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ITALIA

Studio epidemiologico nazionale su inquinamento atmosferico e COVID-19  

QUALITA’ DELL’ARIA E COVID-19, C’E’ BISOGNO DI RISPOSTE

 

Al via uno studio epidemiologico nazionale su inquinamento atmosferico e COVID-19

 

Inquinamento atmosferico e COVID-19: è possibile associarli? Per dare delle risposte alle numerose ipotesi emerse su questo possibile legame, tema dibattuto a livello mondiale, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) con il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) hanno avviato uno studio epidemiologico a livello nazionale per valutare se e in che misura i livelli di inquinamento atmosferico siano associati agli effetti sanitari dell’epidemia.

L’improvvisa e rapida propagazione della pandemia di COVID-19 ha innescato globalmente una intensa attività di ricerca nel settore della prevenzione (sviluppo di vaccini) e nel campo terapeutico-assistenziale, anche per comprendere meglio il processo di trasmissione virale e i possibili fattori sociali ed ambientali che possano contribuire a spiegare le modalità di contagio e la gravità e prognosi dei quadri sintomatologici e patologici associati all’infezione da virus SARS-CoV-2.

In questo contesto, e a seguito di numerose segnalazioni, sta emergendo la necessità di studiare le possibili connessioni tra esposizione a PM ed epidemia di COVID-19. Questo studio epidemiologico segue, infatti, l’avvio dell’altra iniziativa PULVIRUS, promossa da ENEA, ISS e ISPRA-SNPA, che valuterà le conseguenze del lockdown sull’inquinamento atmosferico e sui gas serra e le interazioni fra polveri sottili e virus

Il progetto epidemiologico ISS/ISPRA/SNPA si baserà sui dati della sorveglianza integrata nazionale COVID-19, coordinata da ISS e del sistema di monitoraggio della qualità dell’aria atmosferica, di competenza ISPRA-SNPA e si avvarrà della collaborazione scientifica della Rete Italiana Ambiente e Salute (RIAS), anche per garantire un raccordo con le strutture regionali sanitarie ed ambientali.

L’inquinamento atmosferico aumenta il rischio di infezioni delle basse vie respiratorie, particolarmente in soggetti vulnerabili, quali anziani e persone con patologie pregresse, condizioni che caratterizzano anche l’epidemia di COVID-19. Le ipotesi più accreditate indicano che un incremento nei livelli di PM rende il sistema respiratorio più suscettibile all’infezione e alle complicazioni della malattia da coronavirus. Su questi temi occorre uno sforzo di ricerca congiunto inter-istituzionale.

Lo studio delle possibili connessioni tra l’epidemia di COVID-19 e l’esposizione a inquinanti atmosferici, richiede approcci metodologici basati sull’integrazione di diverse discipline: l’epidemiologia ambientale e l’epidemiologia delle malattie trasmissibili, la tossicologia, la virologia, l’immunologia, al fianco di competenze chimico-fisiche, metereologiche e relative al monitoraggio ambientale.

Nel realizzare lo studio, si terrà quindi conto del fatto che la diffusione di nuovi casi segue le modalità del contagio virale e quindi si muove principalmente per focolai (cluster) all’interno della popolazione e si seguiranno approcci e metodi epidemiologici per lo studio degli effetti dell’inquinamento atmosferico in riferimento alle esposizioni sia acute (a breve termine) che croniche (a lungo termine), con la possibilità di controllo dei fattori socio-demografici e socio-economici associati al contagio, all’esposizione a inquinamento atmosferico, all’insorgenza di sintomi e gravità degli effetti riscontrati tra i casi di COVID-19.

Gli obiettivi dello studio epidemiologico nazionale verteranno sul ruolo dell’esposizione a PM nell’epidemia di COVID-19 nelle diverse aree del paese, per chiarire in particolare l’effetto di tale esposizione su distribuzione spaziale e temporale dei casi, gravità dei sintomi e prognosi della malattia, distribuzione e frequenza degli esiti di mortalità.

La risposta a tali quesiti dovrebbe essere associata a fattori quali età, genere, presenza di patologie pre-esistenti alla diagnosi di COVID-19, fattori socio-economici e demografici, tipo di ambiente di vita e di comunità (urbano-rurale, attività produttive).

“L’emergenza sanitaria della Pandemia di COVID-19 è una sfida per la conoscenza sotto molteplici punti di vista e non solo quelli oggi centrali sul fronte dei vaccini e delle terapie” ricorda il Presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, sottolineando però che “altri importanti quesiti di ricerca richiedono sforzi congiunti  e l’esempio dello studio odierno che mira ad esplorare il possibile contributo dell’inquinamento atmosferico alla suscettibilità all’infezione da SARS-CoV-2, alla gravità dei sintomi e degli effetti sanitari dell’epidemia”, questione oggi molto dibattuta in tutto il mondo. “Su questo tema – continua Brusaferro – assieme a ISPRA-SNPA, stiamo proponendo l’avvio di uno studio epidemiologico nazionale”.

