivipari e sono noti per mettere al mondo anche più di 100 avannotti per volta. Si nutrono principalmente di pesci e calamari, anche se possono catturare prede più grandi. Non conosciamo gli autori del video né il pescatore, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti“,  tuttavia, vogliamo contribuire a diffondere questa esperienza al contempo drammatica nella sua crudezza, ma dolce nell’affermazione visibile che dalla morte può sgorgare vita. Ecco il video: https://youtu.be/LjDkqfoEVNk

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Salute e benessere

Sudan: la mutilazione genitale femminile è reato. Approvato il relativo testo di legge

Sudan: la mutilazione genitale femminile è reato. Approvato il relativo testo di legge

Le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono un fenomeno vasto e complesso,che include pratiche tradizionali che vanno dall’incisione all’asportazione, parziale o totale, dei genitali femminili esterni. Bambine, ragazze e donne che le subiscono devono fare i conti con rischi gravi e irreversibili per la loro salute, oltre a pesanti conseguenze psicologiche. Si stima che in nel mondo il numero di donne che convivono con una mutilazione genitale siano circa 125 milioni. Dati gli attuali trend demografici, possiamo calcolare che ogni anno circa tre milioni di bambine sotto i 15 anni si aggiungano a queste statistiche. Gran parte delle ragazze e delle donne che subiscono queste pratiche si trovano in 29 Paesi africani, mentre una quota decisamente minore vive in paesi a predominanza islamica dell’Asia. In alcuni Stati del Corno d’Africa (Gibuti, Somalia, Eritrea) ma anche in Egitto e Guinea l’incidenza del fenomeno rimane altissima, toccando il 90% della popolazione femminile. In molti altri, invece, le mutilazioni riguardano una minoranza, fino ad arrivare a quote dell’1-4% in paesi come Ghana, Togo, Zambia, Uganda, Camerun e Niger. Si registrano casi di MGF anche in Europa, Australia, Canada e negli Stati Uniti, soprattutto fra gli immigrati provenienti dall’Africa e dall’Asia sud-occidentale: si tratta di episodi che avvengono nella più totale illegalità, e che quindi sono difficili da censire statisticamente. Tuttavia arrivano buone notizie dal Sudan dove la mutilazione genitale femminile è diventata un crimine, punibile con tre anni di carcere: è stato infatti approvato il testo di legge che per decenni il parlamento di Khartum, finché era controllato dal dittatore Omar el Bashr, non è mai riuscito a portare in agenda. Stime dell’Onu ritengono che l’87% delle donne fra i 14 e i 49 anni abbia subito la mutilazione genitale. La nuova legge punisce tanto la pratica clandestina quanto l’appoggio a strutture mediche. Tuttavia molti osservatori avanzano dubbi sull’efficacia della legge e se possa essere realmente fatta rispettare. Un rapporto dell’Unicef condotto in 29 Paesi mediorientali e africani, 24 dei quali hanno leggi che proibiscono la pratica con diverse modalità, mostrano che la mutilazione genitale femminile è ancora pratica largamente diffusa. Tuttavia, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, alcuni commentatori sono convinti che la legge in ogni caso potrebbe stimolare una discussione a tutti i livelli della società.

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Nel video amatoriale cucciolo di delfino impigliato in un palangaro, diportisti lo liberano.

Nel video amatoriale cucciolo di delfino impigliato in un palangaro, diportisti lo liberano. E la mamma delfino ringrazia con spettacolari salti.

 

