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Carabinieri

Cosenza. Badante prende in ostaggio anziano di 88 anni

BADANTE ROMENA PRENDE IN OSTAGGIO UN ANZIANO. IMMOBILIZZATA ED ARRESTATA DAI CARABINIERI DI COSENZA DOPO UNA LUNGA TRATTATIVA

 

Cosenza, 29 maggio 2020

Nella tarda serata di ieri, una romena di 50 anni, in evidente stato di agitazione, si è barricata in un’abitazione sita in via degli Ulivi di Santa Maria del Cedro (CS), ove in qualità di badante si prende cura di un 88enne del luogo.

Armata di coltello ed imbracciato un fucile calibro 12, regolarmente detenuto dall’uomo e poi risultato con il colpo in canna, ha ripetutamente minacciato di uccidere l’anziano e chiunque si fosse avvicinato all’abitazione, annunciando anche di voler compiere gesti autolesionistici, senza riuscire ad indicare i reali motivi alla base della sua azione.

Trattandosi di una situazione operativa di elevato rischio, i Carabinieri della Sezione Radiomobile della Compagnia di Scalea e della Stazione di Santa Maria del Cedro, immediatamente intervenuti a seguito di segnalazione al 112, hanno proceduto a circoscrivere l’area interessata con l’allontanamento di residenti e curiosi, contestualmente attivando i previsti protocolli operativi. Sul posto sono prontamente giunti militari del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Cosenza, tra i quali anche un Maresciallo negoziatore, appositamente formato per la gestione di situazioni di crisi, nonché due squadre della SOS del 14^ Battaglione Calabria per l’eventuale intervento risolutivo laddove il definitivo precipitare degli eventi avesse comportato un grave pericolo di vita per i presenti.

L’attività delle unità intervenute è stata sin da subito finalizzata a preservare l’incolumità di tutte le persone coinvolte nella vicenda, acquisendo ogni utile informazione e cercando di guadagnare tempo, nel tentativo di favorire con il dialogo un’attenuazione delle intense emozioni del momento e di poter addivenire al disinnesco della situazione di crisi senza far ricorso ad interventi di forza, che avrebbero comunque potuto esporre a rischio la vita dell’ostaggio e della donna.

Nel corso della trattativa, è stato altresì tenuto aperto un costante canale di interlocuzione con il personale specializzato del GIS dell’Arma, in modo da condividere ogni utile valutazione circa la situazione in atto e l’impostazione dell’attività, tenendo conto dello stato mentale della donna, delle condizioni di salute dell’anziano ostaggio e della conformazione dell’immobile.

La trattativa, dopo un lungo e difficile arco notturno – in cui si è cercato anche di mettere in atto tentativi di contatto telefonico con il figlio della donna – ha cominciato a sortire i primi positivi effetti intorno alle ore 06.30, allorquando la stessa, pur opponendosi alla liberazione dell’anziano ed alla consegna delle armi utilizzate, ha cominciato a mostrare i primi segni di tentennamento. Continuando a far leva sulla possibilità di chiudere la vicenda senza ulteriori eventi che avrebbero certamente aggravato la sua posizione, la donna si è decisa ad aprire la porta dell’abitazione, venendo istantaneamente immobilizzata dai militari che nel frattempo erano riusciti a portarsi, in una cornice di sicurezza, nel vano scale dell’immobile. A quel punto, la 50enne è stata assistita dal personale del 118 presente sul posto e successivamente condotta alla Stazione di Santa Maria del Cedro, ove veniva dichiarata in stato di arresto per “sequestro di persona”, “resistenza a Pubblico Ufficiale” e “minaccia aggravata”, venendo posta a disposizione della Procura della Repubblica di Paola.

Oltre al sequestro del fucile e del coltello a serramanico brandito dalla donna, i Carabinieri, a seguito del sopralluogo, hanno proceduto al ritiro cautelativo degli ulteriori tre fucili e di 322 cartucce di vario calibro detenuti dall’anziano.

Dai preliminari accertamenti, a scatenare le azioni poste in essere dalla 50enne potrebbe essere stato uno stato di forte stress psico-fisico, certamente accentuato dalla situazione di emergenza epidemiologica in atto conseguente alla diffusione del COVID-19.

