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Verbania

Coronavirus, il disagio delle chiese di Verbania e Domossola

Le città di Verbania e di Domodossola come tutta Italia stanno vivendo un periodo storico, di disagio a causa del Corona Virus. Molti cittadini si sono visti stravolgere la propria vita nella loro quotidianità.

Anche le nostre chiese hanno subito questo stravolgimento, poiché in questi giorni non si sono potute riunire; ma di questo non eravamo preoccupati visto che lo stesso Gesù Cristo ci ha insegnato :

“ poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome li sono io in mezzo a loro ( Vangelo secondo Matteo 18:20)”

La nostra volontà è quella di portare un messaggio di speranza e di conforto alle città del vco tramite questo comunicato stampa.

Per qualsiasi necessità sanitaria bisogna affidarsi al personale medico, che con l ‘ occasione vogliamo ringraziare per il lavoro esemplare che stanno svolgendo in questi periodi difficilissimi;

“sbaglia chi pensa che un cristiano non si debba riporre alle cure mediche, l’esempio sta proprio in Luca (evangelista) non era per caso un Dottore?.

L ‘ invito di Fede Cristiana ( Chiesa Evangelica Pentecostale) comunque e di non dimenticarsi di Dio, egli ci ha promesso tramite suo figlio Gesù Cristo che non saremo mai stati soli dopo la sua morte , ma ci sarebbe stato lo spirito santo a consolarci e darci forza nelle difficoltà, come quella che stiamo vivendo ora :

“ ma il consolatore , lo spirito santo, che il Padre manderà nel mio nome , vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto ( Vangelo secondo Giovanni 14:26)”

Abbiate fede in Cristo non fatevi sopraffare da paure, e ricordatevi ciò che il Signore ci ha comandato:

“ Non te l ho io comandato? Sii forte e coraggioso, non ti spaventare e non ti sgomentare, perché il Signore, il tuo Dio sarà con te dovunque andrai

Giosuè 1:9”

che Dio vi Benedica

Pastore Giovanni Telesca

Fede Cristiana Domodossola/ Verbania

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Cronaca

Indebitamento in Lombardia: l’emergenza non è solo sanitaria

In questi giorni si fa un gran parlare dell’emergenza sanitaria del coronavirus che sta colpendo l’Italia, interessando in particolar modo le regioni del nord. Questa, però, non è l’unica emergenza che interessa il nostro paese. Ne esiste anche un’altra, che ormai ha abbandonato le prime pagine dei giornali, quella economica che ha portato moltissimi imprenditori a contrarre debiti per salvare la propria azienda o cittadini a chiedere prestiti per far fronte ad una situazione difficile. Debiti che non sono più riusciti a saldare, e che sono cresciuti rapidamente, diventando opprimenti.

Gianmario Bertollo fondatore di Legge3Non tutte le storie, fortunatamente, finiscono male, anzi. Sono sempre di più quelle che vedono un lieto fine, come è stato per il signor Giuseppe, uomo che vive del bresciano, che ha visto finalmente la pubblicazione della sentenza che stralcia in parte il debito di 110.348 €, che aveva contratto nel tentativo di garantire la miglior vita possibile alla propria famiglia. Le cose non andarono come aveva sperato e quello che inizialmente era “solo un prestito”, è cresciuto rapidamente, sotto la spinta dei tassi d’interesse, fino a diventare ingestibile. Per questo il signor Giuseppe ha chiesto aiuto all’associazione Legge3.it, che si occupa di aiutare cittadini e imprese ad uscire da queste situazioni, ai sensi dei provvedimenti normativi introdotti nel 2012 (ma mai davvero pubblic izzati) con la legge numero 3, nota come Legge Salvasuicidi.

“Giuseppe ha sempre cercato di non fare mancare nulla alla propria famiglia. Per far fronte alle necessità non ha esitato a contrarre finanziamenti potendo contare sul suo stipendio e anche quello della moglie, ma gli eventi hanno finito con il prendere una piega diversa da quanto avrebbe sperato. – Ha commentato Gianmario Bertollo, fondatore di Legge3.it – Una vicenda che non è poi così rara, a dirla tutta. Ma, grazie ai professionisti della nostra Associazione e, soprattutto, alla disponibilità e alla rapidità dell’OCC incaricato, ovvero, l’Organismo per la Composizione delle Crisi da sovraindebitamento della Camera di Commercio competente, si è risolto tutto per il meglio in tempi rapidi. Giuseppe ha visto la riduzione del suo debito da 110.348 € a 16.800 €, che salderà in rate da 350 € al mese per i prossimi 4 anni. Dopo di che, sarà lib ero da tutti i debiti e potrà iniziare una nuova vita. Nella sentenza, si legge anche che il giudice ha bloccato, come previsto dalla legge, qualsiasi prelevamento dovuto alla cessione volontaria del quinto. Un provvedimento che è bene mettere in evidenza perché ancora oggi, dopo tanti anni e centinaia di sentenze, alcuni giudici continuano a negare questa evidenza”.