“Il presunto legame tra COVID-19 e inquinamento è argomento divenuto quotidiano nel dibattito mediatico e non solo, suscitando da più parti teorie ed ipotesi che è giusto approfondire ed a cui è doveroso dare una conferma, per quel che ci riguarda,  tecnico-scientifica. Anche per questo abbiamo aderito con entusiasmo alla proposta di collaborazione dell’ISS, con cui già dal 2019 condividiamo gli obiettivi di un Protocollo di Intesa sui temi che riguardano i rapporti tra ambiente e salute –  ha dichiarato il Presidente di Ispra e Snpa Stefano Laporta. “Metteremo a disposizione le nostre competenze in materia di qualità dell’aria e di modellistica ambientale, per comprendere gli eventuali effetti associati all’epidemia di CoViD-19. Un esempio concreto per fare rete e integrazione, un’azione congiunta che crediamo potrà supportare anche percorsi futuri”.

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Cronaca

Informazione e Disinformazione.

Da diverso tempo i Telegiornali e il Parlamento trattano un solo argomento: il Covid19.

Certo si tratta di un evento importante che merita molta attenzione ma ho la sensazione che, sfruttando questa pandemia, si vogliano sottacere altre informazioni che il cittadino ha diritto di conoscere.

Un esempio. All’Ospedale di Mantova stanno sperimentando con successo il plasma per gli ammalati di Covid19 ma nessuno ne parla. Il plasma viene donato da chi è guarito dalla malattia e il costo della terapia è quasi zero. Forse è proprio per questo che non si da rilievo alla notizia perchè non ci sono case farmaceutiche che ci guadagnano e non si sperimenta nel resto d’Italia. Ma Giuseppe Conte ha chiamato Bill Gates pregandolo di studiate un vaccino con le sue case farmaceutiche. Gatta ci cova ?

Il Governo ha liberato dal carcere 400 persone, alla faccia della Giustizia, fra mafiosi, camorristi e delinquenti pericolosi e anche di questo si parla poco o niente.  Certo saranno felici le forze dell’ordine che dovranno presto ritornare a catturare le persone a cui Conte e Soci hanno ridato la libertà, perchè continueranno a delinquere.

Gli sbarchi dei clandestini sono aumentati del 400% ma nessuno dice niente.

Il Governo sta approntando un provvedimento per 300.000 immigrati clandestini. Li vuole regolarizzare. Non è meglio dare lavoro agli Italiani ?

I cittadini e le Imprese ai quali il Governo ha promesso soldi non li hanno ancora visti. Speriamo arrivino prima che sia troppo tardi. Neppure la Cassa Integrazione arriva.

Si potrebbe continuare ancora con tante altre notizie che vengono sottaciute ma lo scopo di questo articolo è di far riflettere la gente sul fatto che in Italia non c’è più informazione ma solo disinformazione.

Non dare notizie equivale a disinformare ma, forse, mi viene il sospetto che la cosa sia voluta.

Dobbiamo vigilare e stare molto attenti di non venire imprigionati solo dalle informazioni di regime che questo Governo ci vuole propinare.

Italiani tenete gli occhi bene aperti perchè stiamo attraversando un periodo di buio dell’informazione o, forse peggio, di un monopolio dell’informazione a vantaggio di chi detiene il potere.

Franco Simonetti

 

 

 

 

 

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Salute e benessere

Covid-19, forse la svolta?. In Cina un possibile vaccino viene già prodotto su larga scala

Covid-19, forse la svolta?. In Cina un possibile vaccino viene già prodotto su larga scala

 

In un laboratorio nel nord di Pechino, un uomo in camice bianco esibisce uno dei primissimi vaccini sperimentali contro il nuovo coronavirus. Sinovac Biotech, uno dei quattro laboratori cinesi autorizzati ad avviare studi clinici, sta pensando in grande. Anche se il suo vaccino non si è ancora dimostrato efficace, il gruppo privato afferma che è pronto a produrre 100 milioni di dosi all’anno per combattere il virus, che è apparso in Cina alla fine del 2019 prima di diffondersi in tutto il mondo. I ricercatori  a Changping, un grande sobborgo della capitale, controllano la qualità del vaccino sperimentale, basato su agenti patogeni inerti, già prodotto in migliaia di copie. Nella sua scatola bianca e arancione, ha persino un nome: “Coronavac”.Anche se il trattamento è ancora lontano dall’omologazione, il produttore deve dimostrare di essere in grado di produrlo su larga scala e sottoporre i lotti alle autorità per il controllo. Da qui il lancio della produzione anche prima della fine degli studi clinici. Se oltre un centinaio di laboratori globali competono per essere i primi a sviluppare un vaccino, meno di una dozzina ha finora avviato studi sugli esseri umani, secondo la School of Hygiene and Medicine Londra tropicale. Questo è il caso di Sinovac, che afferma di aver ottenuto risultati incoraggianti nelle scimmie, prima di somministrare per la prima volta il suo siero a 144 volontari a metà aprile a Jiangsu (est). Ma il laboratorio fondato nel 2001 non commenterà la data in cui potrebbe essere commercializzata la sua iniezione di mezzo millilitro. Secondo l’OMS, possono essere necessari dai 12 ai 18 mesi per produrre un vaccino.Sinovac, che impiega un migliaio di dipendenti, spera di ottenere i primi risultati in termini di sicurezza del suo prodotto alla fine di giugno, nell’ambito delle prove di fase 1 e 2, spiega alla stampa Meng Weining, direttore degli affari internazionali. Questi test consistono semplicemente nel verificare che il vaccino non sia pericoloso per l’uomo. Per assicurarsi che sia efficace, è necessario intraprendere uno studio di fase 3 con portatori del virus. Problema: ora “ogni giorno vengono segnalati solo pochi casi in Cina”, ha affermato Meng. A meno che non vi sia una seconda ondata epidemica sul suolo cinese, il gruppo dovrà quindi testare persone positive all’estero. “Attualmente siamo in contatto con diversi paesi in Europa e in Asia”, ha detto. “Un processo di fase 3 normalmente coinvolge diverse migliaia di persone. Non è facile ottenere queste cifre in qualsiasi paese”, ha detto.Il gruppo si è comunque impegnato nel sud di Pechino per costruire un sito produttivo con una capacità di 100 milioni di dosi, che dovrebbe essere in grado di operare entro la fine dell’anno. “Lavoriamo giorno e notte, lavoriamo tutti e tre, il che significa che non perdiamo un minuto”, afferma Meng. Riferito alla popolazione mondiale, un possibile vaccino Sinovac non sarebbe sufficiente per proteggere il pianeta. Ma il signor Meng assicura che il suo gruppo, quotato al Nasdaq, è pronto per “collaborazioni” con i suoi partner stranieri, ai quali vende i suoi vaccini esistenti contro l’influenza o l’epatite. Essere i primi a offrire un vaccino contro Covid-19 sarebbe una vendetta per la Cina, desiderosa di far dimenticare alla gente che la pandemia è iniziata a casa. “Stiamo ricevendo molto supporto dal governo cinese”, ha dichiarato Meng. Oltre a Sinovac, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti“, Pechino ha approvato la sperimentazione clinica di altri tre vaccini sperimentali: uno lanciato dalla Scuola Militare di Scienze Mediche e dal gruppo biotecnologico CanSino; l’altro dall’Istituto di prodotti biologici e dall’Istituto di virologia di Wuhan, la città in cui è apparso il coronavirus; e uno finale del gruppo China Biotics, che ha iniziato le prove martedì con 32 volontari.