È diventato virale il video di un gruppo di diportisti a bordo di un gommone che si avvicina ad un palamito dove è rimasto impigliato all’amo un cucciolo di delfino e riescono a liberarlo. Mentre, al largo di Procida, raggiungono i mammiferi marini, la mamma si produce in grandi salti come a voler segnalare il piccolo in difficoltà e ringraziare il gruppo corso in aiuto. Nel momento in cui i “salvatori” poi tagliano l’amo e ridanno la libertà al cucciolo, la madre esegue un salto spettacolare tra lo stupore del gruppo. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, questi mammiferi sono sempre più esposti a rischi. Uomini e Cetacei utilizzano il mare per procurarsi il cibo e possono entrare in competizione con effetti negativi sia per l’economia ittica che per gli animali; alcune specie come il tursiope, la stenella, il grampo, il capodoglio e il delfino comune, si avvicinano occasionalmente alle attrezzature da pesca, interagendo più spesso con alcune, sottraendo il pesce dalle reti, causando buchi e strappi e, in alcuni casi, possono rimanerne intrappolati come nel caso del video, dove il cucciolo è rimasto impigliato nell’amo di un palangaro per la cattura del pesce spada. L’attrezzo più pericoloso da questo punto di vista è la rete pelagica derivante, la spadara, messa al bando dalla Commissione Europea dal 2002 e dal 2005 in tutto il Mediterraneo, ma ancora utilizzata illegalmente. Altre interazioni possono avvenire con le reti da posta fisse, più raramente con le reti a strascico, con quelle a circuizione, con le lenze e i palangari. Si stima che ogni anno muoiono nelle reti da pesca mondiali circa 300.000 esemplari di Cetacei, ben 1.000 al giorno. Nonostante il divieto dell’UE, solo nel 2005 la Guardia Costiera Italiana ha sequestrato ben 800 km di reti spadare seguiti dai 600 Km del 2006. Nel mar mediterraneo gli scienziati hanno stimato un numero di uccisioni di 8.000 cetacei all’anno negli attrezzi da pesca. Ecco il video che non  scorderemo mai: https://youtu.be/6hRrotReVS0

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Nel video amatoriale un grande squalo Mako mangia un tonno appena pescato: l’avvistamento dalla barca.

Nel video amatoriale un grande squalo Mako mangia un tonno appena pescato: l’avvistamento dalla barca. Un gruppo di pescatori di diporto ha appena catturato un grosso tonno da 80 chili ma non hanno fatto i conti con uno squalo.

 

Un grande squalo Mako è stato avvistato al largo delle coste spagnole nel Mediterraneo. Le persone a bordo di una barca hanno notato la pinna del pesce spuntare dall’acqua, a pochi metri dalla loro imbarcazione, mentre stavano per portare in barca un tonno da 80 chili appena preso all’amo. Lo squalo balzando fuori dall’acqua, praticamente davanti ai diportisti, s’è impadronito della preda. Uno sfortunato fuori programma per questi pescatori che erano ad un passo dal portare a casa un tonno di media taglia. Lo squalo però non si è dimostrato molto democratico e ha deciso di far sua la preda. Il Mako appartiene alla famiglia delle Lamnidae come lo squalo bianco. Lo squalo Mako è un grande squalo. Le acque tropicali e subtropicali sono il suo habitat naturale. È presente, ma non comune, anche nel Mediterraneo. Si nutre di tonni, di calamari e di pesce azzurro. Lo squalo Mako adulto può raggiungere una velocità di nuotata pari a 70 km orari. La sua vita può raggiungere i 32 anni. Fa parte di una delle poche specie di squali in grado di saltare fuori dall’acqua anche ben oltre la lunghezza del proprio corpo: questa sua caratteristica lo rende imprevedibile negli attacchi, seppur rari, ed estremamente pericoloso per i pescatori. Alcuni esemplari di squalo Mako possono superare i 4 metri di lunghezza. Nel Mediterraneo vivono circa 40 specie diverse di squali, molte delle quali innocui e non pericolosi per l’uomo. Nello specifico, il Mako è molto difficile incontrarlo nel Mediterraneo, ma di tanto in tanto succede che alcuni pescatori lo avvistino al largo delle coste, anche italiane o croate, come è successo, per ben due volte a distanza di pochi giorni nel 2019, a Macarsca, in Croazia a pochi metri dalla riva. Tuttavia, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ciò che rende insolito l’avvistamento di squali Mako nel Mediterraneo è il fatto che il predatore è stato avvistato così vicino alla riva anche se non c’è motivo di farsi prendere dal panico per gli attacchi di squali. Nella maggioranza dei casi questi animali evitano il contatto con gli umani e non si avvicinano né attaccano se non provocati. Ecco il video: https://youtu.be/rGxHYoET6e4

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Nel video amatoriale un grande squalo Mako mangia un tonno appena pescato: l’avvistamento dalla barca.

Nel video amatoriale un grande squalo Mako mangia un tonno appena pescato: l’avvistamento dalla barca. Un gruppo di pescatori di diporto ha appena catturato un grosso tonno da 80 chili ma non hanno fatto i conti con uno squalo.