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ECONOMIA

Coronavirus e inadempimento contrattuale: causa di forza maggiore?

di Avv. Alessandro Bellofiore – BSVA – Studio Legale Associato

L’emergenza coronavirus sta avendo un fortissimo impatto sull’economia, sugli scambi e sui rapporti contrattuali interni e internazionali. Per quanto riguarda i rapporti commerciali i casi sono e saranno i più vari, ma i più frequenti saranno senz’altro rappresentati da ritardi o impossibilità di consegnare prodotti e materiali per difficoltà di approvvigionamento, con un effetto domino che renderà difficile ricostruire la catena delle responsabilità e circoscriverne l’ambito.

Si pensi, ad esempio, a un produttore italiano di elettrodomestici che abbia stipulato un contratto per la vendita di prodotti con un importatore statunitense il quale, a propria volta, si sia impegnato con i propri clienti. Supponiamo ora che il nostro produttore italiano acquisti parte dei componenti da un importatore tedesco di prodotti cinesi la cui produzione sia sospesa per ordine del governo cinese nell’ambito delle azioni volte a contrastare il propagarsi dell’epidemia. Quale sarà l’effetto finale del nostro caso? L’importatore statunitense sarà ritenuto responsabile del ritardo o della mancata consegna dei prodotti dai propri clienti e cercherà quindi di rivalersi sul produttore italiano il quale, a propria volta, chiederà di essere indennizzato all’importatore tedesco di componenti. Quest’ultimo non avrà altra possibilità se non quella di rivolgere le proprie domande risarcitorie al produttore cinese, il quale gli opporrà la propria assoluta impossibilità di poter adempiere ai propri obblighi per motivi di forza maggiore.

E’ chiaro che, trovandosi coinvolti in una simile catena, il rischio di restare con il cerino in mano è altissimo. Quali sono le regole che permetteranno agli eventuali giudici o arbitri di risolvere ciascuna delle controversie, attribuendo così il cerino a uno o più dei personaggi coinvolti?

In primo luogo, i giudici esamineranno le disposizioni del contratto che lega le parti in lite avanti a lui, al fine di comprendere quale sia la legge applicabile e se le parti abbiano disciplinato espressamente ipotesi come quella in esame.

Per semplicità limitiamo il nostro esempio alle liti che potrebbero coinvolgere il produttore italiano e ipotizziamo che i contratti che lo legano al fornitore tedesco e all’importatore statunitense prevedano l’applicazione della legge italiana.

Il giudice in prima istanza analizzerà le clausole contrattuali al fine di verificare se, e come, le parti abbiano inteso disciplinare ipotesi simili. Il contratto, ad esempio, potrebbe prevedere che il ritardo nella consegna non possa essere in alcun modo giustificato, stabilendo una penale per il ritardo, oppure le parti potrebbero aver pattuito una clausola di esonero di responsabilità della parte che non abbia potuto adempiere ai propri obblighi in quanto impossibilitata da eventi di caso fortuito o forza maggiore.

In quest’ultimo caso occorrerà valutare in primo luogo se la diffusione del coronavirus, che il 30 gennaio scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato “Public Health Emergency of International Concern (PHEIC)” possa essere considerata una causa di forza maggiore, per poi analizzare con attenzione il testo contrattuale e verificare se il blocco della produzione di un componente in Cina possa essere considerato sufficiente a ridurre o eliminare la responsabilità dell’importatore tedesco, che non ha potuto garantire la fornitura dei componenti, o del produttore italiano, che non ha potuto eseguire la vendita a valle.