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Sindacato

Corsi on-line gratuiti per formare operatori Caf e Patronato

Corsi on-line gratuiti per formare operatori Caf e Patronato

Anche in piena emergenza Covid-19, i Caf e i Patronati lavorano a pieno regime. Molte delle misure prese dal governo investono queste strutture al servizio del cittadino.

L’ente di formazione Enuip, convenzionato con i circa 500 patronati Enasc e con i 2.100 Caf Unsic, offre una serie di corsi on-line gratuiti per formare in modo mirato e qualificato nuovi operatori di Caf e Patronati, tassello indispensabile per offrire ai contribuenti l’aiuto indispensabile nella presentazione e nell’iter delle pratiche fiscali, previdenziali, assistenziali e sociali.

La formazione, in questo periodo difficile, costituisce non solo una tappa obbligata, ma anche un trampolino di lancio per aprire nuovi spazi occupazionali per il futuro.

Reno Insardà, presidente nazionale dell’Enuip, spiega: “Abbiamo deciso di mettere in gioco le competenze della nostra organizzazione per offrire una risposta concreta alle contingenti difficoltà occupazionali, createsi con l’annosa questione del coronavirus. I nuovi corsi di formazione per operatori base di Caf e patronati sono gratuiti proprio per avvicinare tante persone, anche estromesse in questo periodo dal mondo del lavoro, ad una nuova opportunità. Le video-lezioni, per un totale di 15 ore, si svolgeranno dal 4 al 30 maggio.

Insardà conclude ricordando l’attività delle strutture in questo periodo: “Stiamo lavorando, ad esempio, per l’inoltro all’Inps e gli enti preposti delle domande per i bonus da 600 euro e per la cassa integrazione. Ora si apre anche la stagione delle dichiarazioni dei redditi. Tra le altre pratiche, la dichiarazione Isee, quelle socio-economiche assistenziali e i modelli Red”.

Per iscriversi:

tel: 06-58333803

e-mail: info@enuip.it.

Link modulo iscrizione: https://unsic.it/comunicazione/comunicati-stampa/corsi-on-line-gratuiti-per-formare-operatori-caf-e-patronato

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Consumatori

Privacy e dati personali nel mirino dei criminali informatici con l’emergenza Coronavirus

Privacy e dati personali nel mirino dei criminali informatici con l’emergenza Coronavirus. Interviene anche il Garante: attenzione al ransomware. Il programma che prende “in ostaggio” il tuo dispositivo

Noi dello “Sportello dei Diritti”, nell’incessante lotta al crimine informatico che costituisce una delle tante attività in cui siamo impegnati a difesa dei cittadini, abbiamo più volte segnalato la pericolosa diffusione di programmi che s’installano sui nostri dispositivi a seguito della ricezione di messaggi, il più delle volte tramite email, sms o app social e che possono causare serie conseguenze, fino a minacciare la nostra stessa vita privata. Con un interessante articolo pubblicato in data odierna che riteniamo utile rilanciare, interviene in materia anche il Garante della Protezione dei Dati Personali per spiegare quali sono i rischi e come difendersi in un momento particolare, quale quello dell’Emergenza Covid-19, in cui siamo tutti più esposti a questi pericoli digitali.

“L’emergenza sanitaria da Covid2019 – che porta molte più persone e per molto più tempo ad essere connesse online e ad utilizzare dispositivi digitali – sembra essere affiancata da un pericoloso “contagio digitale”, alimentato da malintenzionati che diffondono software “malevoli” per varie finalità illecite. Una delle attività più diffuse e dannose è attualmente il cosiddetto ransomware.

