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Cronaca

Coronavirus nei piccoli paesi: Limone Piemonte “un piccolo dramma economico”

di Gianni Armiraglio

Limone Piemonte è un paese di circa 1400 abitanti in provincia di Cuneo, fortunato in quanto a contagi, ma anche qui il coronavirus produce i suoi effetti, non tanto per la salute quanto per il portafoglio. Una persona ci ha segnalato questo nuovo fenomeno, (nuovo mica tanto, perché non è l’unica segnalazione in questo senso che ci arriva), dell’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. La cosa si fa particolarmente sentire in questa località dove con due o tre tra negozi e minimarket non esiste concorrenza. Limone Piemonte è nota località turistica e, solitamente, i prezzi, nelle località turistiche, sono più elevati rispetto alla norma. I negozianti compensano i mesi di fermo con gli aumenti durante la stagione turistica. Certo che trattare il coronavirus da turista ci vuole tutta, ma a quanto pare, visto il continuo salire dei prezzi, a Limone Piemonte, oltre la stagione turistica estiva e a quella invernale ne hanno un’altra da coronavirus. Inutile gridare allo scandalo, in questo libero mercato uno fa quello che vuole e le autorità sono impotenti ad intervenire, ma motivare l’aumento dicendo che è giusto perché si rischia la vita per servire i clienti, beh, c’è qualcosa che ci suona strano. O qualcuno non la conta giusta o qualcun altro la fa sbagliata. Non penso che personale sanitario e forze dell’ordine, in prima linea sul fronte del contagio, si siano aumentati lo stipendio ad arte, forse saranno pagati di più per gli straordinari e forse avranno delle indennità, ma aumentare i prezzi perché si rischia la vita ci lascia un po’ perplessi. Chiamiamolo, se fosse vero, col suo vero nome: speculazione. Comunque qualcuno dovrebbe rilevare questi aumenti e intervenire. Come sempre lo sport nazionale impedisce tutto ciò. Il calcio? No lo sport nazionale è lo “scarica barile”. Noi italiani siamo campioni del mondo.

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Busto Arsizio

Pensionato, in barba alle ordinanze, pulisce il marciapiede col soffia foglie?

di Gianni Armiraglio

Vedendo la foto si pensa che sia stata scattata in altri tempi, invece no, è di tre o quattro giorni fa   quando, in piena crisi da coronavirus, l’anziano di turno (categoria a rischio) non solo è in giro per strada, (nello stesso quartiere abbiamo sorpreso un paio di anziani che conversavano, uno senza mascherina ma col bastone, tranquillamente lungo il marciapiede, una mamma con bimbi non mascherati per mano), ma addirittura si mette a soffiare le foglie dal marciapiede. La mascherina l’aveva, ma di quelle perfettamente inutili, quelle da chirurgo che ormai, si è capito, servono per non contagiare gli altri, per mettere tranquillo Fontana e, dopo un paio di lavaggi, nemmeno a fare quello. A proposito di mascherine, qualcuno dirà poi che non è vero quello che abbiamo scritto e che le foto è di altri tempi peccato che c’è la data di quando è stata fatta. L’ordine è di non creare inutili allarmismi, ma non stiamo creando inutili allarmismi, stiamo solo sottolineando che, in questo clima di incertezza per le nostre vite da una parte e per le istituzioni dall’altra (stanno cercando di crearsi un’ immagine e di pararsi il “così detto” vedi Report di lunedì 6 aprile ), forse non è proprio il caso di sollevare un polverone, soffiando sul marciapiede. Anche qui due partiti, quello che dice che non è necessario disinfettare le sedi stradali, l’altro che dice che per terra il virus può restare delle ore. La spiegazione più plausibile e anche logica è che, in presenza di sporco e i marciapiedi lo sono, il virus come i batteri, potrebbe sopravvivere tranquillamente. Ce lo stiamo chiedendo in molti. Facciamo in ogni caso i complimenti al nostro “soffia foglie”, soprattutto continuiamo così, a prendere tutto alla leggera, ma allora perché in televisione ci sono immagini di gente che disinfetta le strade. Mah! Qualcuno non ce la conta giusta. La realtà è che si muore ed il contagio continua, altro che appelli di stare tranquilli e di volerci tutti bene. San Francesco oggi avrebbe predicato alle pecore.