Quello di forza maggiore non è un concetto univoco, ma può variare da giurisdizione a giurisdizione e soprattutto da contratto a contratto, potendo le parti espressamente includere o escludere dalla nozione di forza maggiore determinati eventi. Con la conseguenza che l’incidenza della forza maggiore dovrà essere valutata caso per caso in relazione allo specifico rapporto contrattuale.

Tipicamente, a livello internazionale, secondo quanto affermato anche dai principi Unidroit, sono considerate cause di forza maggiore quelle circostanze estranee alla sfera di controllo della parte obbligata, che determinano un impedimento che la parte stessa non era ragionevolmente tenuta a prevedere al momento della conclusione del contratto, né poteva evitare o superare l’impedimento stesso o le sue conseguenze.

Tra queste i contratti sono soliti contemplare le catastrofi naturali, quali incendi, terremoti, alluvioni, inondazioni, uragani, etc. o eventi umani di particolare gravità, come guerre, atti terroristici, rivolte, scioperi, ordini del governo.

La diffusione del coronavirus viene in rilievo sia quale causa di impossibilità naturale, per l’impatto del virus sulla salute e quindi sulla possibilità della catena di approvvigionamento di fornire servizi, sia come conseguenza indiretta delle misure adottate dalle autorità pubbliche per contenere il virus. L’imposizione di quarantene, di limiti alla circolazione, la chiusura dei porti o dei traffici aerei hanno infatti un’incidenza inevitabile sulla corretta e tempestiva esecuzione delle obbligazioni contrattuali.

A sostegno degli imprenditori colpiti dall’epidemia, e al fine di temperare le conseguenze sul piano delle relazioni commerciali internazionali, il China Council for the Promotion of International Trade (i.e. agenzia accreditata presso il Ministero del Commercio Cinese), sta mettendo a disposizione certificati di forza maggiore, volti ad attestare che l’eventuale ritardo o inadempimento è direttamente causato dall’epidemia. Un’analogia può del resto ravvisarsi con l’epidemia SARS del 2003, a fronte della quale vi sono stati alcuni arbitrati e tribunali cinesi che hanno effettivamente riconosciuto la sussistenza di cause di forza maggiore.

L’espressa previsione contrattuale o la configurabilità del coronavirus come causa di forza maggiore non determinano tuttavia automaticamente un’esenzione o una limitazione di responsabilità.

Occorre infatti, valutare: (i) come l’impedimento abbia inciso sulla corretta esecuzione o sull’esecuzione tout court delle obbligazioni contrattuali, (ii) il rispetto degli obblighi eventualmente stabiliti dal contratto e (iii) il grado di diligenza adoperato dall’obbligato una volta verificatosi l’evento.

In genere sarà contrattualmente previsto che la parte che ha subito l’impedimento informi il prima possibile l’altra delle circostanze verificatesi e delle potenziali conseguenze, e adotti le misure ragionevolmente possibili per mitigare i pregiudizi dell’evento.

Nel caso ipotizzato, occorrerà ad esempio considerare se l’imprenditore tedesco si sia attivato o avrebbe potuto attivarsi in tempo utile per limitare le conseguenze del diffondersi del virus sulla propria attività, adottando misure idonee a continuare a soddisfare i propri obblighi contrattuali o, ad esempio, individuando un diverso fornitore non interessato dal virus. 

In conclusione, la complessità della materia non lascia spazio a risposte generali, ma impone un’analisi caso per caso: è verosimile che, in linea di principio, l’epidemia possa essere considerata una causa di forza maggiore che esonera da colpa l’obbligato inadempiente, ma il giudizio non potrà non tenere conto del contenuto specifico delle clausole contrattuali e di quanto possa essere concretamente e ragionevolmente richiesto al soggetto inadempiente secondo criteri di diligenza ed equità.

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Istituzioni

ATS Insubria, norme sulla salute

Il Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria di ATS Insubria, in adesione a quanto previsto dal DPCM 1 Marzo 2020, chiede agli organi di stampa la diffusione delle misure di prevenzione delle infezioni da Coronavirus rese note dal Ministero della salute e valide su tutto il territorio nazionale:lavare spesso le mani

  • evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di patologie infettive/infiammatorie acute delle vie respiratorie
  • coprire bocca e naso quando si starnutisce o si tossisce
  • non toccare con le mani occhi, naso, bocca
  • pulire le superfici negli ambienti di vita e di lavoro con disinfettanti a base di cloro o alcol
  • non assumere farmaci antivirali né antibiotici almeno che non siano prescritti dal medico
  • usare la mascherina in caso di sintomi respiratori o nel caso in cui si assistano persone malate o immunodepresse
  • In caso di dubbi rivolgersi al proprio medico e non al pronto soccorso

 

All’interno delle misure previste dal DPCM è raccomandato, inoltre, di mettere a disposizione in tutti i locali pubblici, palestre, supermercati, farmacie e altri luoghi di aggregazione, soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani.