1. Cos’e’ il ransomware?

Il ransomware è un programma informatico dannoso (“malevolo”) che può “infettare” un dispositivo digitale (PC, tablet, smartphone, smart TV), bloccando l’accesso a tutti o ad alcuni dei suoi contenuti (foto, video, file, ecc.) per poi chiedere un riscatto (in inglese, “ransom”) da pagare per “liberarli”. La richiesta di pagamento, con le relative istruzioni, compare di solito in una finestra che si apre automaticamente sullo schermo del dispositivo infettato. All’utente viene minacciosamente comunicato che ha poche ore o pochi giorni per effettuare il versamento del riscatto, altrimenti il blocco dei contenuti diventerà definitivo.

Ci sono due tipi principali di ransomware:

  • i cryptor (che criptano i file contenuti nel dispositivo rendendoli inaccessibili);
  • i blocker (che bloccano l’accesso al dispositivo infettato).

 2. Come si diffonde?

Anche se in alcuni casi (non molto frequenti) il ransomware può essere installato sul dispositivo tramite sofisticate forme di attacco informatico (es: controllo da remoto), questo tipo di software malevoli si diffonde soprattutto attraverso comunicazioni ricevute via e-mail, sms o sistemi di messaggistica che:

  • sembrano apparentemente provenire da soggetti conosciuti e affidabili (ad esempio, corrieri espressi, gestori di servizi, operatori telefonici, pubbliche amministrazioni, ecc.), oppure da persone fidate (colleghi di lavoro, conoscenti);
  • contengono allegati da aprire (spesso “con urgenza”), oppure link e banner da cliccare (per verificare informazioni o ricevere importanti avvisi), ovviamente collegati a software malevoli.

In altri casi, il ransomware può essere scaricato sul dispositivo quando l’utente:

  • clicca link o banner pubblicitari su siti web (un canale molto usato è rappresentato dai siti per adulti) o social network;
  • naviga su siti web creati ad hoc o “compromessi” da hacker per diventare veicolo del contagio ransomware.

Il ransomware può essere diffuso da malintenzionati anche attraverso software e app (giochi, utilità per il PC, persino falsi anti-virus), offerti gratuitamente per invogliare gli utenti al download e infettare così i loro dispositivi.

E’ bene ricordare che ogni dispositivo “infettato” ne può “contagiare” altri. Il ransomware può diffondersi sfruttando, ad esempio, le sincronizzazioni tra dispositivi, i sistemi di condivisione in cloud, oppure può impossessarsi della rubrica dei contatti e utilizzarla per spedire automaticamente ad altre persone messaggi contenenti link e allegati che diventano veicolo del ransomware.

3. Come difendersi?

La prima e più importante forma di difesa è la prudenza. Occorre evitare di aprire messaggi provenienti da soggetti sconosciuti o con i quali non si hanno rapporti (ad es. un operatore telefonico di cui non si è cliente, un corriere espresso da cui non si aspettano consegne, ecc.) e, in ogni caso, se si hanno dubbi, non si deve cliccare su link o banner sospetti e non si devono aprire allegati di cui si ignora il contenuto.

Anche se i messaggi provengono da soggetti a noi noti, è comunque bene adottare alcune piccole accortezze. Ad esempio:

– non aprire mai allegati con estensioni “strane” (ad esempio, allegati con estensione “.exe” sono a rischio, perché potrebbero installare applicazioni di qualche tipo nel dispositivo);

– non scaricare software da siti sospetti (ad esempio, quelli che offrono gratuitamente prodotti che invece di solito sono a pagamento);

– scaricare preferibilmente app e programmi da market ufficiali, i cui gestori effettuano controlli sui prodotti e dove è eventualmente possibile leggere i commenti di altri utenti che contengono avvisi sui potenziali rischi;

– se si usa un pc, si può passare la freccia del mouse su eventuali link o banner pubblicitari ricevuti via e-mail o presenti su siti web senza aprirli (così, in basso nella finestra del browser, si può vedere l’anteprima del link da aprire e verificare se corrisponde al link che si vede scritto nel messaggio: in caso non corrispondano, c’è ovviamente un rischio).

E’ inoltre utile:

  • installare su tutti i dispositivi un antivirus con estensioni anti-malware;
  • mantenere costantemente aggiornati il sistema operativo oltre che i software e le app che vengono utilizzati più spesso;
  • utilizzare dei sistemi di backup che salvino (anche in maniera automatica) una copia dei dati (sono disponibili soluzioni anche libere e gratuite per tutti i sistemi operativi). Con un corretto backup, in caso di necessità, si potranno così ripristinare i dati contenuti nel dispositivo, quantomeno fino all’ultimo salvataggio.

4. Come liberarsi dal ransomware?

Pagare il riscatto è solo apparentemente la soluzione più facile. Oltre al danno economico, si corre infatti il rischio di non ricevere i codici di sblocco, o addirittura di finire in “liste di pagatori” potenzialmente soggetti a periodici attacchi ransomware.

La soluzione consigliata è quella di rivolgersi a tecnici specializzati capaci di sbloccare il dispositivo.

Un’alternativa efficace è quella di formattare il dispositivo: ma in questo caso, oltre ad eliminare il malware, si perdono tutti i dati in esso contenuti. Per questo è fondamentale (come suggerito) effettuare backup periodici dei contenuti (che è sempre una buona prassi) in modo da non perderli in caso di incidenti (es: danneggiamento del dispositivo, ecc.) o attacchi informatici che necessitano di interventi di ripristino.