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Samarate

Carla Brogioli e Felice Macchi una storia tra tante scelta dalla redazione

di Gianni Armiraglio

Preferiremmo scrivere di storie non tristi quando parliamo dei nostri cari, quando in una famiglia ci sono dei nonni, quelli veri che sono stati insieme una vita, si sono amati e hanno tirato grandi i figli, voluto bene ai nipoti, ma purtroppo i nonni prima o poi, se vanno e in questo momento il coronavirus ce li sta portando via. Quando poi se vanno tutti e due contemporaneamente senza sapere uno dell’altro, c’è un dramma nel dramma.

Abbiamo scelto di ricordare due persone qualunque, come ce ne sono tante, ma in questo è come se ricordassimo tutti quei nonni, tutte quelle persone anziane che, alla fine di tutto quanto sta succedendo non troveremo più.

Carla, classe 1938, era una piccola artigiana in pensione dalle mani d oro, la sartoria e i fiori le sue passioni più grandi. Ago che andava su e giù, le bastava un semplice pezzo di stoffa, una macchina da cucire e da quelle mani uscivano abiti meravigliosi.

Felice era del 1931 ed era anche Capo Reparto Vigili del Fuoco del comando di Varese, distaccamento di Malpensa, finalmente a casa a godersi un po’ di meritata pensione.

Innamorato della sua Cascina Sopra, piccolo rione di San Macario, non aveva smesso, da buon pompiere, di essere sempre al servizio di tutti, in cucina alle feste di paese, appassionato di ciclismo e musicista nella Filarmonica Samaratese.

La passione più grande di Carla e Felice: fare i nonni anzi i bisnonni. Inutile scrivere altro quando ci sono le parole dei loro cari a ricordarli :

“Devo questo ultimo saluto ai miei Nonni, veri e insostituibili pilastri portanti della mia crescita, che non ho potuto accudire e consolare nelle loro stanze in ospedale come avrei desiderato in questi loro ultimi giorni.

Siamo stati travolti da un uragano senza avere neanche il tempo di realizzare e toccare con mano quello che ci stava succedendo intorno, tutti separati, appesi ogni giorno alla speranza che il telefono suonasse con qualche notizia positiva dagli ospedali. E invece Lunedì 23 ti sei spenta tu nonna e mercoledì 26 tu nonno.

Nessuno di voi due avrebbe retto l’ eventuale notizia della perdita dell’altro e cosi l’ esistenza ha voluto che vi prendeste per mano ancora una volta e che continuaste insieme la vostra strada.

Il 13 giugno 2019 scoccarono i 60 anni di matrimonio. Un Amore grande, un grande esempio.

Sempre insieme a sostenervi dalla più piccola delle banalità alle grandi prove della vita; sempre col sorriso, sempre pronti ad aiutare tutti fino all’ultimo nonostante la vostra tenera età di 81 e 89 anni, appena compiuti, il 12 marzo, poco prima della tempesta.

Non posso che sentirmi fortunata e appagata.per avere avuto la possibilità di vivervi a pieno tutto questo tempo, per  avervi reso partecipe del mio piccolo miracolo, facendovi provare la magia dell’essere diventati anche bisnonni e che bis – nonni!

Due persone meravigliose dal cuore grande.

Per noi, e per tutti quelli che hanno avuto la fortuna di incontrarvi nel loro percorso, avete lasciato un bagaglio inestimabile che custodiremo e tramanderemo con estrema cura.

La nostra piccola Emma vi porterà nel suo cuore per sempre insieme a tutti noi e ai nostri ricordi e voi continuerete a proteggerci da lassù e a illuminare le nostre giornate. Grazie per esserci sempre stati, grazie di tutto. Buon viaggio.”

Lisa

 

 

 