Si chiede  ai cittadini, che hanno superato i 65 anni di età, di condurre in questo periodo una vita più ritirata, evitando, se possibile, di uscire o comunque di accedere ad ambienti ad alta densità di frequentazione, per ridurre le possibilità di contrarre il virus.

I Sindaci sono invitati a promuovere tutte quelle iniziative di comunicazione verso la popolazione e, in particolare, verso i soggetti fragili ed i loro più stretti contatti, affinché in questo periodo vengano evitate tutte le occasioni di aggregazione differibili. Ad esempio, le tipiche attività dei centri ricreativi frequentati dagli ultrasessantacinquenni che si riuniscono per occasioni anche ludiche come il gioco delle carte o delle bocce. Si raccomanda, inoltre, di promuovere con buon senso la consapevolezza nei cittadini, affinché si adottino comportamenti, anche e soprattutto, dopo le date di termine dei divieti oggi validi e anche in assenza di specifiche misure precauzionali emanate dal servizio pubblico.

In ordine al supporto sociale dei soggetti fragili in isolamento, è stata condivisa, con il Consiglio di rappresentanza dei Sindaci, la scelta di segnalare ai Sindaci i nominativi dei soggetti che necessitano di supporto, nel caso in cui emergesse, all’avvio del protocollo di sorveglianza domiciliare, una situazione di criticità, che renda necessaria l’attivazione dei Servizi Sociali comunali. In questo caso verrà data notizia al Sindaco del Comune di residenza garantendo la riservatezza dell’informazione  trasmessa.

             Anna Botter

         Ufficio Stampa

     Direzione Generale

  Agenzia di Tutela della Salute

  Mob. + 39 348 6664981

   Tel. + 39 0332/277223

                                                             

Si avvisano i destinatari che questo messaggio è aziendale e non ha natura personale. Le risposte a questo indirizzo mittente potranno essere conosciute, per motivi aziendali, da altre persone dell’ATS dell’Insubria autorizzate a tal fine dal titolare.

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Lega

CORONAVIRUS, FORONI: PROTEZIONE CIVILE COSTANTEMENTE AL LAVORO

“Stiamo intensificando di ora in ora il nostro sforzo a sostegno di tutte le popolazioni e i territori coinvolti nell’emergenza. La Protezione civile regionale è costantemente al lavoro per cercare di migliorare la situazione, in ogni ambito, come supporto al nostro sistema di Welfare sia al Dipartimento centrale. Siamo in stretto raccordo con i sistemi provinciali e con gli amministratori locali che in provincia di Lodi, come in altri territori, stanno facendo un grande lavoro di comunicazione con gli abitanti. Abbiamo altresì intensificato il supporto logistico in ogni campo, soprattutto alla popolazione della ‘zona rossa’, grazie allo straordinario lavoro e all’abnegazione di circa 500 volontari”. Così l’assessore regionale alla Protezione civile, Pietro Foroni, fa il punto sulle attività svolte fino ad oggi dopo l’individuazione del primo caso accertato di coronavirus in Lombardia.

La Protezione civile regionale è impegnata nella fornitura di materiale e di supporto logistico per l’allestimento di spazi per triage e alloggio personale sanitario. Ad oggi sono stati allestiti 7 punti triage negli ospedali di Bergamo, Cremona, Crema e Casalmaggiore (Cremona), Brescia, Mantova, Stradella (Pavia) con circa 350 volontari.

È in corso la verifica della situazione (per successivo eventuale allestimento) per nuovi punti di triage campale negli ospedali di Edolo ed Esine (Brescia), di Vigevano (Pavia), di Rozzano (Milano), di Alzano Lombardo (Bergamo) e di Monza e l’allestimento di 40 posti letto presso l’ospedale di Lodi (con circa 20 volontari);

È in corso altresì l’allestimento di strutture di pre-triage per gli istituti carcerari. Nella giornata di ieri, domenica 1° marzo, sono stati installati 5 presidi, e si prevede l’installazione di altri 6 in questi giorni, per un totale di 11 punti di pre-triage (impiegati circa 20 volontari).