E’ sempre consigliabile segnalare o denunciare l’attacco ransomware alla Polizia postale (https://www.commissariatodips.it ), anche per aiutare a prevenire ulteriori illeciti.

È possibile, inoltre, rivolgersi al Garante nel caso si voglia segnalare una eventuale violazione in materia di dati personali (furto di identità, sottrazione di dati personali, furto di contenuti, ecc.), seguendo le indicazioni della pagina https://www.garanteprivacy.it/home/diritti/come-agire-per-tutelare-i-tuoi-dati-personali “.

Insomma, prevenire è sempre meglio che curare, diceva un detto quanto mai attuale anche in epoca di contagi fisici e, purtroppo anche “digitali”, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Perché è soprattutto innalzando la soglia della nostra attenzione che possiamo evitare intromissioni nei nostri dispositivi e quindi nella nostra vita da parte di questi malintenzionati. Nel caso siate comunque incappati in un problema analogo potrete rivolgervi agli esperti della nostra associazione tramite i nostri contatti email info@sportellodeidiritti.org o segnalazioni@sportellodeidiritti.org per valutare immediatamente tutte le soluzioni del caso per evitare pregiudizi.

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Salute e benessere

Nuovo Coronavirus, non solo tosse e febbre: sono sei in più i sintomi del covid-19

Nuovo Coronavirus, non solo tosse e febbre: sono sei in più i sintomi del covid-19. Fiato corto, tosse e febbre aggiunti brividi, ripetuti tremori, dolori muscolari, mal di testa, mal di gola, perdita di gusto e olfatto.

Covid-19 una malattia subdola e dal decorso erosivo rapido e invalidante. Lo sanno bene i medici di ogni parte del mondo che stanno curando i contagiati, e che ogni giorno imparano qualcosa in più sugli effetti del nuovo coronavirus, sui sintomi e i ‘danni’ che provoca all’organismo umano. I Centers for Disease Control and Prevention hanno aggiunto sei sintomi alla loro lista sul coronavirus, suggerendo che gli esperti stiano acquisendo ulteriori informazioni nel corso della pandemia: brividi, ripetuti tremori con brividi, dolori muscolari, mal di testa, mal di gola, perdita di gusto e olfatto. In precedenza, l’agenzia sanitaria americana aveva elencato solo tre sintomi: fiato corto, tosse e febbre. Queste informazioni, evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, che arrivano in tempo reale dalla comunità scientifica, sono dunque della massima importanza perché indicano che Covid-19 è una malattia dai mille volti.

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Salute e benessere

Nuovo Coronavirus, non solo tosse e febbre: sono sei in più i sintomi del covid-19

Nuovo Coronavirus, non solo tosse e febbre: sono sei in più i sintomi del covid-19. Fiato corto, tosse e febbre aggiunti brividi, ripetuti tremori, dolori muscolari, mal di testa, mal di gola, perdita di gusto e olfatto.

Covid-19 una malattia subdola e dal decorso erosivo rapido e invalidante. Lo sanno bene i medici di ogni parte del mondo che stanno curando i contagiati, e che ogni giorno imparano qualcosa in più sugli effetti del nuovo coronavirus, sui sintomi e i ‘danni’ che provoca all’organismo umano. I Centers for Disease Control and Prevention hanno aggiunto sei sintomi alla loro lista sul coronavirus, suggerendo che gli esperti stiano acquisendo ulteriori informazioni nel corso della pandemia: brividi, ripetuti tremori con brividi, dolori muscolari, mal di testa, mal di gola, perdita di gusto e olfatto. In precedenza, l’agenzia sanitaria americana aveva elencato solo tre sintomi: fiato corto, tosse e febbre. Queste informazioni, evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, che arrivano in tempo reale dalla comunità scientifica, sono dunque della massima importanza perché indicano che Covid-19 è una malattia dai mille volti.

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Cronaca

sCool – Varese all’avanguardia per la didattica a distanza dei bambini della scuola primaria.

Sentiamo spesso parlare di innovazione e di eccellenza, oggi anche Varese si pone all’avanguardia nella didattica a distanza. sCool è infatti una piattaforma didattica di streaming con contenuti pensati per la scuola primaria. L’emergenza Covid-19 ha costretto allo smart working alunni e insegnanti, spesso per la prima volta, impegnati  a studiare e a insegnare da casa. L’idea è nata da un gruppo di professionisti dell’immagine e della comunicazione, con la collaborazione di alcuni insegnati, che, grazie all’agenzia varesina Rainbowhale, attiva nel settore cinematografico e della comunicazione, hanno dato vita ad un sistema totalmente gratuito di contenuti didattici in costante aggiornamento. Mettendo insieme le diverse esperienze professionali, sono stati creati e messi in rete dei video di animazione con cartoni animati di personaggi che insegnano ai bambini. Le lezioni, dei più disparati argomenti, seguono il programma di studi della scuola primaria con video lezioni, curiosità, schede didattiche e attività di laboratorio. Immediato è stato il riscontro ed il successo avuto sia da parte dagli alunni e delle loro famiglie sia da parte degli insegnanti, a cui non sembrava vero di poter disporre di lezioni già implementate su una piattaforma, oltretutto presentate in modo ludico oltre che scolastico. sCool, che è stata attivata la prima settimana di aprile, ha registrato da subito tantissimi accessi, tanto che oggi si parla già del suo potenziamento. Gli insegnanti hanno così a disposizione un mezzo che permette di completare la didattica non solo a distanza ma anche, quando si potrà tornare a scuola, quella tradizionale, in aula. Già la pagina iniziale si presenta semplice da usare e divertente, in modo da invogliare i bambini delle primarie ad accedere, inoltre i contenuti sono ideali per essere integrati sulle più diffuse piattaforme di e-learning, come Classroom, Weschool e Edmodo e altri programmi online. sCool potrebbe essere un valido aiuto anche per gli insegnanti di sostegno che si occupano dei bambini con disturbi specifici dell’apprendimento. Quando si accede alle varie materie si trovano dei simpatici personaggi che ci accompagnano nell’esplorazione e nello studio degli argomenti, si può anche scegliere il grado di apprendimento in base alle classi della scuola primaria, c’ è poi una sezione per i contenuti extra e una riservata agli insegnanti. Il servizio è in continua espansione e si fatica a far fronte alle richieste. E’disponibile all’indirizzo www.s-cool.cloud.