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Cronaca

Busto Arsizio – Quartiere Sant’Anna il mistero del Teleriscaldamento

Non è la prima volta che veniamo chiamati ad interessarci del Villaggio Sant’Anna, quartiere di Busto Arsizio, a causa del teleriscaldamento di quartiere passato da erogazione di un servizio a supercondominio, con tutti gli annessi e connessi che questo comporterebbe. Oltretutto apprendiamo dall’avvocato Stefano Gobbi, sentito per l’occasione, che si è ricorsi al Tribunale per la vicenda riguardante il teleriscaldamento del quartiere aprendo, quindi, un procedimento dopo il fallimento della mediazione proposta dall’avvocato stesso. I problemi sarebbero diversi: elevati costi sia nei consumi che nella gestione, inadempimenti vari, problemi di termoregolazione, istituzione degli ispettori termici. La madre di tutte le guerre, però, riguarda l’esistenza di un supercondominio creato a quanto pare solo  per la gestione del teleriscaldamento. Per la cronaca un supercondominio è l’insieme di più edifici, condominiali e di servizio, riuniti in un unico comprensorio più ampio e, al quartiere di Sant’Anna, ci sono una trentina di edifici, tra condomini e altro ma separati da strade comunali, ovvero non condominiali che formano, così, proprietà a sé stanti. La cosa lascia parecchio perplessi perché, a quanto ci è dato capire, avrebbe dovuto essere Aler la proprietaria del teleriscaldamento, come era in origine. Infatti, si iniziò a costruire il quartiere negli anni ‘60 e chi gestiva la centrale termica, era l’Istituto Case Popolari, che, in seguito, si chiamerà INA Casa, fino ad arrivare poi all’ALER – Azienda Lombarda Edilizia Residenziale. Per alcuni questa storia del supercondominio sarebbe infatti il sistema escogitato da Aler per liberarsi della centrale termica e della rete del teleriscaldamento a spese dei condomini. Ma la legge permette di fare questo, cioè far passare l’erogazione di un servizio per un supercondominio? La nuova normativa in vigore dal 17 giugno 2013 si è ben guardata dal definire esattamente il supercondominio ma parla, rinviando comunque alle norme sul condominio, quello normale non super , di più unità immobiliari o più edifici,  ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici che abbiano parti in comune. Arriva poi un parere della Corte di Cassazione, dove per costituire un supercondominio, parrebbe non essere necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, essendo sufficiente che i singoli edifici, abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi. Questa tendenza a favorire più la parte gestionale che quella dei diritti reali di proprietà, all’ apparenza giusta per dirimere le annose vicende di lite condominiali, si ritorcerebbe contro coloro che vogliono, nei casi di incertezza, chiedere di risolvere spesso complesse vicende giudiziarie che finiscono poi solo in Cassazione. Troppo spesso, in caso di ricorsi, ci si limita a prendere atto della volontà di un’assemblea, più o meno convinta, su quello che sta approvando e facendo, senza guardare alla base, se esista o meno il condominio e se vengono tutelati i diritti dei condomini o altri. Poi qualcuno, esperto della materia e abituato a disquisire sull’argomento, vi dirà che queste nostre osservazioni non hanno fondatezza giuridica. Sarà, ma la realtà è questa, supportata poi dalle stesse istituzioni, sindaci e uffici tecnici in testa e nei casi più complessi Provincia e Regione, che non hanno nessun interesse a far scoppiare il bubbone. Massima incertezza quindi in materia di supercondomini in quanto si è approfittato a larghe mani dell’istituzione dei supercondomini come la medicina per risolvere tante questioni, tra cui realtà immobiliari e non che nulla hanno a che vedere con i supercondomini. Da tempo e in diverse circostanze abbiamo portato queste questioni all’attenzione pubblica. La casistica è veramente ampia e la materia complessa così che ci sembra siano favoriti coloro che, fatta la legge trovato l’inganno, ne approfittano. Si chiude un occhio, anzi tutti e due su speculazioni e abusi edilizi e di altro genere, che dovrebbero essere denunciati e non sanati, facendoli passare per supercondomini. Non sarà certo il caso del Villaggio Sant’Anna e del suo supercondominio, con codice fiscale che, ci dicono, dovrebbe essere quello di Aler Busto Arsizio, ma, in attesa che si pronunci il Tribunale, permetteteci non il sospetto, che è parola grossa ed offensiva, ma almeno il dubbio.

Gianni Armiraglio

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Varese

Dalle Carceri di Varese: “unione fa la forza”