Nel dettaglio, la Regione, tramite il sistema territoriale di Protezione Civile, ha recuperato e consegnato nei centri di stoccaggio:

– 15.000 tute ad Areu presso ospedale Niguarda Ca’ Granda (24 febbraio)

– 1.000 mascherine al Centro Coordinamento Soccorsi di Lodi, per la ‘zona rossa’ (25 febbraio)  

– 7.000 mascherine ad Areu presso ospedale Niguarda Ca’ Granda (il 26 febbraio)

– 5.000 kit ad Areu sempre presso ospedale Niguarda Ca’ Granda e circa 25.000 mascherine al Centro Coordinamento Soccorsi di Lodi (27 febbraio)

– 30.000 mascherine chirurgiche presso ospedale Niguarda Ca’ Granda (1 marzo)

– 200.000 mascherine all’ospedale Niguarda di Milano (oggi)

per un totale di 283.000 pezzi.

Il sistema regionale di Protezione Civile sta inoltre supportando Areu per l’organizzazione delle attività del magazzino centralizzato di materiale sanitario, in particolare per quanto riguarda la consegna – che verrà effettuata presumibilmente nella serata di oggi – di una significativa quantità di materiali in arrivo in giornata a Roma Fiumicino.

STRUTTURE DESTINATE ALLA QUARANTENA – È stata confermata la disponibilità di spazi per l’allestimento delle strutture destinate alla quarantena, che al momento consistono in 50 posti a Baggio (11 stanze a 4 letti e 3 stanze a 2 letti), mentre si sta lavorando in accordo con la Regione Emilia-Romagna per allestire altri 61 posti a Piacenza (61 stanze uso singolo), ed è in valutazione l’utilizzo della struttura militare di Linate (53 stanze singole, 3 stanze a 2 letti – circa 60 posti). Tale attività viene condotta in stretto raccordo con l’Esercito e la Croce Rossa Italiana. L’obiettivo è rendere operative le strutture per l’inizio della settimana.

Prosegue infine il supporto con personale volontario alla gestione del numero verde attivato da Regione per l’emergenza coronavirus (circa 260 persone impiegate) nonché le procedure di sorveglianza sanitaria presso gli aeroporti, con sostituzione del volontariato delle organizzazioni di volontariato nazionali con quelle territoriali, e la disponibilità di circa 700 volontari “territoriali”, distribuiti su più giorni.

Anche a livello nazionale, è assicurato il raccordo con i Ministeri competenti e con il Dipartimento nazionale della Protezione Civile, tramite quotidiani collegamenti con il Comitato Operativo di Protezione Civile. 

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POLITICA

Coronavirus, Gallera : 103 posti in più in terapia intensiva

Da un punto di vista sanitario, l’assessore Gallera ha confermato che la Regione si sta preparando a gestire l’afflusso dei malati “anche con numeri importanti”, dal momento che l’incremento dei casi positivi “corrisponde praticamente al numero degli ospedalizzati”.

Gallera ha anche spiegato che ieri “ha incontrato gli amministratori locali e i rappresentanti delle Ats” con i quali è stata condivisa la necessità di mettere in campo misure affinché “chi è in isolamento volontario o è un contatto diretto sia supportato e stia realmente al domicilio”. Allo stesso tempo l’assessore ha invitato ancora gli ultra 65enni “a stare a domicilio nelle prossime 2/3 settimane”.

103 POSTI IN Più IN TERAPIA INTENSIVA – Nell’ultima settimana sono stati creati 103 posti in più (69 nel pubblico e 34 nel privato) di terapia intensiva.

“Ne avevamo 724 – ha detto Gallera – più i 176 dei monospecialistici (che, in questo momento, non sono coinvolti) e siamo dunque arrivati a 827, di cui 593 nelle strutture pubbliche e 232 nelle strutture private. Ad oggi, dunque, i posti destinati al Coronavirus sono 220, quelli occupati sono 167 occupati”.  Altri 50 saranno pronti nei prossimi giorni.

350 NUOVI INFERMIERI – “Abbiamo anche ottenuto dal ministero – ha aggiunto l’assessore – l’autorizzazione a una deroga che ci consentirà di assumere infermieri prima dell’iscrizione all’Albo. Avremo dunque circa 350 nuovi infermieri da immettere nel sistema intorno a metà marzo”.