 

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In evidenza

Coronavirus, al mare se si abita vicino alla spiaggia

Sono tante le domande che i cittadini si pongono e hanno posto in questo periodo, per l’uscita di casa, in maniera particolare

I dettagli della risposta riguardano casi particolari che si trovano nel sito del Governo, e una delle più comuni e’ la possibilità di fare quattro passi se si e’ in prossimità del mare/montagna/fiume e collina.

Farsi una passeggiata vicino a casa non e’ un delitto, ma non bisogna usare mezzi pubblici per non mettere a repentaglio la salute altrui, e comunque ci stanno studiando e a breve ci saranno le modalità di utilizzo per gli spostamenti.

Si può uscire per necessità mediche, per la spesa e raggiungere i negozi aperti nel proprio comune, o in quello confinante nel caso in cui non ci siano nel proprio.

Tornando alla possibilità di andare al mare, cosa a cui in tanti aspiriamo, per ora, e’ concesso a chi ci abita a due passi, da soli e mantenendo la distanza di sicurezza di un metro, sempre che la persona non sia in quarantena.

La domada e la risposta dettagliata e’ quella che segue:

“Abito in un luogo di montagna/collina oppure in un luogo di mare/lago/fiume, mi è consentito fare una passeggiata in montagna/collina o in riva al mare/lago/fiume? Sì. È sempre possibile svolgere l’attività motoria in prossimità della propria abitazione principale, o comunque di quella in cui si dimora dal 22 marzo 2020, con la conseguenza che è ammesso, per coloro che abitano in luoghi montani, collinari, lacustri, fluviali o marini – e sempre che non si tratti di soggetto per il quale è fatto divieto assoluto di mobilità in quanto sottoposto alla misura della quarantena o risulti positivo al virus – effettuare tale attività in detti luoghi (ivi compreso fare il bagno al mare/fiume/lago) purché individualmente e comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona. Ciò in quanto i predetti non sono luoghi chiusi al pubblico, come invece lo sono, attualmente, i parchi e le aree verdi urbane, e altresì gli stabilimenti balneari, in cui permane il divieto di ingresso e circolazione.
Resta fermo che deve trattarsi esclusivamente di attività effettuate senza che occorra allontanarsi dalla propria abitazione e senza che si renda quindi necessario l’utilizzo di mezzi di locomozione pubblici o privati, né significativi spostamenti.
Sono fatti salvi, peraltro, diversi e più stringenti divieti imposti su base locale perché giustificati da specifiche situazioni territoriali.
La sussistenza delle condizioni in questione (attività motoria svolta in prossimità alla propria abitazione) potrà essere giustificata con autocertificazione, se gli agenti che fanno i controlli la richiedono.”

Se esiste il permesso e si e’ nelle condizioni sopra riportare perche’ serve la certificazione? Siamo ancora in uno stato democratico?

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Cronaca

Bill Gates da Microsoft al Corona Virus, passando per gli aborti.

Saranno fake news o saranno verità quelle che riguardano Bill Gaytes e il corona virus, questo l’accenno fatto in RAI da Sigfrido Ranucci a Report, per la puntata di lunedì 27 aprile. Qualcuno ha infatti insinuato, stralciando frasi qua e là da dichiarazioni di Bill Gates e, citate da tutti i complottisti, specialmente quelle nel notiziario americano di Fox News Channel, che Gates sarebbe il diffusore del corona virus con grandi interessi nel ricercare un vaccino mondiale. Tutto è partito dalle osservazioni sulla risposta americana alla pandemia Covid-19 e sulla decisione di Trump di ritirare i fondi all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). di cui Bill Gates è il secondo maggior finanziatore, dopo gli Stati Uniti. William Henry Gates III°, più familiarmente conosciuto come Bill Gates, al secondo posta nella classifica degli uomini più ricchi al mondo con 102,6 miliardi di dollari (al primo il fondatore di Amazon, Jeff Bezos), sta finanziando una ricerca sul coronavirus nella speranza di trovare una soluzione per debellare questo contagio. La Bill & Melinda Gates Foundation, starebbe studiando la possibilità di produrre test da effettuarsi a casa, con lo scopo di poter identificare rapidamente e con sicurezza la positività al coronavirus. La William H. Gates Foundation, poi, con l’arrivo della moglie di Gates, Melinda, diventata la Bill & Melinda Gates Foundation (BMGF), è una fondazione privata americana con sede a Seattle, nello Stato di Washington ed è la più grande fondazione privata del mondo con 50,7 miliardi di dollari di attività. Bill e Melinda hanno stanziato 255 milioni di dollari, da spendere in parte per vaccini, cure e sviluppo diagnostico. A fine gennaio avevano effettuato una donazione da 10 milioni di dollari, destinata al personale sanitario impegnato in prima linea nella battaglia contro il Covid-19.