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Cronaca

Catania: operazione antimafia con 46 arresti

Alle prime ore del mattino del 26 maggio, nelle province di Catania, Messina, Trapani e Rimini sono stati eseguite 46 ordinanze di custodia cautelare e una serie di sequestri preventivi verso presunti responsabili di vari reati che vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, dalla detenzione allo spaccio di stupefacenti.

 

L’operazione è stata effettuata dai carabinieri del Comando Provinciale di Catania, coadiuvati dalle unità territoriali che hanno eseguito un’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia etnea.

Le 46 ordinanze sono state eseguite nei confronti di persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di “associazione di tipo mafioso”, “associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti”, “detenzione e spaccio di stupefacenti”, “estorsione” aggravata dal metodo mafioso e “lesioni” aggravate dal metodo mafioso.

L’operazione arriva dopo una lunghissima indagine della Compagnia Carabinieri di Giarre dal 2017 al 2018 che, grazie anche a dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia consentiva di individuare e colpire la frangia locale del sodalizio mafioso “Brunetto” (una articolazione della famiglia mafiosa “Santapaola-Ercolano”) che dominava il territorio di Giarre, Mascali, Fiumefreddo di Sicilia, Castiglione di Sicilia, nonché una figura di spicco della medesima famiglia mafiosa operante nel quartiere Picanello di Catania ed in rapporti con la predetta articolazione.

L’indagine ha consentito, inoltre, di definire la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli degli indagati in un’associazione armata che trafficava in sostanze stupefacenti che conduceva una “piazza di spaccio” sita nel quartiere popolare “Jungo” di Giarre e di attribuirne la gestione ad affiliati alla famiglia mafiosa “Brunetto-Santapaola”, di ricostruire le modalità di turnazione fra vari pusher, il loro compenso, il mantenimento alle loro famiglie qualora detenuti, i canali di approvvigionamento di ingenti quantità delle varie sostanze e i relativi luoghi di occultamento.

Nel corso delle indagini sono stati arrestati in flagranza di reato n.18 soggetti per detenzione e spaccio di stupefacenti, sono stati deferiti altri 20 per reati connessi e segnalati 40 assuntori; sono stati sequestrati 40kg di marijuana, 2,5 kg di cocaina, 200 gr. di eroina, 25 gr. hashish, 3.850 euro in contanti, 1 motociclo rubato, 1 fucile, 4 pistole e 218 munizioni.

E’ stato ricostruito il sistema usato dal gruppo criminale per effettuare estorsioni a diversi esercenti o le modalità con cui venivano riscossi i crediti legati agli stupefacenti mediante pestaggi e le punizioni inflitte a quelli che si rifiutavano di spacciare o rapinare per conto del gruppo.

La scena dei crimini era la piazza di spaccio situata nel quartiere popolare “Jungo” di Giarre, attiva 24 ore su 24,  grazie ai diversi turni di numerosi pusher.

L’indagine ha interessato anche altri personaggi che erano incaricati dell’approvvigionamento delle sostanze ad occultarle, confezionarle e rifornire regolarmente gli spacciatori al dettaglio. 

L’affare rendeva diverse migliaia di euro al giorno e il tutto si svolgeva in quartieri popolari che consentivano un collaudato sistema di vedette, numerose e varie vie di fuga, un gran numero di nascondigli per le dosi ed era, per i tossicodipendenti, una specie di punto stabile di approvvigionamento che portava ad una vera e propria “fidelizzazione” dei consumatori. 

Il gruppo, nonostante gli arresti in flagranza dei pusher o il sequestro di rilevanti quantità di droghe, riusciva sempre a riorganizzarsi velocemente  in breve e proseguire nelle attività illecite.

La direzione e gestione della piazza era riconducibile alla famiglia Andò, capeggiata da Giuseppe “U cinisi” (il cinese), 59enne venditore ambulante nella frazione giarrese di Trepunti, che con figli e nipoti, si occupava di tutti gli aspetti del mercato di spaccio anche reclutando i pusher, spesso giovani residenti nel quartiere Jungo. 

L’uomo collocava il suo camion in modo di poter controllare i movimenti delle pattuglie nel primo e più importante incrocio cittadino dopo l’uscita autostradale e fungeva da base per incontrare altri sodali, fornitori di stupefacenti, creditori, membri di altri clan o per convocare pusher “indisciplinati” nei turni e punirli con decurtazioni dello stipendio ( circa 250 euro a settimana) e , quando il pusher veniva arrestato, il sodalizio provvedeva a pagare il “mantenimento” alla sua famiglia, fra cui le spese legali.