MEDICI E INFERMIERI MILITARI – L’assessore ha poi aggiunto che sia lui che il collega Foroni hanno ricevuto una telefonata dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che ha confermato la disponibilità di 14 medici e 20 infermieri militari ad entrare subito in servizio.  “Domani, inoltre – ha aggiunto – approveremo in Giunta un accordo che consente ai privati di lavorare nel pubblico”.

UN BAMBINO AL PAPA GIOVANNI DI BERGAMO – Gallera ha anche confermato che all’Ospedale Papa Giovanni di Bergamo è ricoverato un neonato di 20 giorni positivo al coronavirus.

Il bambino “non è in una situazione particolarmente compromessa, è in isolamento in patologia neonatale e respira autonomamente”.

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Sanità

Dimesso il primario di Alzano Lombardo, ricoverato a Legnano

Legnano, Martedì 3 Marzo 2020

Finalmente arrivano anche buone notizie dal fronte emrgenze da coronavirus, il medico residente a Rescaldina e ricoverato presso l’ospedale di Legnano dalla scorsa settimana, è stato dimesso quest’oggi 3 Marzo 2020.

Una buona notizia dal fronte dell’emergenza sanitaria causata dal coronavirus. L’assessore al Welfare Giulio Gallera ha comunicato poco fa, nella consueta conferenza stampa quotidiana di aggiornamento, che il primario di Alzano Lombardo (residente a Rescaldina), ricoverato dal 26 Febbraio scorso, è stato dimesso oggi Martedì 3 Marzo 2020. A.L.

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Milano

Milano. Il lavoro in epoca del coronavirus

Raffaella Greco intervista il Dott. Luca Brusamolino Smartworking Coach, docente del master Labor Law and HRM all’universita LUM, e fondatore di Smart Working Day

BUONGIORNO  L’ULTIMO DECRETO FIRMATO IERI SERA DAL GOVERNO PER FAR FRONTE ALLE CONSEGUENZE DEL CORONA VIRUS DEDICA UN PARAGRAFO AL TEMA DELLO SMART WORKING – LEI CHE È ESPERTO DI CHANGE MANAGEMENT E SMART WORKING E VIVE QUESTE TEMATICHE DA TEMPO IN AZIENDA. SA DIRMI A CHE PUNTO SIAMO IN ITALIA?
Dal punto di vista normativo siamo molto avanti, sta infatti per compiere 3 anni la normativa sul lavoro agile, che sancisce la possibilità per lo smartworker di prestare la propria attività senza vincoli di luogo e orario previo accordo individuale tra le parti. Il governo ha inoltre risposto in maniera tempestiva all’emergenza coronavirus consentendo con un decreto, l’attivazione dello smart working anche in assenza dell’accordo individuale prima per le aree considerate a maggior rischio e dal 2 Marzo estendendo questa possibilità a tutto il territorio nazionale. Dal punto di vista organizzativo invece i dati non sono così confortanti, se è vero che il lavoro agile è un fenomeno in continua crescita, il numero degli smartworker “censiti” dall’osservatorio del Politecnico di milano sono 570mila, un numero limitato se paragonato agli occupati italiani.
 
 CHE DIFFERENZA C’È  TRA TELELAVORO E SMARTWORKING? 
La domanda è molto utile perché c’è tanta confusione su questo aspetto. I media spesso associano lo smart working al lavoro da casa che è invece un cambiamento molto più ampio che investe tutta l’organizzazione. In poche parole il telelavoro è un istituto giuridico che nasce a ridosso degli anni 2000 a seguito di una direttiva europea e prevede lo svolgimento della prestazione lavorativa a distanza rispetto alla sede centrale. Il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire tutte le dotazioni necessarie (postazione di lavoro e tecnologia) e di garantire, anche attraverso ispezioni, la salute e sicurezza del lavoratore presso il suo domicilio. Lo smartworking è invece una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati; un vero e proprio nuovo modo di lavorare che fonda le sue basi su 3 pilastri : Tecnologia, Spazi di lavoro, e organizzazione. 
 