Gates passerà alla storia per essere uno dei più conosciuti imprenditori della così detta rivoluzione del personal computer, quella che ha reso accessibile l’informatica a milioni di persone e, praticamente, cambiato le nostre vite. Ma è anche vero che non tutto è sempre stato chiaro e perfetto nella vita del rampollo di Seattle, alcune sue tattiche commerciali sono state considerate anti-competitive, opinione avvalorata da numerose sentenze giudiziarie. Senza voler togliere niente al genio di Gates, Bill resta comunque figlio di William Henry Gates II, oggi Senior, per distinguerlo da lui che sarebbe il III della dinastia, un notissimo avvocato e di Mary Maxwell che è stata il primo presidente donna della King County’s United Way, la prima donna a presiedere il comitato esecutivo nazionale della United Way, una “no-profit” molto potente, dove ha lavorato, in particolare, con il presidente della IBM, John Robert Opel, oltre che la prima donna nel consiglio di amministrazione di First Interstate Bank di Washington. Il nonno materno, James Willard Maxwell, è stato presidente della National City Bank di Seattle e direttore della filiale di Seattle della Federal Reserve Bank di San Francisco.

Non fu difficile quindi per Mary Maxwell mettere in contatto il figlio Bill con la IBM e Bill, utilizzando un sistema operativo, il DOS, creato da Tim Paterson, che lo aveva a sua volta copiato da Gary Kildall, iniziò, modificandolo, la sua sfolgorante carriera multimiliardaria. La storiografia ufficiale dice che i due compagni di scuola, Paul Allen, programmatore, Bill Gates, studente svogliato, videro un computer, l’Altair 8800, popolare e a basso prezzo, sul numero di gennaio del 1975 della rivista “Popular Electronics” , decisero che era il momento di scrivere software per quel computer. Così nacque, poco dopo, la Microsoft a cui l’IBM si rivolse per un nuovo linguaggio operativo, che furono il famoso MS DOS per Microsoft e PC DOS per IBM. Il giovane Gates ha quindi debuttato con un retroterra di tutto rispetto, non è spuntato dal nulla e diventato multimiliardario in 10 anni, come nel miglior sogno americano del self–made man, l’uomo fatto da solo. Poi anche lui, come tutti i grandi capitalisti americani, si è fatto la sua foundation, organizzazioni che godono dello status giuridico del non profit, istituzioni filantropiche senza scopo di lucro, autonome, pubblicamente sostenute, con lo scopo di costituire fondi permanenti per il raggiungimento dei loro obiettivi e con ampie, se non totali, esenzioni dalle imposte. La Bill & Melinda Gates Foundation infatti persegue come obiettivi, oltre alla ricerca medica, la lotta all’AIDS ed alla malaria,  il diritto ad un accesso universale all’aborto e promuove la diffusione della teoria del gender sessuale, quella che distingue tra sesso e genere. Nell’ottobre 2019 la fondazione ha chiesto al Johns Hopkins Center for Health Security, che si occupa delle conseguenze sulla salute per epidemie e catastrofi, in partnership con il World Economic Forum, la simulazione di una pandemia, chiamata Event 201, con focolaio iniziale in Brasile e la morte prevista di 65 milioni di persone nel mondo. Questa simulazione è all’origine del proliferare di teorie complottiste, che considerano la simulazione un anticipo di alcuni mesi sulla pandemia di COVID-19, scoppiata in Cina, poi approdata in Italia per colpire, duramente, anche gli USA.

Nelle teorie complottiste spunta poi un nome, quello del pastore battista Frederick Taylor Gates (1853-1929) che non risulterebbe però, come indicato dai complottasti, nonno di Bill Gates, Infatti nonno di Bill Gates era William Henry Gates I o Sr. (1891-1969), tra i figli di Frederick Taylor Gates non c’era nessuno con quel nome. Del resto nemmeno le date corrispondono, come avrebbe potuto essere nonno uno nato nel 1853 e morto nel 1929, quando il padre di Bill Gates, William Henry Gates II, aveva, alla morte di Frederick, quattro anni. Potrebbe trattarsi semmai di un altro ramo della famiglia. Comunque poco probabile che la famiglia di Bill Gates ignorasse le vicende filantropiche di Frederick Taylor Gates, uno dei padri delle foundation americane.