 

Un grande squalo Mako è stato avvistato al largo delle coste spagnole nel Mediterraneo. Le persone a bordo di una barca hanno notato la pinna del pesce spuntare dall’acqua, a pochi metri dalla loro imbarcazione, mentre stavano per portare in barca un tonno da 80 chili appena preso all’amo. Lo squalo balzando fuori dall’acqua, praticamente davanti ai diportisti, s’è impadronito della preda. Uno sfortunato fuori programma per questi pescatori che erano ad un passo dal portare a casa un tonno di media taglia. Lo squalo però non si è dimostrato molto democratico e ha deciso di far sua la preda. Il Mako appartiene alla famiglia delle Lamnidae come lo squalo bianco. Lo squalo Mako è un grande squalo. Le acque tropicali e subtropicali sono il suo habitat naturale. È presente, ma non comune, anche nel Mediterraneo. Si nutre di tonni, di calamari e di pesce azzurro. Lo squalo Mako adulto può raggiungere una velocità di nuotata pari a 70 km orari. La sua vita può raggiungere i 32 anni. Fa parte di una delle poche specie di squali in grado di saltare fuori dall’acqua anche ben oltre la lunghezza del proprio corpo: questa sua caratteristica lo rende imprevedibile negli attacchi, seppur rari, ed estremamente pericoloso per i pescatori. Alcuni esemplari di squalo Mako possono superare i 4 metri di lunghezza. Nel Mediterraneo vivono circa 40 specie diverse di squali, molte delle quali innocui e non pericolosi per l’uomo. Nello specifico, il Mako è molto difficile incontrarlo nel Mediterraneo, ma di tanto in tanto succede che alcuni pescatori lo avvistino al largo delle coste, anche italiane o croate, come è successo, per ben due volte a distanza di pochi giorni nel 2019, a Macarsca, in Croazia a pochi metri dalla riva. Tuttavia, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ciò che rende insolito l’avvistamento di squali Mako nel Mediterraneo è il fatto che il predatore è stato avvistato così vicino alla riva anche se non c’è motivo di farsi prendere dal panico per gli attacchi di squali. Nella maggioranza dei casi questi animali evitano il contatto con gli umani e non si avvicinano né attaccano se non provocati. Ecco il video: https://youtu.be/rGxHYoET6e4

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Salute e benessere

Covid-19, forse la svolta?. In Cina un possibile vaccino viene già prodotto su larga scala

Covid-19, forse la svolta?. In Cina un possibile vaccino viene già prodotto su larga scala

 