QUALI SONO LE CARATTERISTICHE AFFINCHE’ UN’AZIENDA POSSA ATTIVARE LO SMARTWORKING ?
 Tutte le aziende a livelli diversi possono attivare lo smartworking, naturalmente l’abilitatore numero 1 è la tecnologia. Le dotazioni di base sono un laptop, una connessione e dei software di collaboration che permettano di accedere digitalmente ai documenti e di gestire task, progetti e comunicazioni da remoto. Anche gli spazi di lavoro vengono ripensati sul modello activity based working cioè con ambienti diversificati nei quali le persone si possono muovere all’interno dell’ufficio a seconda dell’attività da svolgere. Inoltre, la possibilità di lavorare ovunque, amplia l’accezione di ambiente di lavoro che sempre più racchiude luoghi anche esterni all’azienda come i coworking che stanno riscuotendo sempre più successo.
 
RAPPORTO COSTI BENEFICI?
Con lo smartworking si hanno benefici a somma positiva per tutti : Aziende, lavoratori e comunità/società. Nel caso specifico dell’epidemia del corona virus stiamo vedendo come lo smartworking abbia garantito la business continuity per tantissime aziende e allo stesso tempo limitato il rischio epidemiologico.
Benefici per le aziende: 
Aumento produttività – Riduzione tasso assenteismo e turnover –  Riduzione costi di gestione degli spazi fisici (facility, locazione, rimodulazione degli spazi) – Riduzione costi di gestione del personale (buoni pasto, straordinari, trasferte, pendolarismo)
Benefici per i lavoratori:
Maggiore autonomia nella gestione delle proprie attività lavorative (orari, luoghi) –  Maggiore soddisfazione e miglioramento della qualità della vita in termini di work-life balance – Risparmio tempi e costi dovuti agli spostamenti –  Minore stress legato al lavoro
Benefici per l’ambiente e la comunità:
Riduzione delle emissioni di CO2 di traffico e inquinamento –  Rivitalizzazione quartieri periferici non più solo “dormitorio” 
 
PENSA CHE QUESTA EMERGENZA POSSA ESSERE UNA SORTA DI GRANDE PROVA GENERALE E CHI LO HA ATTUATO NON TORNERA’ PIU’ INDIETRO?
Il coronavirus già dell’esperienza cinese è stato definito il più grande esperimento al mondo di remote working. Ora le aziende non hanno più scuse nemmeno in Italia, un paese culturalmente avverso al cambiamento e in cui controllo, gerarchia e presenzialismo sono più diffusi che in altri paesi. Speriamo quindi che alla fine di questa brutta storia, i cui danni economici saranno sicuramente ingenti, le aziende abbiano imparato a lavorare in un modo nuovo, più flessibile, più efficiente, più SMART
Maggiori info su: 

https://blog.osservatori.net/it_it/smart-worker-in-italia

 
 
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Cassano Magnago

Cassano Magnago: due anziani positivi al test del coronavirus

La diffusione del virus prosegue in vari comuni della provincia tra cui Cassano Magnago come evidenziato ufficialmente dal sindaco Cari Cassanesi, ritengo mio dovere informarVi che gli organi preposti mi hanno comunicato che sono risultati positivi al test del coronavirus due residenti del nostro Comune. Ovviamente non posso divulgare i loro dati personali. Posso però dirVi che si tratta di una coppia di anziani (marito e moglie), ricoverati presso l’Ospedale di Busto Arsizio. Le Autorità Sanitarie hanno predisposto tutte le misure necessarie previste dai protocolli del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, per la ricerca dei “contatti diretti”. Non c’è bisogno di allarmismi, ma chiedo nuovamente a tutti Voi di attenerVi scrupolosamente ai dettami dei decreti e delle ordinanze emesse. Ai due nostri concittadini, giunga l’abbraccio di tutti noi e un sincero augurio di pronta guarigione. Il Vostro Sindaco Nicola Poliseno

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Scuole di Varese e Coronavirus, come l’8 settembre 1943.

 

Abbiamo volutamente evitato di citare l’ente  cui fanno capo le scuole aperte per non creare inutili allarmismi da parte degli allievi e  dei genitori degli allievi e per permettere alle competenti autorità  i necessari e doverosi accertamenti con la massima chiarezza.

A tutti è noto quanto è successo  l’8 settembre del 1943. Badoglio, Capo del Governo dopo la caduta di Mussolini, fece alla radio quello sciagurato proclama che includeva il passaggio decisamente ambiguo: “[…] Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza […]”.