Frederick era co-azionista con Rockefeller della Standard Oil, consigliere di John  D. Rockefeller e creatore, secondo una ben precisa ideologia, del sistema di donazioni filantropiche  esentasse dei Rockefeller, la Rockefeller Foundation, nata nel 1913, uno dei principali strumenti con cui, sotto la voce beneficenza, i miliardari americani attuano un controllo sociale e  politico, imponendosi ai governi. Si tratta spesso di prestigiosi centri studi (la Rockefeller  ha selezionato e promosso personalità come Henry Kissinger)  al servizio delle classi più abbienti, oltretutto in regime da paradiso fiscale. Sotto la direzione di Frederick Taylor Gates, la Rockefeller Foundation finanziò tre filoni: le cattedre di medicina, quelle di scienze sociali, cioè il controllo dell’opinione pubblica attraverso la sociologia e l’eugenetica, cioè la selezione scientifica dei “migliori”  (in senso darwiniano)  e la sterilizzazione dei “peggiori”. Nel 1909 almeno tre stati negli USA (fra cui la California) vararono leggi che imponevano la sterilizzazione di elementi “inadatti” delle classi subalterne.  Questi studi sulla eugenetica erano finanziati regolarmente dal Carnegie Institution for Science, Rockefeller Foundation e  dal magnate delle ferrovie, Edward Henry Harriman, tanto che   cattedre di  scienza eugenetica erano presenti in diverse Università: Harvard, Yale, Stanford, Princeton. Prima della fine del 1928 esistevano, negli USA, 376 corsi universitari nei principali istituti e si arrivò ad avere oltre 20.000 studenti che, nei loro curriculum, inserirono l’eugenetica, mentre parecchi scienziati, riformatori e professionisti furono impiegati in progetti statali sull’eugenetica.

Nel periodo tra le due guerre mondiali le teorie e le applicazioni sull’eugenetica hanno quindi avuto un ruolo significativo nella cultura e nella storia americana, tutto ciò molti anni prima che i nazisti se ne occupassero. Le conseguenze nella Germania nazista furono che, ben prima delle persecuzioni nei confronti degli ebrei, si cominciò col sopprimere tutti quegli individui che, psichicamente o fisicamente, presentassero delle malformazioni e ad approvare l’aborto selettivo dei feti malati o malformati, in quanto ritenuti inutili per la nuova razza, che Hitler e i gerarchi nazisti volevano creare. La Rockefeller Foundation finanziò diversi programmi eugenetici tedeschi, compreso quello in cui lavorò Josef Mengele, in seguito divenuto famoso come “dottor morte” del campo di sterminio di Auschwitz.

Ritornando a Bill Gates, suo padre è stato uno dei membri della Planned Parenthood, l’organizzazione che fornisce servizi abortivi in America. Nel 2008 Bill Gates riunì a Londra, a casa di Paul Nurse, premio Nobel della Chimica e presidente della Rockefeller University, David Rockefeller, Ted Turner, Warren Buffett, George Soros, Michael Bloomberg e altri miliardari per discutere sui fondi e sugli strumenti da destinare all’aborto. La sua teoria, per finanziare l’aborto e la contraccezione di massa, l’avrebbe spiegata, nel febbraio 2010, alla Technology Entertainment and Design Conference di Long Beach, California. dichiarando che le emissioni di CO2 dovevano essere ridotte a zero entro il 2050 e, a sostegno della sua teoria, Gates presentò un grafico con una equazione matematica: “CO2 =  P (persone) x S (servizi per persona) x E (energia media per servizio) X C (CO2 emessa per unità di energia)”. Ridurre il fattore “P”, cioè gli esseri umani, è essenziale per ridurre la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera.  Nel 2018 il creatore di Microsoft parlò di una possibile pandemia che avrebbe potuto diffondersi nel mondo entro i prossimi 10 anni e causare almeno 30 milioni di morti. Questo lo disse all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il 2018 è l’anno del centenario della Spagnola, un’influenza, almeno così venne definita, che in sei mesi fece 50 milioni di morti, più della Prima Guerra Mondiale. All’influenza fu dato il nome di “spagnola” perché la sua esistenza fu riportata dapprima soltanto dai giornali spagnoli, i giornali dei paesi belligeranti erano soggetti a censura e non potevano dare la notizia. Uno dei motivi per cui la spagnola si era diffusa era dovuto ai soldati ammassati nelle trincee e spesso debilitati, ma non solo. A differenza del coronavirus, che colpisce principalmente gli anziani, uccideva le persone più giovani. L’origine geografica della Spagnola, pur oggetto di controversie, per lo storico Alfred W. Crosby è nello stato americano del Kansas, lo scrittore John Barry indicava la contea di Haskell come punto di partenza del focolaio, ma già alla fine del 1917 si era registrata una prima ondata di influenza in almeno 14 campi militari statunitensi. Negli Stati Uniti, circa il 28% di una popolazione di 103 milioni, venne infettata. I morti furono dai 500 000 ai 675 000, tra cui elevatissima la percentuale di militari, 43 000. Fu poi portata in Europa nel 1917 dai soldati americani, sbarcati per partecipare alla guerra. Oggi si sostiene anche che non fu un virus influenzale ad uccidere, bensì un’infezione batterica da streptococchi. La Rockefeller Foundation aveva distribuito, non solo negli Stati Uniti ma anche in Inghilterra, una grandissima quantità di vaccini, tra cui quello anti-meningococco per prevenire epidemie nella truppa, vaccini sperimentali, mal concepiti e fabbricati. Un primo caso di Spagnola fu rilevato a Fort Riley, nel Kansas nel 1918, una delle caserme dove la Rockefeller Foundation, quella fondata da Frederick Taylor Gates, aveva somministrato il vaccino contro la meningite batterica a  4.700 soldati. Una storia con molti “gates” che non si sa bene come si aprano e dove portino.