Giuseppe Andò è risultato essere il referente pro tempore del clan “Brunetto-Santapaola” su Giarre mentre Pietro Oliveri, detto “Carmeluccio” considerato indiscusso erede del defunto boss Paolo Brunetto, era detenuto.

“U cinisi”, secondo quanto è emerso dalle indagini, risultava ricevere da “Carmeluccio” le indicazioni sulla gestione degli affiliati e sul mantenimento dei detenuti e delle rispettive famiglie.

Durante le indagini sono emerse le dinamiche e i protagonisti di tutto il Clan “Brunetto” nell’area jonico-etnea (articolazione della famiglia mafiosa “Santapaola” di Catania) permettendo  di identificare le figure apicali per i vari comuni (compresa una figura di spicco del quartiere Picanello di Catania) e di attribuire alle figure di vertice responsabilità su di un’estorsione ad un ristoratore giarrese, mai denunciata proprio per il forte condizionamento ambientale esercitato dal sodalizio criminoso e della relativa fitta omertà che affligge la popolazione. 

Sono emersi anche i rapporti con la frangia della famiglia Santapaola operante in Riposto e con il clan “Laudani” (Mussi di ficurinia).

Durante una delle molteplici perquisizioni in covi a disposizione dell’organizzazione criminale è stata trovata una specie di schedatura dei votanti del popoloso quartiere “Jungo” che avrebbe potuto servire per controllare il voto nelle sezioni varie sezioni elettorali.

Nel corso dell’operazione odierna sono stati sequestrati un immobile nel comune di Mascali, edificato con i proventi del traffico e un autocarro di uno dei capi/promotori, utilizzato dal sodalizio per occultare e trasportare gli stupefacenti.

Gli arrestati sono stati tradotti presso le Case Circondariali di Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta, Agrigento, ad eccezione di 6 soggetti già detenuti per altra causa e 2 indagati per i quali il Gip ha previsto gli arresti domiciliari.

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video omaggio ai caduti delle Forze dell’Ordine

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Catania, misura cautelare, medici generici e specialisti

Nella mattinata odierna questa Procura Distrettuale della Repubblica, nell’ambito di procedimento penale che vede indagati, a vario titolo, 21 soggetti per concorso aggravato nei reati di truffa, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsa perizia e frode processuale, ha delegato ai Carabinieri della dipendente Sezione di Polizia Giudiziaria, l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa il 18.05.2020 dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catania nei confronti di:

  • BLANCATO Giuseppe cl. 51, custodia cautelare in carcere;
  • RIZZO Antonino cl. 61, custodia cautelare in carcere;
  • PENNISI Sebastiano cl.62, arresti domiciliari;
  • ZAFFORA Carmelo, cl.59, arresti domiciliari;
  • SAMBATARO Filippo Emanuele Natalino cl.58, arresti domiciliari;
  • ROTUNDI Innocenza (detta Barbara) cl.65, divieto di esercitare l’esercizio della professione medica per mesi dodici.

I soggetti destinatari della misura cautelare, medici generici e specialisti (dr. RIZZO Antonino, reumatologo e medico di medicina generale e dr. BLANCATO Giuseppe, medico di medicina generale, noto per essere stato individuato come il medico che curò il boss Nitto Santapaola durante la sua latitanza, fatto per il quale venne assolto) e alcuni di loro dipendenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania e strutture sanitarie convenzionate (dr ZAFFORA Carmelo, psichiatra, direttore f.f. del modulo complesso Catania Nord del dipartimento di Salute Mentale di Catania, dr. PENNISI Sebastiano, fisiatra, presso l’ASP di Catania, Poliambulatorio di Ramacca e SAMBATARO Filippo Emanuele Natalino, cardiochirurgo presso la Clinica Convenzionata Centro Cuore Morgagni di Pedara e Presidente del Consiglio Comunale di Paternò),  sono stati sottoposti a indagini dall’ottobre 2018  al gennaio 2020, poiché hanno realizzato un articolato quanto fraudolento sistema criminale diretto a far conseguire ai loro assistiti, generando certificazioni ideologicamente false e amplificando la portata di talune patologie, le indennità di accompagnamento e/o pensioni di invalidità, nonché tutti i conseguenti benefici previsti dalla L. 104/92 a favore di soggetti che, diversamente, non ne avrebbero avuto diritto. L’impianto delinquenziale congegnato ha permesso di realizzare cospicui profitti alle parti interessate, vale a dire agli stessi sanitari e ai loro assistiti, procurando, di contro, un notevole danno all’erario, ancora in via di quantificazione.