Sono giorni difficili un  po’ per tutti, questi caratterizzati dalla pandemia di coronavirus e dal’impossibilità di muoversi. La mancanza di libertà, che tanti oggi lamentano, non dovrebbe essere un problema per chi è in carcere. Eppure l’isolamento forzato, l’impossibilità di quei colloqui tanto attesi dai detenuti con i propri familiari, sostituiti dalle telefonate e dai video, pesano ancor di più. E’ come se uno subisse una doppia reclusione, la propria e quella di chii dovrebbe andarlo a trovarle  in carcere e non verrà. Abbiamo visto in questi giorni scene di occupazione e di violenza nelle carceri, esecrabili e che meritano una giusta condanna, ma, non si vuole certo scusare nessuno, meritano anche un sentimento di umana pietò di chi attende il tanto atteso giorno della visita e se lo vede negato. Facile essere razionali quando, come in questi giorni si è reclusi nella propria abitatzione, ma sempre da donne e uomini liberi, che magari, se non ne possono più di stare tra quaattro pareti domestiche, si firmano un permessino per farsi, comunque a rischio , un giretto al supermercato più vicino. Ma non in tutte le carceri italiane la proptesta è sfociata nella violenza, i detenuti della Casa Circondariale di Varese hanno avuto una piccola idea, grande nel significato. Loro, i più isolati dal mondo, hanno voluto esprimere  il pieno sostegno a tutte le famiglie italiane e del mondo in questo difficile momento con un cestino artistico, realizzato con la tecnica dell’origami, mettendo insieme tanti piccoli pezzi, uniti l’un con l’altro per dimostrare come da singole cose può nascere qualcosa di più bello e complesso. Se è vero che “l’unione fa la forza” grazie per questo messaggio di incoraggiamento ad essere uniti per non abbattersi ma lottare insieme contro questo infido e strisciante nemico dell’umanità.

Gianni Armiraglio

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Cronaca

ACCAM – La grande presa in giro

La cessione del terreno non è in linea con il mandato del consiglio comunale. Anzi stravolge
totalmente il senso della mozione passata nell’ultima assemblea, che prevede di allungare l’affitto
del terreno al 2027 con clausole precise: aumento del canone dal 2022 e stipula di una convenzione
che comprendesse garanzie di accantonamento di fondi per la bonifica e mitigazioni ambientali.
Ma con quale coraggio una società sull’orlo del fallimento, oltre agli anticipi di cassa, chiede a
Busto Arsizio, che si sta facendo promotore di un salvataggio al limite della corte dei conti, di
cedergli il terreno in cambio di quote che non valgono nulla senza ulteriori ingenti investimenti?
E con quale coraggio il sindaco Antonelli ha aperto a tale possibilità ben sapendo che gli affitti del
terreno sono l’unico utile che entrerà mai nelle casse del comune da questa società.
Qui si rischia un grosso danno economico per i cittadini di Busto Arsizio.
Peraltro mantenere la proprietà del terreno in capo al Comune sarebbe l’unica garanzia che la
società non passi in mano ai privati in caso di fallimento; ma forse è questo il vero intento: avere le
mani libere per poter vendere a privati la società, del resto questo era uno degli scenari possibili
elencati nella lettera del presidente Bellora ai comuni.
E La lega ci deve spiegare come può accettare un tale stravolgimento della mozione che ha
caldeggiato in consiglio comunale, dov’è l’interesse pubblico? Qui stiamo parlando di perdita
economica secca per i cittadini di Busto! Basta fare due conti: con l’affitto ad oggi entrano nelle
casse del comune 350.000 euro all’anno (che e la mozione chiedeva di aumentare dal 2022); con la
vendita entreranno nelle casse solo quote che dopo l’incendio valgono ancora meno. In più saranno
necessari investimenti per mantenere in vita l’inceneritore fino al 2027 pari almeno 10mln (erano 8
senza l’incendio) e investimenti aggiuntivi per riconvertire l’impianto (in cosa poi non ci è dato
saperlo perché “di impiantistica si discuterà più avanti” ci è stato detto).
Il Sindaco non ha dato seguito alla volontà del consiglio comunale in assemblea dei Soci, favorendo
solo gli interessi di Accam a discapito di Busto Arsizio e di ciò dovrà rendere conto all’assemblea
comunale.
Alla luce dei fatti riteniamo di aver fatto bene a votare contro la mozione della maggioranza e
rimaniamo dell’idea che una chiusura controllata costerebbe meno ai cittadini di Busto Arsizio e
soprattutto sarebbe fondamentale dal punto di vista della salute (tema di cui non parla mai nessuno).
Se gli altri consiglieri facessero due conti, anziché farsi trascinare dalle belle parole, capirebbero
che continuare a versare soldi in Accam, senza nessuna garanzia, favorisce solo un futuro
compratore.
Noi non siamo disposti a svendere la salute dei cittadini per un interesse privato, gli altri consiglieri
si facciano un esame di coscienza.
Busto Arsizio, 29-02-2020