 In questo modo a nessuno fu chiaro che cosa si dovesse fare, non sparare più agli alleati? Iniziare a sparare sui tedeschi? Il proclama era volutamente poco chiaro, i soldati i  primi a farne le spese. Con questo ordine di reagire solo se attaccati  ci si illudeva che gli americani si facessero loro promotori di un attacco contro i tedeschi al nostro posto, cosa che naturalmente non avvenne, così dopo, oltre ai soldati, anche tutti gli altri pagarono duramente. Ora come allora L’Italia è paese di poca chiarezza.

Comprensibile quindi lo sconcerto di quei docenti che la sera di domenica, primo marzo, apprendono via mail di dover tornare a scuola,  dopo aver appreso sia dai media che dalla propria direzione la proroga delle limitazioni della scorsa settimana, in cui alla fine di molte incertezze risultò chiaro che le scuole dovevano essere chiuse  e, in base a quanto previsto dal Codice Civile i docenti non dovessero essere considerati  in recupero giorni o ferie. La normativa di riferimento è l’art. 1256 del Codice civile:“L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore (nel nostro caso dipendente della scuola), la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo dell’adempimento”.

I giorni di chiusura per causa di forza maggiore devono quindi essere assimilati a servizio effettivamente e regolarmente prestato, in quanto il dipendente non può prestare la propria attività per cause esterne, predisposte da Sindaci o Prefetti, questo è infatti avvenuto a causa del coronavirus.  Inoltre il mancato rispetto delle misure di contenimento è punito ai sensi dell’articolo 650 del Codice Penale, ed è previsto che il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’Interno, assicuri l’esecuzione delle misure avvalendosi delle forze di polizia. Ci si chiede se questi risvolti penali  valgano anche per il personale richiamato in servizio tramite mail serale e per i  docenti, che non potendo svolgere attività didattica, se non quella a distanza,  entrino negli istituti scolastici  dove, presumiamo, le uniche attività ammesse dovrebbero essere  quelle legate alla sanificazione. Tra il rinnovo con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 marzo 2020 di  quanto stabilito nella settimana precedente e una mail da parte di una Direzione Generale Scolastica  che invita il personale a rientrare in servizio e che le assenze devono essere giustificate con recuperi, ferie e permessi come è dato capire, è comprensibile come il personale scolastico si senta sconcertato della poca chiarezza dimostrata nella “chiusura dei servizi educativi per l’infanzia […] e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché delle istituzioni di formazione superiore, comprese le Università e le Istituzioni di Alta Formazione, Artistica Musicale e Coreutica, ferma la possibilità di svolgimento di attività formativa a distanza  (attività formativa a distanza  pare non essere mai stata fatta dai docenti delle scuole in questione).  Dicano Conte e Fontana, dato che stiamo parlando di Varese, Provincia della Lombardia, e di scuole varesine come interpretare la sospensione delle attività, oppure  si pronuncino sulla correttezza o meno,  di una Direzione Generale Scolastica di prendere le decisioni prese., si presume in piena autonomia. Forse maggior precisione avrebbe dovuto averla anche il Vicepresidente della Regione Lombardia, Fabrizio Sala, nelle sue anticipazioni, raccolte tra l’altro  da un giornale locale, dove, facendo degli “esempi” dice che è prevista la sospensione delle attività della scuola ma non la loro chiusura e che sarà permesso  l’ingresso del personale per la sanificazione  e ai docenti per  attivare l’e-learning e l’ingresso del personale  amministrativo. Esempi che evidentemente si sono prestati a più ampie interpretazioni e forse qualcuno ha pensato bene di estendere gli “esempi” di Sala a tutto il personale docenti  e no, e-learning o no.  Sparare contro gli alleati o contro i tedeschi ?  Debellare il coronavirus  o  sperare che sia lui a risolvere i problemi che ci crea? Mi sa tanto che, in ogni caso, a farne le spese sono, come i soldati dell’8 settembre 1943, i docenti del 2020 e se poi toccasse agli altri? Siamo cosi sicuri di quello che si fa? O forse sarebbe meglio pensare a quanto dicono gli esperti,  cioè che non abbiamo sufficiente assistenza (posti letto) nel caso di incontrollato sviluppo del virus e che molto probabilmente il virus era già in Italia  prima della dichiarazione dello stato di emergenza (inizio di Gennaio). Si parla nel decreto di sanificazione per la riapertura delle scuole, vale solo per gli allievi o anche per il personale amministrativo, docente e dei servizi?