In un laboratorio nel nord di Pechino, un uomo in camice bianco esibisce uno dei primissimi vaccini sperimentali contro il nuovo coronavirus. Sinovac Biotech, uno dei quattro laboratori cinesi autorizzati ad avviare studi clinici, sta pensando in grande. Anche se il suo vaccino non si è ancora dimostrato efficace, il gruppo privato afferma che è pronto a produrre 100 milioni di dosi all’anno per combattere il virus, che è apparso in Cina alla fine del 2019 prima di diffondersi in tutto il mondo. I ricercatori  a Changping, un grande sobborgo della capitale, controllano la qualità del vaccino sperimentale, basato su agenti patogeni inerti, già prodotto in migliaia di copie. Nella sua scatola bianca e arancione, ha persino un nome: “Coronavac”.Anche se il trattamento è ancora lontano dall’omologazione, il produttore deve dimostrare di essere in grado di produrlo su larga scala e sottoporre i lotti alle autorità per il controllo. Da qui il lancio della produzione anche prima della fine degli studi clinici. Se oltre un centinaio di laboratori globali competono per essere i primi a sviluppare un vaccino, meno di una dozzina ha finora avviato studi sugli esseri umani, secondo la School of Hygiene and Medicine Londra tropicale. Questo è il caso di Sinovac, che afferma di aver ottenuto risultati incoraggianti nelle scimmie, prima di somministrare per la prima volta il suo siero a 144 volontari a metà aprile a Jiangsu (est). Ma il laboratorio fondato nel 2001 non commenterà la data in cui potrebbe essere commercializzata la sua iniezione di mezzo millilitro. Secondo l’OMS, possono essere necessari dai 12 ai 18 mesi per produrre un vaccino.Sinovac, che impiega un migliaio di dipendenti, spera di ottenere i primi risultati in termini di sicurezza del suo prodotto alla fine di giugno, nell’ambito delle prove di fase 1 e 2, spiega alla stampa Meng Weining, direttore degli affari internazionali. Questi test consistono semplicemente nel verificare che il vaccino non sia pericoloso per l’uomo. Per assicurarsi che sia efficace, è necessario intraprendere uno studio di fase 3 con portatori del virus. Problema: ora “ogni giorno vengono segnalati solo pochi casi in Cina”, ha affermato Meng. A meno che non vi sia una seconda ondata epidemica sul suolo cinese, il gruppo dovrà quindi testare persone positive all’estero. “Attualmente siamo in contatto con diversi paesi in Europa e in Asia”, ha detto. “Un processo di fase 3 normalmente coinvolge diverse migliaia di persone. Non è facile ottenere queste cifre in qualsiasi paese”, ha detto.Il gruppo si è comunque impegnato nel sud di Pechino per costruire un sito produttivo con una capacità di 100 milioni di dosi, che dovrebbe essere in grado di operare entro la fine dell’anno. “Lavoriamo giorno e notte, lavoriamo tutti e tre, il che significa che non perdiamo un minuto”, afferma Meng. Riferito alla popolazione mondiale, un possibile vaccino Sinovac non sarebbe sufficiente per proteggere il pianeta. Ma il signor Meng assicura che il suo gruppo, quotato al Nasdaq, è pronto per “collaborazioni” con i suoi partner stranieri, ai quali vende i suoi vaccini esistenti contro l’influenza o l’epatite. Essere i primi a offrire un vaccino contro Covid-19 sarebbe una vendetta per la Cina, desiderosa di far dimenticare alla gente che la pandemia è iniziata a casa. “Stiamo ricevendo molto supporto dal governo cinese”, ha dichiarato Meng. Oltre a Sinovac, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti“, Pechino ha approvato la sperimentazione clinica di altri tre vaccini sperimentali: uno lanciato dalla Scuola Militare di Scienze Mediche e dal gruppo biotecnologico CanSino; l’altro dall’Istituto di prodotti biologici e dall’Istituto di virologia di Wuhan, la città in cui è apparso il coronavirus; e uno finale del gruppo China Biotics, che ha iniziato le prove martedì con 32 volontari.

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Salute e benessere

Nuovo Coronavirus, non solo tosse e febbre: sono sei in più i sintomi del covid-19

Nuovo Coronavirus, non solo tosse e febbre: sono sei in più i sintomi del covid-19. Fiato corto, tosse e febbre aggiunti brividi, ripetuti tremori, dolori muscolari, mal di testa, mal di gola, perdita di gusto e olfatto.

Covid-19 una malattia subdola e dal decorso erosivo rapido e invalidante. Lo sanno bene i medici di ogni parte del mondo che stanno curando i contagiati, e che ogni giorno imparano qualcosa in più sugli effetti del nuovo coronavirus, sui sintomi e i ‘danni’ che provoca all’organismo umano. I Centers for Disease Control and Prevention hanno aggiunto sei sintomi alla loro lista sul coronavirus, suggerendo che gli esperti stiano acquisendo ulteriori informazioni nel corso della pandemia: brividi, ripetuti tremori con brividi, dolori muscolari, mal di testa, mal di gola, perdita di gusto e olfatto. In precedenza, l’agenzia sanitaria americana aveva elencato solo tre sintomi: fiato corto, tosse e febbre. Queste informazioni, evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, che arrivano in tempo reale dalla comunità scientifica, sono dunque della massima importanza perché indicano che Covid-19 è una malattia dai mille volti.

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Nuovo Coronavirus, non solo tosse e febbre: sono sei in più i sintomi del covid-19

Nuovo Coronavirus, non solo tosse e febbre: sono sei in più i sintomi del covid-19. Fiato corto, tosse e febbre aggiunti brividi, ripetuti tremori, dolori muscolari, mal di testa, mal di gola, perdita di gusto e olfatto.

Covid-19 una malattia subdola e dal decorso erosivo rapido e invalidante. Lo sanno bene i medici di ogni parte del mondo che stanno curando i contagiati, e che ogni giorno imparano qualcosa in più sugli effetti del nuovo coronavirus, sui sintomi e i ‘danni’ che provoca all’organismo umano. I Centers for Disease Control and Prevention hanno aggiunto sei sintomi alla loro lista sul coronavirus, suggerendo che gli esperti stiano acquisendo ulteriori informazioni nel corso della pandemia: brividi, ripetuti tremori con brividi, dolori muscolari, mal di testa, mal di gola, perdita di gusto e olfatto. In precedenza, l’agenzia sanitaria americana aveva elencato solo tre sintomi: fiato corto, tosse e febbre. Queste informazioni, evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, che arrivano in tempo reale dalla comunità scientifica, sono dunque della massima importanza perché indicano che Covid-19 è una malattia dai mille volti.