Le investigazioni, avviate anche grazie alla collaborazione di dirigenti dell’INPS di Catania, hanno evidenziato le figure del dr. RIZZO e dr BLANCATO i quali, nel seguire  sin dall’inizio le pratiche di numerosissimi assistiti, finalizzate al riconoscimento  di particolari e gravi patologie da parte delle varie Commissioni Mediche, sia dell’ASP che dell’INPS di Catania, che avrebbero conseguentemente portato a molteplici benefici previsti dalla citata Legge, si avvalevano di una fitta rete di altri loro colleghi specialisti (cardiologi, fisiatri, psichiatri e neurologi alcuni di questi dipendenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania) che, in cambio di laute somme di denaro compilavano certificazioni mediche alterate nella loro essenza se non del tutto false, idonee a fare risaltare patologie inesistenti o, comunque, difformi rispetto alla reale gravità; peraltro, gli assistiti venivano indottrinati dai predetti medici affinché in sede di valutazione innanzi le competenti commissioni mediche accentuassero, fraudolentemente, le loro patologie e, in particolare, quelle concernenti le capacità cognitive e di deambulazione, anche utilizzando, inappropriatamente, presìdi sanitari (pannoloni, sedie a rotelle, stampelle, ecc…) al fine di palesare oltremodo la gravità della patologia in esame così, di fatto, inducendo in errore, in prima istanza la Commissione medica dell’ASP di Catania e, in sede di revisione, la Commissione Sanitaria dell’INPS di Catania. Nell’insieme, l’impianto delinquenziale concepito dai dr. BLANCATO e RIZZO, fortificato dalle certificazioni falsificate degli specialisti compiacenti,  ha permesso a quest’ultimi di assicurarsi importanti benefici economici, nell’ordine di migliaia di euro mensili  e, conseguentemente, ai loro assistiti di ottenere importanti privilegi economici e lavorativi (pensioni privilegiate, esenzioni varie, benefici anche verso terzi congiunti ecc..). Nel complesso le indagini hanno portato alla scoperta di complessivi 12 casi di falsi invalidi e di elementi di reità nei confronti di 21 soggetti (assistiti e altri medici), ai quali sono contestati, a vario titolo, i reati cui sopra.

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Eventi

Cassa Depositi e Prestiti dona 2 milioni di mascherine ai Carabinieri

Cassa Depositi e Prestiti dona 2 milioni di mascherine ai Carabinieri impegnati nell’attività di vigilanza e controllo sul territorio

 

Oggi la consegna a Roma alla presenza del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Gen. C.A. Giovanni Nistri e dell’Amministratore delegato di CDP, Fabrizio Palermo

 

I dispositivi di protezione individuale saranno distribuiti a tutte le donne e gli uomini dell’Arma a garanzia della sicurezza di chi opera in prima linea nell’emergenza Coronavirus

 

Roma, 19 maggio 2020 – Il Gruppo Cassa Depositi e Prestiti sostiene l’attività di chi ogni giorno è impegnato nella difficile battaglia contro il contagio da Covid-19 e mette in campo iniziative concrete a supporto del sistema sanitario e della Protezione Civile per far fronte all’emergenza nazionale. In particolare, CDP ha acquistato e donato 2 milioni di mascherine chirurgiche all’Arma dei Carabinieri per i propri militari impiegati nelle attività di vigilanza e controllo sul territorio nazionale. Un impegno tangibile per garantire alle donne e agli uomini dell’Arma di operare in sicurezza a tutela dei cittadini.

La consegna è avvenuta oggi a Roma, presso il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, alla presenza del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Gen. C.A. Giovanni Nistri e dell’Amministratore delegato di CDP, Fabrizio Palermo.