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Consumatori

Turchia, 15 morti per consumo di alcol contraffatto per battere il Coronavirus

Turchia, 15 morti per consumo di alcol contraffatto per battere il Coronavirus. Altre 60 sono state ricoverate nel reparto di terapia intensiva ad Istanbul

Ad Istanbul 15 persone sono decedute e 60 persone sono finite in ospedale, dopo aver consumato alcol contraffatto per mettersi al sicuro dalla minaccia di infezione da Coronavirus. Lo riporta. Secondo la ricostruzione dei fatti diffusa dal giornale Hurriyet, alcuni originari del Turkmenistan hanno acquistato alcol prodotto artificialmente per uso esterno al fine di prevenire l’infezione da coronavirus. In seguito, questo gruppo di cittadini stranieri ha iniziato ad utilizzare l’alcol per somministrazione orale, causando un avvelenamento di massa. Sette persone, coinvolte nella vendita dell’alcol sono state arrestate. Le forze dell’ordine hanno avviato un’indagine. Nei giorni scorsi, una storia simile è accaduta in Iran, dove sono morte per il medesimo motivo oltre 60 persone. A fine settembre, in tutto il paese sono stati segnalati diversi casi di contrabbando di alcol avvelenato, che ha ucciso almeno 22 persone. Solo i membri delle minoranze religiose riconosciute dallo Stato hanno il diritto di produrre o acquistare bevande alcoliche in Iran, ma l’alcool di contrabbando è facilmente reperibile dai commercianti illegali. Il dottore iraniano Shahin Shadnia ha raccontato quali conseguenze può avere il consumo dello spirito contraffatto e quali tipi di alcol non dovrebbero essere utilizzati nemmeno per pulire le mani. Il primo caso di contagio dal COVID-19 in Turchia è stato confermato lo scorso 11 marzo. Secondo gli ultimi dati, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, nel paese sono registrati 192 casi di infezione dal COVID-19, di cui tre persone sono morte.

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Salute e benessere

Covid 19. Secondo i ricercatori statunitensi, il virus può essere rilevato su plastica e acciaio per un massimo di tre giorni.

Covid 19. Secondo i ricercatori statunitensi, il virus può essere rilevato su plastica e acciaio per un massimo di tre giorni. Tuttavia, il numero di virus si riduce molto rapidamente nel tempo, finora nessun caso in cui è stato dimostrato che le persone vengono infettate dal contatto con oggetti contaminati. Secondo uno studio, il nuovo Coronavirus può essere trovato sulle superfici anche dopo ore. I virus vitali potrebbero essere rilevati su rame per test fino a quattro ore, su cartone fino a 24 ore e su plastica e acciaio inossidabile per un massimo di tre giorni, hanno detto i ricercatori, tra gli altri, dall’Università di Princeton e dall’Università della California a Los Angeles. Tuttavia, la cosiddetta dose di infezione su tutte le superfici è diminuita significativamente in questi periodi, secondo lo studio di laboratorio pubblicato sul “New England Journal of Medicine”. Anche l’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi (BfR) fa riferimento a questo lavoro. Il BfR continua: “In generale, i virus del Covid 19 non sono particolarmente stabili su superfici asciutte. L’inattivazione allo stato secco di solito avviene entro poche ore o qualche giorno.” Finora, non ci sono stati casi in cui le persone hanno dimostrato di essere infettate dal contatto con oggetti contaminati. In questo primo piccolo studio, i ricercatori statunitensi hanno confrontato l’agente patogeno SARS-CoV-2, che causa Covid-19, con l’agente patogeno SARS-CoV-1, che innesca la malattia infettiva SARS, osservata per la prima volta nel 2002. Hanno scoperto che entrambi i tipi di virus sono allo stesso modo stabili. La stabilità quindi, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,non spiega perché, a differenza di SARS-CoV-1, SARS-CoV-2 ha portato a una pandemia, scrivono i ricercatori.