Nelle scorse settimane un primo lotto è già stato distribuito ai militari delle Regioni del Nord più colpite dall’emergenza.

La consegna dei dispositivi di protezione individuale è stata possibile in tempi rapidi grazie alla collaborazione con il team del Gruppo Alibaba, guidato da Rodrigo Cipriani Foresio, General Manager Sud Europa.

“Esprimo, a titolo personale e di tutta l’Arma dei Carabinieri, il mio ringraziamento a Cassa Depositi e Prestiti per l’iniziativa assunta a favore dei Carabinieri nonché ad Alibaba per aver collaborato a rendere attiva in tempi rapidi la consegna delle mascherine presso le nostre caserme, incrementando il materiale protettivo già in ciclo”, ha sottolineato il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Gen. C.A. Giovanni Nistri.

“Siamo onorati, come Istituzione a servizio del Paese, di poter contribuire al lavoro che i Carabinieri, presidio fondamentale sul territorio per la sicurezza nazionale, svolgono ogni giorno per tutelare tutti i cittadini. E’ molto importante che coloro che operano in prima linea, siano dotati di adeguati dispositivi di protezione individuale. Quest’iniziativa va oltre le misure di sistema che il Gruppo ha già messo in campo per sostenere le imprese e le pubbliche amministrazioni e testimonia la vicinanza del Gruppo CDP all’Italia”, ha dichiarato l’Amministratore Delegato di Cassa Depositi e Prestiti, Fabrizio Palermo.

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Cronaca

CC Roma EUR, arrestato per usura L.F., ex-pugile professionista

USURA – CARABINIERI ARRESTANO COMMERCIANTE A ROMA.

ROMA – I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Roma E.U.R. hanno arrestato nella flagranza di reato per usura L.F., ex-pugile professionista, commerciante di generi alimentari originario di Napoli e residente a Roma, dopo essere stato fermato mentre riceveva due orologi di pregio, del valore complessivo di oltre 33.000 euro, da un imprenditore che stava pagando parte di un prestito concessogli con interessi ben oltre la soglia di legge. L’operazione di polizia giudiziaria è stata compiuta al termine di un’attività d’indagine diretta da Pubblico Ministero del pool della Procura di Roma – Reati contro il Patrimonio, coordinato dal Procuratore Aggiunto Lucia Lotti.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la vittima, un imprenditore titolare di alcuni punti vendita di mobili, trovandosi in difficoltà economica, aveva ricevuto dal 2018, in più tranche, un prestito “a fermo” della somma complessiva di euro 250.000 con un tasso usuraio del 10% da corrispondere mensilmente, per il quale aveva già corrisposto circa 350.000 euro come pagamento degli interessi maturati nel corso del tempo.

Il finanziatore, al fine di ottenere la restituzione delle somme di denaro, attraverso pressioni vessatorie, faceva intendere all’imprenditore che avrebbe subito ripercussioni fisiche come già accaduto per altri suoi debitori che avevano tardato nei pagamenti. La merce di valore consegnata avrebbe soltanto parzialmente coperto il debito contratto garantendo alla vittima di guadagnare tempo nel reperire la liquidità necessaria per saldare il prestito.

L’arresto scaturisce da una precedente operazione del febbraio scorso, eseguita dagli stessi Carabinieri dell’Eur, che aveva già portato all’arresto di due soggetti colti nella flagranza di reato per usura e estorsione, ai danni di un altro imprenditore romano, gestore di una palestra. Nel corso degli approfondimenti investigativi, uno dei due arrestati, commerciante nel settore del caffè, veniva trovato in possesso di un assegno in bianco del valore di 70.000 euro, risultato poi collegato al conto corrente del mobiliere che, a sua volta, lo aveva consegnato al creditore quale garanzia per consentirgli di ripianare il debito contratto.

A seguito della convalida dell’arresto, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale Capitolino ha applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari con dispositivo del braccialetto elettronico, alla luce dei gravi reati contestati e delle conseguenze derivanti dal comportamento usurario tenuto.

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Varese

Varese in piazza Repubblica cittadino nigeriano prima litiga, poi aggredisce i carabinieri: arrestato

Ieri durante il pomeriggio domenicale i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Varese hanno arrestato in flagranza di reato un 26enne disoccupato cittadino nigeriano per resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale.

 Piazza Repubblica da anni è al centro dell’attenzione per problemi di ordine pubblico perché luogo di bivacchi e piccolo spaccio.

I militari sono intervenuti in Piazza Repubblica in seguito ad una allerta telefonica al 112 e hanno bloccato un 26enne cittadino nigeriano che aveva avuto una lite molto accesa con connazionali, ma l’uomo si è rifiutato di fornire le sue generalità e ha dato in escandescenza aggredendo i carabinieri che sono stati costretti ad ammanettarlo.

La successiva perquisizione personale ha permesso di trovare addosso al giovane mezzo grammo di marijuana, quindi è stato arrestato e dopo le formalità di rito, è stato trattenuto nelle camere di sicurezza della Stazione Carabinieri di Varese in attesa dell’udienza di convalida.

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Bonifica discariche, grazie ai Carabinieri l’Italia risparmia 34 milioni

PRESENTATA VIA WEB LA 5^ RELAZIONE SEMESTRALE SULLE BONIFICHE DELLE DISCARICHE ABUSIVE DI CUI ALLA CAUSA EUROPEA 190/2013

 

Bonificate 41 discariche in 36 mesi: l’Italia risparmia 34 milioni di euro dall’inizio della sanzione nel 2014, l’infrazione semestrale diminuisce da 42.000.000,00 agli attuali 8.600.000,00

 

Il Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Ambiente e per la Tutela del Territorio e del Mare, On.le Roberto MORASSUT e il Commissario straordinario di Governo Gen. B. Giuseppe VADALA’ con la task-force messa a disposizione dall’Arma dei Carabinieri per fare fuoriuscire l’Italia dalla procedura d’infrazione europea, hanno presentetao alla stampa via web la quinta relazione semestrale.

 

 Generale Ciro DAngelo CC 1 860x450 Report difesa

 

L’iniziativa che ha visto la partecipazione in loco ed in collegamento, tra gli altri:

  • Gen. C.A. Ciro D’ANGELO, Comandante Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari Carabinieri, ( nella foto sopra)
  • Dott. Mariano GRILLO, Capo Dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare,
  • Dott.ssa Ilde GAUDIELLO, Dirigente coordinatrice delle procedure di infrazione in materia di rifiuti del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare,
  • Prof. Vito Felice URICCHIO, Direttore dell’Istituto di Ricerca sulle acque e territori del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bari,

con la moderazione della Dott.ssa Silvia PAPARELLA, CEO di RemTech.

E’ stata promossa per fare il punto della missione commissariale a sei semestri dalla nomina del marzo 2017, al fine di  risolvere un problema ambientale e di ottenere un considerevole risparmio economico per il Paese.

Ad oggi, su 81 discariche consegnate nelle mani del Commissario di Governo per la bonifica dei siti inquinati nel 24 marzo 2017, ben 41 siti sono stati espunti dalla procedura di infrazione permettendo all’Italia di risparmiare 16milioni e 400mila euro ogni anno. La sanzione europea iniziata, nel 2014, con 42.000.000,00 per ogni sei mesi oggi si è ridotta a € 8.600.000,00 (compresi i dossier proposti a dicembre 2019 al vaglio ancora della Commissione UE) con un risparmio economico per l’Erario e soprattutto restituendo zone più salubri alle collettività.

E’ questo il principale risultato del lavoro della Struttura di missione, voluta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2017 e che oggi lavora in completa sinergia con il Ministero dell’Ambiente  per azzerare il debito contratto con l’Europa.

 

A guidare la task force composta tutta da Carabinieri è il Generale di Brigata Giuseppe Vadalà che attraverso le attività effettuate con la squadra creata ad hoc e messa a disposizione del dall’Arma dei Carabinieri, ha periodicamente inseguito e raggiunto gli obiettivi fissati nel cronoprogramma operativo.

Il  lavoro svolto nell’ultimo semestre dall’Ufficio del Commissario è stato dettagliatamente descritto all’interno della quinta relazione semestrale nel corso di una video-conferenza voluta in sinergia con il Sottosegretario del Ministero dell’Ambiente On.le Roberto Morassut insieme al Comandante delle Unità Forestali, Ambientali e Agrolaimentari Carabinieri, Gen. C.A. Ciro D’Angelo e coaudiviati dal board scentifico di RemTech nella persona della Dott.ssa Silvia Paparella nonché dal Prof. Vito Felice Uricchio dell’Istituto di Ricerca sulle acque e territori del CNR di Bari.

Queste le parole del Sottosegretario del Ministero dell’Ambiente On.le Roberto Morassut :

Oggi abbiamo presentato un grande risultato, per il quale ringrazio il Generale Vadalà e la sua Struttura di Missione. Un modello che funziona anche grazie all’azione col Ministro Costa e alla sinergia con tutti gli attori coinvolti e da replicare se possibile al di fuori della stroardinarietà della procedura di infrazione. L’obiettivo è quello di restituire il territorio alle comunità e farlo in tempi rapidi. Sulle bonifiche al Ministero dell’Ambiente stiamo accelerando, con nuovi accordi di programma per Venezia – Trieste. Lavoriamo per semplificare le procedure di approvazione dei progetti di bonifica e utilizzare tutte le risorse disponibili nei fondi FSC, fondi ordinari per oltre 2 miliardi di euro. Nel Collegato Ambientale vi sarà una norma di delega al Governo con la modifica del Titolo V del Testo Unico Ambientale per superare lentezze burocratiche e snellire le procedure”.

 

Continua: “Il nostro è un Paese fragile e fortemente inquinato, il Green New Deal deve partire proprio da un grande programma di recupero del territorio, intervenendo su risanamento del suolo, dissesto idrogeologico e rigenerazione urbana. Abbiamo il dovere di rendere ai cittadini i territori usurpati da anni di inquinamento e di avviare al contempo nuove prospettive di sviluppo economico e di sostegno delle comunità. È il momento, anche in vista della ripresa post pandemia, di mettere in atto un nuovo paradigma di crescita, basato su sostenibilità ambientale, economica e sociale e innovazione tecnologica. I suoli bonificati potranno essere una risorsa per nuovi insediamenti industriali, per aree rinaturalizzate e per impianti di produzione di energia pulita e rinnovabile”.

 

Conclude: “Il risanamento ambientale, come spesso sottolinea il Ministro Sergio Costa, richiamando l’attenzione del legislatore, è una delle priorità nella fase della ripartenza”.

 

Queste le parole del Gen. Vadalà:

            Esporre questo documento alla stampa in un periodo così delicato come quello della pandemia, sottolinea come le cose si possono fare anche se sono irte di ostacoli, abbiamo voluto questo evento con il Ministero proprio per sottolineare che i lavori si sono rallentati, nel rispetto della salvaguardia della salute pubblica e nella piena osservanza dei decreti,  ma mai si sono fermati nonostante il covid-19. L’uso web per la presentazione della V Relazione è un mezzo “alternativo” ma che può essere comunque utile per avvalorare il principio di trasparenza al quale abbiamo ispirato la nostra missione“.

 

Continua il Commissario: “L’iniziativa voluta insieme al Sottosegretario Morassut e nella casa comune del Ministero dell’Ambiente è conferma della sinergia di azione collegiale come base della strategia che guida questa struttura. Regioni, Comuni, Agenzie Regionali per l’Ambiente hanno risposto senza esitazione all’invito di questo Commissariato a recuperare porzioni di territorio. Così gli organismi scientifici di primo piano a livello nazionale (ad esempio: RemTech, S.N.P.A – I.S.P.R.A., Consiglio Nazionale delle Ricerche, Università del Sannio) nonchè i soggetti pubblici nelle zone di riferimento (professionisti e associazioni di cittadini) sono stati attori compartecipi  in questo peculiare agire d’insieme, infatti gli obiettivi di risanamento e bonifica possono essere raggiunti unicamente  con una sinergia d’intenti e che stabilisca gli obiettivi, le tempistiche e i procedimenti da attuare. L’obiettivo non è solo decontaminarli, ma anche restituirli ai cittadini risanati e funzionali, assicurando nel contempo le tempistiche che ci impone l’Europa.

 

Conclude “Adeguato ed essenziale è stato l’apporto incessante del’Arma dei Carabinieri e nello specifico del Comando Forestale Ambientale e Agroalimentare nonché i peculiari protocolli attivati con il Ministero dell’Interno e con la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorrismo. E’ indubbio che se non ci fosse stato riscontro tempestivo da parte di tutti gli Enti e Istituzioni, ma soprattutto l’intesa con il Ministero dell’Ambiente, voluta e ribadita dal recente Decreto Clima convertito in legge a dicembre 2019, che ha disciplinato e disposto la nostra missione non avremmo mai potuto ottenere questi risultati e quindi  porre in sicurezza, ben 41 siti, riducendo corposamente la sanzione annuale”.

 

In conclusione alcuni dati significativi della missione:

  • Siti: 41 espunti dalla procedura di infrazione Europea sugli 81 totali commissariati – Abruzzo (12 siti), Campania (7), Calabria (8) poi Sicilia (6), Lazio (4), Veneto (2), Puglia (1) e Toscana (1).
  • Sanzione Europea semestrale: da € 42.000.000,00 agli attuali 9.600.000,00 (da ridurre ulteriormente a 8.600.000,00 al termine del vaglio dei dossier di espunzione proposti alla commissione UE nel dicembre 2019).
  • Dal 24 marzo 2017 ad oggi in questi primi tre anni il Commissario e la task-force dell’Arma dei Carabinieri hanno fatto risparmiare alle casse dello Stato € 16.400.000,00 e risanato 41 pregevoli territori del nostro Paese;
  • Missioni svolte: 1150 (suddivise tra riunioni in sede 246 e fuori sede 399, sopralluoghi operativi-investogativi 155, incontri istituzionali 192, incontri relativi a convegni, conferenze ed eventi stampa 158).

 

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Cronaca

Torino: presa la banda del buco che ripuliva le sale slot

I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Torino hanno arrestato due albanesi ritenuti responsabili dei vari colpi alle sale slot torinesi dove entravano praticando dei buchi nelle pareti.

I due malintenzionati erano degli specialisti del furto nelle sale slot dove entravano con la cosiddetta “tecnica del buco” e prima dei colpi effettuavano sopralluoghi accuratissimi nei locali da colpire, studiando dove fare il foro alle pareti limitrofe per accedervi, individuare i sensori di allarme presenti, nonché la centralina di controllo da neutralizzare, per poi colpire muniti di tutte le attrezzature da speleologo, tute e caschi forniti di lampade.

Per rendersi invisibili agli antifurti volumetrici strisciavano addirittura per terra, simulando quasi delle vere tecniche militari poi sfondavano le porte interne, staccavano dal muro le eventuali casseforti, forzavano le slot machine a colpi di mazza ferrata (anche venti per volta) e si impossessarono del denaro che contenevano.

20 05 09 torinobancabucoat

I due albanesi erano così diventati il terrore della sale da gioco della provincia di Torino, vittime di numerose incursioni predatorie. 

Il 3 gennaio dell’anno scorso, a Chivasso (TO), avevano portato via oltre centomila euro in contanti e tra gennaio e giugno 2019 è stata accertata la loro responsabilità per altri 7 furti  (5 in sale slot e 2 in abitazioni private) per un valore complessivo di circa €200.000, ai quali vanno aggiunti gli ingenti danni provocati alle strutture murarie ed alle apparecchiature elettroniche. 

Le indagini dei militari dell’Arma hanno permesso non solo di identificarli, ma anche di localizzarli e catturarli in provincia di Caserta, con l’ausilio dei colleghi del Reparto Territoriale di Aversa.

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Varese: 33enne libico arrestato in flagranza di reato

La notte scorsa i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Varese hanno arrestato un 33enne disoccupato di nazionalità libica, irregolare sul territorio nazionale, in flagranza di reato perché aveva con sé un serramanico da 20 cm, aveva dichiarato una falsa identità e non aveva rispettato l’ordine di allontanamento dal territorio nazionale.

I militari avevano ricevuto una segnalazione telefonica dalla zona di Monvalle e, una volta giunti sul posto, hanno controllato un uomo che camminava in via Roma con in mano un coltello a serramanico della lunghezza complessiva di 20 centimetri.

Dopo le opportune verifiche i militari hanno accertato che l’uomo aveva dichiarato generalità false ed era, inoltre, destinatario di un ordine di allontanamento dal territorio nazionale emesso dalla Questura di Como. L’arrestato è stato trattenuto nelle camere di sicurezza della Stazione Carabinieri di Varese in attesa dell’udienza di convalida.